Cretinismo parlamentare in libera uscita
Ogni tanto la cronaca ci offre qualche bella soddisfazione. Avevamo appena pubblicato l'articolo sulla hybris a proposito delle biotecnologie, quando il progetto governativo-ecologista per applicare il "principio di precauzione" nei laboratori scatenava i fondamentalismi mistici e quelli scientisti. Come volevasi dimostrare: di fronte al pericolo di un blocco della sperimentazione, i razionalissimi scienziati sono scesi in piazza, dividendosi pedestremente in tante correnti quante sono quelle del bar d'angolo; anzi, molte di più: quanti sono i gruppi politici. Gli scienziati, premi Nobel in testa, sono andati a dibattere con governativi e berlusconiani, andando cioè a lisciare le rispettive lobby. Gli ambientalisti sono stati zittiti. Tutto sommato una buona prova sperimentale su scienza asservita e cretinismo parlamentare; di più non potevamo auspicare. L'articolo sulle biotecnologie pubblicato in questo numero è un completamento di quello sulla hybris, ne riprende i temi e li approfondisce, affrontando anche le tecniche della manipolazione genetica e la scienza dell'evoluzione umana nel contesto inscindibile della biosfera.
Proprio perché la biosfera è un tutto del quale facciamo parte, temi come produzione, consumo, inquinamento, non possono essere trattati secondo le mode ecologiste, che la stessa borghesia ha iniziato a suggerire quando si è accorta che la sua produzione le si ritorce contro. Perciò il discorso sul cretinismo – parlamentare e non – vale anche per coloro che a parole rifiutano questa società, ma ne rispettano nella pratica tutte le regole politiche e ideologiche. Se la prendono col consumismo, con il disastro ecologico, con la sovrappopolazione del mondo, ma non sono meglio della massa allineata e coperta. Vorrebbero criticare questa società e mostrare di volerla superare, ma ne utilizzano tutte le categorie: libertà, giustizia, equità, persona, diritto, morale; non ne dimenticano una. Con il nostro consueto confronto oggi-domani, l'articolo sul controllo dei consumi affronta l'argomento collegandolo alla questione dell'ambiente e a quella del cambiamento materiale in corso, anticipatore del rivolgimento sociale. Non ha senso parlare di consumismo e poi rivendicare una pura e semplice, quanto oggi impossibile, ristrutturazione dei consumi. Occorre eliminare ogni separazione fra produzione, consumo e riproduzione della specie umana nell'ambiente che l'ha generata con tutte le forme viventi.
Mentre stavamo abbozzando il contenuto di questo numero, la signora Opinione si è gettata su due altri fenomeni adatti agli scoop e agli schieramenti ideologici: quello della "mucca pazza" e quello dei presunti danni dovuti all'uranio impoverito usato in guerra. Sorvolando sul fatto che gli uomini muoiono ammazzati a milioni per moltissime altre capitalistiche cause, l'opinione pubblica – non solo italiota – si è focalizzata sui particolari senza tener conto che, analizzati alla luce dei numeri, sono microscopiche fluttuazioni statistiche interne alla malattia sociale dell'umanità. Chi bada più ai 32 milioni di malati senza speranza di Aids? E ai milioni di morti di cancro indotto dalla civiltà industriale? E agli altrettanti milioni di morti per le civilissime malattie cardiovascolari da stress capitalistico? I decessi attribuiti alla variante umana del morbo "mucca pazza", e soprattutto l'enorme gioco mondiale d'interessi che gravita intorno all'allevamento, hanno certamente fatto stampare più pagine e prodotto più ore di trasmissione televisiva dei miliardi di uomini che vivono ai limiti della sopravvivenza e muoiono a milioni. Il morbo sarà forse causato dai mangimi per animali, ma a nessuno viene in mente di analizzare globalmente la mostruosa catena alimentare dell'uomo d'oggi. Soprattutto a nessuno viene in mente di chiedersi perché sia strutturata a quel modo e a quali interessi risponda, mentre alla prossima ondata, forse il pesce, forse il maiale, forse il pane, tutto si ripeterà secondo un logoro copione, sarà escogitato il rattoppo del "caso" contingente e si aspetterà l'esplosione di quello futuro.
Gli eserciti sono lo specchio della società che li arma: se la vita civile è normalmente super-avvelenata, quella militare non lo sarà di meno, specie in tempo di guerra e in zona di operazioni. Il cretinismo parlamentare, strisciato fuori dal parlamento, aveva sommerso di parole l'intervento militare nei Balcani, manifestando contro i bombardamenti e l'appoggio logistico dell'Italia. Ma non aveva degnato d'attenzione il frenetico agitarsi di interessi economici da parte dello Stato e di molti privati cittadini che, in tutta l'area, stavano utilizzando la guerra. Anche gli organismi umanitari, dovendo appoggiarsi ai sottopoteri locali, si erano dimostrati un buon veicolo per operazioni di ogni genere. Infatti nelle guerre moderne sono ormai reclutati dai belligeranti come combattenti politici ausiliari. Persino episodi individuali di partigianesimo armato sono stati la logica conseguenza. E' follia, ma non troppo, partecipare alla guerra e nello stesso tempo chiedere che essa sia "umanitaria", ecologica, pulita, senza proiettili all'uranio, missionaria, insomma, come da sempre la storia c'insegna. Volete il capitalismo? chiedevamo in un nostro articolo tempo fa: se rispondete di sì, ne dovete subire le conseguenze senza frignare tutte le volte che vi fa vedere più chiaramente del solito di che pasta è fatto.
In contrasto con il mondo smidollato dell'indignazione piccolo-borghese per le malefatte del capitalismo abbiamo invece raccolto abbondante materiale sullo sciopero ad oltranza del '97 alla UPS negli Stati Uniti. Scegliendo ciò che ci sembrava più significativo rispetto alle caratteristiche del nostro lavoro, abbiamo tratto un racconto sulle determinazioni di classe alla lotta che, come dice Marx, sono assai più universali di ogni meschina lotta politica determinata dalle idee.
* * *
La rivista uscì con il numero zero nell'aprile del 2000, quindi, con questo quarto numero, compie un anno. In questo periodo quasi tutti coloro che seguivano abitualmente le Lettere ai compagni si sono abbonati, e ci sono giunte, costanti nel tempo, richieste di abbonamento da parte di nuovi lettori. Trovarla non è difficile, dato che la diffusione copre 180 librerie, 235 biblioteche e il sito Internet.
Non è certo un segreto che per conteggiare i nostri effettivi e la nostra diffusione non ci vuole un supercomputer, ma constatiamo con soddisfazione che il lavoro ha un buon riscontro. E' significativo il fatto che i lettori ci tengono a comunicare le loro impressioni: il segno più evidente della loro partecipazione non passiva è dato proprio dalla regolare corrispondenza che riceviamo. Sia la rivista che il sito Internet, due strumenti complementari, sono stati veicolo di discussione, spesso utilizzata per gli articoli o per la pubblicazione nell'apposita rubrica Doppia direzione. Un altro segno non secondario è che diversi lettori hanno spontaneamente inviato un loro contributo sia per la rivista che per la continuazione del lavoro di stampa dei testi della Sinistra. Per il periodo di avviamento della rivista siamo stati costretti a concentrarci su di essa, ma i testi, che i compagni sentono come patrimonio fondamentale messo finalmente a disposizione di tutti, riprenderanno ad uscire.
Articoli e corrispondenze che non hanno trovato posto nelle rubriche Rassegna e Doppia direzione saranno pubblicati nel prossimo numero.