Il mondo dell'uomo-industria

Kevin Kelly, Out of control, la nuova biologia delle macchine, dei sistemi sociali e dell'economia globale, Urra, Apogeo 1996.

A tredici anni dalla sua comparsa in Italia il libro è introvabile, ma vale la pena di dedicare un po' di tempo a cercarlo sulle bancarelle, o di tentare il downlooad peer to peer via Internet, o di prelevare gratuitamente il testo originale (in inglese) sul sito dell'autore. Certo che tutto questo tempo (l'edizione originale è del 1994) è un'eternità per un libro su… su che cosa? Sulla cibernetica? Troppo limitativo. Sull'avvento dell'organismo ibrido uomo-macchina? Roba dell'Ottocento. Sulla scomparsa del confine tra l'evoluzione biologica dell'uomo e quella dell'uomo che comprende il suo ambiente artificiale? Già fatto, prima ancora dell'era del computer. Kelly stesso, attraverso l'esempio iniziale, ci dice che si occupa del grande Cyborg, un essere extraumano, sicuramente sociale, nel quale si confondono le categorie che sembravano immutabili del "nato" e del "prodotto".

Kelly fa l'esempio di una capsula spaziale nella quale convivono esseri umani, vegetali, batteri e macchine in un ambiente che si autoriproduce secondo un ciclo omeostatico basato su sensori di retroazione negativa, tipo termostati, detector di umidità e composizione chimica dell'aria, dell'acqua, del terreno e così via. Un microcosmo, già possibile allora, che riproduce in piccolo il globo terrestre con la sua biosfera. Una micro-Gaia, insomma. Subito dopo racconta di uno sciame di api, straordinario spettacolo di un essere vivente fatto di altri esseri viventi che si libra nell'aria mantenendo sé stesso in una forma fluida ma unitaria tramite informazione che non può venire che dall'interno. Ma qual è l'interno di uno sciame di api?

Out of Control è un libro sui sistemi che l'autore chiama self-sustaining. Non è per caso che citiamo questa definizione: è la stessa che Marx utilizzza per le società senza proprietà e senza classi, quelle che sono in equilibrio armonico entro sé stesse e nei rapporti con la natura. Kelly non c'entra ovviamente con le nostre osservazioni, ma di nuovo non è un caso che abbia scritto l'articolo di cui abbiamo parlato nel numero scorso, sul comunismo vero (movimento reale delle reti sociali condivise) contro quello politico (stalinismo).

Cibernetica, un termine che ha quasi duecento anni, vorrebbe dire "arte del controllo". Che cosa dunque è out of control, fuori controllo? Il mondo intero, se non impariamo ad evitare il dualismo fra il nato e il prodotto. Dovremmo, secondo l'autore, renderlo organico, fare in modo che il suo evolversi verso una maggiore complessità risponda a caratteri più biologici che meccanici, plasmarlo più simile a noi prima che ci diventi irrimediabilmente alieno. Cose che abbiamo già sentito da qualche altra parte, nevvero? La forza più potente della tecnologia, continua l'autore, è la sua capacità di trasformarsi simulando i processi biologici. La vita biologica è il traguardo della tecnologia di oggi, e noi stiamo già, inconsciamente, facendo evolvere sistemi, software, medicinali, molecole complesse invece di fabbricare semplicemente tutto ciò. La cosa curiosa è che nel 1994 stavano appena prendendo piede Int e le reti, i computer e il software non erano certo quelli di oggi. Solo un cervello sociale poteva suggerire a un autore queste escursioni nel futuro.

Le realtà artificiale, virtuale, biologica e meccanica si riuniscono nel cibermondo, e incomincia a non avere senso (o ad avere un senso nuovo) la domanda su che cosa sia la realtà. Il che ha risvolti epistemologici che forse il pragmatismo americano fatica a focalizzare (o siamo noi imbevuti di insulso idealismo hegeliano?), ma intanto i problemi sono messi sul tappeto e nascono nuovi linguaggi (mentre ciò non è ancora successo nel fossilizzato mondo politico). Il cibermondo incomincia a darci delle risposte: la fisica delle particelle e le iterazioni evolutive al computer incominciano a informarci ad esempio sulle basi della vita, una delle domande un tempo riservate alla speculazione de filosofi. Il software per la "creazione" di nuovi virus e molecole in grado di evolvere verso forme di vita complesse è disponibile ai ragazzini sul mercato come un tempo lo era il Meccano. Ed essi invece di imparare la meccanica del cacciavite imparano la dialettica della complessità.

"Come noi diamo forma alla tecnologia essa dà forma a noi; stiamo connettendo tutto a tutto e così la nostra conoscenza sta migrando verso una rete della conoscenza. Al fine di godere della potenza delle macchine organiche, noi siamo costretti ad instillare in esse progetti e capacità di autogoverno, delegando loro una parte del nostro controllo".

Di fronte a un libro come questo ci chiediamo se, dopo quindici anni, noi primati umani abbiamo in qualche modo acquisito la lezione dalle nostre stesse realizzazioni o se ci troviamo ancora irrimediabilmente imprigionati nella parte della "scimmia nuda" che deve pagare lo scotto ai tempi enormemente diversi dell'evoluzione biologica e di quella della vita artificiale intorno a noi. La risposta, se vogliamo essere sinceri con noi stessi, è: non sembra. C'è un mucchio di gente che ha nostalgia di carta e penna soppiantate dalle e-mail, senza ragionare sul fatto che non scriveva già più da decenni, preferendo le chiacchiere al telefono. Almeno con la posta elettronica l'umanità è tornata a scriversi, e si invia miliardi di messaggi.

E c'è chi privilegia il telefono spiegando che all'elettronica preferisce i "contatti umani" senza minimamente pensare che la sua voce è trasformata in bit, compressa con algoritmi per niente umani (o umanissimi, dipende), suddivisa in pacchetti di segnali, trattata secondo le leggi della comunicazione/rumore di Shannon, decodificata all'arrivo e ricomposta in quella che l'uno si ostina a credere sia la voce dell'altro e viceversa. Oggi i "contatti umani" possono essere naturali (nel senso di selvatici) né più né meno di quei prodotti "bio", la cui unica differenza rispetto agli altri è che costano molto di più. Per non parlare del libro elettronico.

Non pensi il lettore di trovare in Out of Control una lettura di tipo europeo sui fatti della "cultura". E meno male, così il testo scorre divertendo e seminando proverbiali pulci nell'orecchio secondo i canoni di quella Terza cultura che l'intelligente furbacchione John Brockman, di mestiere agente letterario per scienziati, pubblica con gran profitto in America. Viva gli spregiudicati John e abbasso i parrucconi.

Per la maggioranza degli accademici americani e la totalità di quelli europei, le espressioni di Kelly come "realtà emergente", oggi di uso comune, non sono altro che proposizioni descrittive incapaci di spiegare alcunché: un ordine imprevisto che "emerge" dagli aspetti caotici dei sistemi complessi andrebbe spiegato in altra maniera che con delle affermazioni. Poniamo che sia vero; comunque le rivoluzioni scientifiche, come quelle sociali (ammesso e non concesso che vi sia distinzione), "emergono" per motivi più profondi che non la semplice comprensione del perché emergono. Sempre dopo qualcuno si incarica di spiegare.

Rivista n. 26