Normalizzazione libica

In Libia continuano combattimenti sporadici, manifestazioni secessioniste e attentati, mentre il nuovo governo, che ha appena giurato in novembre, cerca di neutralizzare le ancora forti milizie "per non fare la fine dell'Afghanistan". I tutori internazionali che tanto si diedero da fare per la "liberazione" dall'odioso dittatore (loro carissimo protetto fino al giorno prima), raggiunto il loro scopo non interferiscono più sugli affari interni, cioè quelli a cui non sono minimamente interessati.

Della Libia non importa niente a nessuno, mentre il suo petrolio, il migliore del mondo, mantiene immutato il suo potere, colonnello o meno. Non si era ancora raffreddato il cadavere di Gheddafi che già i francesi proclamavano unilateralmente la fine della guerra e la cessazione immediata delle operazioni. Per primi avevano agganciato la frazione più influente dei ribelli e si erano assicurata una "zona d'influenza" alla faccia degli "alleati". E siccome la Francia, da sempre, non desiderava altro che allargare la propria influenza contro l'eterno binomio USA-GB, senza averne la forza, adesso si presentava l'occasione di ridimensionare le pretese ed erodere le posizioni meno fortificate dell'Italia, cioè dell'ENI, che le aveva faticosamente costruite fin dai tempi di Mattei (e questo c'entra verosimilmente con la sua morte). Ovviamente l'intraprendenza francese ha provocato l'immediata corsa ai ripari dell'Italia sotto l'ala protettrice della chioccia anglo-americana.

Manco a dirlo, gli anglo-americani non erano stati per niente d'accordo con l'operazione francese, preferivano portare a termine il lavoro incominciato, cioè stabilizzare un governo che rendesse "zona d'influenza" l'intera Libia. Gli italiani seguirono senza fiatare i consigli ragionevoli dell'ENI, che avrebbe tratto vantaggio dalla seconda soluzione, peraltro non solo cercata ma obbligata. Così fu, e della libera Libia non s'è più sentito parlare, pacificazione o meno. In tutto questo movimento, che non riguarda solo la Libia ma gli intrecci di potere nel Mediterraneo, dell'Unione Europea non è comparsa neppure l'ombra. Naturalmente.

Dunque, non è solo questione di petrolio. La struttura della odierna epoca imperialista si è configurata con due guerre mondiali cui ne è seguita una terza, non dichiarata ma durata mezzo secolo e chiamata "fredda". Tale struttura non è eliminabile dal muoversi attivistico di qualche diplomazia, per quanto armata. Essa è imperniata sull'accumulazione di capitale durata secoli e che ha portato la finanza anglo-americana al dominio del mondo. Per scalzare questa realtà occorrerebbe una forza superiore o contraria, oppure un cataclisma sociale che la rovesci. La tendenza nazionale a fermarsi quando sembra che un risultato sia raggiunto, cozza contro la tendenza internazionale all'oltranzismo politico-militare, tipicamente anglo-americano. Ecco perché l’intervento militare in Libia non può appagarsi dei risultati raggiunti, nemmeno adesso che i combattimenti sono terminati (quasi), ma deve proseguire con la sua scia di sangue e distruzioni, fino alla neutralizzazione degli schieramenti ostili che si andavano delineando e ancora si delineano in altre aree, dal Marocco alla Turchia.

Il vero obiettivo strategico, non importa se della NATO, del Pentagono o dei Servizi inglesi, è mantenere il controllo delle fonti di energia, e ciò esula dalla volontà o potenza di ogni singolo paese, coinvolge e concatena tutto il Mediterraneo e il Medio Oriente, che vi si affaccia ma che prosegue oltre il Mar Rosso e il Golfo Persico. La Francia con tutta la sua grandeur farà né più né meno come l'Italia, se vuole, tra l'altro, contrastare l'espansione della Cina, per adesso in Africa e nel prossimo futuro in Medio Oriente e ovviamente in Asia. Non lo può fare come singola potenza, lo deve fare accettando i risultati di un secolo di accumulazione capitalistica, cioè aggregandosi a quel che è già stato aggregato intorno ai vincitori di due guerre mondiali. E ciò fino a quando non salterà l'intero pianeta. In un paese poco abitato e desertico come la Libia erano presenti 30-40.000 cooperanti cinesi. Considerati alleati di Gheddafi, furono depredati, minacciati, malmenati, i loro cantieri distrutti, gli accampamenti incendiati dai ribelli foraggiati da potenze avversarie di Gheddafi da pochi mesi, ma certo avversarie di Pechino già da molto tempo. Così la Cina, principale partner delle Libia pre-rivolta, è scomparsa per adesso dalla scena, certamente legandosi al dito questa vicenda.

Il Comitato militare degli insorti non aveva alle spalle alcuna tradizione storica, non rappresentava un frangia della borghesia locale, praticamente inesistente. Essendo l'espressione di interessi locali parziali, per di più legati spesso alla sopravvivente forma tribale, non poteva esprimere una vera alternativa al regime precedente, ed era perciò destinato a diventare uno strumento delle potenze esterne, che invece agivano ed agiscono con il robusto coordinamento della NATO. La quale ha avuto buon gioco nel favorire elezioni e nuovo governo e nell'impedire la formazione di un esercito nazionale, trasformando gli ex gruppi insorti in bande partigiane organizzate all'interno di uno schieramento imperialista.

Rivista n. 32