L'improbabile califfato
Se per califfato intendiamo uno stato in grado di controllare con una forza armata il proprio territorio e amministrare una vasta comunità, allora non siamo di fronte a un evento "improbabile" per la semplice ragione che si è già realizzato. Ciò che sarà improbabile è il ritorno all'antico califfato, di cui recita la propaganda dei militanti islamici e dei loro capi, un territorio posto sotto la guida di un successore del Profeta e amministrato secondo la legge coranica originaria. Gli esempi antichi sono, in ordine di tempo, il Califfato Omayyade di Damasco, quello Abbaside a Baghdad, quello Omayyade di Cordoba. L'ultimo califfato fu quello Ottomano, abolito dalla rivoluzione borghese turca. I grandi califfati antichi ebbero un enorme sviluppo geopolitico e furono centri di sviluppo tecnico, scientifico e artistico. Non c'è paragone possibile con aspirazioni neo-nazionalistiche attuali.
Stando ai dati disponibili, l'area occupata dagli odierni propugnatori del Califfato è posta sotto un controllo centrale di tipo completamente diverso rispetto ai modelli conosciuti in precedenza, come quello di al Qaeda o quello dei Talibani. Dopo aver stabilito numerosi contatti internazionali, il costituendo Stato Islamico ha iniziato ad organizzare la propria presenza in una zona desertica, non controllata da stati al momento in difficoltà, quindi con altro per la testa che non alcune "bande di terroristi" cui davano poca importanza. Si trattava di una estensione di deserto facilmente amministrabile e militarmente difendibile o evacuabile in caso di difficoltà. Consolidato il controllo su quell'area come prima base, seppur limitata in estensione, è incominciato il flusso dei militanti, sia dai paesi musulmani che da quelli europei ed extraeuropei. Che sia stato scelto o imposto da necessità, il costituendo califfato è simbolicamente a cavallo fra la Siria e l'Iraq, due paesi i cui confini sono stati tracciati dalle potenze coloniali ma che ospitano le due prime capitali dei califfati antichi.
Approfittando de i contrasti locali, specie la guerra in Siria, i reclutatori di milizie hanno sfruttato i sovvenzionamenti che giungevano dai ricchi paesi petroliferi, accantonando armi e fondi per il progetto di stato. Il quale è andato avanti nella sua auto-realizzazione fino a inglobare non più soltanto territori deserti, ma città e villaggi, quindi abitanti, agricoltura, industria, economia gestita centralmente e, a quanto sembra, efficacemente. Il salto è avvenuto quando, quasi in sincronia con l'annuncio della nascita del nuovo stato, si sono moltiplicate le conquiste, senza particolari difficoltà, di molti centri abitati (chi dice 60), di una superficie pari a quella della Gran Bretagna, e infine di Mosul, seconda città dell'Iraq, con 2,8 milioni di abitanti. Questa prima avanzata ha avuto come corollario una spietata campagna di terrore contro chiunque non fosse considerato "compatibile" con il nuovo stato.
L'IS (Islamic State) è molto meno misterioso di quanto esso stesso voglia far credere. Alcune riviste militari tracciano precisi identikit entrando in minuziosi particolari riguardo agli armamenti disponibili e agli organigrammi del comando religioso e soprattutto militare. Ne risulta il ritratto di un'organizzazione moderna, in netta antitesi sia con la mistica di al Qaeda o talebana, sia con l'immagine offerta dalla sanguinosa propaganda dello stesso IS, abbondantemente usata in Occidente in funzione anti-IS (d'altra parte lo scopo del terrorismo è quello di incutere terrore, diceva Lenin). Com'è stato notato, c'è un progetto dietro alla feroce avanzata, c'è qualche esperto di organizzazione e di comando, sicuramente un connubio tra forze jihadiste e funzionari e militari dell'ex stato iracheno, esponenti del nazionalismo Baath.
Nello stile di Hezbollah e di Hamas ma in modo più esteso ed efficiente, lo Stato Islamico ha dato vita a una protezione sociale attiva, per cui il lavoro di raccapricciante macelleria terroristica è relegato a episodi che, in confronto ad altri massacri della storia recente, sono del tutto marginali. Mentre gli americani, con tutta la loro prosopopea, con le loro teorie di nation building, i loro massacri e le loro torture non sono riusciti a far altro che distruggere, questi "terroristi" la nazione se la stanno costruendo davvero. Se è vero ciò che pubblicano gli stessi media anti-islamici, l'efficienza dell'IS è anche dovuta al fatto di avere linee di comando che, contrariamente a quelle occidentali, non sono legate (o perlomeno non lo sono ancora) a doppia mandata con il business di governanti ed eserciti privati. Essendo pronti a combattere e a morire, ed eventualmente giustiziare eventuali corrotti affaristi, faranno vedere i sorci verdi ai venditori di democrazia da esportazione. I quali al momento stanno a guardare.
Dal punto di vista capitalistico lo Stato Islamico, se non verrà stroncato, non potrà che obbedire ai dettami della finanza, del petrolio e dello sviluppo. Esattamente come hanno fatto i preti sciiti in Iran. L'improbabile califfato si è già rivelato un probabilissimo stato borghese. A questo punto la sovrastruttura islamico-terroristica contro l'Occidente passa in secondo piano. Anche perché, proprio secondo le severe leggi del Profeta, il vero nemico è là dove massima regna la corruzione del Capitale, dove i grattacieli scintillanti e bagni con rubinetti d'oro gettano un'ombra sacrilega su di una religione che i nababbi fingono di professare. Molto prima che sul Vaticano, come da fotomontaggio fatto circolare su Internet, il vessillo nero dell'IS sventolerà su Riyad.