La domenica rossa

Oggi ricorre l'ottavo anniversario della domenica chiamata rossa per i fiumi di sangue proletario che in quel giorno inondarono le larghe vie di Pietroburgo.

Commemorare i morti di quella tragica giornata? No. Già da queste colonne si disse perchè noi si rifuggiva da qualsiasi commemorazione a data fissa. Ci sembrerebbe di venire meno alla profondità, all'intimità dei nostri sentimenti, se l'intensità del nostro ricordo e del nostro dolore dovesse dipendere dal fatto esteriore e convenzionale che il calendario ufficiale segua una data anzichè l'altra. E se così sentiamo dinanzi alla morte di singoli individui la cui vita si chiude in modo normale, tanto più si accentua questo sentimento di fronte a degli eccidi in massa dovuti all'attuale iniquo sistema sociale.. In Russia poi le domeniche rosse sono molte e non sono ancora finite. Se si potessero mettere insieme tutte le gocce di sangue che tutti i giorni in quello sterminato paese vengono versate per la causa della libertà, altre inondazioni si vedrebbero e più raccapriccianti di quella del 22 gennaio 1905.

Elencare i fatti? Le stragi? Le torture fisiche o morali di quelle innumeri popolazioni? Perchè? Vi sono parole per poterle descrivere? E voi proletari italiani, meglio di molti altri, ne avete la visione immediata. Con uno sforzo della vostra memoria e della vostra fantasia riuscirete a trasportarvi a Pietroburgo nella domenica rossa e in altri numerosissimi centri della Russia. Moltiplicate per mille il numero dei trucidati a Rocca Gorga, per mille moltiplicate gli strazi, gli oltraggi inflitti alle vittime del militarismo. Ricordate però che non deve essere solo un calcolo astratto, una moltiplicazione di cifre - ma la visione esatta, sanguinosa di migliaia di esistenze spezzate, di speranze deluse, di famiglie distrutte.

Aggiungete una ad una tutte queste torture, tutto questo scempio di vita e di dignità umana... Quanti particolari degli eccidi vostri richiamano alla memoria, per la sintomatica loro somiglianza, i fatti sanguinosi svoltisi in Russia. L'inerme bimbo ucciso nelle braccia del padre... non ricorda uno di quei bambini che nella rigida giornata invernale di Pietroburgo, si arrampicarono sugli alberi per sfuggire alle fucilate della Guardia Imperiale e allo knut dei cosacchi? In ambedue i casi poi - tanto a Pietroburgo che a Rocca Gorga i morti sono morti come hanno vissuto, da schiavi - in ginocchio, mentre umili chiedevano il soddisfacimento dei più elementari bisogni, alla monarchia, all'autocrazia, mercè l'intervento della religione. Le ingiustizie sociali a tutte le inferiorità cui condannano il proletariato - ne aggiungono una che è la più feroce -. Dopo aver tolto ad esso ogni diritto, ogni possibilità di vivere, lo priva pure della voluttà di morire ribellandosi, di morire lottando, di morire vivendo .

Che fare? E' questa la domanda che di fronte alla evocazione delle torture russe ci rivolgeranno le masse italiane.. E noi rispondiamo ai proletari, ai compagni italiani, voi avete fatto il fattibile. Mai il proletariato e i socialisti russi potranno dimenticare le prove di generosa solidarietà che l'Italia socialista diede ai militanti della causa rivoluzionaria in Russia. Nè potrà dimenticare che l'aiuto vostro materiale e morale venne allorquando negli occhi di tutti, l'autocrazia era forte e nel popolo non era, secondo l'opinione che allora prevaleva, ancora nato nessuno stimolo di rivendicazione sociale.

Ora che il popolo russo ha dato prova di infrenabile amore di libertà, di eroico coraggio, ora ch'esso ha dimostrato di voler e poter combattere le più gigantesche battaglie e affrontare i più terribili nemici, i più feroci e subdoli e infami persecutori, ora che voi ne avete conosciuto la forza e l'eroismo e avete conosciuto i sublimi sacrifizi dei martiri russi... ora a voi, proletari e socialisti italiani, non è difficile comprendere tutta la profonda e complessa tragedia di cui i socialisti e i lavoratori russi sono i protagonisti. Oggi voi sapete che l'aiuto che ad essi tornereste a dare non sarebbe più l'aiuto del forte al debole, ma l'appoggio solidale fra uguali che insieme percorrono la stessa via, salgono il medesimo Calvario, raggiungono fieri ed uniti la stessa agognata luminosa meta. Le domeniche rosse si ripeteranno ancora in Russia, ma il sangue che inonderà le vie di quel paese non sarà più sangue di umili che si dirigono giudati da un prete verso la residenza dell'autocrate per implorare la sua pietà ma è e sarà sangue di coscienti e orgogliosi militi della rivoluzione sociale.

I dimostranti non si raccoglieranno più attorno alle sacre mendaci icone, ma attorno alle fiammanti bandiere rosse, fiammanti come la loro fede nella causa della libertà. Tali oggi, nella mesta ricorrenza del 22 gennaio, devono apparire dinanzi ai vostri occhi, coloro che in Russia ricordano la domenica rossa. Essi sperano, combattono, vanno fiduciosi verso l'avvenire. E l'avvenire loro, è l'avvenire di tutti gli oppressi. Combattendo l'esecrata autocrazia e il capitalismo dissanguatore, opponendosi alla violenza dell'esercito e al giogo del clericalismo - essi danno la loro vita per conquistare ad altri la possibilità di vivere senza catene e senza oppressione.

Dal loro glorioso cammino non si lasciano deviare nè dalle fucilate nè dalle persecuzioni, nè dalle insidie degli agenti provocatori, nè li ferma la visione del martirio dei loro predecessori, l'evocazione dei sepolti vivi nelle carceri e nelle lande della Siberia, dei mutilati e dei martorizzati non fa che aumentare la loro forza, il loro desiderio di affrontare tutto per liberare e vendicare tutti.

Chi è che li guida in questa marcia solenne e tragica verso l'avvenire? E' il socialismo che spinge alla lotta e conduce alla vittoria i giovani, i vecchi, le donne e gli uomini, tutti quanti aspirano alla libertà e si ribellano alle ingiustizie sociali.

Non crisantemi sulle tombe dei caduti di Pietroburgo, ma garofani rossi, simbolo della incrollabile volontà di fare il nostro dovere.

Non lacrime soltanto, ma impegno di fronte a noi stessi, di dare tutte le nostre energie, tutti i palpiti dell'animo nostro alla grande causa del socialismo. Queste è la promessa ed il proposito che affratellati dal dolore e dalla comune fede si scambiano oggi i socialisti russi e i socialisti italiani.

Da "L'Avanti!" del 22 gennaio 1913

Archivio storico 1911-1920