Dopo la battaglia elettorale

considerazioni postume

Il ciclone elettorale è passato e si va pian piano liquidando l'inevitabile strascico di recriminazioni e di polemiche, grave ostacolo agli obbiettivi apprezzamenti. Possiamo dunque gettare un'occhiata intorno e fare qualche considerazione sullo svolgimento e sull'esito delle elezioni a cui abbiamo assistito. Come la redazione ha già opportunamente rilevato, questo giornale non è l'esponente di un movimento che veda nell'azione elettorale il culmine delle attività, come invece avviene nel fatto per il Partito Socialista, e perciò nonostante i molteplici contatti e le inevitabili compenetrazione tra il movimento adulto e quello giovanile, ci è possibile tenere l'esame delle situazioni - interessante anche per noi - in un'atmosfera forse più spassionata e serena.

Più che il computo dei voti riportati, o il calcolo dei collegi conquistati, o la statistica parlamentare dei vari partiti, importa esaminare come abbia il proletariato - e per esso il Partito Socialista - svolta la sua battaglia politica contro la borghesia dominante.

Più che i risultati importa vagliare i metodi seguiti nell'ottenerli e il valore dato alle competizioni politiche, e questo senza negare il giusto valore al notevole consenso dato dal popolo italiano al Partito Socialista, che è per tutti noi motivo di vera soddisfazione.

Per dimostrare la giustezza del proprio metodo, che sostiene la convenienza e la necessità pel proletariato di partecipare alle elezioni, il Partito Socialista deve sforzarsi di provare coi fatti che è possibile scendere in quel terreno conservando intatto il programma socialista e senza mentire minimamente le finalità che ispirano la lotta di classe né corrompere i metodi che a questa sono necessari.

E' infatti indiscutibile che le conquiste del Socialismo dalle massime alle immediate, devono essere opera di grandi masse che si siano formata una coscienza collettiva dei propri interessi e del proprio divenire e siano convinte che, per garantirli ed affermarli efficacemente, non debbono abdicarne la tutela nelle mani di pochi dirigenti; come non debbono chiedere aiuti di sorta alla classe economicamente avversa.

Il Partito Socialista deve quindi coltivare e diffondere questa coscienza collettiva, chiamando le masse alla diretta discussione dei problemi politici che le interessano in sommo grado, e chiedendo loro, anche nelle attuali infelici condizioni economiche, uno sforzo decisivo verso la determinazione di una coscienza sociale che raggiunga, ed oltrepassi anzi di molto, quella delle classi economicamente favorite, quindi più colte e che hanno maggior agio di occuparsi delle questioni politiche.

Appunto le attuali condizioni economiche contrastano la realizzazione di questo carattere ideale del movimento proletario. Nessuno può negare la verità dell'osservazione che l'uomo costretto al lavoro manuale è propenso a delegare ad altri, agli intellettuali, la gestione e quindi il dominio della vita sociale. Anche le masse quasi coscienti di una qualsiasi finalità tendono ad affidarne la realizzazione ad un uomo o a pochi uomini, che seguono poi troppo ciecamente. Ed una vera gestione collettiva dei problemi sociali non potrà aversi che quando le condizioni economiche saranno molto più livellate, quando cioè sarà raggiunto lo scopo a cui mira il socialismo.

Ma nella società presente le cose vanno in modo assai diverso, ed è veramente eroico lo sforzo al quale la classe operaia, che costituisce il più "basso" strato sociale, deve sottoporsi per conquistare il dominio della società e mutarne le basi fondamentali.

Vogliamo dedurne che nelle attuali condizioni ogni forma di azione di classe - non le sole elezioni, ma anche l'azione sindacale e perfino la rivolta in piazza - presenta il rischio che le masse rinunzino all'effettivo controllo dei propri interessi e lo affidino ad un certo numero di "capi".

E' questo pericolo - sempre gravissimo - maggiore in certe forme di azione che in certe altre? Ed in quali? Su ciò c'è da discutere, ma in ogni modo non se ne trarrà mai un argomento decisivo per l'abbandono di una di quelle attività. Ciò per confutare la tesi astensionista.

Importa però rilevare che il vero successo dell'azione del Partito Socialista consiste nel riuscire a portare in tutte le competizioni il suo metodo profondamente e sostanzialmente diverso da quello degli altri partiti, come diversi sono i principii e le finalità da conseguire.

Qualunque risultato ottenuto compromettendo una parte dei principi socialisti o adottando metodi copiati dalla politica borghese, può costituire una vittoria effimera, ma è più dannoso che giovevole alle conquiste essenziali a cui il proletariato aspira, perché allontana invece di affrettare la costituzione di quelle grandi forze collettive che sono necessarie al socialismo, assai più che i deputati in parlamento.

Ciò premesso risulta chiarissimo quale sia il nostro punto di vista nel valutare i risultati delle elezioni.

E una osservazione scaturisce subito con evidenza palmare: la grande facilità che nelle lotte elettorali sia perduto di vista ogni scopo che non sia il risultato numerico, la vittoria ad ogni costo. E' una constatazione di fatto che gli anarchici possono sfruttare, esagerandola, ma che i socialisti non devono dissimularsi.

Molte volte si "perde la testa" perché si crede necessario abbattere un qualunque avversario che si ritiene ostacolo invincibile a certe conquiste, o magari alla propaganda delle idee socialiste genuine, spesso si è abbagliati dall'entusiasmo feticista per il proprio candidato, alcune volte è proprio il sincero desiderio di assicurare il collegio al Partito ; ma in tutti questi casi (parola mancante) sempre col chiudere un occhio e decampare dai metodi rigidamente socialisti per ottenere più voti. Vengono fuori allora tutte le argomentazioni contro la eccessiva intransigenza che "cammina nelle nuvole astraendo dalla realtà", si tirano in ballo le "speciali condizioni del collegio", la "necessità di abbattere un feudo", o le detestabili "questioni morali"; ma in fondo il motivo vero è sempre uno: si vuole riuscire e si vede nella conquista del collegio non più un mezzo per la propaganda e la diffusione del socialismo e sia pure pel benessere operaio, ma il fine, la meta ultima e suprema. E ... si fanno i pasticci, specie quando si sa che con le proprie forze "non si può" vincere.

Non è il caso di addentrarsi in critiche dettagliate ma solo di considerare bene le cause di queste incertezze che il Partito deve man mano eliminare. Esso deve oggi il rispetto ed un poco la paura degli avversari più che al suo successo numerico - che non è poi straordinario dato l'allargamento del suffragio - all'aver saputo fare un gran passo innanzi sulla via della intransigenza e della sincerità politica. La borghesia accecata dalla sua stessa corruzione politica riteneva che il proletariato non ci avrebbe seguiti su quel terreno "ideale" e si preparava a seppellirci. E' rimasta sbalordita, perché credeva che noi dovessimo pagare il lusso dell'atteggiamento intransigente specie per la questione libica, con un insuccesso clamoroso, e soprattutto perché non riteneva capace il nostro Partito di tener fede alle sue decisioni politiche. Ora infatti la stampa borghese da una parte specula sulle inevitabili deviazioni che si sono verificate per svalutare la nostra opera, mentre dall'altra ci invidia la nostra compattezza e disciplina ben sapendo che mai potrà imitarle.

Compito dei socialisti è rendere sempre più rigidamente consono ai suoi principi la politica del proletariato. Sacrificando qualche successo immediato il Partito si assicurerà il raggiungimento di una forza e di una influenza politica straordinarie che daranno meritato compenso a tutti quegli sforzi che possono a taluno sembrare sterili, perché non coronati da una vittoria vicina.

La formazione di questo criterio nel valutare l'azione elettorale riguarda assai da vicino il movimento giovanile. E' utilissimo infatti poter avere nelle giovani reclute della nostra idea, prima dei socialisti che degli elettori. Fissati bene certi concetti ideali, al di fuori di una determinata contingenza politica, sarà molto più facile che quei concetti siano osservati nella pratica azione.

Mentre sono sempre sospette le reclute fatte con la propaganda puramente elettorale perché sono conquistate più spesso dalla simpatia per un uomo o dall'impressione riportata in una particolare situazione politica, che da una vera convinzione ideale.

Ecco perché noi crediamo che il nostro movimento in quanto partecipa con la propria attività di propaganda al movimento elettorale abbia pieno diritto di ispirare la sua partecipazione ai concetti ideali che lo guidano e limitarla o negarla ove lo creda opportuno in relazione alla sua natura essenziale di movimento di propaganda e non di azione tattica elettorale. La gioventù socialista deve ignorare certi atteggiamenti tattici e certe manovre ed ha il diritto di separare da essi la sua responsabilità perché non solo è un'organizzazione cosciente, ma nel caso specifico dell'azione elettorale si trova in condizioni di dare un giudizio più chiaro e sereno di quello della massa degli elettori o anche delle stesse milizie del Partito adulto, spesso trascinate dal desiderio della vittoria a concessioni illecite.

Come i giovani hanno rifiutato di appoggiare i candidati massoni, così sarebbe stato desiderabile che essi si fossero astenuti da qualche episodio non bello della recente campagna elettorale. Accennerò solo e brevemente alle elezioni di ballottaggio di Roma, nelle quali l'intransigenza del partito se ne andò, di fronte alla paura di "perdere il collegio" di gran galoppo in soffitta, come benissimo dice L'Avanti!.

Contro il pasticcione bloccardo che si congedò di colpo dopo le elezioni di primo scrutinio, riesumando atteggiamenti e motivi che credevamo sepolti definitivamente, ripristinando l'equivoco bloccardo e popolarista, macchiando la fierezza e la bellezza dell'idea socialista nei patteggiamenti massonici - taciti o espliciti non dice nulla - doveva elevarsi in tempo almeno una voce di protesta: quella dei giovani socialisti.

Il nostro movimento si è sempre sforzato di dissipare l'equivoco del balordo anticlericalismo democratico tra la gioventù operaia, già così facile ad inebriarsene. La nostra propaganda antimilitarista ed antinazionalista ha sempre accomunato gli avversari clericali e democratici combattendo l'imperialismo borghese in nome dell'internazionalismo proletario. Nessuna disciplina poteva imporsi di tollerare che si svalutasse e si confondesse tanto lavoro di propaganda per una manovra elettorale, e si rimettessero in voga metodi e sistemi di lotta che riteniamo rovinosi per la sana concezione del socialismo, per la vera ed efficace demolizione dell'oscurantismo clericale e delle follie nazionalistiche come del confusionismo democratico.

L'azione anti-democratica ed anti-massonica è una faccia importantissima della attività della nostra Federazione e del nostro giornale col consenso unanime di tutte le forze del nostro movimento. Si sarebbe dovuto perciò in questo caso tipico di degenerazione socialista che ha avuto tanta ripercussione saper lanciare in tempo un grido di allarme e di protesta. Non lo si è fatto ed è stato male.

Amadeo Bordiga

Da "L'Avanguardia" del 16 novembre 1913

Archivio storico 1911-1920