L'equivoco regionale

Dopo i discorsi parlamentari di Labriola, Arca, e Tasca, la stampa borghese di tutti i partiti – quella meridionale specialmente – non nasconde più la vivissima sua compiacenza. Troviamo le stesse frasi "...guerra in famiglia", "coraggiosa reazione degli indipendenti meridionali alle imposizioni del socialismo ufficiale" e simili, sia nel Mattino che nel Roma dello stesso giorno, per quanto questi giornali rappresentino a Napoli i due estremi opposti della politica locale.

Infatti nessuno dei due difensori borghesi dell'impresa libica aveva trovato in se stesso la disinvoltura sufficiente per rimettere in circolazione la più sfatata delle sfatatissime attenuanti della guerra, qual è la pretesa della salvaguardia di ipotetici interessi del Mezzogiorno. Ma, quando i diversi Tasca di Cutò hanno tentato questo motivo, prestandosi a fare abbinare il dissidio tra l'immensa maggioranza antilibica del socialismo italiano ed una trascurabile minoranza di intellettuali libici, ex socialisti più o meno in corso di involuzione, con una supposta divergenza regionalistica negli interessi proletari in Italia, allora non è parso vero a coloro che hanno esaltato a pagamento la gesta nazionalistica ed insultato il socialismo inesorabilmente avverso ad essa, nei primi tempi del carnevale tripolino, di veder rinverginata la loro menzogna "dagli stessi banchi della estrema socialista".

Il principe Tasca di Cutò, a cui ha fatto acido il mancato appoggio giolittiano al riformismo di Sicilia, si è compiaciuto di accusare di ministerialismo larvato i socialisti dell'alta Italia, incolpandoli di favorire lo sviluppo di categorie privilegiate di operai a danno del proletariato meridionale, di cui egli si preoccupa difendendo i motivi politici della conquista... africana. Il deputato principe di Cutò non teme le contraddizioni; ed ha perciò dimenticato che proprio per reazione a quelle tendenze di collaborazione col Governo e di corporativismo operaio, il socialismo "ufficiale" ha messo fuori i suoi amici di partito Bissolati, Cabrini e C. tra gli urli della stessa gazzettaglia filistea che gli fa oggi una gratuita reclame. Ma a noi non preme spulciare il processo involutivo che si svolge nel cranio di alcuni individui; interessante forse per l'originalità degli atteggiamenti, ma trascurabile di fronte alle esigenze del movimento nostro. E' importante invece reagire al tentativo balordo di creare un socialismo "meridionale" in contrapposto a quello "settentrionale", tentativo che sorride troppo alla borghesia del Mezzogiorno, per le ragioni che ora vedremo.

L'oligarchia governamentale borghese che ci regge, sfrutta come meglio può a vantaggio delle minoranze affaristiche del Nord e del Sud il paese che ha la disgrazia di esserle affidato. Una "sperequazione" esiste senza dubbio a danno del Sud che è più sgovernato di quanto sia sgovernata l'Alta Italia, perché la borghesia, concedendo dovunque il meno che può, deve essere logicamente più larga verso il proletariato più forte nelle sue organizzazioni economiche, che il governo borghese cerca di ammansire con opportune concessioni – o con menzognere promesse di concessioni – quando, invece che all'Italia lavoratrice del Nord o del Sud, i milioni sono stati dati alla Libia e per essa agli appaltatori e fornitori italiani di ogni regione. Ma responsabile di questa "sperequazione" è soltanto la borghesia del Mezzogiorno che, mentre ciancia di interessi regionali da difendere, li tradisce poi perché sia conservata la protezione doganale ai suoi latifondisti

O li vende in cambio dell'appoggio elettorale alla camorra organizzata dal Governo. Ed in questa tattica i partiti conservatori e clericaloidi sono alla pari con quelli della democrazia, che ci hanno dato nelle recenti elezioni i maggiori contingenti di "gentilonizzati". Gli interessi del Mezzogiorno hanno sempre costituito il vero specchietto per le allodole in mano a tutti i partiti, che su di esso hanno imbastito i trucchi più colossali, tra cui appunto quello della giustificazione dell'impresa tripolina.

Adesso il famoso problema, oggetto di così profonde elucubrazioni dei competenti o di così completo disinteressamento di chi se ne dovrebbe occupare sul serio (non alludiamo... al ministro Nitti), dovrebbe servire a seminare una divisione nell'opera concorde dei socialisti e nella loro lotta anticapitalistica. Così almeno sperano i borghesi del Mezzogiorno, che nella loro vigliaccheria e inettitudine pensano con terrore alla possibilità di vedersi circondati in un avvenire non lontano da un proletariato permeato di socialismo, che sia meno facile ad andarsene rassegnato attraverso l'Oceano per sfamarsi, o attraverso il Mediterraneo per farsi massacrare nelle sabbie di Libia. Ed è invece appunto una propaganda sistematica del socialismo nelle masse del Mezzogiorno (che gli indipendenti, paghi di esilarare la borghesia con le loro finezze intellettuali, non fanno) quella che può spezzare il gioco delle forze su cui si regge il governo-camorra che imperversa in Italia. E' vero che questo governo era quasi riuscito, con pochi milioni di lavori pubblici saggiamente distribuiti ai sollecitanti, ad addomesticare qualche deputato socialista del Veneto, della Lombardia e dell'Emilia, e sperava così di addomesticare il partito. Ma è pur vero che il partito ha reagito a questi tranelli e cammina per la strada nettamente opposta. In ogni modo, se le cooperative fanno nella miglior maniera gli interessi della propria cassa, non c'è da meravigliarsene, e ciò non ci preoccupa. Se qualche deputato accompagna troppo spesso le commissioni di cooperatori per le scale dei ministeri, a ciò si provvedere a suo tempo e luogo. Importa però rivendicare il carattere e le direttive del partito socialista contro certe manovre e contro certe gonfiature basate su pretesi interessi speciali di alcune regioni. Un socialismo ad usum delphini nel Mezzogiorno può essere caldeggiato dai borghesi, pronti ad approfittare di certe occasioni per inneggiare al "coraggio" di chi si ribella alle "scomuniche", come a quello del libero lavoratore che tradisce i suoi compagni in sciopero; ma quel socialismo adulterato non può non essere avversato da chi abbia a cuore gli interessi e l'avvenire del proletariato meridionale.

Le falsificazioni del socialismo risalgono ad interessi di conservazione della borghesia ed hanno solo a pretesto certi sofismi regionali. L'antigiolittismo chiassoso dei Tasca di Cutò è saldato con un anello continuo alle visite fatte al Quirinale dai Bissolati, il libicismo dei De Felice da la mano a quello dei Podrecca. Ma contro questi fenomeni degenerativi deve reagire e reagirà il proletariato che sente al disopra dei pettegolezzi campanilistici, al disopra d'ogni confine, la sua unità di classe, nel socialismo.

Nota redazionale dell'Avanti!

II discorso dell'on. Tasca di Cutò – blandissimo riformista palermitano – ha resuscitato il regionalismo. Resuscitato, diciamo, perché il regionalismo è ben morto nella coscienza del paese, almeno in quella parte di paese che segue il partito socialista. E' dunque assai strano che la nota del regionalismo strida in quel parlamento che della nazione intera dovrebbe essere l'espressione più pura e completa (i signori deputati si chiamano, appunto, "rappresentanti della nazione") e che il tasto di tale stridula nota sia battuto da uno che si dice socialista. Tasto falso e nota stonata. L'on. Tasca di Cutò dimostra di non conoscere che superficialmente il movimento proletario del Nord. Ci stupisce molto che egli ignori che nel Nord d'Italia si emigra almeno tanto quanto nel Sud (nei paesi dell'Europa centrale: Svizzera, Baden, Lussemburgo, dipartimenti centrali della Francia, vivono e lavorano mezzo milione d'italiani del Nord), ci stupisce – per non dir altro – che il principe Tasca di Cutò riprenda per la cavezza un cavallo o un somaro di ritorno uscito dalle scuderie dei Pantaleoni, dei Bellonci, dei Caroncini, e altri forcaiolissimi dello stesso stampo, secondo i quali i proletari della valle padana sarebbero dei "succhioni" dell'erario dello Stato. Favole stupidissime, la cui inconsistenza è stata ripetute volte arci-documentata. Dato e concesso che i proletari del Nord si trovino in condizioni più felici paragonati ai loro fratelli del Sud, ciò non è dovuto alla paterna benevolenza del Governo. Il Governo è stato uguale al Nord come al Sud. La valle padana ha un suo tragico martirologio di leghisti, ma ha anche conosciuto i grandi scioperi che hanno migliorato la situazione dei lavoratori della terra. Milano ha avuto il '98. I famosi privilegi alle cooperative non esistono. L'on. Tasca di Cutò – a meno che non ci tenga a difendere le tesi degli appaltatori – consulti talune pubblicazioni degli ingegneri del1' Ufficio [del Genio] Civile e troverà che lo Stato concedendo taluni lavori alle Cooperative non ha sperperato i denari dell'erario. Tutt'altro. Si sono accusati di "esclusivismo particolarista" talune categorie lavoratrici del Nord, ed ecco a sfatare l'accusa 1'atteggiamento odierno della F.N. dei Lavoratori della Terra ispirato da preoccupazioni di indole generale, nazionale. E potremmo continuare.

Intanto, attorno alla sciocca boutade del deputato siciliano si diverte la stampa borghese. La quale crea un regionalismo socialista. Si parla di un socialismo del Nord in contrapposto a un socialismo del Sud. Il culmine del grottesco è raggiunto dall' ufficiosa Tribuna. Leggere, per credere, l'articolo "Nord e Sud socialista". Vi si fa l'elogio della duellomania siciliana nei termini seguenti: "II siciliano che getta o riceve un'ingiuria, mette mano alla spada ed esige od offre la soddisfazione; e non si sogna nemmeno di ritirarsi, col suo collega padano o milanese, nella pregiudiziale anti-duellista, che teoricamente ha le sue buone ragioni, ma che non dovrebbe mai servire di comodo rifugio ai facili ingiuriatori, come un surrogato agli asili medioevali".

Ma si vuol dunque gabellare per "coraggio" quella buffonata anacronistica che si conclude regolarmente in una graffiatura non interessante nemmeno la prima epidermide?

Non vogliamo schiacciare con una troppo lunga introduzione l'articolo [che ci perviene], tanto più che ci riserviamo di tornare sull'argomento. Ci piace constatare intanto che il primo a protestare contro questa manovra regionalista sia precisamente un meridionale. E così anche il trucco regionalista, pacchiano più degli altri, è sventato.

Da "Avanti!" del 6 marzo 1914. Firmato : Amadeo Bordiga.

Archivio storico 1911-1920