Nel labirinto napoletano
Il socialismo napoletano è impegolato nell'equivoco. Credo che i socialisti italiani seguano con sorpresa le notizie saltuarie e contraddittorie che giungono loro sulla inestricabile situazione partenopea. Qualche cosa se la ricordano per il chiasso fatto anni fa: a Napoli dovrebbe esistere l'avanguardia rivoluzionaria del sindacalismo, un gruppo di audaci che sgominò una consorteria di ladri annidati al Comune in nome della democrazia massonica... Ma qualche altra cosa si apprende dagli sprazzi di luce fattisi negli ultimi tempi: i socialisti napoletani stanno in un blocco che è la feccia dei blocchi e la Direzione del Partito ha dovuto sculacciarli.
Nessuno ne capisce più nulla! Sono di ieri e di oggi il processo militaresco alla Propaganda per gli articoli di Viviani e la giornata del 3 febbraio, ma sono anche di ieri e di oggi l'appoggio clandestino a Salvatore Girardi nel IV collegio e il tollerato sabotaggio massonico all'agitazione contro il decreto catenaccio.
Se i lettori della Folla avranno la pazienza di seguirmi cercherò di guidarli attraverso il labirinto. Per avere il filo d'Arianna basta aggrapparsi ... alla coda del serpente verde massonico, e ne potremo venire a capo.
In conseguenza della lotta sostenuta dai socialisti contro l'amministrazione Summonte e contro Casale, i democratici vennero battuti nelle elezioni dai clerico-moderati, che il pubblico degli elettori riteneva più onesti . Magro risultato in verità, dopo tanto chiasso di processi e di inchieste! In ogni modo i clericali si insediarono da allora a Palazzo S. Giacomo e Napoli tornò in mano ai preti. I socialisti lottarono per qualche tempo intransigentemente, ma non riuscivano a scalzare gli avversari. La massoneria d'altra parte iniziò a Napoli un lavorio intenso di penetrazione, e cominciò una lotta accanita contro l'amministrazione. D'altra parte riuscì ad attrarre nel suo seno i capi del movimento operaio e socialista e a gettare le basi di un blocco popolare, che nel 1909 conquistò la minoranza del Consiglio Comunale.
Al blocco popolare aderivano i socialisti della sezione ufficiale, in cui prevaleva la tendenza riformista. Ma il fatto strano è questo. I sindacalisti, che erano usciti dal Partito e lo avevano combattuto ferocemente, i sindacalisti che avevano la Propaganda e la Borsa del Lavoro, aderirono allo stesso blocco, rimangiandosi l'anti-elezionismo più o meno tiepido e dimenticando perfino la pregiudiziale antidemocratica del sindacalismo.
Dopo qualche tempo, riconoscendo che essi non differivano più in nulla dai riformisti, rientrarono nel Partito e fondarono una Federazione.
Questo intruglio rifo-sindacalistico votò a Reggio coi rivoluzionari. Qui comincia il pasticcio e il trucco politico. Nessuno sapeva che i rivoluzionari napoletani veri erano fuori dalla federazione, ritenendola un'anticamera della Massoneria.
Tutti presero sul serio l'atteggiamento anti-militarista. Il nome di Silva Viviani fece da passaporto a gente che era indegna di stare al suo fianco.
La tabella della Propaganda fu fracassata dalla teppa sciovinista. E' vero. E' vero anche che i redattori si difesero vigorosamente. Ma dopo se ne sono vantati troppo. Chi di noi non ha avuti - e resi - cazzotti patriottardi durante l'anno di guerra? Ma nel campo rivoluzionario le benemerenze non sono sanatorie agli errori e alle colpe. L'abbiamo detto tanto a Bissolati e a Podrecca!
Ma c'è il rovescio della medaglia. La Propaganda pubblicò lettere di protesta contro l'aggressione ... scritte da fautori della guerra: erano lettere delle associazioni iscritte al blocco e servivano a rassicurare che il disaccordo sulla guerra non avrebbe guastato l'onestà massonica.
Ancora: non una voce di protesta ebbero i consiglieri socialisti contro le spade di onore e le corone d'alloro votate agli eroi libici. La anti-tripolinissima Propaganda tacque prudentemente. E potrei seguitare per un pezzo.
In una parola i socialisti napoletani facevano di tutto per sembrare rivoluzionari e poter offrire al blocco e alla massoneria l'etichetta del Partito Socialista ufficiale.
Ora che il Partito si è convinto dei loro intrighi e li mette a dovere tentano un altro giochetto: quello di uscirsene come scontenti ... della direzione rivoluzionaria! E attaccano quest'ultima con un cumulo di ingiurie che ci fa schifo citare. Quello che metteremo in luce dinanzi a tutti i socialisti sinceri è questo: l'ex sindacalismo napoletano, dopo aver accusato il Partito Socialista di essersi venduto alla borghesia, ha voluto rientrarvi per fare gli interessi della borghesia massonica, ed oggi è il partito che - ritornato alle origini rivoluzionarie - si vuole disfare di questo elemento più pericoloso del riformismo monarchico, perché, educato alla scuola massonica, tenta di nascondere la sua vera essenza.
Mi pare che questa volta vi abbiano colti colle mani nel sacco, non è vero fratelli?
Da "La Folla", n. 12 del 23 marzo 1913.