Il socialismo meridionale e le "questioni morali"
Le complesse ragioni del mancato sviluppo del movimento e della coscienza socialista nel Mezzogiorno, connettendosi intimamente col problema del mancato sviluppo economico e civile di questa regione, esigono ancora da parte dei teorici e degli uomini di azione del socialismo uno studio lungo e severo che non è stato finora - occorre riconoscerlo - seriamente affrontato, e che esorbita certamente dal campo di un semplice articolo.
Ma alcune considerazioni possono tuttavia farsi brevemente non tanto sulle condizioni di fatto che ostacolano il diffondersi tra noi delle idee socialiste, quanto sui metodi inadeguati e spesso fallaci adottati dai socialisti meridionali per la diffusione e la propaganda delle idee stesse.
Gli avanzi del regime feudale, il mancato o scarso sviluppo della grande industria, la natura della proprietà rurale e le condizioni dei contadini, il problema immenso e controverso dell'immigrazione, in una parola tutti i fattori storici economici esigerebbero ognuno un'analisi accurata dal punto di vista socialista.
Dall'altra parte i fattori etnografici e la conseguente psicologia del popolo meridionale, che si riassume in una grande sopravvivenza di individualismo, nell'assenza di spirito di iniziativa e di associazione, da parte di chi si accinge a lavorare per il socialismo in questi paesi.
Un primo fatto che occorre lumeggiare è l'assoluta insufficienza politica ed intellettuale delle classi dirigenti, lo scarso livello della loro cultura, il loro misoneismo e la loro pigrizia accidiosa di fronte ai gravi problemi sociali. La media intellettuale della nostra borghesia è assai bassa, ed essa non farà mai avanzare verso la soluzione il problema meridionale.
La sua rappresentanza politica è in generale incolore e incosciente, costituisce la zavorra di tutte le maggioranze ministeriali come è in Italia ben noto, non si preoccupa di premere sul Governo perché si occupi del Mezzogiorno se non per le solite concessioni a scopi meramente elettorali. Non è dalla borghesia meridionale che il Mezzogiorno può attendere il suo rinnovamento.
Non è tampoco dall'intervento dello Stato, che maneggiato dalla oligarchia capitalista del Nord non vorrà mai consacrare le sue energie a una colonizzazione grandiosa, nel senso materiale e morale, dell'Italia del Sud.
E le ragioni sono chiare. Lo sviluppo economico-agricolo-industriale del Mezzogiorno non potrà che nuocere agli attuali gruppi monopolistici delle grandi industrie protette che hanno nel Mezzogiorno il mercato naturale di consumo; lo sviluppo corrispondente, sul terreno politico, delle masse lavoratrici, toglierebbe vari dei più solidi puntelli attuali della borghesia conservatrice italiana.
Occorre qui ricordare che i nazionalisti che agitavano come una bandiera la questione meridionale, la hanno ora abbandonata per colonizzare le sabbie africane?
Non dalla borghesia dunque verrà la soluzione, ma solo dalla pressione rivoluzionaria delle masse lavoratrici.
Noi non dobbiamo però nasconderci che se le classi dirigenti sono tra noi molto arretrate, anche il proletariato ha difetti profondi e gravi che diminuiscono e ritardano l'efficacia della sua azione.
La piccola borghesia rurale è poi una vera entrave per i movimenti del proletariato, cui è legata da mille intrecci di complessi rapporti economici.
Date queste condizioni di ambiente è naturale che la propaganda socialista abbia incontrato ed incontri ostacoli gravi.
Ma forse ha concorso all'insuccesso anche la tattica creata dai dirigenti il movimento operaio, che potremo qui esaminare sotto alcuni aspetti salienti.
Vogliamo accennare alle degenerazioni "localistiche" e alla mania di sollevare continuamente grossi scandali dando la caccia alle questioni "morali" la cui conseguenza è stata la dimenticanza più completa della propaganda di principii.
Abbiamo accennato alla inferiorità delle classi dirigenti e dei partiti borghesi nel Mezzogiorno, che sono in potere di tutte le pubbliche amministrazioni ed hanno vastissime influenze elettorali. Per insipienza o per corruzione queste amministrazioni funzionano in generale malissimo, determinando nelle masse un vivo malcontento, che viene sfruttato abilmente dai partiti locali di opposizione. Sono partiti quasi sempre personali, senza alcun contenuto politico, a base di clientele e di odii inveterati, le cui lotte sono eminentemente antieducative per la poco cosciente massa elettorale.
Il partito che ha l'amministrazione sta in generale in ottimi accordi colle autorità ed anche col clero locale - sempre influentissimo. Ecco che gli oppositori, che in fondo non sono meno reazionari, assumono degli atteggiamenti popolareschi, si proclamano campioni della libertà e della correttezza, tentano qualche motivo anticlericale, fondano magari la loggetta massonica.
Quando riescono a vincere divengono in linea generale più disonesti e forcaioli degli altri.. Chi conosca il Mezzogiorno sa che questo quadro non è esagerato affatto. Ah, la democrazia meridionale!
L'errore generale dei pochi socialisti è stato di lasciarsi quasi dovunque attrarre nell'orbita di questa pseudo-democrazia senza programma.
Perseguitati e calunniati dal partito che è al potere, insidiati nel lavoro di organizzazione dal prete, accarezzati dal partito di opposizione ghiotto di potere, essi si sono illusi che aiutando i democratici (?!) a vincere acquisterebbero una libertà maggiore di propaganda, la neutralità delle autorità nei conflitti economici, e alcuni miglioramenti immediati di indole fiscale per le masse che guardano a loro.
Stretti in questa cerchia di interessi, assorbiti in uno snervante lavoro elettorale a base di scandali, calunnie, querele, preoccupati solo di provare che gli avversari erano ladri del pubblico denaro - quasi che occorresse questo per incitare le masse alla lotta contro la borghesia - lusingati dalle promesse di qualche seggio nei Consigli Comunali o Provinciali, avvelenati spesso dalla vita nell'ambiente massonico, i capi del partito socialista hanno lasciato indietro il socialismo.
Certo questo stato di cose non è universale. In Puglia per esempio si fa della buona lotta di classe, per le condizioni speciali che hanno ridestato lo spirito rivoluzionario nei lavoratori.
Altrove sorse per reazione il sindacalismo. Ma anche i sindacalisti, lasciati in asso da qualche loro uomo rappresentativo, vanno cadendo nei facili amplessi di una democrazia da strapazzo.
E vi è ancora chi ha il coraggio di adoperare le nostre condizioni speciali come argomento contro la intransigenza elettorale.
Si dice che il partito socialista dove è numericamente debole deve cercare alleati nei partiti cosiddetti affini.
Ma se il "blocchismo" è dannoso là dove il socialismo prospera e gli operai sono coscienti, quanto più dannoso sarà là dove è ancora scarsa e incerta l'educazione socialista dei proletari!
Meglio l'astensionismo, e buttarsi ad un lavoro di propaganda intensa per potere poi affrontare la lotta con le proprie forze, servendosene come fattore vivo di educazione proletaria.
Meglio avere due lavoratori coscienti nella minoranza del Consiglio Comunale che averne un gruppo al servizio di una maggioranza borghese.
Le conseguenze degli errori sono ormai fatali. I socialisti non fanno che andare a caccia di scandali, o peggio calunniarsi a vicenda. I nostri giornali non hanno articoli di sana propaganda elementare, ma tirate velenose e triviali, minaccia, ingiurie.
Non si chiede agli avversari il loro programma quale che sia, per combatterlo alla luce dell'ideale proletario, ma si sfidano ad esibire la fedina penale. E il proletariato assiste a tutto questo, ignora che cosa è il socialismo ma impara purtroppo a sfuggire, a temere, a diffidare dei socialisti.
Vi è una sola via di salvezza. Ricominciamo da capo. Piantiamo lì le "questioni morali" e diamoci alla propaganda di principio. Ladri ed onesti i borghesi per noi si equivalgono. Non travisiamo più il concetto della lotta di classe in una dubbia crociata per il rispetto della lotta di classe in una dubbia crociata per il rispetto ai codici dello Stato borghese. Adottiamo una tattica ultra-intransigente e il proletariato finirà per essere con noi. Allora soltanto noi avremo svegliato il leone che dorme e potremo spingerlo contro la borghesia nazionale di tutti i partiti che si fida tanto nel servilismo di queste infelici popolazioni. Mettiamoci al lavoro con fede rinnovellata e cerchiamo di essere, in una parola, un po' meno avvocati e un poco più socialisti.
Da "L'Avanti!" del 1° novembre 1912