In aiuto degli affamati russi

Compagni e lavoratori!

Continua, eroica e mirabile, la grande vita del proletariato russo.

Annientata, con un gesto che atterrì i deboli, gli esitanti ed i nemici del proletariato, la ferrea dominazione della borghesia, neutralizzate, con l'abilità e con la saviezza di governo, le opposizioni degli strati più arretrati della popolazione; suscitate nel caotico disordine di una società in rovina energie possenti e volontà sicure; creato contro la bieca inimicizia di tutti gli Stati capitalistici il muro insormontabile e fermo dell'Armata rossa; ridato all'agricoltura il ritmo della produzione; mentre il periodo più minaccioso pareva superato, ecco che all'improvviso, fatale, il male ripiomba sulla Russia dei Soviety e ne spezza lo slancio di risurrezione.

Compagni! Lavoratori!

Una passione nuova deve divampare fra di voi, ed il senso della fraternità vi muova e vi guidi; fraternità che fu fino a ieri e che sarà ancora domani volontà di lotta comune, coscienza dell'uguale necessità del riscatto, desiderio di accomunare il pericolo; fraternità che è oggi volontà di dividere le sofferenze e gli spasimi, che attanagliano più fortemente e tentano di spezzare la resistenza finora incrollata del proletariato russo.

E come la disgrazia di una parte dei lavoratori russi diviene sacrificio dì tutti i lavoratori della Repubblica dei Soviety, così il male del proletariato russo deve essere sentito come male di tutto il proletariato mondiale.

Lavoratori!

Voi vedete oggi chiaramente in che cosa differisca lo Stato operaio, verso il quale tutti tendete, ogni giorno combattendo, dallo Stato borghese, che vi schiaccia ancora, nemico con cui nessuna pace sarà mai possibile.

In una regione della Russia, nazione immensa e popolosa, il flagello della carestia si abbatte; ed ecco tosto tutta la Russia raccogliere le sue forze, organizzare le sue capacità, cercare ogni via per recare alla regione colpita gli aiuti.

Il principio della comunità di ogni bene e di ogni male, della volontà comune, dalla vita comune, agisce e funziona. E le regioni più prospere, le città più ricche, i lavoratori meno sofferenti dividono i viveri, i medicinali, gli abiti, le case; e rinunciano al superfluo perché il flagello, che lontano, in paesi distanti migliaia di chilometri, abbatte e spezza la vita di uomini sconosciuti, sia combattuto e vinto; danno non il superfluo, ma una parte del necessario alla vita stessa e, materialmente, rinunciano ad un pezzo del loro pane e ad un brano del loro abito.

Così la fraternità diventa legge di vita e prende forma e sostanza.

E noi ricordiamo come, in casi uguali di carestie atroci, si siano comportati i ricchissimi Stati capitalistici: l'Inghilterra di fronte alla carestia spaventosa che diserta periodicamente vaste regioni dell'India, e la Francia di fronte all'ecatombe provocata in Algeria dalla distruzione del raccolto per effetto delle intemperie. Gli Stati opulenti e civili circondarono di mistero le tragedie dei popoli da essi governati, né un briciolo delle ricchezze detenute dalle borghesie nazionali venne usato per salvare dalla morte torturante le popolazioni affamate.

Noi vi ricordiamo l'orribile mercato che della fame d'intiere popolazioni viene tuttora fatto dagli Stati potenti e civili; ancora oggi l'Austria deve prostituire la sua volontà e vendere il suo avvenire, se non vuole condannarsi all'inedia ed all'esaurimento.

La Russia dei Soviety, primo luminoso esempio nella storia, insegna a tutti i popoli la comunione dei dolori e delle sofferenze.

Lavoratori!

Il flagello della carestia ha colto la Repubblica dei Consigli nel momento in cui, superata una crisi, pareva che un periodo di calma operosa si iniziasse; domato vittoriosamente il pericolo e la minaccia dell'insurrezione di Kronstadt, ennesimo tentativo controrivoluzionario dei nemici interni ed esterni, alleati nella loro bieca ostilità contro il comunismo; mentre i decreti sulla "imposta in natura" e sul "piccolo commercio" avevano donalo all'agricoltura un promettente sviluppo; mentre, sopiti i pericoli di guerra, l'esercito smobilitato ridonava alle armate del lavoro milioni di uomini forti e disciplinati; mentre tutta l'energia e tutto lo studio miravano al riassestamento definitivo dell'industria, che accennava a rifiorire: ecco che la maledizione piomba e arresta lo slancio di ricostruzione, e distoglie dalle opere ben approntate tutte le forze, per gettarle a difesa contro il cieco imperversare della natura.

Ma il proletariato russo non cede e non si abbatte.

E dopo il primo momento di spasimo attonito, la volontà di vincere anche nella nuova prova si afferma e domina.

Quando, nei primi tempi della rivoluzione, i nemici erano il disordine, l'anarchia, il disfrenarsi delle più bieche passioni, si volle vincere: e le nuove leggi di convivenza furono trovate ed imposte.

Quando gli stranieri tentarono di abbattere lo Stato comunista con le armi e con le battaglie, si volle vincere: e gli eserciti rossi, come un miracolo, furono creati e conobbero il trionfo.

Quando con le congiure e con le insurrezioni si cercò di minare la compattezza del proletariato, ancora si volle vincere: ed ogni tentativo fu scoperto e stroncato.

Oggi, la carestia, spettro desolato, agita la sua minaccia cupa; ebbene, anche questa volta la Repubblica dei Soviety vuole salvarsi e vivere; e tutti i lavoratori della Russia aumentano il loro lavoro, diminuiscono il loro cibo, e sono pronti ad ogni dovere più grave e doloroso.

Proletari d'Italia!

Anche noi vogliamo che la Russia comunista viva e trionfi; anche noi dobbiamo cercare il modo, la forma con cui la nostra passione e la nostra fraternità giungano, come aiuto concreto e utile, ai nostri compagni nel bisogno.

La crisi terribile dell'economia mondiale vi ha gettati nella miseria; la disoccupazione ha espulso la maggior parte di voi dalle fabbriche; la diminuzione dei salari rende ogni giorno più povera la vostra tavola e più disadorna la vostra casa.

Ma vi è oggi nella Russia – voi lo sapete – chi ha più fame e più necessità di voi. Vi è tutta una folla di lavoratori, che da tre anni soffre per tutto il proletariato mondiale, senza mai chiedere nulla, dando sempre, generosamente, le fatiche, i dolori, la vita.

Vi è chi, lottando anche per la vostra liberazione, fu pago fino ad ora della vostra solidarietà ideale, e vi fu grato solo della benevolenza e dell'applauso.

Oggi, essi, i formidabili soldati della rivoluzione, vi chiedono qualche cosa di più: vi chiedono del pane.

Non per sé, e ma per la rivoluzione; non per salvare la loro vita, cento volte già esposta ai pericoli, ma per salvare il primo baluardo della vostra liberazione; non per godere, ma per non morire.

E mentre tutti gli Stati capitalistici e civili, che hanno tentato negli ultimi anni di vincere la Russia dei Soviety senza rifuggire da alcun mezzo, con le armi e col blocco, col tradimento e con l'inganno, affamando ed uccidendo, perché cosi voleva la loro politica di disperata difesa del regime borghese, oggi, ancora per le ragioni oblique della loro politica, fingono la compassione e la pietà per coloro che mille volte insidiarono nella vita e nella salute, ed organizzano i Comitati di soccorso con ostentata generosità; il proletariato internazionale, sdegnando la commedia turpe e malvagia, deve tendere alla Russia le proprie mani ricolme di offerte.

La giornata del 3 settembre è destinata a questa mondiale affermazione di solidarietà. In tutti gli Stati, in una fervida gara, le folle operaie si adunano per unire le loro infinite, piccole contribuzioni in un aiuto grande ed effettivo.

Lavoratori!

II Partito Comunista d'Italia, Sezione dell'Internazionale Comunista, vi chiama all'opera doverosa; esso, che v'ha indicato in ogni momento la via migliore nella lotta rivoluzionaria, vi ammonisce in questo momento.

Nella salvezza della Russia comunista, sta la garanzia della vittoria del proletariato mondiale!

Date per lei con gioia, con senso di dovere, con sacrificio.

Il CE del PC d'Italia

Da "L'Ordine Nuovo" del 3 settembre 1921.

Archivio storico 1921 - 1923