L'assente
I lavoratori d'Italia già sono a conoscenza del testo dell'accordo social-fascista, che giustamente è stato da varie parti definito un "documento storico". Esso ha, infatti, un grande significato politico ed apre la via ad una chiarificazione netta nella tattica del socialismo e del fascismo italiani.
V'è taluno il quale pargoleggia intorno alla formula della rivoluzione per "referendum", o attende dalla conquista della metà più uno dei seggi negli istituti rappresentativi, la possibilità del mutamento di regime. Questo pinzochero non s'è fatto vivo a gridare il suo sistema ed erigerne l'applicazione, nei giorni in cui i "capi" socialisti marcavano la "pacificazione". E i "capi" si sono dichiarati interpreti della volontà delle masse. I "capi" del socialismo e del fascismo hanno preso impegno di imporre il rispetto del trattato alle masse. Un impegno simile ha preso la Confederazione Generale del Lavoro, organismo che si spiffera stolidamente apolitico. Mussolini - d'altro canto, ha detto che imporrà al fascismo l'osservanza del patto o stroncherà il fascismo che è creatura "sua", cosa sua.
Nell'affanno dei "conciliatori" c'è molta presunzione, ma - soprattutto - una infinita ignoranza. Il domani prossimo dirà se la situazione di tormento del proletariato sia stata originata dal pugno di Mussolini; se il "cozzo" fra le classi sia una invenzione artificiosa di Bacci o di Pasella.
Intorno al tavolo di De Nicola, v'erano degli assenti... presenti in ispirito; ma vi fu un assente lontano. È questo assente che oggi diviene il perno della attività rivoluzionaria del proletariato italiano, ed il bersaglio della legge punitiva dello Stato borghese rafforzata dal richiamo solidale di tutti i partiti politici. Noi siamo l'Assente: il Partito Comunista. Siamo stati isolati perché volemmo isolarci. E non siamo in istupore.
Perché il Partito Socialista accedette alle trattative per la pacificazione e concluse il trattato? Le ragioni le abbiamo sentite ripetere: bisognava ritornare alla normalità, al rispetto della legge.
Lo strazio dei profughi e dei feriti, dei morti e dei perseguitati esulcerava il cuore femmineo dei direttori del partito socialista. L'attacco in forze del fascismo, per di più appoggiato dallo Stato, minacciava le organizzazioni proletarie, le conquiste del proletariato. Il partito socialista, non attrezzato né attrezzabile per la difesa e l'offesa armate, non poteva perdere il suo patrimonio per la bella faccia degli assoldati bianchi, e vide con primo piacere l'inizio di trattative che portarono alla stipulazione di una tregua.
In tali somme ragioni noi vedemmo ancora una volta la disfatta del massimalismo italiano. I sedicenti massimalisti, rabbiosi nell'impotenza, urlino ancora la loro ira contro di noi. I fatti possono non commentarsi: la loro eloquenza è tale che nessuna critica o polemica può vieppiù chiarirla. Non è sufficiente a smontare la nostra "critica" ripeterci: "cosa avete fatto voi?".
Tale domanda ha un contenuto sì scarsamente socialista e marxista, per lo meno quanto le ragioni poste a giustificare il trattato di pacificazione.
Dopo Livorno, dopo la sarabanda delle parole grosse e vuote, è spuntata su una teoria che pareva sepolta. Si è detto che il socialismo è contro la violenza; ma poiché tale formula tradiva apertamente i postulati del massimalismo, la si corresse serratianamente nella formula insulsa ed insignificante: "Il socialismo è contro la violenza individuale".
Questa, peraltro, avrebbe dovuto supporre che il socialismo italiano accettava il concetto di una violenza collettiva, di masse, la quale vuole essere preparata ed educata. Il socialismo nostrano si è ben guardato di militarizzare il partito e le masse ad esso aderenti, secondo i principii della Internazionale Comunista che esso dice ogni mattina di accettare.
C'era poi qualcosa... da perdere nella lotta contro i bianchi. C'erano le Cooperative, le mutue e le banche, i Comuni e le Province in pericolo. Il socialismo dottrinario italiano, che ci fece tanto ridere a Livorno e dopo allorché rilevava la eresia della scissione, ripetendoci le parole di Marx: Proletari di tutto il mondo, unitevi!, non ha ricordato che lo stesso Marx ha pure scritto che il proletariato nulla ha da perdere nel cozzo rivoluzionario con la borghesia, fuorché le sue catene. Ma queste sono fanfaluche del vecchio Marx per le quali Serrati ha sostenuta una lotta ridicola con i comunisti della Internazionale, allorché affermava che d'Aragona (tutto il tesoro delle conquiste sindacali e cooperativistiche) era necessario per l'indomani della rivoluzione e perciò doveva sin da oggi rimanere nelle file del proletariato... rivoluzionario.
È tutta una mentalità antirivoluzionaria, coerente alle azioni che provoca ed accetta, equivoca per il demagogismo che persegue ed adula, quella dei socialisti italiani, che oggi li ha condotti dinanzi all'arbitro De Nicola, presidente della Camera dei Deputati. La meraviglia per il fatto che lo Stato appoggiò... il "fascismo", e quindi mise in condizioni di inferiorità il proletariato, dimostra che i socialisti, i "capi" non hanno preparazione culturale, e pensano che possa concepirsi lo "Stato-arbitro", lo "Stato al di sopra dei partiti", lo "Stato moderatore" ed altre simili amenità della filosofia democratica.
Eppure Giovanni Bacci, che tanto si è spaventato del connubio fra lo Stato ed il fascismo (i quali non potevano non essere una cosa sola) è stato l'editore di quel magnifico libro di Lenin: Stato e rivoluzione, che non ha letto, o non ha capito, o non ne condivide i concetti marxistici contenuti. In ognuno dei tre casi il segretario massimalista del P.S.I., massimalista, è da deplorarsi.
Noi non vogliamo chiosare il testo del trattato. Noi commentiamo superficialmente il fatto: la stipulazione del trattato. Il quale ha un significato nello spirito ben più profondo di quel che non appaia nella forma. Il documento, come atto politico, è l'esecuzione capitale del rivoluzionarismo parolaio di Bologna e di Livorno; e noi confidiamo che esso varrà, assai più efficacemente della nostra critica, a squassare il Barnum.
A noi importa fissare chiaramente il contenuto profondamente anticomunista del documento, quello che è stato rilevato dal Presidente del Consiglio, nella nota circolare ai Prefetti. Alla pubblicazione del testo del trattato ha fatto seguito la pubblicazione di tre comunicati ufficiali: uno della Direzione del P.S.I., uno della Confederazione Generale del Lavoro, uno del Presidente del Consiglio on. Bonomi. Mussolini ha scritto vari articoli sull'argomento, chiedendo ai suoi seguaci l'osservanza del patto, ma il C.C. dei Fasci non ha ancora detto la sua parola.
Ad ogni modo gli articoli di Mussolini ed i comunicati di cui sopra si integrano e si completano. Il concetto inspiratore degli appelli alle masse od... alle autorità politiche è in ciò: il patto firmato a Roma impegna i partiti alla pacificazione ed al disarmo. Qui... è l'errore. Ce ne duole per il signor Bonomi e per i suoi prefetti, ma noi abbiamo fatto a meno di recarci a Roma non già per evitare la noia o la spesa di un viaggio, bensì perché sappiamo che le classi né oggi né domani né mai potranno conciliarsi e pacificarsi,e che l'illusione di una tregua nella guerra di classe toglie al partito politico della classe lavoratrice il diritto di condurre il proletariato alla rivoluzione.
Noi siamo rimasti assenti perché i principii e la tattica dei comunisti non consentono tregue o temperamenti alla lotta delle classi, perché dobbiamo interpretare storicamente, anche a costo di momentanee impopolarità, la somma delle aspirazioni politiche ed economiche delle classi lavoratrici. È naturale che lo Stato veda con simpatia una campagna quale quella condotta dai socialisti per il ripristino della legalità, per il ritorno ed il rispetto alla legge. Ma noi che siamo contro la legge e sappiamo che il concetto di normalità in regime borghese equivale al rassodarsi dell'autorità della classe dominante a danno delle conquiste proletarie e della preparazione rivoluzionaria del proletariato, noi dobbiamo essere banditi dalla società borghese, nemici come le siamo, e dei suoi organi e dei suoi complici.
Il patto di pacificazione, impegnandone i partiti e gli organismi firmatari al rispetto, chiaramente indica i responsabili prossimi o lontani della difesa proletaria contro le multiformi angherie della classe borghese. Non importa se dietro questi "responsabili" andranno ad irreggimentarsi i lavoratori regolarmente muniti delle tessere della Confederazione Generale del Lavoro o quei proletari che non seppero staccarsi dal Partito fedifrago. I "capi" hanno salvato la loro posizione personale: se domani il proletariato sfuggisse dalle loro mani essi tenterebbero di dimostrare che l'avversario mancò all'osservazione di uno dei "punti" del concordato, che la tregua fu passeggera, che il nemico tradì la firma data, ecc...
Noi abbiamo anche il dovere di evitare questa "mossa" futura. Il Presidente del Consiglio dei Ministri, con la sua recente circolare, ci fa un ottimo servizio. Egli indica appunto in qual modo devesi colpire l'Assente, dopo che i "pacificatori" hanno firmato il documento.
Ma l'Assente dice a socialisti ed a fascisti, al Governo e a tutti i partiti della borghesia, quanto segue:
Il programma comunista e la tattica dei comunisti tanto nei confronti della classe borghese quanto verso i socialtraditori, restano immutati.
Il Partito Comunista continua, legalmente ed illegalmente, la sua propaganda intesa alla preparazione rivoluzionaria del proletariato ed al suo inquadramento.
L'azione dei partiti comunisti mira al rovesciamento dello Stato borghese, per mezzo della insurrezione della classe lavoratrice.
Non è dimostrato che la soppressione dei capi comunisti nuoccia gravemente all'avvenire della rivoluzione. Socialisti e governo; fascisti e polizia facciano quanto loro più aggrada per toglierci la libertà di propaganda e di azione. Essi ne hanno il diritto, e - dal loro punto di vista - ne hanno il dovere. Sarebbe strano che lasciasse impunemente ad un partito la libertà di attentare alla vita dello Stato borghese. Ma noi chiaramente dichiariamo ai traditori di ieri e di oggi della classe lavoratrice, a Bonomi, a Mussolini ed a Bacci, che noi ci infischiamo in modo superlativo delle loro imbecillità e delle loro sanzioni punitive. Essi ci conoscono assai bene scambievolmente. Mussolini espulse nel 1912 Bonomi dal P.S.I., Bacci espulse nel 1914 Mussolini, noi abbiamo cacciato fuori Bacci dall'Internazionale comunista.
Ciò che Mussolini disse a suo tempo di Bonomi, Bacci disse di Mussolini più tardi. Questi tre traditori di razza hanno oggi il compito di infierire contro il proletariato rivoluzionario d'Italia.
Noi ce ne infischiamo delle leggi che essi valorizzano e di quelle che essi formulano. Noi siamo contro la loro legge. È per questo che siamo stati assenti dal turpe mercato. È per questo che rimaniamo soli, pochi e forti, fortissimi, invincibili.
Perché non vogliamo la tregua dei vinti, perché noi non imporremmo la tregua ai vili. Così parla l'Assente. Il quale aspetta che le spie di via del Seminario lo additino al mercenario ed al poliziotto.
Signor Baratono, abbiamo letto la mozione da voi stesa in nome dei "massimalisti" unitari al Congresso di Roma! Coraggio! La vostra viltà è senza nome!
Da "Il Comunista" del 14 agosto 1921. Non firmato.
Comunismo e fascismo (1921-1926)
Quaderni di n+1 dall'archivio storico.
Organica presentazione di testi della Sinistra sul Fascismo che anticipano la classica posizione comunista: "Il peggior prodotto del Fascismo è stato l'Antifascismo".