L'attività del Partito Comunista in Italia
Con la data che corrisponde alla pubblicazione di questo numero della Rassegna la Centrale del Partito Comunista d'Italia si trasferisce da Milano a Roma. Con essa passerà a Roma la nostra redazione, mentre inizia le pubblicazioni quotidiane Il Comunista, organo centrale del partito, fin qui bisettimanale.
Nello stesso tempo riprende a Trieste le pubblicazioni il quotidiano Il Lavoratore distrutto l'anno scorso febbraio dalla prepotenza dei bianchi.
È un nuovo periodo di intensificata attività che si apre nella vita del nostro partito, il quale prosegue la sua strada con sempre maggiore sicurezza ed energia, in mezzo ad avversità di ogni natura, da cui esso va traendo efficacemente la miglior tempra della sua struttura e della sua tattica.
La statistica delle forze dell'organizzazione del partito, che la Centrale sta ultimando, ne fissa il numero dei membri regolarmente "tesserati" a circa 40.000, ben suddivisi ed inquadrati nelle Federazioni e Sezioni locali. A essi si affiancano quasi altrettanti giovani comunisti – e tutti sanno che data la natura del movimento giovanile in Italia, si tratta, più che di un movimento secondario dedito a speciali compiti tecnici, di una vera forza politica che si somma in una sintesi perfetta con quella del partito.
A questi effettivi non disprezzabili – ai quali stanno di fronte effettivi apparentemente più numerosi del partito socialista, ma che non reggono ad un attento confronto, a parte ogni considerazione "qualitativa", se soltanto si esaminano le regole di organizzazione che adottano i due partiti – si congiunge una compattezza ed omogeneità teorica, tattica e disciplinare che non tutti i partiti, anche comunisti, possono vantare.
Il partito si addestra sempre meglio all'incessante combattimento: la sua rete organizzativa è ormai tale da non essere mai raggiunta nei nodi vitali dai colpi incessanti della reazione statale, e le sue formazioni lottano con successo contro le bande reazionarie del fascismo, benché queste siano sostenute dalla logica connivenza governativa e dalla ignomignosa complicità socialdemocratica. Non sono pochi i nostri caduti e i nostri martiri: ma essi non sono più soltanto vittime impotenti, e l'avversario deve mordere frequentemente la polvere.
Si potrebbe domandarsi, specialmente all'estero, se il nostro partito non abbia raggiunta tanta compattezza, omogeneità e disciplina, perdendo in quantità quello che ha guadagnato in qualità, straniandosi cioè troppo dalla grande massa proletaria, che, come taluni fatti starebbero ad indicare, seguirebbe ancora, sebbene senza slancio, il vecchio partito socialista.
Non è così. Anche i 300.000 voti nelle elezioni contro i 650.000 dei socialisti, e il 500.000 voti contro un milione del Congresso della Confederazione del Lavoro, se considerati con sufficiente corredo di elementi critici, rivelano un contatto sicuro tra il partito e le masse, che riesce a tradursi in cifre malgrado le influenze delle mille sopraffazioni borghesi e delle mille soperchierie socialdemocratiche.
Ma si convince ancora di più che così non è, chi sia al corrente ed intenda appieno lo stato d'animo delle masse nel momento attuale. Con progressione sicura, senza fare uso di demagogia, senza contare su terni al lotto e su effetti miracolosi di semplici accorgimenti tattici, il partito guadagna terreno tra le masse in modo impressionante – in modo impressionante soprattutto per i partiti borghesi di governo, e per il partito socialista, partito di governo di domani.
Il Partito Comunista d'Italia si sta costituendo da tempo una struttura sindacale agile e completa che ne assicura rapporti di efficace collegamento con le grandi masse degli operai ed anche dei contadini organizzati. Nonostante la difficile situazione del movimento sindacale italiano, e l'esistenza di organismi di sinistra a tendenza sindacalista ed anarchica che facilmente potrebbero deviare il lavoro di rivoluzionamento delle masse soggette ai funzionari riformisti, la influenza del partito sulla vita sindacale del proletariato, e la sua attrazione in genere anche verso gli strati dei disoccupati e dei disorganizzati, si va sensibilmente estendendo.
Le parole d'ordine lanciate dal partito, oltre ad avere eliminata ogni incertezza tattica nei compagni che lavorano nelle organizzazioni dinanzi ai vari problemi anche contingenti del movimento, hanno risvegliata tra le masse una viva simpatia ed un largo consenso.
Per coordinare tutto questo lavoro si è tenuto a Milano recentemente un riuscitissimo convegno delle organizzazioni che seguono le direttive del partito comunista. Dal convegno, attraverso lavori seri e fattivi, è uscita la più completa intesa nella migliore preparazione per il lavoro verso gli obiettivi sindacali del partito; unità proletaria, adesione a Mosca di tutti i Sindacati italiani, rovesciamento dell'influenza di dirigente riformisti della Confederazione del Lavoro, affermazione della proposta comunista per lo sciopero generale nazionale contro l'offensiva dei capitalisti (attacco ai salari e ai patti agricoli, disoccupazione, insidia nel diritto di organizzazione).
Quanti al convegno hanno assistito ne hanno tratta la miglior impressione. Non vi è nel partito il minimo dissenso sulla tattica sindacale da tenere: vi è solo da utilizzare al massimo il desiderio generale di fare di più, di raggiungere sicuramente e rapidamente le posizioni che devono essere conquistate.
Il Comitato sindacale del partito, pur conservando lo stretto contatto con la Centrale politica, rimane a Milano, dove si pubblicherà altresì Il Sindacato Rosso, organo sindacale del partito.
Delle conclusioni dell'importantissimo convegno non sarà inutile riportare su queste pagine quella riguardante l'unità proletaria in rapporto alla sistemazione internazionale del movimento operaio d'Italia, che definisce le posizioni di questo delicato problema dal punto di vista comunista:
"Il convegno sindacale comunista, riunito con la rappresentanza dell'Esecutivo del Partito, udita la relazione della delegazione al Congresso internazionale dei Sindacati Rossi; dopo adeguata discussione sulla situazione internazionale degli organismi sindacali italiani e sul problema della unità proletaria, facendo integralmente propria la piattaforma della Internazionale Comunista, constata con compiacimento che le decisioni del Congresso di Mosca confermano in tutto e per tutto le direttive di azione sindacale dei comunisti italiani già indicate, dinanzi ai vari problemi, dal Comitato Esecutivo e dal Comitato sindacale, e che si concretano nei capisaldi seguenti:
1) I comunisti lavorano nell'interno della CGdL contro l'indirizzo e la influenza degli attuali dirigenti socialdemocratici per ottenere l'adesione alla Internazionale Sindacale Rossa.
2) I comunisti si presentano come loro principale obiettivo sindacale il raggiungimento dell'unità di tutte le organizzazioni economiche del proletariato italiano e si impegnano a fiancheggiare tutta l'opera che svolgerà in questo senso l'Esecutivo dell'Internazionale Sindacale Rossa sulla base del principio fondamentale di tendere alla unificazione di tutte le forze proletarie nella più potente centrale sindacale, tanto se questa aderisce o non aderisce a Mosca.
3) I comunisti che militano nella USI, organismo aderente all'Internazionale Sindacale Rossa, restino nei suoi ranghi e non svolgano opera per il passaggio dei singoli sindacati alla Confederazione Generale del Lavoro, ma appoggino con tutte le loro forze l'unificazione dell'USI con la CGdL.
4) D'altra parte dei comunisti militanti nell'USI non possono svolgere opera per il passaggio dei singoli sindacati dalla Confederazione all'USI.
5) Se le forze dei comunisti e della ISR per la unificazione proletaria in Italia non raggiungessero il loro scopo, la posizione dei comunisti rispetto alla USI dipenderà dalle decisioni della ISR.
6) Nel Sindacato Ferrovieri Italiani e in altri sindacati autonomi i comunisti sostengono l'adesione alla Internazionale Sindacati Rossi e la unificazione con la massima organizzazione proletaria italiana.
Il convegno fa voti che gli sforzi concordi di tutti gli elementi veramente rivoluzionari conducano alla realizzazione dell'unità sindacale dei lavoratori italiani, base indispensabile per lo sviluppo rivoluzionario della lotta per il Comunismo".
Su questo problema, e sull'altro di imporre alla Confederazione il movimento generale di difesa proletaria e al tempo stesso di offensiva rivoluzionaria dinanzi all'attacco del capitalismo, s'impernia il lavoro che il partito comunista si prospetta e nel quale esso ha già registrato lusinghieri successi. Nell'agitazione di questi giorni gli operai, accorgendosi del tradimento e della viltà dei loro attuali capi, si rivolgono sempre più fiduciosi verso il partito comunista e il programma di lotta che esso presenta proletariato.
Questo incremento di attività e di influenza del nostro partito va seriamente preoccupando i nostri nemici naturali: borghesi e socialisti opportunisti.
Il governo borghese considera come una vera calamità il passaggio delle organizzazioni dai socialisti e comunisti: ed in ciò non ha torto. Esso si prepara ad una serie di misure politiche destinate a stroncare la nostra attività laddove questa sta per avere ragione dei socialdemocratici.
Nella città e nella provincia di Milano, ad esempio, mentre nessuna limitazione è posta alla pubblica attività del partito socialista, si vieta ogni manifestazione ai comunisti, dal comizio pubblico alla conferenza privata di coltura, alle adunanze di partito. Ciò non vuol dire che comizi, assemblee e conferenze non si tengano ugualmente, malgrado questo trattamento di eccezione.
Il partito socialista – verso il quale nelle note dei numeri precedenti abbiamo abbastanza definito l'attitudine del nostro partito – deve intanto uscire dalla tattica molto comoda osservata fin qui di occuparsi di noi il meno che poteva. Benché esso senta che se accetta la polemica con noi non tarderà ad essere liquidato dinanzi alle masse, pure deve uscire dal silenzio vergognoso che ha finora tenuto dinnanzi ai nostri categorici inviti a contrapporre al nostro preciso programma di azione proletaria un altro programma degno di tal nome, perché le masse potessero scegliere.
Ma il partito socialista non può condurre contro di noi che una offensiva di insidie laterali. È troppo vile e inetto a movimenti decisi per un attacco frontale. Quindi la stampa socialdemocratica esaurisce le ultime risorse demagogiche in insinuazioni stupide contro i comunisti, che chiama i nemici di sinistra, mentre la borghesia sarebbe la nemica di destra (nemica con cui non si disdegnano contatti e accordi) mentre, ad esempio, gli anarchici sono sempre stati considerati "amici", se non compagni. Il partito socialista e i suoi scribi parlano di concomitante azione comunista e borghese contro di esso; mentre invece, come dicevamo, e come risulta da elementi molteplici, il governo borghese del socialriformista Bonomi sta preparando le sue batterie per salvare i bonzi confederali e i futuri ministri socialdemocratici dal travolgente attacco comunista.
L'alleanza borghese-socialdemocratica contro il divenire e l'avanzare della rivoluzione proletaria comunista: ecco, ancora una volta, la sintesi più evidente della situazione.
Fonte | Rassegna Comunista n. 10 del 15 settembre 1921 | ||
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Archivio n+1 | Copia dell'originale | Rif. | |
Livello di controllo | Rilettura X | Confr. Orig. | Rev. critica |