Discorso di Bordiga al Congresso di Marsiglia
Compagni,
non è necessario adornare di frasi queste semplici parole: io vi saluto in nome dell’IC. D’altra parte la forma di quello ch’io debbo dirvi non potrebbe non risentire del fatto ch’io non mi servo della mia lingua materna.
Voi mi permetterete tuttavia di intrattenervi su alcuni problemi all’ordine del giorno sul terreno internazionale, concernenti il movimento comunista di tutti i paesi del mondo.
Esaminerò in modo molto rapido e sintetico la situazione mondiale della lotta di classe nel momento attuale e le conclusioni che se ne possono dedurre riguardo alla dottrina e alla tattica dell’IC.
Da una parte noi abbiamo il primo Stato, nel quale il proletariato si sia impadronito del potere, la Repubblica soviettistica di Russia, avanguardia gloriosa della rivoluzione mondiale; dall’altra osserviamo i diversi battaglioni d’assalto della rivoluzione proletaria, che sostengono ancora la lotta contro il potere borghese stabilito in tutti gli altri paesi del mondo.
In questo duplice campo ci troviamo di faccia ai nostri avversari, che pretendono dedurre dalla situazione attuale dei fatti gli argomenti contro i principii ed i metodi dei comunisti. Non bisogna però temere d’accettare la sfida e discendere su questo terreno di discussione, in cui si può dimostrare, al contrario, che la situazione per se stessa, che gli avvenimenti medesimi riprovano ancora una volta la verità e la forza del nostro pensiero e dei nostri metodi di azione rivoluzionaria.
La situazione attuale della rivoluzione russa
Si afferma che la politica della Repubblica dei Soviety, del Partito Comunista ch’è al potere in Russia, è stata modificata, rettificata recentemente. Si aggiunge che la rivoluzione russa in questo momento subisce una sosta.
È vero, noi riconosciamo questo fatto. Ma qual è il valore degli avvenimenti che si verificano, dal punto di vista del nostro metodo critico, dal punto di vista dell’esame marxista? Noi cercheremo di dirlo in poche parole.
Bisogna partire dalla considerazione fondamentale che un duplice compito si impone alla rivoluzione proletaria: un compito politico ed un altro economico. Sia l’uno che l’altro non possono essere considerati che su scala mondiale, internazionale.
Si può concepire la rivoluzione russa solamente come il primo capitolo della rivoluzione proletaria mondiale; il suo cammino ed il suo sviluppo non ci riveleranno il loro senso se non li ricolleghiamo al cammino della lotta proletaria, nel mondo intiero, vista nel suo insieme.
La rivoluzione economica è considerata dal marxismo come una riorganizzazione delle forze produttrici della maggior parte del mondo; quest’organizzazione comunista suppone come condizione primordiale che il proletariato abbia conquistato il potere politico almeno nei grandi paesi, dove il capitalismo è sviluppato. Giammai un marxista potrebbe aspettarsi di vedere un’economia comunista stabilirsi in un paese dove il proletariato s’è impadronito del potere, mentre negli altri paesi il capitalismo continua ad esistere.
La costituzione della dittatura del proletariato in Russia è il risultato della situazione mondiale della lotta proletaria: essa ha il valore di una tappa, non nel senso che permetta d’erigere un modello d’organizzazione economica comunista, ma nel senso ch’è una prima vittoria politica del proletariato mondiale, un punto d’appoggio per altre vittorie nella guerra mondiale di classe.
Evidentemente, sulla base del potere politico e mentre quest’ultimo doveva difendersi contro gli attacchi della reazione mondiale, s’è cominciato a intraprendere in Russia l’opera economica, cominciando con la trasformazione dell’economia molto arretrata del paese, nel senso, non diremo del comunismo, ma d’un regime socialista. In effetti, dato il ritardo del cammino della rivoluzione negli altri paesi, noi abbiamo dovuto constatare questo fatto: che mentre il progresso realizzato in quest’opera economica fino all’ultimo anno ci sembrava abbastanza considerevole, oggi invece si è dovuto rinunciare a misure, che s’eran prese, e si è dovuto permettere che certe forme capitaliste e borghesi facessero la loro riapparizione, mentre noi avevamo forse creduto ch’esse fossero scomparse per sempre.
Tuttavia, non soltanto questo fatto non contraddice la nostra concezione marxista del cammino internazionale della rivoluzione, ma noi possiamo anche ritrovare in questi avvenimenti ancora una volta la verità della nostra dottrina, la quale afferma essere lo Stato proletario il centro dirigente della riorganizzazione economica: ebbene, nel punto stesso che lo Stato proletario è stato forzato a disarmare una parte del proprio apparato di attività economica, forme borghesi hanno incominciato a rinascere, ciò che ci dimostra come sia soltanto la forza del potere politico proletario quella che può domare le tendenze all’intrapresa individualista ed all’anarchia della produzione, proprie del dominio economico borghese.
Tuttavia, grandi vantaggi realizzati dall’opera di organizzazione economica dei compagni russi restano ancora, vantaggi, che paragonati alle difficoltà di ogni genere, debbono sembrarci immensi. Tutto ci autorizza a dichiarare che la ritirata economica, come la si chiama, è compiuta col solo scopo di prendere fiato per la ripresa dell’avanzata, che non mancherà d’effettuarsi. Se noi poi veniamo al lavoro politico che la rivoluzione russa ha compiuto, constatiamo ch’esso s’erge ancora tutto intiero davanti a noi. Gli sforzi della controrivoluzione borghese mondiale non han potuto nemmeno scalfirlo, e gli avversari della rivoluzione hanno dovuto riconoscere che giammai essi riusciranno a rovesciare il potere proletario in Russia, né con la guerra, né coi complotti della controrivoluzione interna, né col blocco e tutte le risorse dell’inganno e la violenza.
I risultati dell’opera politica del proletariato russo meritano un triplice titolo di riconoscenza del proletariato degli altri paesi. In primo luogo la rivoluzione russa segna il ritorno del movimento proletario, disorientato e disorganizzato durante la guerra mondiale, alla vera dottrina ed al vero metodo d’azione rivoluzionaria; in secondo luogo, il movimento rivoluzionario russo ha aiutato noi tutti, comunisti di tutti i paesi d’Europa e del mondo intero, a ricostruire la nostra organizzazione internazionale, perfezionando l’arma possente della lotta proletaria mondiale; in terzo luogo, la rivoluzione russa ci può anche presentare quest’attivo formidabile: che mentre il proletariato degli altri paesi malgrado tutti gli sforzi non giungeva a scuotere il dominio capitalista, essa, la rivoluzione russa, ha attirato su di sé tutti gli sforzi della reazione internazionale, ed ha tenuto testa a tutti i nemici del proletariato. Da questo punto di vista la rivoluzione russa è ancora il più grande avvenimento della storia.
Ci si dice che oggi la politica della Repubblica dei Soviety si adatta ai compromessi, e che i rappresentanti dello Stato proletario s’incontrano coi rappresentanti degli Stati borghesi. Ma è colpa loro, è colpa del proletariato russo se i suoi delegati non possono incontrarsi con i rappresentanti d’altri Stati proletari? No, evidentemente, compagni. Se l’errore è di qualcuno, esso è di noi altri, comunisti e proletari degli altri paesi, che non abbiamo ancor fatto la rivoluzione. Ma, in realtà, l’errore è solamente degli avvenimenti, che sono al di sopra della volontà e delle forze umane e, tra le cause di questa situazione, la nostra critica trova al primo piano l’opera di quei leaders del proletariato, che hanno deviato le masse dal loro cammino rivoluzionario, che senza aver vinto la lotta per il potere, firmano ogni giorno compromessi con la borghesia e i governi del loro paese.
La causa di questa situazione, che ravvicina materialmente i rappresentanti della Russia con quelli dei partiti borghesi, si trova nella situazione economica della Russia. Questo paese, dopo anni ed anni di guerra esterna e civile, di blocco, dopo che un terribile flagello s’è venuto ad abbattere su di essa ed ha aggravato la sua miseria e la sua carestia, non può fare a meno dei rapporti di commercio con il resto del mondo. La Russia è costretta a rompere la catena del suo isolamento economico, se vuol vivere, giacché attorno a sé trova soltanto potenze borghesi.
Ma non soltanto in una concessione unilaterale dello Stato rivoluzionario davanti alla forza degli avvenimenti bisogna ricercare il significato del fatto che i suoi rappresentanti devono accettare di trattare con borghesie straniere: se essi si incontrano con i delegati dell’imperialismo mondiale e della reazione controrivoluzionaria, tra i quali noi vediamo in prima linea il vostro sig. Briand, ministro della più reazionaria repubblica borghese, bisogna pur anche constatare che questi signori, dopo una campagna di menzogne, che si è prolungata per degli anni, sono costretti a riconoscere ufficialmente l’esistenza e la potenza di quei banditi, di quei criminali, di quei campioni del sovvertimento sociale, che, malgrado tutti gli sforzi, non sono stati capaci di espellere dalla storia.
Da tutto questo insieme di fatti, come noi l’abbiamo or ora esposto ed interpretato, non si può nulla dedurre contro la dottrina ed i metodi comunisti, che rimangono inconcussi.
Un recente articolo di Lenin ha dimostrato che le conversazioni politiche e le concessioni economiche al capitalismo straniero lasciano intatto il contenuto dei nostri metodi rivoluzionari, e non implicano la rinuncia del movimento comunista ad alcuno dei suoi principii. Quali che siano le difficoltà dell’opera economica e sociale della rivoluzione proletaria, noi affermiamo sempre ch’essa è possibile soltanto sulla base della dittatura rivoluzionaria del proletariato, la quale può essere stabilita soltanto con le armi e l’insurrezione rivoluzionaria.
I rapporti fra la Russia e le potenze borghesi non ci dicono nulla contro la convinzione fondamentale dell’IC, che cioè noi attraversiamo una crisi mondiale rivoluzionaria, la quale può sboccare soltanto nell’ascesa al potere del proletariato in tutti i paesi. Soltanto attraverso l’esperienza russa e le sue fasi favorevoli ed avverse noi conosciamo meglio le difficoltà della lotta ed i mezzi per superarle.
Tutta la nostra costruzione marxista resta ritta. Gli avvenimenti, che sono citati dai nostri avversari, ci hanno confermato i termini fondamentali della nostra concezione storica: noi siamo, oggi, come sempre, per la lotta di classe, la quale, nata sul terreno economico, si sviluppa nella lotta politica della classe lavoratrice contro il potere dei suoi sfruttatori. Noi sosteniamo sempre ch’è necessario infrangere con la forza rivoluzionaria la macchina del governo borghese, e far sorgere sulle rovine di esso un nuovo apparato statale, che sarà fondato non più sulla menzogna democratica del parlamentarismo abbracciante tutte le classi, ma che sarà l’organizzazione dello Stato di una sola classe, della classe di coloro che producono.
Gli insegnamenti datici dall’esempio del proletariato russo ci hanno confermato la verità dei nostri principii, che ci dicono come il proletariato abbia bisogno, per questo compito immenso, di un'organizzazione efficace di lotta, che può essere soltanto il partito politico di classe. Esso è il partito comunista, il quale non serve soltanto all'agitazione e alla propaganda, ma è anche l'istrumento della lotta di classe e dell'insurrezione proletaria contro la resistenza dello Stato borghese.
Così noi siamo sempre più convinti che anche dopo il trionfo politico della rivoluzione il proletariato, per continuare ad assolvere i suoi compiti sul cammino della sua liberazione, avrà bisogno di un apparato di Stato proletario e di un partito proletario, i quali gli daranno la struttura delle forze necessarie all’organizzazione della società novella, all’abolizione delle classi stesse, e, nel corso della storia, di tutte le forme di sfruttamento economico ed infine anche di costrizione politica.
La lotta negli altri paesi
Dopo aver così constatato che gli avvenimenti della Russia non possono condurre ad una contraddizione coi nostri principii e con i nostri metodi comunisti, passiamo ad esaminare rapidamente gli avvenimenti degli altri paesi, vediamo se il cammino della lotta proletaria, laddove il potere borghese resta ancora dritto contro di noi, ci conduca a rinunciare a qualche cosa, a modificare in qualche modo il nostro metodo di lotta.
Noi vedremo che nulla può demolire anche in questo campo la nostra tesi fondamentale sulla profondità della crisi che il capitalismo attraversa dappertutto dopo la grande guerra mondiale, e sull’innegabile carattere rivoluzionario di questa crisi. Non ci sognamo nemmeno di negare che si assista in quasi tutti i paesi a grandi sforzi della borghesia per consolidare il suo potere minacciato e per tentare di riorganizzare l’economia capitalista rovinata sulle sue basi tradizionali. Noi non neghiamo che il movimento d’avanzata delle masse rivoluzionarie, segnato dal periodo immediato del dopoguerra, è stato seguito da una specie di sosta e, in qualche caso, da una ritirata dell’attività di classe del proletariato. Da buoni rivoluzionari noi non vogliamo nasconderci le difficoltà che s’ergono davanti a noi.
Ma bisogna esaminare più da vicino il carattere di questo sforzo di resistenza e di contrattacco borghese, per poter dire se il capitalismo troverà in esso delle probabilità di ricostruzione, e se giungerà ad arrestare la sua corsa verso l’abisso ed il disastro.
La borghesia s’è accorta che l’apparato politico e militare degli Stati che sono nelle sue mani, soprattutto laddove questo apparato è appoggiato sulla libertà formale della rappresentanza democratica, è ancora un’arma formidabile per la lotta contro gli attacchi rivoluzionari. Dall’altro canto essa ha riacquistato la speranza di poter riparare le perdite immense causate dalla guerra nella ricchezza borghese, e di poter dominare la disgregazione del suo sistema economico, assoggettando la classe operaia ad uno sfruttamento senza pietà, per cavare dai prodotti del suo lavoro ottenuto a vil prezzo i mezzi di ricostituire i suoi capitali.
È uno sforzo per regolarizzare il corso dei fenomeni economici quello che fa il potere borghese; è l’accentuazione dello sviluppo preso dal capitalismo nella sua fase più recente con la formazione dei grandi cartelli industriali e delle grandi coalizioni capitalistiche, direttamente appoggiate dagli Stati mediante le loro conquiste dei mercati stranieri. Ma in questo fatto stesso noi constatiamo la negazione dialettica dei principii tradizionali dell’economia borghese, che si basa sulla libertà completa dell’iniziativa privata. L’organizzazione economica attuale del potere borghese è evidentemente un assurdo; anche se lo sforzo di riorganizzare imperialista giungesse ad abbattere la resistenza delle masse proletarie, esso non potrà evitare di sboccare nella stessa situazione che portò alla grande guerra del 1914, la quale fu, come l’Internazionale Comunista ha sempre affermato, una guerra imperialista per tutti gli Stati che vi hanno partecipato, vincitori e vinti.
La politica attuale degli Stati che hanno vinto questa guerra, dimostra chiaramente al proletariato del mondo intiero questa verità. Già i prodromi della nuova guerra si fanno sentire: Noi abbiamo recentemente assistito alla conferenza di Washington, la quale, convocata sotto il pretesto del disarmo, ha smascherato semplicemente le profonde rivalità degli Stati militaristi, tra i quali la borghesia francese rappresenta una parte di prim’ordine, nello stesso tempo che mostrava il prepararsi evidente della guerra futura. È la prospettiva storica, la quale si presenta nel caso in cui il capitalismo giungesse a coronare d’un primo successo i suoi sforzi di salvezza: quest’ipotesi non solo vorrebbe dire la disfatta e la schiavitù del proletariato, ma condurrebbe direttamente alla distruzione d’ogni forma d’associazione umana.
Quali sono le conseguenze di questo tentativo borghese nel campo della tattica di lotta della classe lavoratrice? Noi abbiamo detto che la borghesia mondiale è fermamente decisa a servirsi di tutto il suo potere per schiacciare gli attacchi del proletariato, ma essa dovrà anche ridurre tutti i lavoratori ad un regime di sfruttamento ancora più duro di quello al quale essi sono assoggettati attualmente. Giacché l’offensiva padronale non si limita solamente alla lotta contro le minoranze d’avanguardia, ed allo schiacciamento dei tentativi di sovversione del regime, ma si spinge anche sul terreno economico e sindacale, dirigendosi contro tutta la massa del proletariato che si limita a domandare un trattamento economico sopportabile.
Un tempo il potere borghese, nella lotta sindacale fra padroni e lavoratori, si limitava ad una specie di difensiva per impedire ogni violazione dei principii sacri della proprietà privata. Oggi questo non basterebbe più: la classe capitalista deve prendere l’offensiva contro il proletariato; essa deve abbassare i salari, deve stracciarne i patti di lavoro collettivi, deve infrangere ogni organizzazione sindacale, giacché solamente a questo prezzo potrà garantire la continuazione dell’esistenza del regime borghese.
Uno sguardo a tutti i paesi d’Europa – il vostro compreso – ci dimostra l’evidenza di questa verità. L’offensiva della borghesia contro il proletariato è stata dappertutto scatenata anche contro quella parte del proletariato, la quale non è affatto rivoluzionaria, che non accetta la parola d’ordine dei partiti della rivoluzione, ma si appoggia solamente sulle organizzazioni corporative e sindacali. Noi cozziamo dappertutto contro questa stessa offensiva degli Stati borghesi e capitalisti in pericolo, tendente a diminuire i salari e ad aumentare gli orari di lavoro. Questo tentativo di disorganizzazione del proletariato è accompagnato dalla disoccupazione e dal licenziamento dell’operaio. Nello stesso tempo la borghesia tenta di distruggere la rete sindacale di resistenza proletaria, e, dovunque la reazione trionfa, essa disperde i nuclei operai organizzati sul terreno economico.
L’eloquenza di questi fatti non può lasciare alcun dubbio sulla situazione ch’è tale da costringere la borghesia, per salvarsi, a prendere l’iniziativa dell’attacco.
Che cosa farà, in queste condizioni, il Partito che è nel seno del movimento proletario ed ha una parola d’ordine da dare al proletariato? Quale dev’essere il nostro atteggiamento di fronte alle frazioni riformiste ed opportuniste del movimento operaio? Una volta il proletariato poteva scegliere fra due metodi d’azione. Mentre noi ci dichiaravamo a favore della conquista totale del potere politico, come mezzo di espropriare gli sfruttatori, i riformisti mostravano al proletariato la possibilità di un’altra via, che ne avrebbe migliorato poco a poco le condizioni ed avrebbe portato i lavoratori ad una situazione più favorevole. Ma oggi questa teoria dei riformisti non ha più alcun senso. Come si può, infatti, parlare di un’avanzata graduale progressiva quando s'è costretti a ritirarsi? Adesso non si può più parlare di progresso massimo e di progresso minimo: si tratta semplicemente di stabilire se il proletariato debba fronteggiare l’attacco capitalista o debba ritirarsi davanti ad esso. I riformisti, gli uomini di destra, che noi dobbiamo smascherare, propongono agli operai di accettare la riduzione del loro salario, di rinunciare cioè a quello ch’essi hanno già conquistato; con questa attitudine appunto essi si smascherano, si mostrano impotenti a difendere perfino le esigenze immediate della vita e dei bisogni quotidiani del proletariato.
Quale dev’essere l’atteggiamento dei comunisti in una simile situazione? Ricordiamo ancora qualche postulato della nostra tattica. I marxisti non hanno mai detto che bisogna disprezzare le esigenze immediate dei lavoratori; essi non hanno mai dimenticato che la lotta politica nasce sul terreno economico, nei piccoli episodi della vita proletaria, ma che appunto con la sintesi di questi fenomeni particolari si può arrivare all’azione d’insieme, all’azione rivoluzionaria del proletariato. Il partito politico di classe deve condurre le masse da questo punto di partenza, costituito dalle esigenze economiche quotidiane, fino al culmine delle necessità politiche rivoluzionarie; e ciò non si fa disprezzando le esigenze immediate del proletariato, ma assistendo gli operai in ciascuna delle lotte che essi intraprendono. I comunisti dicono che non si arriverà in queste lotte parziali a risultati definitivi: ma nella loro qualità di rivoluzionari, non se ne tengono lontani. È questo un postulato rivoluzionario della tattica, del metodo marxista. Bisogna entrare nel vivo della realtà della vita proletaria, della lotta e dell’azione proletaria.
Questa verità si fa mille volte più evidente nella situazione che noi abbiamo or ora prospettata. È evidente che oggi più che mai non esiste opposizione fra le rivendicazioni immediate e le rivendicazioni generali della classe operaia. Quest’opposizione non può esistere, giacché se il partito di classe giunge a disporre tutto il proletariato in ordine di battaglia per rifiutare certe concessioni che il capitalismo pretende imporre, e che sono indispensabili alla sua esistenza stessa, , noi abbiamo creato la situazione, la condizione dello scontro rivoluzionario supremo tra le due classi. Su questa base la tattica dell’Internazionale si pone in questo momento: agli attacchi organizzati su di un piano sistematico dalla borghesia bisogna opporre l’azione unitaria di tutte le forze del proletariato, sia che si tratti di manifestazioni economiche dei padroni contro i diritti operai, sia che si tratti della reazione dello Stato poliziesco e giudiziario o infine, come in certi paesi – nel vostro non ancora, ma chi lo sa quel che il domani vi riserverà – , di milizie irregolari della guerra di classe, composte di elementi usciti dai partiti politici borghesi per l’attacco contro il proletariato.
La borghesia ci insegna come condurre la lotta su di un terreno unitario, con un piano sistematico, attraverso l’inquadramento militare dei partiti politici. Bisogna rispondere con un piano d’azione unitario del proletariato, con l’inquadramento armato e rivoluzionario del proletariato del mondo intiero sotto la direzione del Partito Comunista.
Si tratta di sfruttare le peculiarità della situazione attuale per ordinare quest’esercito proletario sotto la bandiera dei partiti Comunisti, dell’Internazionale Comunista. Una parte di quest’esercito del proletariato si trova ancora nelle organizzazioni dei socialtraditori complici della borghesia. La nostra tattica è di andare a snidare queste energie proletarie, di sottrarle alla direzione di quei capi traditori, e di indurle a partecipare alla lotta generale e sistematica contro il capitalismo.
Noi siamo più che mai convinti che l’IC debba restare nettamente separata sul terreno dei principii e del metodo politico dalle altre tendenze, le quali pretendono di dirigere il movimento operaio ed ingannano il proletariato. Voi avete fatto la scissione ed avete potuto constatare quanto essa fosse giusta e saggia, giacché i dissidenti hanno sempre camminato verso l’alleanza definitiva con gli elementi più oscuri della borghesia. Voi avete affermato la vostra volontà di separarvi da quella gente. L’esperienza vi ha dato ragione. Tra voi ed essi v’è un abisso che vi separa.; e la tattica comunista non può portare se non allo smascheramento definitivo dei capi della destra, dei capi opportunisti. Nell’elaborazione di questa tattica, sulla quale si è molto discusso, il Terzo Congresso dell’IC non ha perduto di vista la necessità di realizzare la concentrazione di tutto il proletariato sul programma comunista, con i metodi d’azione comunisti, sotto la direzione del PC e del PC soltanto. È un postulato, al quale l’Internazionale non ha rinunciato, al quale essa non rinuncerà giammai; giacché se noi ci trovassimo nella situazione di rinunciarvi, dovremmo rinunciare alla ragione stessa delle nostre dottrine e della nostra organizzazione.
Bisogna servirsi, nella tattica che si deve adoperare, di questo postulato di propaganda, d’azione e d’organizzazione, e dimostrare che i capi della destra o dei sindacati asserviti ad una tattica opportunista, che i capi del partito socialdemocratico non possono nemmeno ergersi a difensori degli interessi immediati della classe lavoratrice. Bisogna obbligarli a manifestarsi sotto il loro reale aspetto agli occhi delle masse. Allora i Partiti Comunisti, senza rinunciare in alcuna cosa al loro programma rivoluzionario – che è quello dell’IC – compariranno agli occhi delle masse proletarie quali difensori delle loro rivendicazioni immediate, le quali hanno un andamento negativo, ma la difesa delle quali con l’azione delle masse ha tutto il valore di una entrata in battaglia campale rivoluzionaria.
Per tutto ciò il PC invita tutto il proletariato ad unirsi; per questa lotta tutto il proletariato, tutti gli operai d’ogni città, d’ogni paese, di qualsiasi categoria, debbono unirsi, per la lotta generale in difesa dei loro salari, della giornata di 8 ore, delle loro organizzazioni. Presso di voi, come in Germania, come dappertutto, ci sono persone che rifiuteranno di fare quest’unità su questo terreno di lotta, giacché esse sanno che è un terreno rivoluzionario e non vogliono la rivoluzione. Il loro rifiuto ci basterà per smascherarle e per squalificarle agli occhi delle masse, ed infine per prendere noi la direzione della parte di queste masse finora ingannate dagli opportunisti.
Questo è il significato della tattica deliberata nel Terzo Congresso dell’IC e applicata, per esempio, nel nostro paese.
Il compagno Tasca ve ne parlò ieri; io non insisterò sulle cose italiane, se non per ricordarvi che il nostro partito è forse il più settario: è il partito il quale ha più fortemente lottato contro gli opportunisti, e lotta in questo momento contro i sindacalisti rivoluzionari e gli anarchici, in polemiche vive di principio e d'azione.
Esso tuttavia consacra il 95 per cento del suo lavoro alla realizzazione di questo fronte unico proletario, il quale nella forma ha potuto far temere che si trattasse di una tattica suscettibile di condurre alla confusione, ma che ha il merito di offrire la possibilità di dare una parola d’ordine unica al proletariato del mondo intero.
Il nostro partito italiano rivolge la maggior parte delle sue energie verso la realizzazione di questa forma di tattica, con la quale noi vediamo già la possibilità di riavvicinare in una lotta generale, su tutto il fronte operaio del nostro paese, il proletariato intiero con parole d’ordine che non possono portare ad altra cosa se non alla conquista del potere. Noi vi proponiamo perciò questo piano, questa tattica; senza dubbio essa ha le sue difficoltà, ma voi, Partito rivoluzionario, dovete passare al disopra di queste difficoltà, le quali in fondo non sono che delle finzioni.
Quando si parla della nuova tattica politica dei Soviety e dell'IC, bisogna che una cosa sia posta fuor di causa: che non v’è cioè tattica nuova, ma si tratta invece d’una applicazione del metodo marxista più puro, e che nella continuità dialettica di quest’ultimo rientra il fatto di conciliare la difesa delle rivendicazioni minime con lo sviluppo delle condizioni della suprema lotta rivoluzionaria.
Ciò non autorizza alcuno a dire che vi sia una rinuncia qualsiasi, un’attenuazione del valore rivoluzionario del programma e delle formule d’azione dell’IC. Invece, vi è un’esperienza la quale s’afferma sempre più con un’efficacia ed una forza d’azione che s’accrescono quotidianamente, è un rivoluzionarismo che non si limita a dichiarazioni o a dipingere il quadro della società futura, ma entra nel vivo della realtà, conduce sul fronte della lotta tutti gli sfruttati, e con tutte le sue forze si getta nella mischia suprema per cancellare l’onta dello sfruttamento capitalistico mondiale.
Io non ho nulla detto finora intorno alla situazione della Francia e del vostro Partito. L’Internazionale Comunista non è qui – io non parlo neppure del suo modesto rappresentante a questa tribuna – essa non è qui per darvi delle lezioni. È qui per dire ai militanti del mondo intiero qual è il contributo che i comunisti – come anche senza nessun dubbio questo Congresso del partito francese – debbono portare alla costruzione mondiale di questo piano d’azione, il quale ci dà la certezza che per quanto sfavorevole sia la situazione, noi ne usciremo vincitori e trionfanti, in nome del comunismo. D’altra parte, vi è stata letta una lettera la quale vi esponeva l’opinione del Comitato Esecutivo dell’IC di fronte a certi desideri del partito francese. Voi l’avete accolta con uno spirito di solidarietà internazionale che vi fa onore, e che dimostra al mondo intero, al proletariato comunista ed agli avversari, che il PC francese è realmente una grande e possente armata della rivoluzione mondiale schierata sotto la bandiera dell’IC.
Io non intendo ritornare su questi particolari; sono già molto contento di constatare la solidità della vostra fede, della vostra volontà, del vostro coraggio rivoluzionario, nell’accoglienza che voi fate alle mie affermazioni. Voi avete dato or ora, con la vostra risposta, al mondo comunista intiero la prova che volete realmente uscire dalla particolarità della situazione francese, per combattere su un piano d’azione mondiale e su una base sistematica internazionale, fino alla vittoria, con i vostri compagni di tutto il mondo.
Il vostro compito, dopo il Congresso di Tours, è considerevole e nessuno può disconoscerlo nel movimento comunista internazionale, nello stesso tempo che nessuno può sbagliarsi sul compito importante di questo congresso.
Voi state per occuparvi, fra le altre cose, della questione agraria, così importante per il vostro paese, la più interessante se noi giungiamo a superare certi pregiudizi dell’antico movimento democratico. Io non ho bisogno di rilevare l’importanza della parte che la classe contadina potrà rappresentare nella rivoluzione. Le vostre tesi su questo soggetto sono completamente soddisfacenti. Voi avete fatto completamente vostri i postulati marxisti e la tattica agraria dell’IC. Voi avete compreso che al fianco del proletariato dell’officina, dell’operaio dell’industria francese, si deve schierare la gran forza rivoluzionaria dei contadini, che tendono a sottrarsi allo sfruttamento dei privilegiati.
Ma questo problema, ch’è quello dell’agitazione della classe operaia industriale, deve essere posto nel quadro dei postulati tattici internazionali; se noi abbiamo un partito, non è soltanto per avere dei principii, delle teorie, e per propagarle in tutta l’estensione della nostra propaganda, con degli articoli, dei discorsi, delle letture, delle conferenze. Il nostro compito non sarà finito quando noi avremo fatto tutto ciò, come d’altronde voi avete già ben fatto. Noi dobbiamo in tutto il nostro lavoro riunire questi tre fattori dell’azione comunista, dell’azione marxista, per così dire: la propaganda, l’azione, l’organizzazione. Essi sono inseparabili. In ogni episodio della lotta sociale, nella quale un piccolo gruppo di lavoratori sfruttati s’erge per porre la questione delle sue condizioni d’esistenza, la nostra propaganda deve intervenire e dire qualche cosa. Essa deve spiegare come il comunismo sia lo sviluppo della lotta naturale di classe, e deve dare a questo gruppo di operai un po’ più di coscienza e di vita; ma essa non deve fare semplicemente ciò. Non basta ai comunisti di illuminare i cervelli; essi debbono anche organizzare sistematicamente questi gruppi in armate schierate in ordine di battaglia in mezzo alla classe operaia intiera. E quest’organizzazione non è soltanto l’organizzazione interna del nostro partito, delle nostre federazioni, delle nostre sezioni, nelle quali noi non possiamo chiamare se non i militanti più coscienti, gli operai che hanno già compreso i nostri principii ed i nostri metodi; noi dobbiamo dare importanza anche a quell’altra organizzazione che è suscettibile di collegare col partito stesso, organizzato sul terreno politico, gruppi della classe operaia che hanno già accettato i nostri metodi di lotta, che non sono nelle condizioni di diventare militanti del partito, ma possono tuttavia ingrossare le truppe rivoluzionarie nei momenti decisivi.
Bisogna risolvere questo problema immenso dell’organizzazione, per collegare col nostro partito, ch’è il cervello il quale dà la coscienza, l’organizzazione possente la quale dà l’iniziativa dei movimenti e chiama alla lotta ed alla battaglia, per collegare col nostro partito organizzato la grande massa del proletariato francese, sia dei contadini che degli operai, in modo che questo grande partito possa chiamare tutto il proletariato alla battaglia decisiva, alla lotta rivoluzionaria suprema.
Ma io riconosco che è più facile venire a dire queste cose su questa tribuna che risolvere tutte le difficoltà della vostra situazione. È questo il vostro compito, o compagni! L’IC segue la vostra opera; essa vi partecipa; noi vi partecipiamo tutti, permettetemi di dirlo, e di sperare, o compagni francesi, che voi seguirete l’esempio dei vostri compagni degli altri paesi. La collaborazione coll’Internazionale non dev’essere bugia ipocrita, come era quella della Seconda Internazionale. La Terza Internazionale dev’essere un fatto vivente e non una formula che si pone nei programmi e negli articoli o che si proclama nei discorsi. La partecipazione alla Terza Internazionale dev’essere una realtà che si manifesta in tutte le azioni di tutte le organizzazioni, di tutte le federazioni, di tutte le sezioni. Questa cosa, che voi sapete meglio di me, vi vien detta da un rappresentante di un partito comunista molto vicino, e che ha bisogno di voi per lottare. Noi abbiamo bisogno di lavorare insieme. La lotta del proletariato italiano e del proletariato francese dev’essere la stessa, giacché la borghesia del vostro paese, come quella del nostro, è la nostra nemica comune.
Noi dobbiamo realizzare l’unità del fronte dell’IC nella lotta comunista. L’IC vi dà il materiale per quest’opera nelle risoluzioni dei suoi congressi internazionali.
Queste risoluzioni meritano d’essere accettate e rivendicate dal vostro Congresso, soprattutto in quel che concerne l’azione sindacale. Esse vanno da voi applicate, nella misura più stretta, alle difficoltà di una situazione delicatissima, che comporta una quantità immensa di responsabilità.
Anche noi in Italia abbiamo avuto una situazione difficile, dura, aspra. Epperò una situazione particolarmente chiara. Qui voi avete una situazione che non è chiara; e sarà maggior vostro merito trovar la vostra strada in mezzo a questa situazione complicata.
Principalmente in questo momento, un problema formidabile si prospetta, quello della situazione sindacale francese. Ieri voi avevate una situazione sindacale unita, oggi noi ci troviamo in presenza di una scissione, ch’è forse un fatto compiuto.
La situazione è cambiata ed essa ha cambiato i postulati, che devono servirvi ad indirizzare il programma della politica sindacale del vostro partito, che deve attualmente occuparsi dell’economia proletaria.
Bisogna dirlo a voce alta, giacché nello sviluppo della situazione economica e degli episodi della lotta economica d’ogni gruppo di uomini vi sono fatti che permettono di costruire l’azione d’insieme, l’azione politica che dovrà riunire tutte queste forze in una lotta comune.
Ora, nessuno potrà dire, nell’Internazionale, che voi non abbiate agito con chiaroveggenza nella vostra tattica sindacale. Voi avete degli scopi comuni con una tendenza del movimento operaio, la quale non è certamente una tendenza di traditori, di opportunisti, ma è una tendenza che, dal punto di vista rivoluzionario, noi dobbiamo salutare dall’alto di questa tribuna: la tendenza dei sindacalisti rivoluzionari di sinistra.
Voi avete ragione di lavorare gomito a gomito con questi vostri compagni, tra i quali vi è una maggioranza immensa di bravi operai, che dovranno essere conquistati ai nostri metodi veritieri nella lotta contro i riformisti della Confederazione Generale del Lavoro. Ma voi non dovete nascondere che i vostri principii non sono i principii sindacalisti rivoluzionari; che i vostri metodi non sono gli stessi loro metodi; che i vostri scopi coincidono per il momento, ma che bisogna prepararsi ad altri compiti e che il compito del PC non è soltanto quello d'avere un piano per oggi, ma bensì d'avere un piano di possibilità per la sua azione nelle differenti eventualità che possono presentarsi.
Voi dovete aspettarvi un cambiamento nei vostri rapporti coi sindacalisti rivoluzionari. Il sindacalismo rivoluzionario non è il comunismo, né dal punto di vista dei metodi, né dal punto di vista dei principii. La differenza non si limita al fatto che i sindacalisti dichiarano che tutta l’attività proletaria debba svilupparsi nel dominio economico senza prendere giammai la forma di un’organizzazione politica. Il PC non può accettare questa distinzione che non ha alcun valore. In realtà il sindacalismo è una politica del movimento sindacale, ed il comunismo è un’altra politica di questo stesso movimento.
Nel sindacato v’è metodo di lavoro sindacalista e metodo di lavoro comunista. È necessario dunque, o compagni, che nella vostra propaganda e nella vostra agitazione voi facciate comprendere i vostri principii e le vostre dottrine, così come voi avete incominciato a farlo per la dottrina e i principii dei sindacalisti. Il sindacalismo è una concezione differente dalla nostra in riguardo allo sviluppo della storia, ed i suoi adepti fanno una critica della società capitalistica la quale è differente dalla nostra, nello stesso tempo che essi tracciano un processo di emancipazione proletaria che differisce dal nostro. Bisogna porre chiare innanzi al proletariato queste differenze, e fare nel seno dei sindacati la propaganda in favore delle nostre dottrine, dei nostri metodi e delle nostre prospettive di sviluppo del proletariato, in modo da spingere all’azione politica, all’intervento dei partiti nella lotta, alla dittatura del proletariato ed alla costituzione dei Consigli operai e contadini.
Si dice che vi è nelle tesi dell’IC una formula che contraria gli operai francesi, cioè quella della subordinazione o dell’asservimento dei sindacati al partito. Questa formula a priori è semplicemente ridicola. Ma un marxista non deve rinunciare a saturare il movimento sindacale del suo spirito rivoluzionario, a lavorare presso i militanti dei sindacati per cercare d’ottenere, dalla loro autonomia e dalla loro indipendenza, che l’organizzazione sindacale si pronunci in favore del piano del PC e ch’essa spontaneamente dica al PC che questi lavoratori sono pronti ad accettare le idee direttive del PC, nell’azione e nella lotta rivoluzionaria.
Questa è un’opera alla quale il PC non può rinunziare. È possibile che domani questo metodo possa novellamente urtare e bisogna, senza alcun dubbio, attuarne convenientemente l’applicazione sia nella forma che nel tempo, senza rinunziare al suo contenuto essenziale. È naturale che voi dobbiate procedere di conserva con gli elementi sindacalisti, rivoluzionari ed anarchici nella complessa situazione sindacale francese attuale. Ma voi non dovete dimenticare che la situazione dovrà chiarificarsi.
Qui la collaborazione è stata possibile perché i sindacalisti in Francia, essendo maggioranza della CGdL, sono stati tradizionalmente unitari; ma lo spirito teorico del sindacalismo, se noi lo consideriamo dal punto di vista della critica oggettiva, è lo spirito della scissione della classe operaia.
In Italia, nella Spagna, e in tutti gli altri paesi, in cui il sindacato economico, in luogo d'assumere la parte rivoluzionaria assegnatagli dalla teoria sindacalista, è rimasto sotto l’influenza riformista, i sindacalisti rivoluzionari son pervenuti alla conclusione logica che, avendo bisogno di un movimento rivoluzionario sindacale puro, hanno determinato la scissione sindacale operaia, staccando la sinistra dagli organismi sindacali tradizionali.
Io ricordo questo dato teorico soltanto come contributo allo studio dei vostri rapporti coi sindacalisti, senza perciò pretendere che voi dobbiate applicarlo in maniera immediata alla loro tattica attuale in Francia. Ma esso basta a stabilire una differenza fondamentale per tutto lo sviluppo delle lotte successive.
Noi comunisti siamo per il sindacato unitario, senza alcuna condizione pregiudiziale, neppure quella ch’esso sia diretto da comunisti o abbia una maggioranza comunista. Se noi accettiamo l’unità anche quando la maggioranza sindacale è nelle mani dei riformisti, non lo facciamo già perché ci rassegnamo a tale situazione, bensì per poter lottare contro gli opportunisti e conquistare alla nostra propaganda la maggioranza dei sindacati, giacché noi sappiamo benissimo che l’unità sindacale è il vero terreno da cui irresistibilmente scaturirà il riavvicinamento di tutti gli operai sotto l’insegna comunista.
Compagni, io ho parlato abbastanza a lungo. Sollevando certe questioni d'ordine teorico, io non ho voluto urtare legittime tradizioni, ma semplicemente toccare tutte le questioni, giacché l’IC ha il diritto e il dovere di prevedere le condizioni reali che possono determinarsi nella situazione internazionale; ma io mi trovo molto a disagio in questo Congresso chiamato esso medesimo ad esaminare il problema della preparazione rivoluzionaria del proletariato francese, per la quale voi dovrete formulare un programma non di sola teoria, ma d’azione, che dovrà indicare i mezzi coi quali noi perverremo a riunire tutto il proletariato nella lotta rivoluzionaria.
Sono sicuro che da questo Congresso usciranno deliberazioni consone coi metodi dell’IC e interessanti per tutto il movimento comunista internazionale.
Ed ho terminato. Conserverò sempre il gradito ricordo d’essere stato tra voi, e porterò ai lavoratori del mio paese l’espressione della vostra solidarietà e del vostro entusiasmo. Noi cercheremo d’esporre con la maggior fedeltà possibile i risultati dei vostri lavori al CE. Non abbiamo bisogno di domandarvi altro, se non di proseguire l’opera grandiosa che voi compite ogni giorno, e che compiono tutte le vostre sezioni con forte coscienza, con vivissima fede e grandissimo entusiasmo.
Compagni del PC francese! I nostri avversari proclamano la sconfitta dell’Internazionale Comunista e della rivoluzione mondiale. Gridiamo loro che ciò è una menzogna. Proclamiamo che l’IC è una forza reale, che non verrà meno al compito di mettersi alla testa del proletariato di tutto il mondo.
La rivoluzione mondiale non è una chimera del nostro pensiero, ma una cosa viva e reale.
Compagni! Viva la rivoluzione mondiale!
(Vivi applausi)
Fonte | Rassegna Comunista nn. 24-25 del 30 giugno e 15 luglio del 1922 | ||
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Autore | Amadeo Bordiga | ||
Archivio n+1 | Copia dell'originale | Rif. | |
Livello di controllo | Rilettura X | Confr. Orig. | Rev. critica |