Cara "Avanguardia"
Cara "Avanguardia",
ti chiedo alcune righe di spazio per denunciare tutte le brutture che si commettono in nome del bene inseparabile del Re e della Patria e per segnalare, specie alle vittime dei tempi radiosi perché possano eventualmente e tempestivamente intervenire, il pericolo libico che grava insistente su noi povere reclute.
Procediamo per ordine:
Le delizie della caserma cominciano con la triste eredità del non mai abbastanza defunto Ministro Mannaggia la Rocca, la Pagnotta Gasparotto, la quale, oltre ad essere insufficiente all'appetito dei nostri vent'anni, è confezionata da un impasto nauseante di segatura e di crusca acida; per di più, naturalmente per facilitare il peso massimo (300 gr.) e d'avere un po' di margine per arrotondare il bilancio privato di quelle coscienze adamantine dei dirigenti del commissariato, è talmente male cotta che sfido qualunque stomaco anche d'acciaio a digerirla.
Del rancio per carità è meglio non parlarne, è assolutamente immangiabile.
Quello che però maggiormente umilia ed esaspera è il sistema idiota canagliesco con cui la brillante gerarchia ufficiale crede inculcare il sentimento dell'amore alla patria, che ormai sappiamo a chi appartiene e a che cosa serve. Qui potrei dilungarmi a raccontare una serie infinita di episodi disgustosi, ma mi riservo di farlo in un prossimo numero citando nomi e precisando accuse; solo un piccolo caso successo ieri: un tenentucolo sifilitico è semi-analfabeta, noto […] spiantato, ha punito di prigione un soldato, (credo un contadino calabrese) perché non era riuscito ad imparare a memoria la formula del giuramento. Cito le parole testuali: "Chi non vuole imparare le espressioni che devono […]olare l'onore del soldato con le sacre ed inviolabili istituzioni, ha la mentalità avversa alla dignità della patria".
Ogni commento sarebbe inutile.
Parliamo invece delle conseguenze dell'avventura libica, maestosa opera del cinico di Dronero, l'eroe della Banca Romana, il padre putativo delle tristi bande fasciste, l'uomo del parecchio presa su di noi [sic] l'apprensione dolorosa della gita in Africa, dove continua la guerra […] del calcolo per chissà quale impresa bancaria del Conte Volpe, illustre governatore della colonia, emerito imbroglione.
Orbene a qualunque costo bisogna evitare questa scandalosa provocazione alla tranquillità purtroppo fittizia delle nostre famiglie. Sarebbe delitto troppo feroce seminare ancora lutti e dolori, mentre perpetua vivo il ricordo spasimante [sic] dell'ultimo grande eccidio.
E sarebbe ancora gioco d'azzardo però, poiché la disperazione che regna fra noi soldati, facilmente può tramutarsi in esasperazione e allora vedremo, specialmente oggi che a Genova si discute il prezzo della pace, se una seconda edizione (magari riveduta e corretta) dei fatti di Ancona sarebbe opportuna, ci pensino e procurino di valutare i fatti con più serenità. Noi intanto ci prepariamo. Cara " Avanguardia " sono spiacente di aver approfittato troppo della tua ospitalità e arrivederci ad altre volte.
Fonte | L'Avanguardia n. … del 23 aprile 1922 | ||
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Archivio n+1 | Copia dattiloscritta | Rif. | |
Livello di controllo | Rilettura X | Confr. Orig. | Rev. critica |