Il combattimento o la morte
Come si presenta oggi la lotta per gli operai
Il Sindacato operaio sorge dalla prima manifestazione elementare di consapevolezza e di volontà dei lavoratori spinti a reagire alle funeste conseguenze della concorrenza tra loro nella vendita del loro lavoro ai padroni. La lotta tra le Organizzazioni economiche proletarie ed i datori di lavoro serve ad influire sul prezzo del lavoro, ossia sul livello del salario pagato agli operai, compensando gli effetti della legge della offerta e della domanda.
E' un vero monopolio della vendita del lavoro che gli operai stabiliscono organizzandosi. D'altra parte i capitalisti a loro volta si organizzano in Sindacati e Cartelli costituendo il contro-monopolio della offerta di manodopera e soprattutto il monopolio della vendita dei prodotti attraverso l'aumento dei prezzi dei quali si viene in realtà a rinvilire di nuovo i salari, sospingendo a nuove ed incessanti lotte il proletariato.
Attraverso lo sviluppo di questo processo, nei suoi aspetti e fattori complessi, tra cui principalissimi i mutui rapporti tra industria ed agricoltura ed i conflitti tra gli aggruppamenti nazionali dei monopoli capitalisti, gli operai sono spinti ad una forma ulteriore di consapevolezza e di volontà che li conduce a scorgere ed a perseguire una via di uscita dal circolo vizioso consistente nella soppressione del capitalismo privato e monopolista raggiungibile solo a costo di spezzare il sistema politico statale che lo protegge.
Lo sviluppo delle vicende della lotta, soprattutto nella fase imperialista degli scontri militari tra i colossi del monopolio capitalista, conduce ad acutizzare al massimo la instabilità del sistema e la crisi del suo funzionamento.
Che cosa avviene allorquando, come nella odierna situazione, gli aspetti della crisi conducono la classe padronale a muovere all'offensiva contro le Organizzazioni dei lavoratori per conseguire una riduzione dei salari?
Evidentemente se il regime della assoluta libertà di concorrenza non fosse stato alterato dalla presenza delle Organizzazioni sindacali proletarie, la riduzione dei salari seguirebbe automaticamente la crisi. I fallimenti, e dissesti, il ritiro dei capitali dagli investimenti, determinano forte disoccupazione, getterebbero innumeri braccia sul mercato del lavoro ed il prezzo della manodopera discenderebbe immediatamente per questo aumento di offerta.
Se d'altra parte il sistema di monopolio e di parassitismo fosse meno sviluppato dalla parte del capitalismo, la crisi si risolverebbe altresì in un ribasso di tutti i prezzi dei prodotti, per la minore richiesta e per le quantità precedentemente accumulate, ed in un certo senso si ritornerebbe verso un nuovo equilibrio.
La situazione è però oggi ben diversa. I capitalisti tengono alto il prezzo di smercio dei loro prodotti neutralizzando con le loro Associazioni monopoliste gli effetti della concorrenza commerciale; ed il costo della vita seguita a rincarare.
Facendo leva sul proprio monopolio, i capitalisti tendono ad ottenere la discesa dei salari malgrado la presenza del fattore opposto della organizzazione sindacale, per rifarsi di quelle diminuzioni di profitto che derivano non dalla diminuzione dei prezzi di vendita dei prodotti, ma dall'irrigidirsi di tutto il sistema del movimento dei capitali, dal giuoco dei cambi, e così via.
Un simile attacco viene diretto contro la stessa esistenza della organizzazione sindacale. Se infatti la riduzione di salario si effettua, questa cessa di essere un beneficio per il lavoratori, essendo le cose procedute così come se la massa non fosse sindacata; da questo seguirebbe l'immancabile sfasciamento della organizzazione per avere essa perduta la sua ragion d'essere economica.
Se l'organizzazione rinuncia in una simile situazione alla lotta, essa segna il suo atto di morte.
Se essa resiste, lo stesso fatto che i capitalisti riescano a conseguire in parte il loro scopo, non avrebbe il significato della fine dell'organizzazione, poiché questa esplicherebbe sino all'ultimo la sua funzione di resistenza.
Se fosse possibile dimostrare che questa funzione è incompatibile col funzionamento della produzone capitalista, si dimostrerebbe non che i Sindacati devono suicidarsi, ma che essi sono giunti al momento in cui secondo la tesi teorico e tattica dei comunisti devono trasformarsi in organi di combattimento rivoluzionario contro il regime borghese, diretti dal Partito, organo specifico della risoluta lotta politica.
I due monopoli del capitale e del lavoro sono diventati incompatibili. Essi hanno forse dilazionato la crisi suprema della società borghese, ma solo per prepararla più formidabile. Il loro conflitto sul terreno della amministrazione della produzione si traduce non nel problema di risolvere l'andamento di questa o quella fabbrica, ma nel dilemma generale: dittatura del capitalismo o dittatura del proletariato.
Il problema dello Stato è posto sul tappeto: le forze della evoluzione produttiva abbandonano per un momento il primo piano della scena per attendere la sentenza che sarà data dall'esito della guerra civile.
Se d'innanzi all'offensiva padronale il Sindacato capitola, esso spiana la via alla tenebrosa soluzione che porrà sulla cervice di un proletariato fiaccato e disperso il feroce dominio dell'incontrastato monopolio capitalista.
Se dinanzi all'attacco il Sindacato chiede la soluzione all'intervento del potere statale borghese, ponendosi sotto il pericoloso punto di vista che non ingaggia la lotta perché convinto che il mantenimento del livello dei salari è incompatibile con la vita delle aziende produttive, il risultato non è diverso.
Lo Stato borghese non può intervenire che nel senso degli interessi del monopolio padronale. E se per l'intesa sul terreno parlamentare degli agenti socialdemocratici dei Sindacati con gli uomini di Governo, lo Stato trova utile arrestare per un momento il ritmo dell'avanzata offensiva padronale, questo svuoterà ancora la organizzazione operaia del contenuto delle sue finalità, e domani dinanzi ad un proletariato disorganizzato offrentesi tumultuosamente per lavorare a vile prezzo, non sarà certo lo Stato borghese e liberale a dolersi del fatto che si trattino e si risolvano in questo senso le assunzioni di lavoro per libera contrattazione.
Il riportare il problema sul terreno della "possibilità per l'industria di pagare i dati salari", equivale per queste ragioni al più nero tradimento da parte dei capi sindacali.
Nella lotta vi è per il proletariato l'interrogativo se esso riuscirà ad uscire dagli assurdi vincoli della macchina borghese di produzione, fiaccando nello scatto rivoluzionario la forza avversaria, e vi è la sicurezza almeno di portare di posizione in posizione nelle battaglie della guerra di classe le sue formazioni di combattimento, sola garanzia del suo avvenire.
Nella esitazione dinanzi alle pretese necessità della attuale macchina produttiva, che non sono altro se non la necessità di perpetuare il profitto e lo sfruttamento padronale, nella inerzia delle masse, non vi è che la certezza del dissolvimento e della sconfitta.
Da "Ordine Nuovo" del 4 Novembre 1921