Come la socialdemocrazia italiana discute con Lenin e Mussolini
Assolutamente ancora non è possibile, in base alle notizie che si hanno del Congresso comunista mondiale di Mosca, esprimere giudizi sulle risultanze di esso, soprattutto in quanto riguarda le discussioni e le risoluzioni sui problemi generali della tattica comunista che erano all'ordine del giorno.
Nemmeno circa quello che il Congresso ha deliberato intorno alla "questione italiana" si può formulare un giudizio definitivo, pel quale è indispensabile possedere almeno il testo della mozione adottata, se non un resoconto completo della discussione.
È però sicuro che il Congresso ha deciso nel senso di tagliare tutti i ponti tra la Internazionale Comunista ed il Partito Socialista Italiano. Questo è ancora invitato a decidere in un Congresso nazionale, se intende o meno applicare le ventuna condizioni di Mosca. La situazione è dunque quella che era prima di Livorno, ma con questa differenza, che mentre allora si sofisticava sul significato esatto della richiesta di "applicare le ventuna condizioni" formulata dal secondo Congresso comunista internazionale; oggi il terzo Congresso esplicitamente dichiara che quella richiesta venne esattamente tradotta nella formulazione che a Livorno le dava la frazione comunista con l'appoggio dei rappresentanti del Comitato Esecutivo di Mosca, che applicare le condizioni significa "escludere dal partito tutti gli aderenti alla frazione di concentrazione socialista ed ai suoi convegni (Reggio Emilia)".
Noi facciamo qui della cronaca e non ancora della critica. Quando avremo modo di far questa con conoscenza di causa spiegheremo perché il Partito Comunista d'Italia ritiene che la applicazione delle ventuna condizioni vada intesa "dialetticamente" e tradotta nel "fatto compiuto" della esclusione dalla Internazionale Comunista di tutti i non comunisti, ossia oltre che dei concentrazionisti reggiani, anche – e saremmo per aggiungere soprattutto – dei sedicenti "comunisti unitari" serratiani.
Del resto la mozione di Mosca non dice ancora che questo utile "fatto compiuto" corra rischio di essere compromesso. Essa, sembra, dice solo che la responsabilità di questa logica conseguenza dell'invito a staccarsi dai riformisti, dovranno prenderla agli occhi delle masse i "comunisti unitari" stessi e non la Internazionale Comunista. Questa ritiene utile poter dichiarare: "i serratiani hanno voluto, nella scelta loro proposta tra l'unità coi riformisti e la Terza Internazionale, deliberatamente optare per i primi".
Noi, modestamente, se facessimo la critica, oggi prematura, dimostreremmo perché concepiamo i problemi della tattica rivoluzionaria comunista in guisa tale da venire a concludere che è utile poter dire: siamo stati proprio noi che deliberatamente abbiamo voluto staccarci dalla razza peggiore di disfattisti della causa proletaria, dai "centristi" più tipici che il movimento internazionale abbia rivelati, dagli opportunisti della attuale "sinistra" del Partito Socialista i cui capi rispondono ai nomi altamente pregiati nella letteratura polemica nostra dei Serrati, dei Baratoni, dei Vella, degli Alessandri e rinnegati minori.
Dimostreremmo come sono smascherando costoro e assumendo di ciò la responsabilità intera e diretta si possono sottrarre alla loro nefasta influenza le masse che li seguono ancora.
Ma la "cronaca" non deve per ora fare altro che passare agli atti la constatazione seguente: prima che la questione italiana sia "chiusa" ci vorrà: 1) Un congresso del Partito Socialista. 2) Un Congresso del Partito Comunista. 3) Se al Congresso socialista non si avesse la prevedibile unanimità "unitaria" una decisione dell'Esecutivo di Mosca ed un Congresso di unificazione.
I delegati del PSI a Mosca, anche per bocca del "destro" Lazzari, pare abbiano detto in tutta serietà che si impegneranno a far rispettare dal loro Partito le decisioni del terzo Congresso.
Staremo dunque a vedere. E guardiamo dunque che cosa fa il Partito Socialista e se lo svolgersi della sua attività politica non corrisponda alla necessità da noi – modestamente – sostenuta, di buttarlo via tutto, senz'altra procedura.
Le brillanti esperienze che sulla funzione del "centrismo" presenta il partito socialdemocratico italiano dimostrano che si può nello stesso tempo promettere a Lenin per mezzo di una delegazione di accettare i canoni della azione rivoluzionaria contro la borghesia, e impegnarsi con i capi "bianchi" delle brigantesche bande del terrore borghese ad un disarmo definitivo che ha il valore di una complicità insuperabilmente vile e turpe.
A Roma si sono adunati i fiduciari del fascismo e quelli del Partito Socialista per trattare una tregua. Sono state tracciate le basi di un eventuale concordato.
Mentre scriviamo non sappiamo ancora come andranno a finire queste trattative. Del resto non si sa, nevvero?, nemmeno come finiranno quelle con Mosca. Avrà successo migliore la diplomazia dei Lazzari, Maffi e Riboldi, o quella degli Ellero e dei Zaniboni? Pare che, almeno per ora, la tregua coi fascisti non sarà ufficialmente sottoscritta, e che questi ultimi pensino che occorre ancora la somministrazione di un'altra dose di potenti legnate sul rassegnato groppone socialdemocratico, per sentirsi proprio sicuri che i socialisti italiani sono diventati tanto ragionevoli che – viva l'Italia! – si possa finalmente fidarsi di accordarsi con essi sul terreno di scongiurare il "fallimento economico della nazione".
Nemmeno è questa la sede per dire di più sul significato di questi contatti socialfascisti, preludio eloquente del fronte unico controrivoluzionario di domani. Ci fermiamo qui al confronto tra l'atteggiamento del Partito Socialista dinanzi alla Internazionale comunista e dinanzi al fascismo, per mostrare come il dubbio che permane sull'esito delle due pratiche, e sulla natura definitiva dei rapporti che si stabiliranno in seguito ad esse, sia il mezzo precipuo per condurre avanti fino a che sarà estremamente possibile l'inganno delle masse, il disarmo traditore del loro orientamento e della loro decisione rivoluzionaria.
Un partito apertamente controrivoluzionario, riformista e complice dei violatori di ogni interesse e sentimento proletario, rompendola per sempre colla Terza Internazionale e con la causa della rivoluzione, anche nelle dichiarazioni verbali, cadrebbe vertiginosamente negli abissi del disprezzo delle masse, e determinerebbe la facile scelta di queste fra i suoi metodi e l'indirizzo del comunismo.
Ma la politica socialista odierna è veramente pericolosissima per il proletariato e le sue sorti, appunto per la calcolata ambiguità che la guida, fatta di oscillazioni "tendenziali" tra la santità di Mosca e l'onta della Bocca del Leone.
Ecco perché, se compito del Partito Comunista Internazionale è servire alle masse col lume della sua critica e della sua coscienza della storia nella difficile via travagliata del loro riscatto, meglio avrebbe, a nostro modo di vedere, provveduto Mosca contro la profanazione del suo tempio, respingendo i mercanti socialdemocratici italiani ai soli contatti degni di loro, ai negoziati parlamentari coi "colleghi" che hanno inzuppata la loro medaglietta nel sangue dei nostri morti.
Ma l'ultima parola è alla cronaca di domani.
Quanto alla "cronaca" odierna, essa dovrebbe pure accorgersi che in Italia è cambiato il Ministero, che c'è Bonomi e non più Giolitti, e dire la sua sul grave problema politico: il governo di Bonomi è governo di "destra" o di "sinistra"?
Numeri addietro avemmo occasione di dire alcunché sugli schieramenti topografici dei partiti parlamentari in Italia, sul significato del fatto che a "destra" ci siano i fascisti, e a "sinistra" i socialdemocratici...
Le nostre considerazioni sconvolgitrici dei luoghi comuni vigenti al proposito nelle farmacie della politica, trovano un suggestivo argomento in questa semplice constatazione: il ministero di "destra" (di fronte a quello di Giolitti che era di... sinistra!) è presieduto da un socialista riformista, ossia da chi nella topografia parlamentare meglio confina con i ministri socialisti "ufficiali" di domani...
La socialdemocrazia reazionaria o la reazione socialdemocratica o la Repubblica socialistoide cui tendono Mussolini e Modigliani, cui stemma sarà la forca, sono il grande fatto elucidatore di enigmi che già incombe sull'orizzonte politico!
Fonte | Rassegna Comunista n. 6 del 15 luglio 1921 | ||
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