Difesa proletaria

Un difficile argomento tattico per il nostro partito è quello dei Comitati "di difesa proletaria" dei quali si annunzia adesso, non si capisce bene ad iniziativa di chi, un congresso nazionale.

Quando noi dimostriamo quanto diverso sia il nostro punto di vista sulla situazione in cui oggi versa il proletariato da quello di altri partiti e movimenti che sono indicati come confluenti nella azione di "difesa", si crede per lo più dai superficiali che noi facciamo una pura quistione di teoria e di principi, e che la pregiudiziale della diversità di opinioni ci basti per condannare senz'altro ogni azione comune.

Invece è vero proprio il contrario: e delle riserve fatte dal nostro partito alla costituzione dei comitati misti di difesa proletaria e degli "arditi del popolo" siamo stati guidati proprio dalle immediate esigenze della nostra azione concreta e dalle prevedibili conseguenze che a breve scadenza avrebbe avuto l'uno o l'altro atteggiamento effettivo, e queste constatazioni pratiche non han fatto che confermare il nostro punto di vista generale.

Le nostre idee sulla natura della offensiva borghese e del fascismo sono ben note, e ci conducono ad una doppia previsione: o l'offensiva borghese avrà il sopravvento, e ridurrà il proletariato a rinunziare ad ogni iniziativa rivoluzionaria e ad ogni forma di organizzazione capace di resistere alle esigenze economiche di sfruttamento del capitalismo, o invece il proletariato riuscirà a respingere l'offensiva padronale rovesciando il potere statale organizzato dalla borghesia e schiacciando le organizzazioni bianche di combattimento sotto il peso di una dittatura di classe.

Queste considerazioni derivano dall'esame dell'attuale situazione economica: il regime borghese se non sarà rovesciato dalla rivoluzione dovrà assicurarsi per funzionare la possibilità di sottomettere i lavoratori ad uno sfruttamento intensivo molto peggiore di quello degli anni scorsi, e dovrà condurre a fondo l'offensiva contro i patti di lavoro, per cui adopererà le forze della reazione statale e fascista. Non vi sarà più posto per una situazione di neutralità dello Stato, e di impedimento da parte di questo di ogni violenza, nello svolgersi delle vertenze economiche tra capitale e lavoro: situazione che del resto non si è mai verificata perché contrasta al compito naturale dello Stato borghese: solo che questo deve oggi rinunziare a celarsi sotto la menzogna democratica, e per seguitare a servirsi del gioco di questa organizza l'azione delle bande bianche al di fuori della sua organizzazione ufficiale.

Da questo punto di vista generale discende questa norma di azione pratica: le masse devono dotarsi di una organizzazione di lotta che sia capace: di fronteggiare l'offensiva fascista con gli stessi suoi mezzi; di agire contro la organizzazione legale dello stato in quanto oggi sorregge il fascismo e reprime l'azione antifascista, domani scenderà direttamente nel campo della lotta; di servire di base ad una organizzazione statale militare proletaria che dopo la vittoria delle masse impedisca l'esistenza di ogni organizzazione bianca di lotta controrivoluzionaria.

Compito del partito comunista è di assicurare alla reazione istintiva delle masse oltraggiate e sacrificate contro il fascismo queste possibilità di superare con successo le inevitabili successive fasi della situazione. Il consenso delle masse intorno a questa azione deve indubbiamente per potere avere probabilità di vittoria venire esteso anche a quegli strati notevolissimi del proletariato che pur essendo istintivamente contro il fascismo restano nella zona di influenza politica di partiti che non sono il nostro. Ma se la base della organizzazione di lotta comprendesse tutte queste masse, ma fosse tale da condurre alla incapacità di una azione diretta antifascista, di una lotta contro le forze della legalità statale, ed infine di consolidarsi in un organismo di dittatura rivoluzionaria, si metterebbero tutte le forze di cui il proletariato può disporre sulla via di una non lontana sconfitta.

I partiti che oltre al nostro si schierano contro il fascismo e accettano genericamente il criterio di una azione generale proletaria contro di esso, hanno una diversa visione di questa lotta ed un diverso programma. Molti di essi, come il partito socialista, non solo hanno apertamente sconsigliato le masse dalla resistenza organizzata ed armata al fascismo, ma con questo hanno tentato perfino la pacificazione. Tanto socialisti come repubblicani ed altri gruppi si prefiggono una tale forma di azione di difesa proletaria che abbia come obbiettivo il ristabilimento del "diritto comune" e la eliminazione della lotta armata tra frazioni politiche nella sovranità imparziale dello Stato. Le dette correnti hanno poi comune con quelle sindacaliste ed anarchiche la prospettiva della libertà per tutti, e silurerebbero domani con ridicoli scrupoli la instaurazione del potere proletario sola dialettica negazione del fascismo, la soppressione delle bande e delle organizzazioni anche pacifiche della borghesia controrivoluzionaria, dopo una possibile vittoria delle masse infine gli anarchici e sindacalisti non formulano questo concetto della libertà per tutti solo come una realizzazione del loro obbiettivo rivoluzionario assai prossimo al nostro di abbattere lo Stato borghese per sopprimere ogni forma di Stato, ma sembrano accettarlo - il che vuol dire ritenerlo possibile come uscita dalla odierna situazione - anche come obbiettivo contingente, anche come realizzabile da parte dello Stato borghese.

A questo punto molti osservano: sta tutto bene, i vari partiti proletari non sono concordi nel valutare la situazione e i suoi sbocchi più o meno remoti, non sono d'accordo nel programma di domani, ma per intanto sono per una lotta contro la intollerabile situazione in cui versa il proletariato, il quale anela con tutte le sue forze ad una azione purchessia: si gettino le basi di questa, e nel suo corso il partito comunista, se le sue previsioni si verificheranno, indicherà i nuovi obbiettivi e le opportune forme di lotta, e indubbiamente guadagnerà la dirigenza della massa.

Ci si permetta a questo punto una espressione volgare, ma che è una buona risposta all'eccessivo impiego nella politica comunista e marxista di una forma di banale sentimentalismo che posa a raffinatezza di tattica: se ci si firma una cambiale come garanzia che le cose andranno così, allora noi, come dirigenti responsabili di un partito, ne impegneremo le forze sul terreno di queste iniziative di difesa proletaria intesa come azione e organizzazione comune di lotta di tutte le correnti del campo operaio.

Ma il fatto che indizi pratici evidentissimi ci mostrano come l'organizzazione e un'azione così impostata non solo nel suo insieme seguirebbe una via illusoria, ma fino dai primi momenti potrebbe incanalarsi nelle insidie e nei disastri.

Costituire comitati locali o nazionali per la difesa proletaria e una organizzazione unica a tipo militare come quella degli "arditi del popolo" significa demandare ad essi e alla maggioranza di essi (organismi) la scelta delle azioni da svolgere. Poiché per costruirli bisogna rinunziare come pregiudiziale dell'impegno reciproco anche la prima e la più modesta delle direttive che noi abbiamo accennato come quelle che detta la situazione all'azione proletaria. Se anche si chiedesse a tutti i partecipanti l'impegno, non con vaghe espressioni, ad adoperare contro il fascismo gli stessi suoi metodi di guerra civile, e tanto più se si esigesse l'impegno alla lotta contro le forze ufficiali dello Stato, è evidente che ogni accordo andrebbe a monte. Tutto quello che in una simile costituzione di organi di azione è possibile ottenere è che "non si escluda" nessuno dei mezzi di azione: non la nostra violenza né l'opera "pacifica" che altri potrebbe adoperare. Nella indecisione degli scopi e dei mezzi, resterebbe però un fatto concreto: la comune disciplina, che avendo in vista azioni a carattere politico-militare, deve necessariamente essere una disciplina di tal natura da riuscire superiore a quella dei singoli partiti, e condurre direttamente ad una gerarchia con poteri superiori a quella delle gerarchia dei partiti. In altri termini un partito non potrebbe fare nel tempo stesso un'azione politica e di lotta propria, e quella della concordata "difesa proletaria" e anche avendo diverse intenzioni in pratica, non per mania di lealtà, ma per esigenza reale delle cose, darebbe tutte le energie proletarie di cui può disporre, molte o poche che siano, alla azione comune e alla organizzazione comune.

Vediamo come potrebbe avvenire, anzi come avverrebbe, nella concreta situazione in cui ci muoviamo in Italia, che anziché portare la massa sulla via della azione suscettibile di vittoria che noi consideriamo, la si porterebbe, tutta, sulla via disastrosa della collaborazione con la cosiddetta sinistra borghese e con i suoi piani conservatori.

L'adesione incondizionata a quelle coalizioni significa il massimo di incoraggiamento ad uno stato d'animo che si maschera di generosa impazienza, ma sul quale speculano evidentemente per volgare demagogia gli elementi più retrivi e opportunisti che abbiano seguito nell'ambiente proletario: qualunque cosa, purché finisca la situazione indescrivibile delle masse operaie e contadine percosse dalla maledizione fascista, qualunque via d'uscita, sia essa la dittatura del proletariato, o quella… del diavolo. Data la nostra adesione a questa maniera di gettarsi nella azione, che è spiegabile per le masse tormentate e straziate, ma che contiene il pericolo che esse affidino la loro difesa al tradimento del pseudo-antifascismo social-democratico, noi comunisti perderemmo ogni possibilità, come seguito morale e come organizzazione materiale, di spezzare questo piano opportunista che, coscientemente o meno, confluisce nei suoi effetti col fascismo e colla offensiva borghese.

Considerazioni perfettamente analoghe a quelle che stiamo svolgendo valgono pei casi in cui si sollecita il proletariato al fronte unico "elettorale" dandogli l'illusione che la conquista legale di un Comune sia per se stessa una vittoria sul fascismo e così "sciupando " la lezione dataci dal fascismo che non significa nulla il possesso legalissimo, non di uno, ma di mille Comuni, senza la capacità di azione e di lotta diretta della classe proletaria contro la borghesia.

Per ritornare al nostro sviluppo, e mostrare che via prenderebbe oggi una alleanza generale politica e di partiti cosiddetti proletari in Italia, basta riassumere quello che risulta da mille indizi che non sono solo portatori di critica ma anche di quelle informazioni che chi sta alla testa di un movimento deve sapersi procurare sui piani degli avversari e degli alleati.

E' evidente nel partito socialista e nella Confederazione del Lavoro, senza una seria opposizione da parte di altri organismi operai come il sindacato ferrovieri, i lavoratori del mare, dei porti, e cento gruppi senza partito, il proposito di uscire dalla situazione "fascista" con un ministero se non di collaborazione socialista-borghese almeno fondate sulla sinistra parlamentare con alla testa De Nicola o Nitti. E' evidente che la maggioranza del movimento di difesa proletaria inteso nel senso di cui parliamo graviterebbe verso questa soluzione e impegnerebbe a determinarla le forze del proletariato, pur ripetendo ad ogni istante che non si esclude la lotta diretta e magari il vespro antifascista. Se questo risultato parlamentare non sarà conseguito, e fino a quando non lo si sarà conseguito, si continuerà in modo più o meno aperto a far capire alle masse che essendo una azione diretta contro le forze sommate del fascismo e del Governo per il momento inattuabile, bisogna si agitarsi e dimostrare, ma solo per conseguire il governo "migliore". La formola del diritto comune e della libertà per tutti non è che l'equivalente di questa espressione: ma qui non si tratta di espressioni teoriche e di nostra ipercritica dottrinale: qui si tratta di intenzioni e preparativi concreti e di indirizzi dello slancio delle masse che si tende a preparare, e qui sta la responsabilità di un partito che non vuol fare il gioco degli altri, e in conclusione quello della borghesia avversaria.

Quando, presto o tardi, si arriverà al ministero di sinistra ( il modesto sottoscritto esprime la convinzione che vi si giungerà senza che la destra tenti nessun grande o piccolo colpo di Stato perché in tutto questo non vi è che una controscena parlamentare e una grande stima reciproca della decisione di tutti a lavorare contro la rivoluzione e contro il proletariato).

Il ministero non vorrà, noi ne siamo convinti, fare alcuna seria azione antifascista. Ma ammettiamo pure che lo volesse, non lo potrà, per le considerazioni tante volte esposte sul funzionamento del meccanismo dei poteri esecutivi, che si vedono all'opera antiproletaria indipendentemente dal senso in cui spirano i venticelli fetidetti della politica parlamentare. Ma vi e la possibilità effettiva che si assista ad una certa parentesi apparente d'inazione fascista, poiché il movimento fascista considererà come un successo aver costretto il proletariato nell'ambito della legalità, e tanto in maggior misura quanto più il partitone socialdemocratico si sarà impegnato nella combinazione ministeriale e potrà vantare per tale realizzazione "di difesa proletaria" il diritto ad un periodo di benevola attesa da parte di tutti gli altri organismi del proletariato immobilizzandoli in questo primo risultato e nella esperienza di esso.

Non vi è bisogno di fare i profeti per mostrare come questa situazione conterrà i germi di più terribili attacchi sferrati contro il proletariato. La costituzione di un ministero caro al riformismo dei socialisti confederati non arresterebbe affatto l'offensiva economica dei padroni contro il proletariato industriale e agricolo, ma servirebbe solo con le sue ipocrisie demagogiche a ritardare l'unica forma di effettiva riscossa delle masse che potrebbe essere decisamente spinta sulla via rivoluzionaria: lo sciopero generale contro le riduzione dei salari. In una simile situazione, raggiunta come risultato della alleanza per la così detta "difesa proletaria" gli elementi rivoluzionari, non solo comunisti, ma anche sindacalisti e anarchici, e persino i gruppi di senza partito spinti alla lotta dalla disperazione, si troverebbero senza nessun punto di appoggio, ove avessero seguito la tattica di coalizione che da alcune parti si propone, e ogni tentativo di rimettere una minoranza delle masse sul terreno di una indipendente azione rivoluzionaria provocherebbe lo scatenarsi concorde su tali gruppi della organizzazione fascista e dello Stato, geloso custode del "diritto comune".

Senza più oltre insistere in queste previsioni sugli sviluppi della situazione italiana, ricordiamo come ben altrimenti si presenti la tattica nostra e la via di azione proletaria, se si giunge a costituire la piattaforma di una azione sindacale generale che, mettendosi tutt'affatto al di fuori dei risultati di ordine parlamentare, segui lo schieramento delle masse contro le pretese economiche del padronato, di cui tutto il resto dal fascismo agli inganni democratici non è che l'armamentario.

L’alleanza del lavoro, materiata di questo contenuto: unione effettiva di tutti i lavoratori per la difesa del tenore di vita operaia e della esistenza stessa dei Sindacati e coll'impiego dello sciopero generale nazionale, rende superfluo ogni Congresso di difesa proletaria.

Una prova che le nostre vedute hanno un valore concreto, e che i sostenitori delle iniziative per la difesa proletaria non replicano mai alle nostre valutazioni, lasciando questo compito alla stampa non sospetta anarchica e sindacalista, e ben sapendo che la nostra replica scoprirebbe nelle loro stesse dichiarazioni la prova del giochetto che vogliono fare.

Chi risponderà, oltre il troppo ingenuo zelo di Umanità Nova, se noi chiediamo questo: sarebbe stato convocato il Congresso della difesa proletaria se si fosse riusciti a far uscire dalla crisi un ministero diverso da quello giolittiano, di Facta, con i suoi Vigliani alla pubblica sicurezza?

Ci consentano i compagni di dichiarare che nello svolgere la tattica del Partito, difficile compito a cui e ben possibile che i capi attuali siano inferiori non li ha guidati mania di purezza teorica, ma il semplice intento di non lasciarsi fregare - sia detto con espressione poco accademica - il Partito e il proletariato. E siamo convinti che se si cedesse concomitanti influenze di un sentimentalismo unitario impaziente di sollevare facili crociate e alle suggestioni di proposte tattiche complicatissime per cui si giungerebbe per le più imprevedute vie a difficili mete, senza confrontare tutto questo ogni istante con gli svolgimenti che si presentano possibili e che si accennano nella situazione concreta (cosa a cui fino a prova contraria e per noi utilissimo lume anche la dottrina) si lavorerebbe a mettere il proletariato italiano in una situazione perfettamente corrispondente a quella degli anni decorsi, in cui contro le delusioni e i tradimenti molto hanno gridato tutti gli elementi rivoluzionari ed i comunisti hanno incatenata la riscossa nella chiara via della scissione.

Da "Il Comunista" del 4 marzo 1922. Firmato: Amadeo Bordiga.

Archivio storico 1921 - 1923