Il congresso internazionale comunista decide sulla questione italiana
A seguito di una lunga discussione di cui l'Ordine Nuovo ha riportato un ampio resoconto, il III Congresso mondiale dell'Internazionale Comunista ha votato alla unanimità la mozione di cui riportiamo la parte che riguarda l'Italia.
"L'atteggiamento assunto in Italia dai leaders che si raccolgono intorno a Serrati, immediatamente dopo il secondo Congresso mondiale, ha mostrato come mancasse la seria volontà di attuare le decisioni del Congresso mondiale dell'Internazionale Comunista. Soprattutto l'attività svolta da questo gruppo di capi durante le lotte del settembre 1920, il suo atteggiamento a Livorno e più ancora la politica svolta in seguito, hanno mostrato chiaramente come il comunismo fosse per questa gente solo un'insegna per nascondere la politica opportunista.
"In simili condizioni la scissione era inevitabile. Il Congresso approva l'intervento fermo e deciso dell'Esecutivo in questo caso, che ha per l'Internazionale un valore di principio. Il Congresso approva la decisione del C.E. di riconoscere fin d'allora il Partito Comunista in questo paese.
"Dopo l'uscita dei comunisti dal Congresso di Livorno, il Congresso stesso approvò una mozione presentata da Bentivoglio. Il III Congresso mondiale della Internazionale Comunista è persuaso che tale mozione sia stata imposta al gruppo serratiano dalle pressioni degli operai rivoluzionari. Il Congresso ha fiducia che gli elementi rivoluzionari e proletari faranno di tutto dopo le decisioni del III Congresso mondiale per mettere effettivamente in esecuzione la mozione Bentivoglio.
"Fino a quando il P.S.I. non avrà escluso coloro che hanno partecipato al Convegno di Reggio Emilia e i loro fautori, il P.S.I. non può appartenere alla Internazionale Comunista. Se questa condizione preliminare e ultimativa sarà osservata, il Congresso mondiale incarica il C.E. di fare i passi utili per unire il P.S.I. purificato dagli elementi riformisti e centristi col Partito Comunista d'Italia in una Sezione unificata della Internazionale Comunista".
Ecco - perchè la documentazione sia completa - la mozione Bentivoglio votata a Livorno dai socialdemocratici subito dopo la scissione del Partito Socialista:
"Il XVII Congresso del Partito Socialista Italiano, richiamate e riaffermate le deliberazioni con le quali esso aderì alla III Internazionale accettandone senza alcuna riserva i principali metodi, protesta contro la dichiarazione di esclusione emessa nei suoi riguardi dal rappresentante del Comitato Esecutivo sulla base di un dissenso di valutazione ambientale e contingente che poteva e doveva essere eliminato con opera di amichevole chiarimento e di fraterna intesa: e riaffermando pienamente la sua adesione alla III Internazionale, rimette al prossimo Congresso di essa la discussione della controversia, impegnandosi fin da ora ad accettarne ed applicarne la decisione".
Poche note di commento sui dati di fatto di cui a tutt'oggi disponiamo. Anzitutto la nostra pregiudiziale disciplinare e l'impegno incondizionato a rispettare nell'azione e nell'esecuzione fino alla virgola il deliberato del Congresso internazionale. Quindi l'espressione del nostro pensiero, tanto più libera quanto più ferma la nostra disciplina.
La mozione contiene degli apprezzamenti di fatto; e quindi un ultimatum ai socialisti italiani.
Essa approva la condotta dell'Esecutivo internazionale e dei comunisti italiani a Livorno. Giusto chiedere l'esclusione della frazione di concentrazione di Reggio Emilia quale unico modo di applicare in Congresso le ventuno condizioni, giusto essere addivenuti alla scissione dopo il voto contrario della maggioranza. Fin qui, naturalmente, siamo d'accordo.
La mozione conferma anche la decisione dell'Esecutivo di considerare fin d'allora il Partito Comunista d'Italia come unica Sezione italiana della Internazionale Comunista. Questo vuol dire che dal punto di vista organizzativo e procedurale da Livorno in poi il Partito Socialista non fa più parte della Internazionale Comunista. D'accordo, e... ci sarebbe mancato altro!
Quindi la mozione passa a valutare la situazione delle forze rimaste nel P.S.I. dopo la scissione. Questa parte non la condividiamo affatto.
Il III Congresso si dichiara solennemente persuaso che la mozione Bentivoglio sia stata "imposta" ai Serratiani dalle pressioni degli "operai rivoluzionari". Noi siamo invece del fondato parere che la mozione Bentivoglio fa parte - lasciando da banda apprezzamenti personali - dell'armamentario centrista per corbellare gli operai rivoluzionari e dare loro ad intendere che solo piccoli dettagli di forma inducessero il Partito Socialista a respingere le decisioni del II Congresso della Internazionale.
In un sol modo si poteva tollerare che il P.S.I. si rimettesse al Terzo Congresso: eseguendo anzitutto le decisioni del Secondo, e chiedendo poi al successivo Congresso di modificarle. La mozione Bentivoglio fu graditissima al gruppo serratiano per lo svolgimento della sua politica. E quanto agli operai rivoluzionari noi, spregiando ogni demagogia anche di sinistra, riteniamo tali quelli che hanno saputo giungere a tanto da non farsi menare per il naso dai maneggioni parlamentari e sindacali. Nè i capi nè gli operai "sono" rivoluzionari nel P.S.I. Vi è questa importante distinzione però: che i capi non possono ridiventare rivoluzionari, ma andranno sempre più verso destra; gli operai possono, e devono, se sentono gli interessi della loro classe, diventare rivoluzionari col volgere le spalle ai primi, e aderire individualmente al loro partito, al Partito Comunista, quale la storia lo ha organizzativamente "definito" a Livorno, col distacco dagli opportunisti.
"Il Congresso ha fiducia che la mozione Bentivoglio sarà eseguita". Sì, molte volte si dice di aver fiducia in quello che si desidera, si adopera quella espressione come una figura retorica. Ma non, a nostro giudizio, quando parla la suprema assise della rivoluzione mondiale, e non il peroratore di una qualunque causa. La fiducia del Congresso è stata così male collocata che lo stesso presentatore della mozione è oggi per la collaborazione; ossia più a destra di... Serrati. Gli operai rivoluzionari, se ve ne sono, devono essere invitati a staccarsi e dai Bentivoglio e dai Serrati, da quella che è tutta la struttura odierna del P.S.I., che, non da ragioni che riguardano il temperamento e la psicologia personale dei dirigenti, ma dal logico svolgersi storico del movimento proletario italiano, è ipotecata per la controrivoluzione.
Il Congresso mondiale rinnova l'invito al Partito Socialista di eliminare la destra riformista. Questo può significare due cose: o si ritiene che la sinistra del Partito Socialista possa essere "utilmente aggiunta" al Partito Comunista d'Italia; o si pensa soltanto che - dato che è probabilissimo che il Partito Socialista non si scinda - il rinnovato e longanime invito servirà a chiarire meglio dinanzi alle masse il torto dei socialdemocratici in tutto l'andamento della vertenza. Andremmo troppo per le lunghe, e troppi elementi di indole teorica e tattica dovremmo invocare, per spiegare come noi da una valutazione generale dei problemi del comunismo, siamo condotti a non condividere nè l'uno nè l'altro criterio. Ciò verrà svolto, ed in modo esauriente, a suo tempo e luogo. La disciplina non toglie che ognuno abbia le proprie responsabilità. E tutti i comunisti italiani avranno modo di pronunziarsi.
Quali le conseguenze pratiche della decisione del Congresso Internazionale? Queste appunto: che siamo nettamente rimessi dinnanzi alla necessità di altri dibattiti e pronunziati di Congressi sulle questioni generali, quindi si prolunga lo stato di attesa delle masse italiane e la loro indecisione, e ciò forse nella speranza di accrescere le energie rivoluzionarie a disposizione oggi del Partito Comunista, nella credenza che la situazione possa offrirne di maggiori, non per le via del lavoro normale e pratico di partito - a cui noi ci eravamo dati con tutte le capacità, poche o molte che siano, di cui disponiamo - ma per quella di ulteriori assestamenti della base stessa del partito di classe, o comunque di una preliminare conquista "in blocco" di altri strati delle masse, e del loro inquadramento politico già costituito. Noi dissentiamo. Noi vediamo tra i due metodi una incompatibilità. Noi crediamo che sia in pura perdita per la preparazione rivoluzionaria che si riapra il periodo delle accademie congressuali. Ma del resto, se questo si riapre, vuol dire che necessita venire su tale campo e portarvi tutta l'ampiezza della diversa nostra valutazione. Ed è quello che non rinunzieremo a fare.
Da "Il Comunista" del 24 luglio 1921.