L'Internazionale Comunista e la tattica del Partito Comunista d'Italia nelle riunioni del Comitato Esecutivo allargato a Mosca del giugno 1922

I compagni sanno che le tesi tattiche, presentate al II Congresso di Roma del Partito Comunista dal CC, e dal Congresso approvate a grande maggioranza, non erano un programma in sviluppo, ma un contributo alla discussione internazionale sulla tattica.

Ricordiamo a questo proposito che il rapporto che il CC del Partito fece sulla nostra stampa dell’esito della discussione all’Esecutivo Allargato di giugno.

RISOLUZIONE DEL PRESIDIUM SUL PARTITO ITALIANO

Il CE dell'Internazionale comunista prende atto della dichiarazione della maggioranza della delegazione del Partito Comunista d'Italia, secondo la quale:

"Le tesi sulla tattica esaminate dal Congresso del Partito Comunista d'Italia a Roma non costituiscono una decisione sull'azione del Partito, ma solamente un'opinione elaborata nel lavoro preparatorio del Congresso".

Questa opinione deve essere messa in armonia con le risoluzioni dell'Internazionale Comunista. Il Partito Comunista d'Italia è informato che il CE dell'Internazionale Comunista considera queste tesi come inesatte. L'Esecutivo chiede che il Partito Comunista d'Italia prenda nel suo prossimo congresso sulle questioni di tattica generale una decisione in perfetta concordanza con la linea tattica dell'Internazionale Comunista.

COMUNICATO DEL COMITATO CENTRALE DEL PARTITO COMUNISTA D'ITALIA

Nella sua riunione del 29 giugno la centrale del PCI ha avuto relazione completa delle discussioni svolte a Mosca tra la delegazione del Partito e il CE dell'Internazionale Comunista e delle decisioni concordate.

Mentre provvede alla pubblicazione della risoluzione votata per mandato del CE allargato dal Presidium dell'IC nella seduta del 12 giugno, e di un rendiconto sommario dell'andamento delle discussioni, la centrale del PCI prende atto del complesso delle decisioni e degli accordi, e pienamente ne ratifica l'accettazione da parte della delegazione del Partito.

Constatando con soddisfazione come sia risultato che i rapporti tra il Partito e l'Internazionale dal punto di vista della organizzazione e della disciplina non hanno mai dato luogo a conflitti di sorta, mentre nell'indirizzo politico e tattico mai hanno avuto o avranno altro valore che quello del più intimo collegamento e della completa identità di fini e di metodi nella lotta per la rivoluzione comunista; la Centrale dà piena garanzia all'Internazionale e a tutti i compagni che il Partito, anche al di sopra di particolari opinioni elaborate ed elaborantisi attraverso le proprie esperienze, si atterrà incondizionatamente nella sua azione alle recenti decisioni di Mosca e a tutte le ulteriori disposizioni dell'Internazionale, secondo l'unanime solenne impegno del Congresso di Roma.

Richiamando a tutti i compagni la grave situazione presente della lotta proletaria in Italia e i delicati compiti del Partito dinanzi ad essa, la Centrale avverte che le decisioni di Mosca, pel loro valore esecutivo, non dànno luogo all'inizio di discussioni interne; e la centrale, come risponde sotto la sua responsabilità della loro fedele ed immediata applicazione, così ricorda a tutti i militi del Partito il dovere della più stretta disciplina, ed esprime la certezza che il Partito procederà negli sviluppi della sua tattica e nei cimenti della sua azione rivoluzionaria con quella perfetta compattezza ed unione di movimenti di cui ha sempre saputo dare prova ed esempio.

LO SVOLGIMENTO DELLA DISCUSSIONE NEL RAPPORTO DEL CC DEL PCI

Subito dopo il Congresso di Roma del nostro Partito (fine marzo 1922) il nuovo CC deliberava l’invio a Mosca di una delegazione del Partito per quella discussione sulla tattica da applicare in Italia che era stata decisa prima dal Comitato Esecutivo allargato riunito a Mosca in febbraio-marzo, e poi dal congresso medesimo del nostro Partito. Varie circostanze ritardarono la partenza della delegazione, e tra esse, oltre al lavoro del Partito, la partecipazione del compagno Bordiga alla Conferenza di Berlino delle tre Internazionali in Aprile. Ai primi di giugno si trovava a Mosca la delegazione italiana così composta: Bordiga, Gramsci, Ambrogi per la centrale del Partito, Graziadei per la minoranza del Congresso di Roma. Al suo arrivo la delegazione apprese che si sarebbe immediatamente tenuta una nuova sessione del CE Allargato della Internazionale Comunista.

Nelle sedute del Presidium del 5 e 6 giugno, a cui assistette la nostra delegazione, fu deciso di comprendere nell'ordine del giorno delle sedute plenarie anche un punto riguardante il Partito Comunista d'Italia e i suoi problemi. I nostri compagni chiesero che una tale discussione si svolgesse tra la delegazione e il Presidium, ed infine si concordò che si sarebbe nominata una commissione, e solo dopo i lavori di questa si sarebbe portato l'argomento dinanzi al CE Allargato dell'Internazionale.

Le prime sedute di questo ebbe luogo il 7 giugno. Zinoviev vi pronunziò il discorso sulla tattica del fronte unico e le sue esperienze che i nostri quotidiani hanno già riportato nel testo integrale, occupandosi anche brevemente delle cose italiane. Le osservazioni del comp. Zinoviev provocarono una interruzione di Bordiga che osservò come l’andamento dei fatti nella questione dell’Alleanza del Lavoro dev’essere meglio chiarito, ma il comp. Zinoviev giustamente dichiarò che se ne sarebbe riparlato in tema della questione italiana, in cui la nostra delegazione avrebbe avuto agio di dare le maggiori spiegazioni sull’attitudine del Partito italiano.

Non vi fu d’altra parte né in quella né in altra seduta un dibattito sul tema generale del fronte unico che si limitò ai rapporti di Radek e Zinowief ed a un voto con cui questi vennero ulteriormente approvati senza discussione.

Venne nominata la Commissione per la questione italiana nelle persone dei compagni: Zinoviev, Radek, Souvarine (Francia), Jordanof (Bulgaria), Kreibic (Cecoslovacchia).

La Commissione tenne due sedute, il 9 e l'11 giugno. La delegazione italiana propose di dividere gli argomenti in due parti: quella riguardante l'opera del Partito fino allora e quella riflettente la tattica da adottare nell'avvenire. Sulla prima parte i delegati della maggioranza sostennero e dimostrarono con argomenti di fatto che nessun conflitto d'organizzazione o di disciplina si era verificato tra il nostro partito e l'Internazionale. Soprattutto si discusse del Congresso [di Roma] e della nostra tattica nel fronte unico. Fu facile chiarire quale portata dava al voto sulle tesi tattiche la nota unanime mozione pregiudiziale, che salvava completamente, e in modo non solo formale ma sostanziale, la disciplina internazionale.

Per la quistione dell'Alleanza del Lavoro venne dimostrato come la riunione del febbraio tra i partiti politici, a cui noi non partecipammo, ma aderimmo con lettera, non aveva l'obiettivo di costituire una alleanza di partiti, ma solo di provocare da ciascun partito politico proletario l'adesione al progetto della Alleanza tra i sindacati. Se i comunisti vi fossero intervenuti, non per questo si sarebbe estesa agli organi politici la base della Alleanza, e gli eventi avrebbero potuto essere spostati solo nel senso di rendere meno facile la costituzione dell'Alleanza sindacale, e più agevole il suo sfruttamento a fini opportunistici. Quindi con quel contegno il Partito Comunista non si precluse nessuna maggiore possibilità di parlare al proletariato, che invece si assicurò negli organi locali e nei comizi proletari della Alleanza, pur essendo sabotata la nostra richiesta di rappresentanze più larghe, e proporzionali alle frazioni, degli organismi aderenti nel Comitato nazionale dell'Alleanza. La dimostrazione che la data della riunione era anteriore alla risoluzione del CE Allargato sul fronte unico, fece poi eliminare ogni considerazione di infrazioni disciplinari da parte del Partito Comunista Italiano in questa quistione.

Fu anche chiarito come nessuna opposizione alla esecuzione di disposizioni internazionali si fosse mai verificata da parte nostra. La stampa del Partito ha sempre sostenuta la direttiva ufficiale del Comintern nella questione del fronte unico internazionale e il Partito ha fatto il possibile per applicare contro il sabotaggio socialista le decisioni della Conferenza di Berlino. Se vi è stato un dibattito sul fronte unico, questo si è svolto internamente e nella rubrica di preparazione al congresso, e non solo mai non si è fatta con scritti editoriali una critica della tattica del Comintern, ma anche nel nostro dibattito interno abbiamo sempre sostenuto come fosse assurdo giudicare questa tattica, criticandola superficialmente come una deviazione in senso opportunista, mentre si trattava della ricerca delle migliori vie per il comune scopo rivoluzionario.

La discussione dimostrò che non era possibile affermare che vi fossero stati, da parte del Partito Comunista Italiano, atti di indisciplina o intralcio del funzionamento dei legami organizzativi internazionali, cosa giustamente indicata come pericolosissima nel discorso del compagno Zinoviev.

Passando a discutere sulla tattica da svolgere ulteriormente, venne stabilito che anche in caso di disaccordo dei pareri, le disposizioni dell'Internazionale sarebbero state eseguite senza alcuna resistenza da parte del partito italiano e della sua maggioranza.

La maggioranza della nostra delegazione fece un rapporto contenente quelle che sono le nostre prospettive di azione e le nostre proposte tattiche in rapporto alla possibilità della situazione, ed un rapporto fu svolto anche dal comp. Graziadei. Si avviò la discussione su questi punti e alla fine della seconda seduta, pur essendovi ancora delle divergenze nel punto di vista dei contenuti, il comp. Zinoviev di sua iniziativa propose che, dato l’esito soddisfacente di queste discussioni, da cui era emersa l’indiscutibile buona volontà dei compagni italiani di uniformarsi alla disciplina internazionale, si rinunziasse a portare la questione nell’Esecutivo allargato.

Infatti nella seduta dell’11 il comp. Zinoviev prese la parola per una dichiarazione sulla questione italiana, e fece la proposta di rinviare la definizione di essa, che già appariva assicurata al Praesidium dell’Internazionale, aggiungendo poi un sommario esposto sulla situazione oggettiva e le necessità della tattica comunista in Italia. Nessuno quindi prese la parola sull’argomento, e la proposta di Zinoviev fu accettata unanimemente.

Si svolse quindi, dopo altri scambi di idee fra Zinoviev e la delegazione, un breve dibattito nella seduta del Praesidium del 12 giugno. Zinoviev propose un breve testo pubblico sulla questione del congresso italiano, che fu approvato dopo averne concordato il testo con la nostra delegazione, che d’intesa fra maggioranza e minoranza, aveva proposto lievi emendamenti. Zinoviev propose poi un testo di risoluzione interna, da comunicarsi al CC del PCd'I La delegazione italiana dichiarò di accettare integralmente tale testo, impegnandosi alla sua osservazione, pur segnando talune sue osservazioni in una dichiarazione della maggioranza depositata al processo verbale, mentre il comp. Graziadei faceva a sua volta una dichiarazione che poneva anche in rilievo la unanimità del Partito nella decisione di osservare incondizionatamente la disciplina internazionale.

La maggior cordialità regnò in ogni momento della discussione tra i compagni italiani di tutta la delegazione, e tutti gli altri compagni, che fraternamente e serenamente collaboravano ad un fine comune e si scambiavano il contributo delle rispettive esperienze e l’impegno al reciproco appoggio nel legame indissolubile di una solidarietà internazionale tangibile, concreta ed effettiva.

I rapporti fra la Internazionale rivoluzionaria e la sua Sezione italiana non potevano essere meglio confermati e risuggellati, secondo il sentimento profondo e unanime di tutti i comunisti d’Italia.

Dopo il rapporto della maggioranza e di Graziadei, il compagno Zinoviev propose che dato l'esito soddisfacente di queste discussioni, da cui era emersa la indiscutibile buona volontà dei compagni italiani di uniformarsi alla disciplina internazionale, si rinunziasse a portare la quistione nell'Esecutivo Allargato [quest'ultimo paragrafo è il riassunto che nell'Ordine Nuovo compare al posto del precedente, n.d.r.].

LA "RISOLUZIONE CONFIDENZIALE" DEL CE DELL'IC

Il CE della IC stima assolutamente indispensabile:

1) Che il PCI la finisca immediatamente e categoricamente con le sue esitazioni nella questione della tattica del fronte unico. In nessun caso si può ammettere una distinzione di principio tra il fronte unico nel campo della lotta economica, ed il fronte unico nel campo della lotta politica. Tutti i tentativi del PCI per operare questa distinzione artificiale non fanno che condannare questo partito a delle mezze misure, manifestano una impotenza dottrinale, facilitano ai riformisti e ai serratiani la loro campagna contro il PCI, paralizzano gli sforzi dei comunisti per raggruppare intorno al loro partito le masse operaie, e infine indeboliscono la posizione della IC nella sua campagna internazionale del fronte unico.

2) Che il PCI lanci nel più breve tempo possibile la parola d'ordine del governo operaio e faccia in suo favore la più energica campagna nella stampa, nelle riunioni, nelle relazioni cogli altri partiti, ecc. La situazione in Italia, la instabilità del governo borghese, le continue crisi parlamentari, la lotta sorda delle due tendenze nel PSI, l'orgia di violenze fasciste, l'offensiva sempre più acuta del capitale, le incessanti esplosioni di guerra civile, le ricerche appassionate di uno sbocco caratterizzante il morale della massa proletaria, tutto ciò crea al PCI un terreno favorevolissimo per la sua propaganda per il governo operaio. Va da sé che questa idea del governo operaio deve essere considerata niente affatto come una combinazione parlamentare, ma come la mobilitazione rivoluzionaria di tutti gli operai per il rovesciamento del dominio borghese.

3) Che il PCI prenda l'iniziativa della organizzazione del fronte unico proletario contro il fascismo. Per questo intento il PCI deve fare arditamente e categoricamente la proposta che siano costituiti in tutta Italia dei Comitati Operai locali di tutti i partiti o senza partito. S'intende che lo scopo essenziale del Partito resta d'armare i suoi membri e di avere dappertutto dei suoi gruppi per combattere il fascismo.

IL COMUNICATO DEL CC AL RITORNO DELLA DELEGAZIONE ITALIANA

Il rapporto che abbiamo riportato innanzi era preceduto dal seguente comunicato del CC:

Nella sua riunione del 29 giugno la Centrale del PCd'I ha avuto relazione completa delle discussioni svolte a Mosca tra la delegazione del Partito e il CE dell’Internazionale Comunista e delle decisioni concordate.

Mentre provvede alla pubblicazione della risoluzione votata per mandato del CE allargato dal Praesidium della IC nella seduta del 12 giugno, e di un rendiconto sommario dell’andamento delle discussioni, la Centrale del PCd'I prende atto del complesso delle decisioni e degli accordi, e pienamente ne ratifica l’accettazione da parte della delegazione del Partito.

Constatando con soddisfazione come sia risultato che i rapporti tra il Partito e l’Internazionale dal punto di vista dell’organizzazione e della disciplina non hanno mai dato luogo a conflitti di sorta, mente nell’indirizzo politico e tattico mai hanno avuto o avranno altro valore che quello del più intimo collegamento e della completa identità di fini e di metodi nella lotta per la rivoluzione comunista; la centrale dà piena garanzia all’Internazionale e a tutti i compagni che il Partito, anche al di sopra di particolari opinioni elaborate ed elaborantesi attraverso proprie esperienze, si atterrà incondizionatamente nella sua azione alle recenti decisioni di Mosca e a tutte le ulteriori disposizioni della Internazionale, secondo l’unanime solenne impegno del congresso di Mosca.

Richiamando a tutti i compagni la grave situazione presente della lotta proletaria in Italia ed i delicati compiti del Partito di fronte ad essa, la Centrale avverte che le decisioni di Mosca pel loro valore esecutivo non danno luogo all’inizio di discussioni interne; e la Centrale, come risponde sotto la sua responsabilità della loro fedele ed immediata applicazione, così ricorda a tutti i militanti del Partito il dovere della più stretta disciplina, ed esprime la certezza che il Partito procederà negli sviluppi della sua tattica e nei cimenti della sua azione rivoluzionaria con quella perfetta compattezza ed unione di movimenti di cui ha sempre saputo dar prova.

 

Diamo ora la risoluzione del Praesidium e le dichiarazioni di maggioranza e di minoranza.

LA RISOLUZIONE DEL "PRAESIDIUM"

Il CE dell’IC prende atto della dichiarazione della maggioranza della delegazione del P.C.d’I., secondo la quale:

"le tesi sulla tattica esaminate al II Congresso del PCd’I a Roma non costituiscono una decisione sull’azione del Partito, ma solamente una opinione elaborata nel lavoro preparatorio del Congresso".

Questa opinione deve essere messa in armonia con le risoluzioni dell’IC. Il PCd’I è informato che il CE dell’IC considera queste tesi come inesatte. L’Esecutivo chiede che il PCd’I prenda nel suo prossimo congresso sulla questione di tattica generale una decisione in perfetta concordanza con la linea tattica dell’IC.

DICHIARAZIONE DELLA MAGGIORANZA

Dopo di che fu proposta (e accettata) dal comp. Zinoviev una dichiarazione confidenziale non destinata alla pubblicazione nella quale si impegnava il Partito italiano al rispetto e alla esecuzione di tre punti particolari.

La maggioranza della delegazione (E. Ambrogi, A. Bordiga, A. Gramsci), accettando la risoluzione confidenziale di Zinoviev, domandava fosse inserita a verbale la seguente dichiarazione:

"La maggioranza del Partito italiano tiene ad affermare di aver tracciata una concezione della tattica comunista in generale e della sua applicazione al fronte unico in particolare in un quadro preciso e completo nel quale la distinzione di principio tra fronte unico nel campo della lotta economica e nel campo della lotta politica non potrebbe essere trovata. Secondo tali concezioni, l’applicazione della tattica del fronte unico ha un valore e degli scopi nettamente politici e mira ad intensificare la influenza del Partito nella lotta politica.

Il compito che esse prevedono per il Partito comunista nell’insieme del movimento era tale da evitare la coalizione con altri partiti politici come base di un organo comune di direzione della lotta proletaria, senza per nulla cancellare l’importanza di questo compito ed i caratteri politici fondamentali della lotta. La maggioranza del Partito Comunista d’Italia contesta di aver avuto esitazioni nella direzione della tattica del Partito e di essersi tenuto a mezze misure, avendo sempre seguito un piano nettamente saldo, al solo scopo di sfruttare il più possibile la situazione concreta per le lotte contro i socialisti e tutti gli altri avversari del Partito e dell’Internazionale. Essa non contesta, evidentemente d’aver potuto commettere errori né il diritto dell’IC di esigere qualsiasi modificazione della tattica del Partito italiano, secondo le risoluzioni della maggioranza di questi organi supremi e sotto la loro responsabilità.

La maggioranza della delegazione italiana considera pure che lo schizzo della situazione italiana contenuto nella risoluzione Zinoviev potrebbe condurre ad un giudizio inesatto in ciò che concerne la instabilità del governo borghese. Gli avvenimenti sulla scena parlamentare non devono condurci alla conclusione che la classe dominante italiana non dispone di un apparecchio statale ben solido e preparato ad una formidabile lotta controrivoluzionaria, con l’appoggio delle bande irregolari fasciste. Si deve pure mettere in rilievo il pericolo rappresentato dalla politica combinata dei riformisti da una parte e dai serratiani ed altri gruppi falsamente rivoluzionari dall’altra. Gli uni e gli altri con una campagna di tolstoismo e di critica disfattista del 'militarismo rosso' impediscono la riorganizzazione rivoluzionaria dell’avanguardia proletaria, e mentre i primi mirano al compromesso con la borghesia, i secondi coprono il loro tradimento col gioco di una demagogia che distoglie il proletariato dai suoi veri compiti di lotta. Si devono prospettare gli effetti di queste influenze che potrebbero preparare all’azione proletaria che si avvicina ad uno sbocco non desiderato, mentre i comunisti tendono a farne una tappa verso l’innalzamento del livello di preparazione ideale e materiale della classe operaia per la lotta rivoluzionaria finale.

Data la situazione attuale in Italia è evidente che il momento nel quale la parola d’ordine del governo operaio dovrà essere lanciata, dal punto di vista degli effettivi obiettivi come della realizzazione della disciplina completa dei movimenti d’insieme del Partito, dovrà corrispondere ad una svolta concreta della situazione. Questa svolta potrà consistere nella realizzazione dello sciopero generale suscitato da un episodio clamoroso dell’offensiva borghese, oppure nella convocazione di un Congresso Nazionale dell’Alleanza del Lavoro, come risultato della campagna condotta da lungo tempo dal Prtito Comunista.

Per il punto 3° [riferimento alla risoluzione confidenziale, n.d.r.] la maggioranza della delegazione italiana dichiara che l’iniziativa di cui in esso è questione, è già stata presa da tempo dal partito italiano. I comitati locali esistono e sono i comitati dell’Alleanza del Lavoro, di cui si dovrà seguire lo sviluppo secondo la campagna del Partito Comunista che raggiunge in questo momento il suo maximum.

La situazione attuale esclude assolutamente che si possano proporre nuovi comitati al di fuori dell’organizzazione dell’Alleanza del Lavoro. In quanto concerne il termine del 15 luglio [rif. alla risoluzione confidenziale, lancio della parola d’ordine del Governo Operaio, n.d.r.] il partito italiano, pronto a rispettarlo nel senso più stretto, si riserva di presentare al Comitato Esecutivo delle proposizioni concrete sul momento nel quale converrà di lanciare nell’interesse del successo della lotta rivoluzionaria, in rapporto alle condizioni sopra esposte e alla situazione pratica che la delegazione troverà al suo ritorno in Italia, la parola d’ordine del Governo Operaio".

DICHIARAZIONE DELLA MINORANZA DEL PCd'I

La trascritta dichiarazione fu firmata anche dalla minoranza (Graziadei) la quale spiegò il motivo nella seguente dichiarazione:

"Io ho firmato la risoluzione proposta dai rappresentanti della maggioranza del Partito Comunista Italiano perché mi sembra necessario che la forma della decisione pubblica sia la più conciliante possibile ed eviti polemiche interne; perché è un fatto assolutamente vero che non vi è mai stato un conflitto di disciplina tra il Partito Comunista e il Comintern; e perché la risoluzione proposta contiene un impegno assolutamente leale di sviluppare la tattica del fronte unico nel senso voluto dal Comintern, sempre sostenuto dalla minoranza del Partito Comunista Italiano".

In una seconda dichiarazione il comp. Graziadei affermava:

"Per le ragioni che vi ho già esposte ho firmato anche io la risoluzione pubblica presentata dai rappresentanti del Partito Comunista Italiano. Quanto alla dichiarazione che i rappresentanti della stessa maggioranza hanno fatta nella parte riservata della risoluzione, io non posso naturalmente sottoscriverla. Devo pertanto dichiarare che le osservazioni esposte dal comp. Bordiga sui comitati locali già formati in Italia per l'Alleanza del Lavoro sono in linea di fatto perfettamente esatte".

Fonte Lo Stato Operaio n. 6 del 6 marzo - L'Ordine Nuovo del 1 luglio 1924
Autore CE del PCd'I
Archivio n+1 Copia dattiloscritta da Stato Operaio Rif.
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Archivio storico 1921 - 1923