Ipocrisia

Il partito socialista, nonostante tutte le batterie impostate contro di lui, ostenta una sua sicurezza di giungere ad un grande trionfo elettorale. Esso adopera la sua antica macchina manipolatrice di successi nell'urna - non abbiamo tante volte detto che si tratta di un partito esclusivamente elettorale, anzi di un organismo che è, più che un partito, una associazione di mutuo appoggio tra Comitati elettorali? - per assicurarsi un risultato non disprezzabile, ricorrendo a tutti i mezzi adatti. Per la stessa ragione esso scarta tutti i mezzi di lotta e di agitazione che rendono la vittoria dal punto di vista puramente numerico, dei computi dei voti e di mandati soltanto, meno facile e sicura: il coraggio, la coerenza, la disciplina.

Il partito socialista ha scartato le armi della violenza contro le prepotenze della reazione, come quelle della grande polemica di principio e di metodo, della affermazione di un preciso organico ed unico programma da imporre a tutti i Comitati elettorali e a tutti i candidati, per battersi con le risorse peggiori dell'opportunismo e della ipocrisia.

I maneggioni elettorali socialdemocratici respirano, si sentono meglio a loro agio nelle misteriose ed equivoche manipolazioni di cui sono maestri, poiché non hanno più tra i piedi i comunisti, gli estremisti, coloro che avevano la ingenuità di pretendere che al di sopra del successo numerico elettorale si ponessero la dignità del partito e le sorti della causa proletaria e rivoluzionaria. Essi possono oggi liberamente porre mano a tutte le più volgari risorse del mestiere, speculare su tutti i mezzucci che ripugnerebbero e ripugnano a chi ha ancora il senso della intransigenza e della disciplina.

Dopo Livorno, è per esempio possibile al partito socialista sfruttare senza più scrupoli la popolarità dei suoi uomini della estrema destra, fare suoi portabandiera dei Turati che altra volta erano costretti a restare nell'ombra - più che altro perché allora questo conveniva ad un'abile condotta di causa nella lotta elettorale. E' possibile senza alcun impedimento attrarre nell'orbita elettorale del partito gli elementi anfibi e piccolo-borghesi che campeggiano tra socialismo e borghesia, compire nell'ombra mille piccoli compromessi allo scopo di aumentare la falange degli elettori, aver per tutti un contentino e un adattamento allo scopo di accaparrare voti.

La disciplina è stata allentata definitivamente. Il candidato Dugoni può dichiarare pubblicamente il suo collaborazionismo; un Comitato elettorale può castrare - Maramaldo! tu castri... un eunuco! - il manifesto ufficiale lanciato dalla Direzione del partito. Intanto si includono nelle liste dei non iscritti al partito, dei sindacalisti, allo scopo sempre, non di liberare vittime politiche perché ognuno sa che saranno mandati in coda alle preferenze, ma di acchiappare voti. Mentre noi, accusati di simpatie e debolezze verso il sindacalismo anarchico, quando taluno ha parlato di candidature di non iscritti al partito comunista, o di iscritti che non erano nelle condizioni statutarie per essere candidati, per aver aderito dopo la scissione, anziché essere provenienti dal partito socialista, abbiamo semplicemente chiesto se si voleva scherzare. Il che vuol dire che abbiamo più rispetto noi, per il nostro partito di ieri, che i socialisti di oggi. Il che dimostra che sono tra noi, nelle nostre mani, le vere buone tradizioni di intransigenza e di disciplina degli anni trascorsi, quando spietatamente si lottava per soffocare quelle vili manifestazioni di arrivismo e di opportunismo che nella ubriacatura del successo elettorale, tutti erano disposti a sacrificare, compromettendo la dignità del partito nelle più oblique manovre.

Il partito socialista ha rinnegato e mutato il simbolo elettorale del 1919: alla falce e al martello aggiunge il "libro". Altro piccolo episodio di opportunismo. Ma dove, come nel Trentino, i comunisti non lottano (dove si è potuta carpire per le votazioni del Congresso di Livorno, la buona fede di quei compagni, nuovi al partito socialista italiano) si lascia il vecchio simbolo della falce e del martello, senza "libro"! Eterno scopo: crescere il numero dei voti.

Ma dove culmina l'opportunismo elettorale socialista è nel contegno tenuto al nostro riguardo. Questo partito di trafficanti della politica, sferzato a sangue dalla nostra polemica, ossia dal peso terribile delle sue responsabilità passate e presenti, ostenta di non accorgersi di essere un imputato, un accusato di alto tradimento della rivoluzione, non risponde, non fa cenno nei suoi giornali e nei suoi comizi della esistenza di un partito comunista atteggiato ad aspra rampogna verso di lui. Attaccato in contraddittorio, non eleva la polemica e la discussione alle sfere da cui potrebbe uscire il miglior affinamento della vera tattica di classe che al proletariato conviene, ma si tiene ai suoi miserabili espedienti di imbottimento di crani, e persegue nella sua bassa opera di disorientamento delle masse.

Se i proletari avranno la sensazione precisa di questo duello politico, essi, come avviene, si schiereranno con noi. Esso simula dunque di non essere attaccato a sinistra, poiché colla stesa disinvoltura con cui a destra tresca per acchiappar voti, vuole sfruttare i suoi ultimi paludamenti estremisti per gabbare gli elettori proletari. Quando proprio esso è costretto ad esprimersi ostenta ipocritamente la sua tendenza ad una specie di fronte unico contro quella reazione, di cui la sua politica è il complice più efficace ed insidioso.

I socialisti non hanno il coraggio di dire agli elettori proletari: non votate per il partito comunista. Non perché questo non sia più ardente dei loro desideri, non perché essi non accarezzino con voluttà una ipotetica sconfitta elettorale dei comunisti, ma perché se avessero la sincerità di esternare quei loro sentimenti, svelerebbero alle masse il loro giuoco e le spingerebbero verso di noi, otterrebbero l'effetto opposto a quello cui tendono, farebbero sì che molti dei voti che essi tendono ad arraffare passassero a noi.

Noi, comunisti, non temiamo affatto l'effetto opposto, di perdere voti di elementi oscillanti per l'asprezza della nostra compagna e della nostra rampogna ai socialdemocratici. Noi spregiamo l'opportunismo e la ipocrisia. Noi diciamo alto ai proletari il nostro pensiero: per lottare con successo contro la borghesia bisogna liquidare il partito socialista, quel partito che sfrutta il suo passato, di cui noi rappresentiamo le nobili tradizioni, nella sempre più spinta dedizione ai metodi controrivoluzionari della sua ala destra, quel partito il cui metodo si compendia in una demagogia che è per le masse insidia peggiore delle manovre dei partiti borghesi e delle prepotenze fasciste.

La nostra parola d'ordine è: proletari, non votate per il partito socialista! E noi la sosteniamo soprattutto dove non vi è la nostra lista comunista in quanto queste nostre direttive sono al di sopra del conseguimento di una maggiore o minore messe di voti per le liste del nostro partito.

Quale abisso tra loro e noi!

Da "L'Ordine Nuovo" del 15 Maggio 1921. Firmato: Amadeo Bordiga.

Archivio storico 1921 - 1923