Soldati della "Brigata Sassari" arrestati perché sottoscrittori al "prestito comunista"
Giorni orsono uscirono dal carcere di Regina Coeli di Roma 4 sott'ufficiali e nove soldati della Brigata Sassari, dopo 5 mesi e alcuni giorni di detenzione.
Racconteremo semplicemente come si svolsero i fatti, che per sé stessi dimostrarono quanta libertà si goda nell'italo regno e quanti vigliacchi venduti popolano questa disgraziata società.
Allorché la Direzione del Partito lanciò l'appello per il Prestito Comunista, nella Brigata Sassari, allora residente a Roma, un gruppo di simpatizzanti del nostro partito si propose, col sacrificio della propria cinquina, di acquistare due azioni del Prestito.
La cinquina è misera cosa per poter in una sola volta racimolare la somma prefissa, così si ricorse al contributo possibile per ogni cinquina, che uno di loro avrebbe raccolto, sino a completare la singola quota. Disgraziatamente l'incaricato, per maggiore regolarità, registrava su un foglio di carta i nomi dei contribuenti e le quote rispettive.
Durante quel periodo di tempo accaddero i fatti di Ancona ed il Comando di Divisione o di Brigata, per scovare e per premunirsi da ribellioni di soldati, cercarono di lusingare i soldati, con la promessa di un regalo di 100 lire e dieci giorni di licenza, per chi avesse denunciato i soldati che svolgevano una propaganda socialista in seno all'esercito.
Immaginate un po', compagni, quale caccia al socialista… E chi fece buona caccia in questo caso, fu proprio un socialista e, per di più, regolarmente munito di tessera del Fascio Giovanile Socialista di Milano. Un tale che valendosi della nostra tessera federale si accattivò la fiducia degli altri suoi camerati, sottoscrisse anch'egli nella forma e nella maniera degli altri, e… fece la spia!
Fu uno scalpore per tutta la caserma. Tutti coloro il cui nome si trovava iscritto sul foglio di carta registrante i contributi del Prestito Comunista, furono imprigionati, interrogati. Si pretendevano da loro rivelazioni di complotti, o che so io.
Mentre la spia partiva con la licenza premio, i nostri compagni venivano sottoposti al duro carcere di caserma e mille altre forme di persecuzione morale.
Dopo interrogatori su interrogatori, dopo essere stati inviati al carcere preventivo militare di S. Paolo in Roma, un bel giorno perviene loro la notizia di trasferimento al carcere di Regina Coeli e del deferimento del processo all'autorità civile!
Ma perché? Semplicissimo. Essi conoscevano dei borghesi, senza dubbio tra loro e questi dei loschi rapporti erano intercorsi: ecco quindi il complotto.
Meravigliosa, non è vero questa trovata del novello Nat Pinkerton? Certamente tale scoperta avrà fruttato una promozione a cavaliere o a commendatore allo scaltro funzionario. Però la strabiliante impresa rimase nel silenzio: la stampa non fiatò. Peccato, ci sarebbe stato da ridere un mondo!
L'incidente non ebbe più seguito. L'istruttoria ancora continua nonostante l'assurdità della base, e i nostri compagni, che al sacrificio della cinquina debbono aggiungere quello di cinque mesi di carcere preventivo, sono stati messi in libertà provvisoria, e sotto scorta inviati a Trieste, sede attuale della brigata.
Noi non abbiamo pel momento da aggiungere altro, se non quello di inviare ai compagni della Brigata Sassari il saluto solidale dei socialisti d'Italia e la nostra riconoscenza, a nome di quell'ideale che apertamente professiamo, e l'ammirazione per il loro piccolo, ma simbolico sacrificio.
Fonte | L'Avanguardia del 2 gennaio 1921 | ||
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Autore | Libero Lionello | ||
Archivio n+1 | Copia dattiloscritta | Rif. | |
Livello di controllo | Rilettura X | Confr. Orig. | Rev. critica |