Intervento di Bordiga alla Commissione politica per il Congresso di Lione
20 gennaio 1926
Bordiga: L'esposizione fatta dal Gramsci dei punti fondamentali di dissenso tra la Centrale del partito e l'estrema sinistra mi ha convinto della necessità di una completa differenziazione. L'estrema sinistra quindi presenterà un suo progetto di tesi completamente opposto a quello della Centrale, e che servirà a completare la parte già pubblicata sopra il quotidiano del partito.
In fondo esiste un solo dissenso fondamentale tra noi e la Centrale e la Internazionale, e ad esso tutti i punti di contrasto possono essere ridotti. Riservandomi di fare una esposizione completa nella riunione plenaria, mi limiterò a indicare qui i punti fondamentali.
Anzitutto per quanto riguarda la ideologia, noi riteniamo di essere sulle linee del marxismo rivoluzionario mentre sono i compagni della Centrale che si sono staccati da esse, accostandosi a concezioni filosofiche idealistiche che la stessa Internazionale condanna.
Circa la natura del partito, noi sosteniamo che esso è un "organo" della classe operaia. Il sostenere che il partito è "parte" e non "organo" della classe operaia è indice di una preoccupazione di identificare in modo statistico il partito e la classe ed è sintomo di una deviazione opportunistica. La identificazione statistica del partito e della classe è sempre stata una delle caratteristiche del laburismo opportunista.
Noi neghiamo che la organizzazione per cellule tenda a dare al partito uno spirito proletario. Affermiamo anzi che tende a togliergli questo spirito; facendo prevalere uno spirito corporativistico. E' inesatto affermare che non esista più in Italia il problema di combattere contro il corporativismo. Questo problema esiste e solo il partito, come organo unitario della classe operaia, può risolverlo. Nel dibattere questo problema, si è avuto un singolare esempio del metodo che consiste nel presentare le posizioni della sinistra come posizioni di destra. Si è detto che noi non abbiamo fiducia nel proletariato; ora noi ricordiamo che questo stesso argomento veniva presentato contro i rivoluzionari dai riformisti. Oggi, come in quei tempi della lotta contro il riformismo, noi siamo contrari all'ottimismo operaista demagogico e lo consideriamo come una pericolosa deviazione.
Per quanto riguarda la tattica, cioè l'azione del partito in rapporto con le situazioni, riteniamo che le formulazioni presentate dalla Centrale del partito siano molto pericolose. Ad esempio ora si dice che il partito deve rimanere "in qualunque situazione" in contatto con le masse per esercitare una influenza predominante su di esse. Questa non è più nemmeno una tesi di Lenin. Lenin formulò la tesi della conquista della maggioranza in un periodo che era considerato come precedente una lotta per la conquista del potere.
Lenin oppose questa tesi alla tesi della "offensiva" cioè alla tesi secondo la quale sarebbe possibile al partito comunista di lottare per la conquista del potere anche senza avere sotto il suo controllo una parte decisiva delle masse. Noi accettiamo la tesi di Lenin come egli l'ha formulata, cioè per il periodo che precede la conquista del potere, ma respingiamo l'estensione di essa che ora si vorrebbe fare e consideriamo anzi questa estensione come un passo verso l'opportunismo. Essa contraddice del resto anche alla storia del bolscevismo. Questa storia ha mostrato che vi sono dei periodi in cui è meglio essere pochi che molti. Questa divergenza è considerata da noi come allarmante.
Circa le questioni internazionali, che noi poniamo deliberatamente al primo piano, noi affermiamo che esiste una crisi nella Internazionale comunista. Questa crisi trae origine dal fatto che non si è sempre seguita una via giusta nella costruzione dei partiti comunisti. Ci si è dimenticati che talora non ci si deve preoccupare tanto del successo immediato, quanto di conquistare posizioni stabili, che non si perderanno più nell'avvenire. In un primo periodo si ebbe la sola preoccupazione di raccogliere delle forze, senza badare se si trattava di forze schiettamente comuniste, in seguito si dovette iniziare una serie di epurazioni e tutti i partiti dovettero attraversare delle crisi profonde. Questa condizione di cose ha le sue ripercussioni anche sulla attuale situazione della Internazionale.
Con lo stesso sistema furono risolte le questioni di tattica, cioè non secondo una linea chiara, precisa e immutabile, ma con un deplorevole "eclettismo," che viene giustificato dal proposito di tenere conto del mutare delle situazioni oggettive. L'esempio più evidente si ha per ciò che riguarda i rapporti tra il movimento politico e il movimento sindacale. In un primo tempo si accettarono nelle file dell'Internazionale comunista delle organizzazioni che avevano carattere sindacale, venendo meno in questo modo a principii fondamentali di organizzazione (IWW, sindacalisti spagnuoli ecc.). Poi venne fondata la Internazionale Sindacale Rossa e si stese tutto un piano di azione per fare aderire ad essa i movimenti sindacali dei singoli paesi; naturalmente si sostenne che questo era il solo metodo giusto. Ma al V Congresso, e, quel che è più grave, senza nessuna adeguata preparazione e discussione, una terza via venne adottata, quella della lotta per l'unità organica del movimento sindacale internazionale. E' questo metodo di ricerca eclettica e "politicantistica," dominato dalla sola preoccupazione del successo immediato, che ci ha portati all'insuccesso. Si contava di prendere tutto e invece niente è andato a posto e oggi siamo più deboli di prima.
A questa errata impostazione dei problemi politici e di tattica generale si accompagna un fondamentale difetto del metodo di lavoro interno della Internazionale. E' errato il sistema che viene seguito per la creazione delle direzioni dei singoli partiti, errato il sistema con il quale vengono impostate e dirette le discussioni dei Congressi mondiali. Noi accettiamo in questo campo le critiche formulate da Trotski al metodo di lavoro della Internazionale.
Alla crisi esistente nella Internazionale si vorrebbe riparare colla cosiddetta bolscevizzazione. Noi respingiamo questa parola d'ordine in quanto essa significa una artificiale e meccanica trasposizione nei partiti occidentali dei metodi che erano proprii del partito russo.
Con la bolscevizzazione si cerca di risolvere questioni che sono politiche con formule di carattere organizzativo. Così si fa ad esempio per quanto riguarda il frazionismo. Su questo punto vi è una contrapposizione diretta tra la posizione nostra e quella della Centrale del nostro partito. La Centrale ha fatto una campagna contro il frazionismo che era una vera e propria campagna di disfattismo.
Da questa campagna gli operai sono stati respinti verso l'unitarismo puro, che è una posizione sbagliata. La questione del frazionismo non è risolubile sul terreno organizzativo e disciplinare ma solo sul terreno politico e storico. Se l'Internazionale non sarà diretta bene il frazionismo dovrà per forza sorgere perché l'origine di esso sta precisamente nella inadeguatezza dell'organizzazione internazionale a risolvere i problemi storici del proletariato nel momento presente. Una campagna contro il frazionismo condotta con i sistemi usati dalla Centrale del nostro partito avrebbe portato a conseguenze assai gravi se non vi fosse stato in noi il proposito di evitare ogni pericolo per la compagine del partito.
Un altro degli aspetti fondamentali della campagna della bolscevizzazione è quello che riguarda la trasformazione organizzativa per cellule. Noi siamo contrari al fare della organizzazione per cellule una questione di principio. Riteniamo inoltre che per i partiti non russi la base della organizzazione deve essere territoriale e le cellule devono essere organi emananti dal partito per il lavoro da compiere nelle officine.
Quanto alla tattica noi manteniamo le nostre vecchie critiche alle parole d'ordine del fronte unico e del governo operaio. E ad esse aggiungiamo nuove critiche ai nuovi atteggiamenti tattici, di cui abbiamo visto i primi esempi nella tattica seguita dalla Centrale italiana verso l'Aventino, nella tattica consigliata al partito tedesco per le elezioni presidenziali e nella tattica seguita dal partito francese nelle elezioni municipali (Clichy). Questi nuovi atteggiamento tattici sono in relazione con la valutazione della situazione oggettiva. E' bene che si sappia che noi siamo fondamentalmente d'accordo con questa valutazione (stabilizzazione temporanea del capitalismo) ma che ci allarmano le deduzioni tattiche e politiche che da essa si vorrebbero trarre. Noi riteniamo che anche in questo periodo vi è una politica rivoluzionaria da fare. Invece, da parte della corrente che prevale nella Internazionale e nel nostro partito, la determinazione della politica del partito in questo periodo si fa in dipendenza di un contrasto artificiale e non marxista tra due frazioni della borghesia. Si sopravvaluta il dualismo tra la destra e la sinistra borghese. Si presenta il fantasma di una parte della borghesia la quale vorrebbe disfare i progressi compiuti nei decenni passati per concludere che alla classe operaia spetterebbe di manovrare per mantenere questi progressi. Noi riteniamo che un errore compiuto in questa direzione è più grave che un errore compiuto nella direzione opposta, cioè nella direzione di svalutare i contrasti tra le diverse frazioni della borghesia.
Gramsci: Anche per un errore di quest'ultimo genere compiuto dal nostro partito il fascismo ha potuto così agevolmente andare al potere.
Bordiga: I1 vostro errore è proprio quello di sopravvalutare il pericolo della vittoria di un gruppo borghese di destra. La vittoria del fascismo fu resa possibile dalla politica di concessioni al movimento operaio che era stata fatta dalla borghesia di sinistra durante il periodo democratico. Quelle concessioni servirono ad evitare che si formasse una unità operaia. La libertà di muoversi del proletariato nel periodo democratico era quindi una condizione controrivoluzionaria e noi dobbiamo impedire che si ritorni alla stessa situazione combattendo fin d'ora contro la illusione che esista una borghesia di sinistra.
Voi non avete contribuito a distruggere questa illusione ed avete lasciato che il proletariato cadesse sotto la influenza di altre classi.
E' verissimo che il partito non può limitarsi a far solo del proselitismo come non può limitarsi a guidare delle azioni parziali. Esso deve però porre oggi il problema di domani premunendosi contro le influenze controrivoluzionarie delle due politiche della borghesia. Per questo la vostra tattica contro l'Aventino è stata fondamentalmente sbagliata. Nella proposta dell'Antiparlamento voi avete presentato il problema della libertà, ecc., come un problema pregiudiziale, cioè avete accettato il terreno delle Opposizioni. Questo voleva dire pregiudicare la nostra situazione anche di fronte a un eventuale sviluppo rivoluzionario. Noi pensiamo infatti che anche se le Opposizioni avessero ingaggiata la lotta contro il fascismo noi avremmo potuto intervenire utilmente in questa lotta e volgerla ai nostri fini soltanto se la massa non avesse mai veduto nessun punto di contatto fra noi e le Opposizioni. Ogni contatto o parvenza fra noi e le Opposizioni contribuiva infatti a mantenere gli operai sotto la influenza di esse.
Per quanto si riferisce alla tradizione del partito la sinistra ritiene di rappresentare la tradizione e la continuità della lotta contro le deviazioni opportuniste e contro il centrismo.
Noi non crediamo che si possano fare proposte di azione né risolvere i problemi del partito italiano se prima non sono state risolte le questioni nel piano internazionale. Il problema fondamentale per noi è quello della Internazionale comunista. Per risolvere questo problema è assolutamente inadeguato il metodo di teorizzare le esperienze del Partito comunista russo. La nostra opinione è invece che le stesse questioni del Partito comunista russo non possono oggi venire risolte se non in base ad elementi tolti dalla esperienza della lotta di classe come si svolge negli altri paesi. Una conferma della esattezza di questa opinione si ha dalla recente discussione che si è svolta nel partito russo. Noi abbiamo su questa discussione informazioni minime, ma è certo che essa investe problemi i quali sono collegati con tutta la situazione internazionale e per questo noi siamo rimasti molto stupiti nel leggere una lettera del Partito comunista russo in cui si esprime il desiderio che i problemi recentemente discussi nel Congresso russo non siano oggetto di discussioni negli altri partiti. A parte questo, il modo come si è svolta la recente discussione dimostra che quella piattaforma che si vorrebbe far credere consenta la risoluzione di tutti i problemi che si presentano ai diversi partiti nell'attuale periodo storico (il leninismo) è una piattaforma molto instabile in quanto pur richiamandosi ad essa si possono compiere delle oscillazioni così profonde come quelle che sono apparse nella discussione russa.
In conclusione noi riteniamo che l'unico modo di risolvere la nostra crisi e quella della Internazionale è di iniziare una seria ed esauriente discussione sui problemi della Internazionale stessa.
Da "Comunismo" n. 21 del 1986.