Circolare interna del Comitato Esecutivo
Sulla possibile insurrezione nazionale contro il fascismo

13 aprile 1945

Cari compagni,

Poiché l'attuale fase di lotta politica in Italia evolve rapidamente verso forme insurrezionali dominate e guidate da partiti a fisionomia borghese è necessario, anche per evitare equivoci nell'atteggiamento dei nostri gruppi territoriali e di fabbrica, chiarire bene le prospettive e le direttive del Partito nei confronti dell'"insurrezione nazionale".

Precedenti documenti hanno già definito con sufficiente chiarezza come noi vedessimo la situazione. Fin dal nostro primo apparire sulla scena pubblica, avevamo espresso l'opinione che il 25 luglio rappresentava - pur col suo carattere di colpo di stato - una prima frattura dell'ordine politico e sociale borghese, ma che alla società capitalistica era riuscito di sanare questa ferita mobilitando le masse al servizio della guerra democratica e soggiogandole così alla volontà di quelle che allora definimmo, le "forze egemoniche" del conflitto. Dal piano sociale e di classe, la lotta proletaria veniva insomma spostata sul terreno della pura lotta antifascista e antitedesca, e le fasi di questa lotta si risolvevano, nella teoria e nella pratica, in altrettanti episodi della guerra in corso.

Gli avvenimenti successivi dovevano dimostrare la giustezza di quest'interpretazione e dar valore di attualità alle prospettive del Partito le quali riconoscevano che la classe operaia continuava - e avrebbe continuato fino alla usura delle forze dominanti della guerra - ad agire come pedina di uno dei due blocchi belligeranti, e perciò ai fini della conservazione borghese. A meno dell'intervento di fattori imponderabili, riconoscemmo perciò che la crisi della  società borghese, e quindi la possibilità di un'ondata rivoluzionaria in ascesa, si spostava nel tempo, per coincidere con l'esaurirsi delle forze che avevano dominato la scena bellica e sorretto lo sforzo militare dei belligeranti. Di fronte alle ricorrenti velleità di sciopero insurrezionale, assumemmo perciò logicamente una posizione di critica, non già perché fossimo contrari al ricorso alle armi e allo sciopero, ma perché, nella situazione di fatto e sotto l'impero delle dominanti forze politiche, essi rappresentavano un tentativo d'impegnare il proletariato in una lotta non sua e rispondente a precise finalità borghesi.

Indicammo perciò anche agli operai che, se moti a carattere di massa fossero avvenuti, il nostro dovere sarebbe stato d'intervenire imprimendo al movimento una netta fisionomia anti-bellicista e antipatriottarda, la stessa fisionomia - del resto - che avremmo voluto imprimere all'auspicato e non realizzato fronte unico dal basso.

Queste premesse dovevano essere brevemente ricordate per definire il nostro atteggiamento di fronte alla ventilata e certo prossima insurrezione antifascista. Noi non neghiamo affatto che esista un problema di distruzione del sopravvivente apparato repressivo fascista: sarebbe ridicolo che lo negassimo.

Ma riconosciamo anche che, allo stato dei fatti, l'azione antifascista rimane circoscritta, dalle forze politiche dominanti, a finalità di conservazione borghese e di difesa della patria, e, mentre è diretta all'eliminazione fisica dei rappresentanti ufficiali della repressione fascista, tende non solo a mantenere intatte le basi sociali del fascismo (il regime di produzione capitalistico), ma a scaricare le energie proletarie nel letto della guerra, della patria, della democrazia, invece che in quello della rivoluzione. E' chiaro che per noi non esiste una lotta antifascista staccata dalla lotta contro il capitalismo, e che non si potrà mai parlare di sterminio radicale del fascismo finche non sono sradicate le basi storiche da cui ha tratto origine questa forma di dominazione del capitale. Per la stessa ragione è chiaro che, per noi, il compito storico di distruggere il fascismo spetta soltanto alla classe operaia in quanto agisca sul terreno rivoluzionario e classista, e non potrà mai essere assunto da organismi, come il C.L.N., che si muovono nell'orbita della politica borghese. D'altra parta, peccheremmo di astrattismo se non riconoscessimo che, negli avvenimenti a carattere insurrezionale cui assisteremo, l'iniziativa è e resta nelle mani di quelle stesse forze che hanno dominato la scena del conflitto mondiale e che, nell'attuale stato dei rapporti di forza, sarebbe romantico sognare di mutare col nostro solo intervento il corso della storia e far sboccare un moto a carattere democratico-patriottardo in un moto a carattere rivoluzionario-classista.

Il nostro intervento sarà dunque ispirato a questi criteri:

1) critica preventiva delle finalità politiche e della direzione tattica dell'insurrezione nazionale e dello sciopero armato;

2) intervento nel moto insurrezionale dovunque esso assuma carattere di massa, e azione in esso come forza politica differenziatrice;

3) sfruttamento dell'agitazione in corso per la conquista di quella posizione che possano giovare sia alla prosecuzione della battaglia proletaria nei mesi che verranno, sia al potenziamento del Partito.

Per quel che riguarda il 1° punto, l'opera dei compagni deve essere estremamente vigile e tattica: non impostare la nostra critica sul sabotaggio astratto dello sciopero e dell'insurrezione, ma sulla chiarificazione delle sue finalità e dei suoi obiettivi, sull'indicazione dell'errore politico di moti insurrezionali a scopi semplicemente democratici e, peggio ancora, patriottardi e bellicisti: indicare sempre che, comunque, nel caso che moti di massa si verifichino, il nostro posto sarà accanto al proletariato per orientarlo e per partecipare alla lotta con nostre e classiste parole d'ordine.

Per quel che concerne il 2° punto, è ovvio che, intervenendo in azioni di massa e solo in esse, noi combattiamo lo stesso apparato repressivo fascista che gli altri movimenti politici combattono; ma il nostro compito rimane sempre quello di far leva sul nostro raggio d'influenza in seno alla classe operaia affinché, sulla sanguinosa esperienza, questa esca armata degli strumenti politici e pratici indispensabili per procedere, nelle fasi successive della crisi, verso la meta finale della conquista del potere.

Riguardo al 3° punto, la parola d'ordine che il Partito lancerà, attraverso la stampa ai compagni di base, saranno:

1) armamento del proletariato;

2) costituzione di organismi di fronte unico operato dal basso (consigli di fabbrica, ecc.) a difesa delle eventuali conquiste realizzate e per l'estensione della lotta di classe secondo un piano unitario in regime democratico.

Queste parole d'ordine hanno per i membri del Partito e per i gruppi di fabbrica carattere impegnativo: la prima, nel senso che nulla deve essere trascurato per rinforzare l'armamento del Partito e in genere degli organismi operai; la seconda, nel senso che i nostri gruppi di fabbrica devono essere gli elementi propulsori di ogni iniziativa unitaria con finalità di classe sui posti di lavoro. E' ovvio che a tutti gli episodi di lotta proletaria che potranno verificarsi (occupazione di fabbrica, espropriazioni, ecc.) i compagni parteciperanno sempre con una duplice funzione di chiarificazione degli obbiettivi e di impulso a portare la lotta su un terreno esplicitamente classista e non limitato alla contingenza della lotta contro il fascismo.

I compagni eviteranno - anche per non compromettere i nostri già esili quadri - ogni iniziativa parziale a sfondo attivistico che esca dai limiti tracciati più sopra. Chiarimenti di carattere pratico verranno dati nelle prossime riunioni di capigruppo.

IL C.E. del Partito Comunista Internazionalista

Dall'Archivio di "n+1"

Archivio storico 1945 - 1951