Lezioni delle controrivoluzioni
Sommario
1. Per il marxismo non vi sono "sorprese della storia"
Tanto l'avvento di forme di dittatura del capitale, quanto il dissolversi del movimento comunista internazionale, quanto la compiuta degenerazione della rivoluzione russa non sono "sorprese della storia" per spiegare le quali la linea teorica classica del marxismo vada modificata.
2. Puntellatori e rattoppatori del marxismo
I denegatori frontali del marxismo come teoria della storia vanno preferiti ai puntellatori e rattoppatosi di esso (tanto peggio se a fraseologia non collaborazionista ma estremista), secondo i quali varianti e complementi critici dovrebbero correggere suoi insuccessi e impotenze. Siamo in un evidente periodo di controrivoluzione sociale e politica, ma nello stesso tempo di piena conferma e vittoria critica.
3. Controrivoluzione russa e strategia proletaria
L'analisi della controrivoluzione in Russia e la sua riduzione in formule non è un problema centrale per la strategia del movimento proletario nella ripresa che si attende, poiché non si tratta della prima controrivoluzione, e il marxismo ne ha conosciuto e studiato tutta una serie. D'altra parte l'opportunismo e il tradimento della strategia rivoluzionaria hanno un decorso diverso da quello della involuzione delle forme economiche russe.
4. Controrivoluzione
Non solo lo studio delle passate controrivoluzioni borghesi, ma anche quello delle controrivoluzioni feudali a danno della borghesia insorta conducono a tipi storici diversi: disfatta totale militare e sociale (guerra dei contadini tedeschi del 1525); disfatta totale militare ma vittoria sociale (sconfitta della Francia nel 1815 da parte della coalizione europea); vittoria militare ma riassorbimento e degenerazione delle basi sociali (annientamento del capitalismo italiano malgrado la vittoria dei Comuni collegati a Legnano contro l'Impero feudale).
5. L'economia russa "tende" al capitalismo
Per classificare il tipo di controrivoluzione russa, in cui palesemente è mancata l'invasione e la disfatta militare da parte di potenze capitalistiche, va esaminato il tessuto economico e il suo evolvere, che in doppio senso "tende" al capitalismo.
6. Feudalesimo - Capitalismo - Socialismo
Per far ciò, occorre ancora ristabilire concetti elementari marxisti: a) definizione del feudalesimo come economia di produzione parcellare e a scambio non mercantile: b) definizione del capitalismo come economia di produzione in massa e scambio totalmente mercantile: c) definizione del socialismo come economia di produzione in massa e distribuzione non mercantile: contingentata ma già non monetaria nello stadio inferiore, illimitata nello stadio superiore.
7. Finalità della lotta proletaria
La lotta di classe nello stadio capitalista: lotta non per la semplice riduzione del quantum di plusvalore, ma per la conquista e il controllo sociale di tutto il prodotto, di cui fu sanguinosamente espropriato il lavoratore individuale. La classe operaia lotta per conquistare tutto ciò che forma oggi la ricchezza e il valore di impianti e massa di merci: il capitale costante, ossia l'eredità del lavoro delle generazioni passate usurpato dalla borghesia; il capitale variabile, ossia il lavoro delle generazioni presenti, sfruttate in massima parte dalla borghesia; il plusvalore che occorre riservare alle generazioni venture per la conservazione ed estensione della attrezzatura produttiva, oggi monopolio della borghesia, mentre tutti e tre i fattori sono continuamente dilapidati dall'anarchia capitalistica.
8. Capitalismo di Stato
Il capitalismo di Stato non solo non è forma nuova e di transizione al socialismo, ma è capitalismo puro, ed è apparso, con tutte le forme di monopolio, nel periodo di vittoria della borghesia sui poteri feudali, mentre il rapporto capitale-Stato è in tutte le fasi al fondo dell'economia borghese.
9. Tipo unico del capitalismo
Cadrebbe la visione marxista della storia se, anziché riconoscere un tipo unico del rapporto di produzione capitalista (come di ogni altro precedente) che corre da una rivoluzione all'altra, se ne ammettessero tipi diversi successivi.
10. Rivoluzioni doppie
La rivoluzione russa doveva essere, come quella tedesca del 1848, l'integrale di due rivoluzioni: antifeudale e antiborghese. La rivoluzione tedesca mancò nella lotta politica e armata a entrambi i compiti, ma socialmente prevalse il primo del passaggio alle forme capitalistiche. La rivoluzione russa è stata politicamente e militarmente vittoriosa in entrambi i compiti e perciò più avanzata. Ma economicamente e socialmente è rimasta alla stessa altezza, ripiegando sul compito dell'industrializzazione capitalistica del territorio controllato.
11. Decorso economico post-rivoluzionario russo
Dopo la grande vittoria politica, pochi settori di economia socialista sorsero e vi si dovette rinunciare da Lenin con la NEP, a fini di rivoluzione internazionale. Con lo stalinismo si è rinunciato alla rivoluzione internazionale intensificando la transizione al grande industrialismo, nella Russia e anche nell'Asia. Elementi proletari da un lato, feudali dall'altro tendono al capitalismo. Tanto risulta da un'analisi dell'economia sovietica fatta in base ai criteri premessi.
12. Terza Guerra Mondiale e valutazione marxista
La prospettiva di una terza guerra mondiale a sua volta non è problema centrale del nuovo movimento rivoluzionario. Convergendo i due crociatismi antifascisti (ad entrambi i quali i nuclei proletari rivoluzionari si terranno spietatamente nemici) di Occidente in senso democratico, di Oriente in falsato senso proletario, la situazione durante la guerra sarà controrivoluzionaria, così come lo sarà in un certo periodo nell'altra ipotesi di un concordato tra Russia e atlantici su basi economiche e territoriali. Il metodo dell'infeudamento coloniale del paese debellato assicurerà al periodo post-bellico un equilibrio controrivoluzionario nella misura in cui vincerà l'imperialismo più attrezzato e di maggiore continuità storica. Come quindi la peggiore soluzione della Prima Guerra Mondiale fu la vittoria inglese, della seconda la vittoria anglo-americana, così lo sarebbe della terza la vittoria americana.
Rapporto esteso
L'attuale riunione è solo lo sviluppo della riunione di Roma del l° Aprile 1951 di cui qui rievochiamo i temi:
1. Ascesa continua del capitalismo e sbocco rivoluzionario. Rovesciamento della prassi nel partito
La prima parte fu consacrata a ristabilire contro molteplici costruzioni intellettualoidi i concetti marxisti, quanto al preteso succedersi ad una fase ascendente di quella discendente del capitalismo. La tavola I, annessa al riassunto dell'esposto, mostra i due errori insiti nella detta deformazione (fatalismo e riformismo). La tavola II ristabilisce il reale significato di continua ascesa del capitalismo, e deriva l'urto rivoluzionario proprio da quest'ascesa.
I richiami di testi fondamentali riletti a Roma e la tavola III mostrano, da una parte, l'addentellarsi delle spinte fisiologiche agli interessi economici, all'azione e quindi alla coscienza per quanto concerne il singolo, il lavoratore, la classe, il loro dirigersi e confluire verso il partito; dall'altra, il rovesciamento della prassi nel partito di classe, dove solamente è possibile - in determinati limiti - che la coscienza preceda l'azione.
2. Questione sindacale
La seconda parte fu destinata alla questione sindacale. L'esposto sulla questione sindacale aveva in vista il ristabilimento delle posizioni marxiste sui punti fondamentali delle determinanti economiche e delle indispensabili organizzazioni sindacali che raccolgono queste spinte e costituiscono il fondamento dell'azione del partito di classe, con citazioni di tesi marxiste e della sinistra italiana.
3. Gruppi secessionisti dallo stalinismo
2) Dopo la riunione di Roma, per rispondere al problema delle secessioni dallo stalinismo in Italia e in Francia, fu sentito il bisogno di ricapitolare le posizioni essenziali sulle quali poteva concepirsi un raggruppamento internazionale dei gruppi che si fondano sul marxismo rivoluzionario, posizioni che si dimostrano essere in netto contrasto con quelle di questi gruppi secessionisti, i quali più di una volta sono una diretta o indiretta emanazione del fulcro dell'imperialismo: gli Stati Uniti d'America.
4. Osservazioni critiche all'"Appello"
3) Un progetto di questo appello, che per la sua stessa natura non poteva essere d'ordine personale, fu inviato a diversi compagni. Vi furono due osservazioni critiche. La prima: si considerava insufficiente il primo capolinea del paragrafo 5 della "sinopsi": dichiarazione che in Russia "l'economia sociale tende al capitalismo". La seconda: non si accettava che fosse qualificato l'imperialismo americano quale forza fondamentale della controrivoluzione, o almeno affermata preferibile oggettivamente la svolta di una poco possibile sua sconfitta in guerra.
5. Piano della presente esposizione
4) La risposta a queste critiche non può essere contenuta nel loro quadro ristretto; esse vanno inquadrate nel problema più vasto dell'esame dell'attuale processo controrivoluzionario e ci riconduce a rimettere al loro posto talune delle posizioni fondamentali del marxismo riferite a suggestivi periodi di controrivoluzione, riflettenti non solo la classe proletaria ma anche la classe borghese o la stessa fase della sua primitiva costituzione in classe dominante.
6. Il marxismo si accetta in blocco
5) Si deve prima replicare nel modo più energico al fatto che dalla critica allo stalinismo si delinea non una cristallizzazione di energie solidamente inquadrate attorno alle tesi fondamentali del marxismo, ma lo sgranarsi di una deplorevole confusione sui princìpi, che pur dovevano considerarsi definitivamente assodati. Ne è un esempio detestabile il chiacchierare sulla terza forza o la terza classe, al quale si deve rispondere che il marxismo è da accettare o rifiutare in blocco: esso non ha bisogno di puntelli o di cerotti, i quali rappresentano la peggiore delle deformazioni della teoria rivoluzionaria.
7. Il problema russo e il problema della controrivoluzione
6) Sul problema russo la massima prudenza è necessaria: se è vero che il lavoro fatto dallo svolgimento della lotta delle classi permette di confrontare con espressioni nuove le formulazioni fondamentali del marxismo, è altresì vero che per giungere a questo risultato - che alcuni possono considerare troppo modesto o insignificante - occorre rifuggire dalla mania che ha invaso troppi gruppi e militanti di voler cercare la chiave e di credere di averla trovata con una frase, peggio con una ricetta, a problemi staccati dal loro contesto generale e che si ripete non essere, nella fattispecie, quello russo, ma quello più vasto e generale della controrivoluzione.
8. Ritorno all'abc
7) I fatti dimostrano che dal liceo dove si presume trovarsi per trattare degli alti problemi su quel che succede in Russia, dobbiamo ritornare alla scuola ginnasiale e persino a quella elementare, per ristabilire le nozioni del capitalismo ed anche quella del feudalesimo, la prima non potendo d'altronde essere correttamente intesa che in rapporto alla seconda.
9. Il marxismo e la dottrina delle controrivoluzioni
8) E' falso e perciò scorretto che il problema del "che cosa è successo e succede in Russia" possa essere attanagliato nell'alternativa capitalismo o socialismo, o nell'altra che farebbe sorgere il "cerotto" della terza forza o terza classe. E' vero che la critica sul "tende al capitalismo" richiede che sia precisato donde parte nel tendere, ma essa non deve portare a localizzarsi al problema russo ma invece ad impostare questo problema nel quadro generale dell'esame della controrivoluzione.
Il marxismo non è la dottrina delle rivoluzioni, ma quella delle controrivoluzioni: tutti sanno dirigersi quando si afferma la vittoria, ma pochi sanno farlo quando giunge, si complica e persiste la disfatta.
10. Politica russa leninista e stalinista
9) Che non si possa ridurre il problema russo ai suoi limiti, è provato dal fatto che benché Stalin si collochi a sinistra di Lenin nel campo dell'economia e delle misure da adottare in Russia, egli sta bene a destra nel campo della politica interna e soprattutto internazionale. Si nota che Lenin aveva persino prospettato, attraverso le concessioni, l'entrata del capitale estero in Russia, ma mai ha prospettato una alleanza con gli stati capitalistici, quello che invece Stalin ha fatto, nel 1939 con la Germania, nel 1941 con l'Inghilterra e poi con gli Stati Uniti. I due corsi - economico e politico - non combaciano.
Tipi di controrivoluzione
11. Sconfitta militare e politica e vittoria sociale ed economica
Un primo tipo della vittoria delle controrivoluzioni è quello in cui la sconfitta militare e politica lungi dal determinare l'arresto, si accompagna con lo svilupparsi della vittoria della classe rivoluzionaria nel campo sociale ed economico. L'Inghilterra, paese già capitalista, si allea con le potenze feudali e sconfigge Napoleone, ma attraverso la Restaurazione del 1815 si assiste al consolidarsi della classe borghese in Francia. Le disfatte delle rivoluzioni borghesi del 1848 evocano non l'arresto dell'incedere della classe capitalistica, ma il suo sviluppo.
12. Sconfitta militare e sociale
Un secondo tipo è quello in cui coincidono la disfatta militare e quella sociale della borghesia. La guerra dei contadini del 1525 in Germania, analizzata da Engels, mostra il tradimento dei borghesi delle città che abbandonano i contadini alla vendetta e alla repressione e ne risulta una vittoria politica e sociale del feudalesimo che potrà restare al potere per altri tre secoli, ribadendo la forma sociale della servitù della gleba.
13. Sconfitta economica e sociale senza scontro armato e disfatta politica
Un terzo tipo è quello in cui senza scontro armato, senza disfatta politica, la classe borghese registra una sconfitta sul piano economico e sociale. Per alcuni tratti la caduta dei Comuni può riferirsi alla caduta della rivoluzione russa. Marx vedeva nei Comuni, in Italia e nelle Fiandre, la prima affermazione della classe borghese. Nell'Italia centro-settentrionale, i Comuni hanno una grande efficienza, rispondono talmente alle possibilità offerte a questa primitiva borghesia che né i signorotti locali, né gli eserciti di Francia e Germania riusciranno a debellarli. La loro caduta è determinata dalla scoperta alla fine del XV secolo delle nuove vie di comunicazione e al contemporaneo spiazzarsi del centro della vita economica.
14. Controrivoluzione nel 2° dopoguerra
Questi tre tipi differenti dello svolgersi delle controrivoluzioni storiche mostrano da una parte l'impossibilità di connettere con puro formalismo il processo economico a quello politico, dall'altra parte la grande complicazione di questo essenziale problema della controrivoluzione. Dobbiamo spiegarci non il preteso enigma russo, ma il perché dopo la seconda guerra imperialista abbiamo avuto non una ondata rivoluzionaria proletaria ma lo svilupparsi della controrivoluzione. Dobbiamo esaminare la condotta della borghesia, la politica dello stalinismo, e soprattutto basarci sul fatto che il capitalismo, istruito dal primo dopoguerra - l'esplosione rivoluzionaria si determina nei paesi militarmente sconfitti - occupa e mantiene l'occupazione di questi paesi vinti. Questo è l'esame da farsi e che a questo ci si debba attenere è provato dalle esitazioni sulle questioni di principio connesse al problema sindacale.
15. Sconfitte proletarie
Abbiamo avuto, per quello che concerne la classe proletaria, la prima sconfitta di Babeuf nel 1796, l'altra a Parigi e Lione nel 1831, cui seguì la Lega dei Comunisti del 1836-1847; poi quella del 1848, cui fece seguito nel 1864 la fondazione della I Internazionale, successivamente lo strangolamento della Comune di Parigi nel 1871, a cui succede la costituzione della II Internazionale nel 1889; la caduta di questa nel 1914; la vittoria nel 1917; infine la vittoria della controrivoluzione nel 1928.
16. Partito e azione sindacale (Riunione 1)
Dopo questi riferimenti storici, occorre procedere alla rimessa in linea e al loro posto di alcune delle posizioni basilari della dottrina marxista. Occorre non porsi, come essenziale, il problema delle analisi delle situazioni e quello delle prospettive, come se da un secolo il proletariato fosse stato sprovvisto delle une e delle altre. Il Rapporto alla riunione di Roma si muove su questo solido terreno. Esso cristallizza nella tavola II la realtà del processo storico determinante l'urto rivoluzionario, nella tavola III i concetti fondamentali dello svolgersi della lotta sociale; e, se ammette che essa assume nuovi aspetti nella fase del totalitarismo capitalista in cui lo Stato borghese fonda i sindacati, non ne deduce però la smentita ma la conferma dei princìpi del marxismo anche in questo settore, e vede i problemi attuali sullo sfondo della attuale e temporanea vittoria della controrivoluzione. Il Rapporto di Roma ha messo anche in evidenza il carattere distintivo della nostra corrente che se fu anti-parlamentare, lungi dall'essere anti-sindacale preconizzò il più ampio e sistematico lavoro nei sindacati, per concludere infine che una fase pre-rivoluzionaria è inconcepibile senza lotta della classe proletaria per interessi economici, senza organizzazioni estese a larghi strati di lavoratori, senza un partito di classe che inquadri sì una minoranza del proletariato ma abbia una influenza sull'insieme di questo proletariato e poggi sulle determinanti economiche e sulle organizzazioni sindacali.
17. Tipo unico di capitalismo
E' manifesto che il Rapporto di Roma non ha convinto tutti e l'attuale esposizione è fatta per rispondere alle esigenze di una più compiuta spiegazione dei concetti fondamentali del marxismo che ancora una volta sono chiamati alla ribalta dalla confusione ideologica e dalla minaccia dell'apparire di deviazioni. Il nocciolo della questione è che se abbiamo le tre fasi dell'epoca capitalista (la rivoluzionaria, la pacifica, la totalitaria), abbiamo però un solo criterio di interpretazione e un solo tipo del capitalismo, attraverso il quale esso vince, si sviluppa e infine cadrà. Non dobbiamo dimenticare che il riformismo iniziò proprio con l'affermare e pretendere di provare che nulla è fermo, che tutto si trasforma per via molecolare, che il capitalismo del 1789 non era più quello del 1895. Il marxismo rispose e risponde che esistono sì dei momenti di crisi, ma questi non originano diversi tipi di capitalismo. La storia è storia di tipi di forme di produzione e in ciascuno di essi col crescere delle forze di produzione cresce anche la resistenza delle forme di produzione, lo spessore della caldaia di queste forme. Il capitalismo è costante e non flessibile; esso non si adatta e dilata, ma alla fine si spezza e si distrugge.
18. Tipo unico ma spurio di capitalismo
Fasi ma non tipi del capitalismo, benché il congegno reale della società non sia contraddistinto da un tipo puro nel tempo (che si estende quindi immediatamente a tutto il mondo) e nello spazio (che elimina cioè automaticamente tutte le classi preesistenti e sconfitte all'interno di ogni paese), ma da un tessuto misto di diverse forme di produzione, ed Engels giunge fino a dire che in certe circostanze storiche può anche essere difficile di individuare la classe che realmente detiene il potere dello Stato. In Inghilterra, per esempio, paese altamente capitalistico, coesistono non solo numerose forme di produzione artigiane ma persino forme di produzione pre-feudali nella Scozia. Analogamente negli Stati Uniti, dove l'Est industriale coesiste con l'Ovest prevalentemente agricolo.
19. Fasi del capitalismo
Le tre fasi dell'epoca capitalista (rivoluzionaria; di consolidazione; di difesa contro la minaccia della rivoluzione proletaria) non danno luogo alla presentazione dei figurini di moda che sono utili alla borghesia per allontanare la visione del crollo rivoluzionario. E' con la medesima definizione del capitalismo che si spiega Cromwell del 1652, il 1789, il 1848 e lo stesso Stalin.
Occorre dunque ben stabilire le caratteristiche discriminanti ed essenziali del tipo di rapporto di produzione capitalistico-borghese. Lo vedremo poi diversamente presente nella struttura sociale dei vari paesi del mondo, e in diversi rapporti di influenza e di lotta con i tipi che lo precedono e lo seguiranno. Soprattutto i diversi rapporti essenziali storici ci fanno parlare di diverse fasi: quella borghese rivoluzionaria in cui la lotta è contro le forme feudali ed in cui è completa l'alleanza politica con la nuova classe operaia, col quarto stato; quella intermedia in cui il capitalismo mostra di far largo alle giuste legali esigenze dei lavoratori; quella controrivoluzionaria in cui tutte le sue forze sono volte ad impedire che il proletariato lo abbatta politicamente e socialmente.
Per capire quanto avviene allorché un tentativo proletario di conquista del potere viene invertito non basta seguire il gioco delle forze e organizzazioni politiche poliziesche o militari, ma occorre farsi il quadro dei tipi storici di economia sociale che sono presenti nel quadro del paese considerato, e domandarsi quali sono in progresso e quali no.
Prima quindi di decifrare la controrivoluzione in Russia, occorre che ben si ribadiscano i caratteri primi propri del tipo capitalista di produzione, tornando alle basi dei primi testi marxisti. Né basta: è il carattere del pre-capitalismo classico, del regime feudale, che bisognerà martellare.
Caratteri fondamentali del tipo capitalista e del tipo feudale di produzione
20. Il capitalismo è sempre uno
Più volte, in testi della sinistra, abbiamo distinto tre fasi successive dell'epoca capitalista; ad esempio: fase rivoluzionaria, fase pacifica, fase totalitaria. Tale concetto va chiarito e conciliato con la tesi essenziale del marxismo: il capitalismo è sempre uno. Dalla nascita fino alla morte.
21. Teorie evoluzionistiche e teoria rivoluzionaria
La contrapposizione fra le teorie evoluzionistiche e la nostra teoria rivoluzionaria consiste in questo: per le prime ogni tipo storico di società si modifica gradualmente fino a cambiarsi insensibilmente in uno diverso; per la seconda un dato tipo di rapporti di produzione, come sorge da una esplosione rivoluzionaria, suscitata dall'alta tensione delle forze produttive, tal quale vive fino alla successiva esplosione in cui nuove forze di produzione suscitatesi lo annientano.
22. Non esistono sottospecie del tipo sociale capitalistico
Messa dunque bene in chiaro la contrapposizione fra il sistema di rapporti di produzione precapitalistico e feudale e quello borghese, gli stessi caratteri definiscono tutto il periodo storico che si svolge fino alla successiva chiara contrapposizione fra rapporti di produzione borghesi e società socialista: non esistono sottospecie del tipo sociale borghese o capitalista.
23. Situazioni diverse che si presentano ad una rivoluzione
Per bene intendere un tale enunciato non si deve dimenticare che se già la rivoluzione borghese tende ad essere contemporanea nel mondo, e se assai più marcatamente vi tende una rivoluzione proletaria, tuttavia vi sono sempre situazioni assai diverse tra le varie parti del mondo abitato.
24. Fattori essenziali nell'esame delle situazioni
Nell'esame di queste situazioni dunque ovvio tenere presente:
l° - La consistenza nello stesso paese dei diversi tipi di tecnica produttiva fondamentali (servitù della gleba, piccola coltura libera, artigianato libero, industria, e servizi collettivistici);
2° - La consistenza altresì delle diverse classi sociali in numero sempre superiore alle due protagoniste del passaggio storico in corso;
3° - Il rapporto di forze politico a seconda della classe che prevalentemente è armata, autonoma e soggiogatrice delle altre.
25. Avanzate e ritirate della borghesia per attuare il capitalismo
Allorché quindi si esamina il decorso storico dell'epoca capitalistica in dati paesi o gruppi di paesi o continenti ecc., si ravvisa indubbiamente un succedersi più o meno complicato non solo di diversi rapporti di forza (e, prima ancora, di estendersi e restringersi dei settori dei vari tipi produttivi) ma altresì una serie di avanzate e di ritirate tanto sociali che politiche della medesima classe, nella lotta per attuare il tipo di rapporti di produzione suo proprio.
26. Differenza di decorso capitalistico tra i vari paesi
Nei successivi tempi storici del dominio della borghesia, ad es. in Francia, in Inghilterra, in Europa, ecc., si pongono quindi una serie di differenze quanto alla diffusione dell'industrialismo; quanto alla resistenza e liquidazione della antica classe feudale; quanto alla formazione dei grandi Stati territoriali; quanto infine alla resistenza contro il minaccioso presentarsi del proletariato rivoluzionario.
27. La comprensione di tutti i fatti storici è problema fondamentale del partito
E' quindi problema fondamentale per la teoria, l'organizzazione, la strategia del partito rivoluzionario proletario intendere appieno nei vari luoghi e tempi successivi tutti questi aspetti e queste svolte e le innumerevoli combinazioni.
28. Visione unica del Partito sul decorso borghese
Tuttavia in coerenza alla sua visione della storia e del determinismo delle azioni collettive, il partito proletario pone negli stessi termini, in tutto il decorso, la definizione delle caratteristiche della società capitalistica, la condanna di essa e il suo superamento.
29. Fasi dell'ideologia borghese
Tra le distinzioni sociali e politiche di fasi successive importa tenere conto anche dell'armamentario ideologico della classe borghese che serve a questa, dall'inizio delle sue lotte rivoluzionarie, riflettendo poi nel suo impiego i successivi mutamenti che derivano dal divenire la borghesia classe autonoma, dominante, controrivoluzionaria a sua volta.
30. Squilibrio del sistema capitalistico
La individuazione delle caratteristiche del capitalismo è completa e definitiva fino dal tempo del Manifesto dei Comunisti e degli scritti che contengono esattamente già la dottrina economica sviluppata nel Capitale. Con tutta riserva di vagliare ogni differenza di svolgimento storico contemporanea e futura, l'analisi economica marxista prende in esame le leggi della produzione capitalista quali scaturiscono dalle stesse ipotesi proprie dell'avversario borghese: piena eguaglianza di ogni cittadino nel campo del diritto; piena, libera ed uguale facoltà a ciascuno di accedere a scambi nel mercato.
Con tale analisi Marx una volta per sempre ed irrevocabilmente dimostra che l'entrata in vigore di un simile sistema non significa affatto l'aprirsi di una fase di equilibrio in cui l'umanità possa adagiarsi, ma costituisce l'ascesa al potere di una precisa classe dominante contro cui si susciteranno urti e crisi rivoluzionarie. Il tipo capitalistico di produzione non ha mai presentato e mai potrà presentare caratteristiche imprevedute diverse da quelle di questa definizione iniziale: se un tale fatto fosse sperimentalmente assodato, il marxismo come scienza della storia andrebbe in tutto il suo insieme rifiutato.
31. Concentramenti di masse di forze produttive in economie pre-capitalistiche
Economie pre-capitalistiche hanno presentato concentramenti di masse di forze produttive; e tali erano: uomini, attrezzatura di utensili, approvvigionamenti di viveri, terra in grandi estensioni.
In genere queste masse di forze produttive appartenevano a privati limitatamente agli uomini (schiavi) e alla terra (Roma antica). Mai quanto a masse di utensili, anche primitivi. Più spesso masse di forze produttive dipendevano dai poteri statali o militari: signori, condottieri, re, repubbliche, talvolta teocrazie.
32. Tipo feudale di produzione
Il tipo direttamente precapitalistico di produzione è quello feudale. Dopo aver ricordato che nessun tipo è presente da solo in un dato spazio o tempo, definiamo il tipo feudale come quello della parcellazione di tutte le forze produttive e dell'assenza del concentramento di esse in massa. Nell'agricoltura, a parte terre vergini, riserve di caccia e simili, si ha la piccola azienda affidata alla famiglia servile. Ogni servo dispone dei prodotti del piccolo lotto ma ne deve parte (o parte del suo tempo) al feudatario al quale è accomandato da una vera divisione del lavoro: il servo non può allontanarsi, il signore tutela il territorio e le persone da nemici predatori. E' una dipendenza personale. Vi sono poi i contadini parcellari liberi arbitri di tutto il prodotto; vi sono gli artigiani arbitri della bottega; il lavoratore parcellare, forza produttiva umana di base, controlla le parcelle delle altre forze produttive: terra, materie prime, utensili, e controlla parimenti la sua parcella di prodotti che consuma o scambia integralmente.
33. Nel feudalesimo il denaro è un intermediario dello scambio e non una forza di produzione
Fino a questo punto se il denaro può costituire già capitale, nelle due forme: commerciale ed usuraria, può marxisticamente dichiararsi che il denaro non è una delle forze di produzione, ma è soltanto un intermediario dello scambio. Nel tipo feudale puro è vietato comprare e vendere terre o masse di attrezzi, come è vietato assumere salariati.
34. Caratteristiche del capitalismo e funzione del denaro
Si ricordano queste cose ben note per potere definire le caratteristiche del capitalismo: la terra si può comprare con denaro illimitatamente; masse di utensili e macchinari mano mano che si scoprono possono dal privato comprarsi col denaro; e così masse di materie prime o semilavorate. Infine possono comprarsi con denaro masse di forze di lavoro o di tempi di lavoro. Perché questo sia possibile occorre che i lavoratori siano liberi, e quindi spossessati i feudatari dei loro privilegi, privati i piccoli contadini di terre ed attrezzi, gli artigiani di bottega, attrezzi e materie prime. Sotto queste condizioni il denaro diventa forza produttiva poiché può sempre assumere forma oltre che di capitale commerciale o bancario, altresì di capitale fondiario, o industriale a seconda che lo si investa in terra, fabbricati, attrezzi, macchine, ecc.
35. Iniziale definizione del capitalismo in contrapposizione al feudalesimo
Poiché nel tipo feudale il possesso delle forze produttive è soltanto parcellare, essendo il privilegio feudale un diritto personale e non un diritto reale sull'uomo fisico (schiavismo) o sulle cose e la terra (come nel diritto romano) - è stata perfettamente accettabile la definizione del capitalismo come un sistema della proprietà privata dei mezzi di produzione e della terra. Più esattamente della proprietà illimitata per contrapposto a parcellare.
36. Contesa sulla massa dei prodotti tra feudalesimo e capitalismo
Il fatto storico essenziale consiste però nella contesa sulla massa dei prodotti. Espropriati i lavoratori parcellari delle loro dotazioni, i prodotti, concentrati ormai in masse di merci, sono a disposizione della classe borghese che ha il monopolio della terra e del capitale.
37. Teoria dell'equilibrio dell'economia borghese
La teoria dell'economia borghese consiste nel sostenere che, avendo spezzato i limiti degli ordini per nascita o per investitura e potendo in partenza chiunque aspirare ad essere titolare di terra o di capitale, si è raggiunto un pieno equilibrio nella distribuzione potenziale della ricchezza da quanti collaborano alla produzione. I fisiocratici che difendevano il feudalesimo, sia pure in forma moderna, sostenevano che fonte della ricchezza era la terra; i mercantilisti affermavano che fonte di essa era lo scambio delle merci; gli economisti della borghesia sostennero che fonte della ricchezza è il lavoro, che le merci nello scambio non crescono né diminuiscono di valore, mentre nella produzione industriale o agricola ogni intervento di lavoro che le trasformi vi aggiunge valore. Pretesero che un perfetto scambio fra valori equivalenti e tra liberi e uguali contraenti avvenisse allorché il salariato riceve denaro contro il suo lavoro.
38. Teoria di Marx sul plusvalore
La confutazione di detta teoria sta nella teoria di Marx sul plusvalore. Essa mostra che il lavoratore parcellare scambiando sul mercato il suo prodotto ne traeva tutto il valore che, lavorando, gli aveva aggiunto, mentre invece il salariato del capitalismo trae dal suo lavoro una parte soltanto del valore che la sua opera ha aggiunto al prodotto, e che questo è fenomeno inevitabile alla scala sociale da quando il lavoratore parcellare è stato violentemente privato del suo attrezzaggio ed in sostanza del suo diritto di prendere una aliquota dei prodotti. A questa espropriazione di partenza se ne aggiunge una serie indefinita e sempre violenta da quando il diritto vieta al salariato di porre comunque le mani su una particella di prodotti.
39. Capitalismo di Stato, prima forma di affermazione dell'economia borghese
La prima forma di affermazione della economia borghese nell'epoca del potere feudale è quella del capitalismo di Stato. E' sotto questa stessa forma che esso ci si presenta attualmente quando si affaccia la minaccia della rivoluzione proletaria.
Come già detto altre volte, contrariamente alla versione corrente che fa credere all'asservimento dei capitalisti allo Stato, è il capitalismo che asservisce sempre più lo Stato ai suoi interessi di classe.
La borghesia ha nello Stato l'organo del potere attraverso il quale impone con la forza le sue soluzioni, questo Stato dalle molteplici mammelle nutre le differenti imprese capitalistiche, mentre succhia il lavoro e il sangue dei poveri, carattere, questo, comune agli Stati Uniti e alla Russia, mentre il più basso tenore di vita dei lavoratori in questo secondo paese ci fa intendere che è qui che questo processo attinge la sua tensione più alta. Ma esso si manifesta anche negli Stati Uniti dove la figura centrale è rappresentata dall'imprenditore che congiunge la classe borghese al suo Stato. Non i "rentiers" ma i "brasseurs d'affaires" sono gli esponenti dell'attuale fase del capitalismo: questi vampiri che, come ha recentemente notato l'ex presidente degli Stati Uniti, il vecchio Hoover, minacciano di portare il regime a un disastro a causa della loro fame insaziabile. Il funzionario è semplice intermediario, non fattore, anche dell'attuale fase del capitalismo.
40. Metodo comparativo per definire un modo di produzione
E' in termini corretti che dobbiamo stabilire la nostra definizione del capitalismo e per meglio giungervi abbiamo posta la relazione esatta col sistema feudale. Questo metodo comparativo dobbiamo impiegarlo anche per la definizione della economia socialista che va messa in relazione al capitalismo e alla sua forma di capitalismo di Stato.
41. In regime feudale il denaro non è una forza di produzione
Engels nota che in regime feudale puro il denaro non ha funzione economica. Occorre intendere questo non in senso meschino; il denaro che esisteva e preesisteva non era una forza di produzione, esso lo diventa in regime capitalista.
42. Differenze di fasi, nello spazio e nel tempo, di capitalismo
Tutti i regimi sono d'ordine mondiale, non perché contemporaneamente in ogni paese ogni settore economico sia organicamente conforme al tipo di società che prevale storicamente; molte macchie d'olio - forme di produzione precedenti - persistono, ma un solo tessuto connettivo capitalista oggi le ricollega attraverso lo scambio delle merci e questo tessuto rivela il tipo di organizzazione sociale che domina nel mondo abitato. Differenza di fasi, quindi, nello spazio e nel tempo, ma mai diversi tipi di capitalismo.
43. Carattere del feudalesimo
Come detto nei paragrafi 19-37, il carattere del feudalesimo è dato dalla proprietà parcellare cui corrisponde anche una parcellare gestione economica e una parcellare disposizione dei prodotti.
44. Carattere del capitalismo
Il carattere del capitalismo è invece dato dalla concentrazione della proprietà dei mezzi di produzione, della massa dei prodotti, della gestione economica. Lo Stato capitalista assicura alla classe borghese la disposizione e il monopolio dei prodotti. L'essenziale consiste in questo ed è su questo che si determina la contesa sociale e storica: il controllo delle masse dei prodotti.
45. La lotta proletaria è per la conquista sociale di tutto il prodotto
Marx riprende al mero scopo polemico dagli economicisti borghesi la tesi del capitalismo nel quale capitalisti e salariati intervengono in posizione ugualmente libera sul mercato e dimostra con la sua analisi economica del capitale che questo svolgimento libero condurrebbe non ad un equilibrio sociale ma alla crescente concentrazione dei mezzi di produzione e della massa dei prodotti nelle mani della classe capitalista da una parte, alla miseria crescente dei lavoratori dall'altra parte. Ma la contesa è dal primo momento d'ordine sociale, la sua dinamica anche essa non è tra categorie economiche, tra capitale costante e capitale variabile, e le due non combaciano. Il proletariato non sa a quanto ammonti il capitale variabile che egli rivendica, ma lotta per ottenere una quantità superiore di prodotti, e quindi salario maggiore per meno sforzo.
La lotta di classe unitaria è per tutto il prodotto. Mentre l'economista corrente definisce capitale il valore del fondo della fabbrica o dell'impianto e macchinario e del denaro con cui far fronte alla anticipazione di acquisto di materie prime e salari, formula che ben collima con quella della proprietà titolare del "mezzo di produzione" l'economia marxista chiama capitale tutto il valore della massa del prodotto di un dato ciclo lavorativo, di un giorno, di un anno o delle generazioni (il "fatturato" dei contabili).
Tale valore del prodotto si smista in tre parti nella dottrina del plusvalore; capitale costante: valore della materia prima lavorata e dei logorii diversi di attrezzatura; capitale variabile: valore dei salari pagati; plusvalore: margine che si aggiunge ai primi due termini in modo che la somma dei tre è il valore sul mercato del prodotto, che va all'imprenditore. La lotta del proletariato non è, come dice Marx distruggendo le illusioni lassalliane dei socialisti germanici, lotta per "l'intero frutto del lavoro" personale. Non si tratta di conquistare il solo campo del plusvalore.
D'altra parte non tutto questo in una economia collettivista andrà al consumo: occorrono cento utili servizi sociali e il nuovo investimento per il progresso produttivo. Infatti solo in parte il plusvalore va al consumo personale dei borghesi, il più va a nuovo investimento; ma il disastro dell'anarchia capitalista supera di gran lunga la massa dei plusvalori e consiste nelle masse di prodotti che vanno a distruzione con l'intero capitale costante, variabile, e margine.
La vera lotta proletaria è per la conquista sociale di tutto il prodotto. Il capitale costante è frutto del lavoro di generazioni passate: esso deve essere strappato alla classe borghese e andare al proletariato vincitore, ossia tendenzialmente alla società senza classi; il capitale variabile è il lavoro degli elementi sociali attivi, ossia della classe operaia oggi, della società domani. Il plusvalore sorge dalle energie di lavoro attuali e dalle risorse tecniche organizzative che anche sono "eredità" del passato e che devono essere a disposizione sociale. La classe operaia al potere oggi, la società domani, useranno tutta la massa del prodotto antico e immediato a fini generali.
Antagonismo quindi di classi e di loro formazioni armate e politiche, non di cifre che rappresentino la spartizione tra classi della ricchezza.
46. Discriminazioni tra feudalesimo, capitalismo e socialismo
Avendo ora richiamato i precisi termini del passaggio dal pre-capitalismo al capitalismo, dobbiamo ora precisare i caratteri distintivi tra economia capitalista e post-capitalismo. Il post-capitalismo da almeno un secolo non è per noi la "gatta comprata nel sacco", ma qualche cosa di esattamente definito. Secondo la regola generale possiamo vedere attorno a noi in funzione esempi di economia post-capitalista, così come esistevano grandi manifatture secoli prima della rivoluzione borghese.
Si può qui riportare quanto scritto in altro testo.
"Come detto altre volte abbiamo anche di più: veri tipi comunisti in potere capitalistico; esempio il servizio dei vigili del fuoco: quando qualcosa brucia nessuno paga per spegnerla, se nulla brucia i pompieri sono lo stesso nutriti. Tutto ciò è detto per combattere la tesi, chiunque ne sia l'autore, che segna come stadi successivi: capitalismo privato, capitalismo di Stato - come prima forma di socialismo inferiore - socialismo superiore e comunismo.
"Il capitalismo di Stato non è un semi-socialismo, ma un capitalismo vero e proprio: anzi è lo sbocco del capitalismo secondo la teoria marxista della concentrazione ed è la condanna della teoria liberista di un permanente regime di produzione in cui il gioco mirabile della concorrenza metta sempre di bel nuovo una fetta di capitale alla portata di tutti.
"A discriminare tra capitalismo e socialismo non basta la titolarità (vedi Proprietà e capitale) del possesso dello strumento produttivo, ma occorre considerare il fenomeno economico integrale, ossia chi dispone del prodotto e chi lo consuma.
"Pre-capitalismo. Economia dei produttori individuali: il prodotto è del lavoratore indipendente, ognuno consuma quel che ha prodotto. Ciò non toglie che prelievi di sopraprodotto e quindi di sopralavoro siano fatti a danno delle moltitudini di lavoratori parcellari (talvolta uniti con la forza in masse ma senza la moderna divisione di momenti produttivi) da caste, ordini e poteri privilegiati.
"Capitalismo. Lavoro associato (in Marx: lavoro sociale), divisione del lavoro, prodotto a disposizione del capitalista e non del lavoratore che riceve danaro e compra sul mercato quanto gli occorre a tenersi in forza. Tutta la massa di prodotti passa per la forma monetaria nel viaggio da produzione a consumo.
"Socialismo inferiore. Il lavoratore riceve dall'organizzazione economica e sociale unitaria una quantità fissa di prodotti che occorrono alla sua vita e non ne può avere di più. La moneta finisce, sussistono buoni di consumo non accumulabili né mutabili di destinazione. La tessera? Già, il socialismo inferiore è la tessera a tutti senza impiego di denaro e senza mercato.
"Socialismo superiore o comunismo. In tutti i settori si tende ad abolire la tessera e ognuno preleva quanto gli occorre. Qualcuno assisterà a cento spettacoli cinematografici di seguito? Lo può fare anche oggi. Telefonerà ai pompieri dopo aver dato fuoco alla casa? Lo fa oggi, ma allora non vi saranno assicurazioni. Comunque allora e oggi il servizio manicomio è fatto secondo l'economia comunista pura: è gratuito e illimitato.
Riepilogo.
Pre-capitalismo. Economia senza denaro o con l'impiego complementare del denaro. Produzione parcellare.
Capitalismo. Economia con l'impiego totalitario del denaro. Produzione sociale.
Socialismo inferiore. Economia senza denaro e con tessera. Produzione sociale.
Socialismo superiore o comunismo. Economia senza denaro né tessera, produzione sociale.
Il capitalismo di Stato, che sarebbe cretineria chiamare socialismo di stato, sta tutto sano sano nel reparto capitalismo.
La controrivoluzione in Russia
47. Controrivoluzione e avvenimenti sociali russi
Si è tornati su tutte queste nozioni basilari per spiegare lo svolgersi dell'attuale processo controrivoluzionario del quale sono parte gli avvenimenti sociali russi, che non possono essere esaminati se non integrati nel tutto, giacché se analizzati separatamente conducono gli incauti ad alterare la dottrina marxista, ad ammettere nuove analisi e nuove prospettive per l'intervento di una terza classe, di un terzo fattore, e a cadere così nella pania del trucco staliniano che ipotizza funzioni permanenti per lo Stato non più strumento della classe ma generatore della classe, e abbandona la nozione del suo svuotamento.
48. Il metodo marxista di lavoro batte sempre su chiodi già noti
Il nostro metodo di lavoro ci conduce a battere sempre su chiodi già noti e ad estendere la nostra investigazione a settori sempre più ampi e diversi nel perimetro fissato da questi chiodi, mai di procedere ad innovazioni o invenzioni.
49. Concorrenza e monopolio sono nozioni complementari
Concorrenza e monopolio sono nozioni non antagonistiche ma complementari anche nel mercato e nello scambio, la prima svolgentesi verso il secondo. E' sul fronte del monopolio che si afferma la classe borghese: del monopolio dei mezzi di produzione e dei prodotti.
50. Sviluppo storico del movimento sindacale e reazione borghese
I lavoratori, per reagire alla condizione sociale che è loro imposta dal capitalismo e che è favorita dalla loro dispersione, passano alla istituzione - attraverso il sindacato - del monopolio della loro forza di lavoro. In conseguenza, il capitalismo deve svelare la sua natura, fondare i trusts, ed attribuire al suo Stato funzioni non solamente poliziesche ma anche economiche. Precedettero i sindacati le mutue che raccolgono per scopi di assistenza quote dai salariati, ma non ancora rivendicano un maggiore salario dai capitalisti.
Nulla di più conservatore: eppure nelle tradizionali associazioni di mutuo soccorso e persino nelle congreghe di carità penetrava utilmente il partito socialista.
51. Economia e politica dopo la rivoluzione in Russia
La formulazione contenuta nell'Appello progetto di manifesto a proposito dell'economia russa che "tende al capitalismo" andava chiarita. Che cosa è avvenuto in Russia? La reversione dei primi caratteri comunisti della economia, l'inversione della politica interna e internazionale, la seconda non dovendo però ineluttabilmente procedere dalla prima.
52. Crisi economica russa post-rivoluzionaria
Nel 1921, quando la Russia era racchiusa in se stessa a causa della mancata vittoria rivoluzionaria in altri paesi, il livello delle forze di produzione era sceso a un limite inferiore al minimo, la trasmissione dei prodotti dalla campagna alla città e viceversa, che si era prima verificata attraverso il comunismo di guerra, non poteva più funzionare, lo Stato proletario essendo a corto e dei prodotti della città e di quelli della campagna. Fu giocoforza legalizzare il commercio libero, fatto finora dai borsari neri o "speculanti".
53. La NEP
Lenin e il partito bolscevico instaurano la NEP in un insieme economico dove esistono forme di produzione nomade, patriarcale, feudale, borghese e piccoli nuclei di economia socialista. Alla questione se la NEP fosse capitalismo, Lenin rispondeva categoricamente sì.
E non poteva essere altrimenti, giacché dal momento in cui il salario è pagato in denaro e con questo si acquistano gli alimenti, si ha capitalismo. Questo non cambia la natura dello Stato che resta, perché può restarlo, proletario; la sua natura risultando non dalla struttura dell'economia, ma dalla posizione di classe e di forza nello svolgersi della lotta rivoluzionaria del proletariato internazionale.
54. Misure anti-NEP di Lenin in campo politico
Lenin, che nel campo economico giungeva fino a prospettare la entrata in Russia del capitale privato estero con le concessioni di interi territori, preconizza l'irrobustimento del potere statale per fronteggiare le reazioni sociali causate dalle misure della NEP e guadagnare tempo per avere aiuto dalle rivoluzioni occidentali operaie.
55. L'inversione in campo politico causa delle rinunce in campo economico in Russia
E' così che il problema andava posto. Il trotzkismo proclama l'intervento di un terzo fattore, della burocrazia. Per noi l'attuale situazione in Russia non presenta nulla di originale giacché il capitalismo non è contraddistinto dalla esistenza di un titolare della proprietà, ma dall'impossibilità (realizzantesi attraverso la forza dello Stato) di appropriarsi dei prodotti da parte della classe lavoratrice e dalla corresponsione del salario in denaro. Gli sviluppi economici che ci hanno condotti alla situazione attuale in cui il privato presta allo Stato, lo Stato è intraprenditore, il debito pubblico gonfia, il possesso della casa è ammesso, la casa è attribuita allo specialista, questi sviluppi non procedono dalla manovra sociale della NEP ma dall'inversione verificatasi nel campo politico e nella posizione internazionale dello Stato russo. La NEP lasciò lo Stato alla classe proletaria che lo deteneva anche prima: le rinunce nel campo economico non comportavano affatto necessariamente gli errori di tattica e strategia rivoluzionaria dapprima, il capovolgimento della posizione dello Stato infine.
56. Doppia rivoluzione tedesca e russa
Il socialismo non poteva essere costruito nella Russia sola, dove pertanto si erano addizionate nel febbraio e nell'ottobre 1917 la rivoluzione borghese e quella proletaria. - In Germania nel 1848 fu anche tentata, invano, la doppia rivoluzione borghese e proletaria: quella borghese vinse nel campo economico e sociale, dopo che borghesi e operai alleati avevano perduto nel campo politico. - In Russia dopo la doppia vittoria politica e sociale del 1917 si ebbe la sconfitta sociale proletaria databile al 1928. Restò la vittoria sociale capitalistica.
57. L'impresa è il fattore essenziale dell'attuale fase capitalistica mondiale
Non disponiamo di materiale di documentazione per un esame dettagliato dell'economia russa, ma abbiamo indicazioni sufficienti per emettere un sicuro apprezzamento. Sulla traccia dello studio Proprietà e Capitale vediamo il fattore essenziale dell'attuale fase capitalista mondiale nell'impresa - quella edilizia ne fornisce un esempio suggestivo - che lavora senza sede e impianto proprio e stabile, con capitale minimo ma per un profitto massimo e può fare questo perché si è asservito lo Stato che distribuisce il capitale e incamera le perdite.
58. La burocrazia ha funzione mediatrice
Il funzionario non è figura centrale ma è semplice mediatore; di contro al corpo di funzionari di Stato vi è quello dei contro-uffici delle imprese dove pullulano consulenti di ogni specie e vegliano a piegare lo Stato agli interessi delle imprese. Analogo meccanismo, in forme esteriori e con nomi ben diversi, funziona nell'URSS. Quando si pensa che le imprese di Mosca hanno potuto fare regalo della Metropolitana alla città, ci rendiamo conto degli altissimi profitti realizzati in quelle imprese nella restante sfera.
59. Capitalismo di Stato
E questo capitalismo in Russia non presenta nulla di assolutamente inedito; per il fatto della gestione di Stato esso si collega a cento esempi storici, da quello già ricordato dei Comuni d'Italia dove si affermò d'altronde la prima forma di investimento statale per la produzione industriale (i privati non potevano disporre di capitali necessari alla costruzione della macchina nave - come dal "Filo del Tempo" del n. 17 del 1951 di "Battaglia comunista" - i Comuni vi provvidero). E così, sempre, Stati e re armarono le prime flotte e fondarono le compagnie imperiali, donde il capitalismo giganteggiò! E infine abbiamo l'esempio ultimo delle nazionalizzazioni britanniche.
60. L'economia russa "tende" al capitalismo
Il tendere al capitalismo dell'economia russa ha quindi un doppio senso. Le prime forme socialiste e comuniste successive alla rivoluzione di Ottobre hanno degenerato, si sono involute, sono state riassorbite. Una economia proletaria degenerante per vari anni, ormai del tutto degenerata e scomparsa, per dar luogo a forme mercantili e capitaliste.
Ma intanto tutto il vasto campo della economia russa precapitalistica, asiatica, feudale, tende potentemente al capitalismo e questa tendenza è positiva e a sua volta premessa della rivoluzione socialista mondiale. Lenin e Trotzky stessi videro tale necessità e furono i pionieri della elettrificazione, solo mezzo per mettere la produzione al passo coll'Occidente, per meglio abbattere l'imperialismo. Stalin rovesciò il piano internazionale rivoluzionario ma dette impulso grandissimo alla industrializzazione di città e campagne. Più giustamente, era questo un dato irresistibile della situazione sociale russa dopo caduta la fradicia impalcatura zarista e boiarda.
Lenin intravide la possibilità del suo partito di essere portatore della rivoluzione politica proletaria nel mondo e frattanto anche della rivoluzione sociale capitalista in Russia: solo con le due vittoriose premesse la Russia poteva divenire economicamente socialista. Stalin dice che il suo partito attua il socialismo economico nella sola Russia; in effetti, il suo Stato - e partito - si è ridotto ad essere il portatore della sola rivoluzione sociale capitalista in Russia e Asia. Tuttavia al di sopra degli uomini queste forze storiche lavorano per la rivoluzione socialista mondiale.
Non diversa valutazione deve darsi alla rivoluzione cinese. Anche lì operai e contadini hanno lottato per una rivoluzione borghese, in varie fasi, ed oltre non possono andare. L'alleanza di quattro classi: operai, contadini, intellettuali e industriali riproduce l'alleanza, che ha piene carte in regola col marxismo in dottrina e tattica, della Francia del 1789 e della Germania del 1848. Tuttavia la distruzione della millenaria impalcatura feudale orientale è un dato acceleratore della rivoluzione proletaria mondiale, sol che questa abbia ragione delle metropoli europee e americane.
Poiché il cliché abituale del marxismo corrente è: chi sia il profittatore personale e il consumatore dello sfruttamento capitalistico, dimenticando le cento citazioni di Marx sull'anima del capitale e la spersonalizzazione del capitalista per cui l'accumulazione di plusvalore conta più del portafoglio individuale e la vita degli stessi figli, sembra insufficiente la definizione dei beneficiari del frutto del capitalismo russo (dicevamo: non è il frutto, ma tutta la pianta che importa) nei "criptoimprenditori" e "criptoaffaristi" che per noi non sono i funzionari della burocrazia sovietica ma uno strato a sé.
Burocrate in Russia è il semplice meccanico in una fabbrica, come lo è in Inghilterra oggi: tutti "statali".
A tal fine va rilevato che, malgrado ogni cortina, tale ingranaggio o meglio tale rete di canalizzazione della ricchezza comunica con quella del capitale mondiale. Lo stesso commercio estero di Stato è una immensa bilancia che mai pesa equivalenti, ma frega di continuo la massa lavoratrice sovietica. Vi è poi l'enorme impasse delle manovre valutarie che si ripercuotono tra centri legali e illegali di Asia e Africa. Vi sono "affitti e prestiti" in corso ancora di saldo: infine, l'affitto e prestito di milioni di cadaveri russi proletari per vincere la Germania è stato calcolato, da parte americana, affare assai più economico della produzione della corrispondente quantità di bombe atomiche.
La convivenza ed emulazione di oggi, l'alleanza palese di ieri col patto di smantellare i partiti comunisti di Occidente, le entrate in pieno nei blocchi di liberazione antifascista, sono da una parte la conferma del capovolgimento politico fino alla controrivoluzione, dall'altra parte sono partite di mercato economico e premio passato al capitale mondiale con lo sforzo esasperato e la vita stessa del lavoratore russo. Perciò, come partito potere e Stato, la degenerazione non è ancora in corso, ma è fatto storico compiuto; e la vedova Trotzky lo ha ben constatato La funzione storica è in parallelo sul piano economico e politico: impianto del capitalismo in tutte le Russie.
La controrivoluzione maestra
61. Spartaco, i cristiani e la caduta sociale dello schiavismo
Con la disfatta di Spartaco ai piedi del Vesuvio si ebbe in una sola volta la disfatta politica e sociale degli schiavi e il regime sociale dello schiavismo restò al potere. Ma la vittoria delle successive repressioni di Diocleziano sui Cristiani, veri cospiratori politici e di classe, comporta non il rassodarsi del regime schiavista, ma sotto l'aspetto del trionfo della nuova religione, la caduta sociale di questo regime, e successivamente l'avvento del feudalesimo medioevale.
62. Comprendere la controrivoluzione per preparare la rivoluzione
Quando ci si chiede perché Engels, dopo la sconfitta della rivoluzione del 1848, si accinse a scrivere la Guerra dei contadini e studiò la loro sconfitta del 1525, capiamo che occorre comprendere la controrivoluzione per preparare la rivoluzione di domani.
Lo stesso ci spetta di fare oggi non isolando un settore o un problema, ma inquadrandolo nel contesto dell'insieme.
Così la borghesia poté, nel secolo scorso, inneggiare alle molteplici e ricordate disfatte precedenti, nel costruire la sua definitiva vittoria. Così anche il proletariato che - come dice Marx ne Le lotte di classe in Francia, non la vittoria ma una serie di disfatte "abilitano" al suo trionfo nel mondo - grazie al suo partito di classe, vincerà ripresentandosi quale esso fu al principio della sua lotta e nelle formule programmatiche, lapidarie, insuperate perché insuperabili, contenute nel Manifesto dei Comunisti.
In tanto è lecito professare e difendere la dottrina marxista della storia come avvicendamento di classi sociali, ciascuna fatta da insieme di uomini con posizione parallela rispetto alle forze e sistemi di produzione, in quanto si può provare che ogni classe sociale nel suo integrale corso storico ebbe dalle sue prime affermazioni e battaglie un compito e un programma continuo. Così si legano le rivendicazioni lanciate dal Cristo alle turbe schiave alla caduta dell'Impero Romano e della società classica; così le prime richieste di libertà civica e contadina alla presa della Bastiglia e alla Rivoluzione borghese nel mondo intero e la bandiera agitata è stata sempre la stessa. A più forte ragione il proletariato moderno, primo a liberarsi dalle formulazioni fideiste e idealiste delle proprie aspirazioni, è una vera forza storica nel senso marxista e non può fallire alla vittoria in quanto sia assodato che, appena sorto dal nuovo assetto delle forze produttive, si è configurato il suo obiettivo storico e la strada, sia pure dura e asperrima, che vi conduce. Lotta quindi alle manie dei neomarxismi e delle "analisi nuove".
63. Non vi sono "nuove classi" come non vi sono "nuovi tipi" di capitalismo
Il fatto che siamo stati battuti, che siamo perciò in un periodo controrivoluzionario, ci spiega perché siamo in pochi e anche perché si determinano confusioni nel nostro seno. Esso non ci induce però a falsare la teoria del marxismo rivoluzionario attraverso l'ammissione dell'arrivo sulla scena sociale di un terzo protagonista, di una nuova classe. Non abbiamo bisogno di scoprire nuovi tipi, nuovi stadi, d'inventare poteri nuovi al capitalismo di Stato che - come già detto - nulla presenta di originale e fu persino la prima forma attraverso la quale si affermò la prima volta la classe capitalista, all'epoca dei Comuni, nel 1100.
64. Schema del centralismo marxista
A conforto dell'esposizione che si svolge e per ribadire il tempestivo allarme della sinistra sulla degenerazione della politica proletaria si annette uno schema per rappresentare i rapporti che intercorrono tra la classe operaia, le associazioni economiche, il partito politico di classe, gli organi centrali del partito. Le spiegazioni che vi sono aggiunte mostrano che le due impostazioni, concordanti nella formula del partito di massa: la laburista e la stalinista, originano da una stessa base in quanto alle determinanti economiche sostituiscono quelle della volontà dei singoli, ma sboccano in definitiva allo stesso risultato di imporre a questi le decisioni affermate dalla vetta del partito.
65. Prospettiva unica della rivoluzione proletaria internazionale
Un altro punto ha dato luogo a qualche dubbio ed esitazione. Quale la nostra prospettiva? Una , come sempre: la rivoluzione proletaria internazionale, quando (vedi tavola n. II, Riunione di Roma del l° aprile 1951) le condizioni per essa saranno realizzate, condizioni oggi quasi tutte lontane. Sul corso dell'attuale prospettiva tre ipotesi sembrano presentarsi: l'assorbimento pacifico della Russia da parte dell'America, lo scoppio della guerra tra URSS e USA con la vittoria dell'una o dell'altra.
66. Prima, seconda, terza guerra mondiale
Già per la prima guerra imperialista la vittoria del settore capitalista più forte - l'Inghilterra che da duecento anni non conosce disfatte e mai ha conosciuto invasioni - doveva determinare le condizioni meno favorevoli all'irrompere dell'attacco rivoluzionario del proletariato internazionale. Un corso sicuramente meno sfavorevole avrebbe potuto originarsi dalla disfatta militare di detto settore.
Lo stesso dicasi per la seconda guerra imperialista conclusasi con la vittoria dell'asse Londra-New York. E per la terza? Non si esita ad affermare che la vittoria degli Stati Uniti rappresenterebbe la più sinistra delle eventualità. E' vero che siamo sprovvisti di forze di classe per intervenire in questi formidabili avvenimenti, è anche vero che dobbiamo mantenerci autonomi dall'uno e dall'altro potere, ugualmente antirivoluzionari e combattere a fondo i due "crociatismi". Ma è infine vero che non possiamo discostarci dall'unica valutazione che si innesta alla dottrina marxista: che la caduta del centro del capitalismo comporta la caduta di tutto il sistema, mentre la caduta del settore più debole può mantenere in vita il sistema borghese mondiale, dato il metodo moderno di annientamento militare e statale del vinto e della sua riduzione a colonialismo passivo. Ed è precisamente su questa linea politica che si può impedire che il capitalismo assorba le reazioni che si manifestano alla politica dello stalinismo nel seno del proletariato, e che queste energie possano essere inquadrate nel nuovo organismo che si fonderà sui princìpi del marxismo rivoluzionario, ridivenendo forza attiva della storia.
Schema del centralismo marxista
1) Gli individui che compongono la classe sono spinti ad agire in direzioni discordanti. Alcuni, se consultati e liberi di decidere, lo farebbero nel senso dell'interesse della classe opposta, dominante.
2) Gli organizzati sindacali tendono ad agire in direzione contraria all'interesse padronale, ma in senso immediato e senza capacità di convergere ad azione unica e scopo unico.
3) I militanti nel partito politico, risultando dal lavoro nel seno della classe e delle associazioni, sono preparati ad agire sulla risultante unica rivoluzionaria.
4) Gli organi di dirigenza del partito, emananti dalla base, agiscono nella direzione rivoluzionaria nella continuità della teoria dell'organizzazione e dei metodi tattici.
La posizione della Sinistra consiste nella simultanea lotta contro le due deviazioni:
1) La base basta a decidere l'azione del centro, se consultata democraticamente (operaismo, laburismo, socialdemocratismo).
2) Il centro supremo (comitato politico o capo del partito) basta a decidere l'azione del partito e della massa (stalinismo, cominformismo), con diritto a scoprire "nuove forme" e "nuovi corsi".
Entrambe le deviazioni conducono allo stesso risultato: la base non è più la classe proletaria, ma il popolo o la nazione. Giusta Marx e Lenin, ne scaturisce la direzione nell'interesse della classe dominante borghese.
Da "Bollettino interno del PCInt." del 10 settembre 1951