Contributi dell'attuale nostro movimento del dopoguerra alla questione di organizzazione
Si tratta del titolo dato dal giornale del Partito Comunista Internazionale ad una serie di testi fra i quali un frammento di Origine e funzione della forma partito. Prima di tale testo compare l'articolo che segue, del quale pubblichiamo anche la presentazione.
Prima ancora della rettifica di indirizzo che si ebbe nel 1952, quando questo giornale prese il nome di Programma comunista, si era creduto di adottare un dettagliato statuto il quale riproduceva sostanzialmente quello del partito di Livorno. Tuttavia si avvertì la non logica decisione presa, che non aveva tenuto conto del fatto che si era ormai indipendenti dalle obbligatorie norme di una ormai inesistente organizzazione internazionale e non si avevano più i vincoli a cui si doveva obbedire nel 1922 e nel 1924. Per chiarire tale impostazione l'organo del Partito, allora Battaglia comunista, nel n. 13 del 30 marzo - 6 aprile 1949 pubblicò il testo che riportiamo integralmente "a completamento e a commento dello statuto, inteso ad inquadrare l'elencazione delle norme statutarie nella visione generale del partito, del suo funzionamento, della sua struttura organica, propria della tradizione della Sinistra italiana".
NORME ORIENTATIVE GENERALI
Lo Statuto e i Regolamenti del Partito e delle sue federazioni e sezioni costituiscono l'insieme praticamente indispensabile delle norme costanti di funzionamento, di collegamento e di corrispondenza che reggono la vita della organizzazione. Rispetto alle finalità storiche e sociali del Partito hanno un semplice carattere strumentale e di mezzo. Nel fissarle ed eventualmente modificarle non ha nessun senso fare ricorso alle normative analoghe di altri organismi come quelli dello Stato o dei parlamenti democratici non esistendo, per la concezione propria del Partito comunista, principii e criteri costituzionali fondamentali comuni e sovrastanti alle diverse classi sociali e ai loro compiti di lotta nelle successive fasi storiche.
Il Partito non è un cumulo bruto di granelli equivalenti tra loro, ma un organismo reale suscitato dalle determinanti e dalle esigenze sociali e storiche, con reti, organi e centri differenziati per l'adempimento dei diversi compiti. Il buon rapporto fra tali esigenze reali e la miglior funzione conduce alla buona organizzazione e non viceversa.
Per conseguenza l'adozione e l'impiego generale o parziale del criterio di consultazione e deliberazione a base numerica e maggioritaria, quando sancito negli Statuti o nella prassi tecnica, ha carattere di mezzo od espediente, non carattere di principio.
Le basi dell'organizzazione del Partito non possono dunque risalire a canoni propri di altre classi e di altre dominazioni storiche, come l'obbedienza gerarchica dei gregari ai capi di vario grado tratta dagli organismi militari o teocratici preborghesi, o la sovranità astratta degli elettori di base delegata ad assemblee rappresentative e comitati esecutivi propri della finzione giuridica caratteristica del mondo capitalistico; essendo la critica e l'abbattimento di tali organizzazioni compito essenziale della rivoluzione proletaria e comunista.
Il giusto rapporto nella loro funzione tra gli organi centrali e quelli periferici del movimento non si basa su schemi costituzionali, ma su tutto lo svolgersi dialettico della lotta storica della classe operaia contro il capitalismo.
Base fondamentale di tali rapporti è da una parte il continuo ininterrotto e coerente svolgimento della teoria del Partito come valutazione dello svolgersi della società presente e come definizione dei compiti della classe che lotta per abbatterla, dall'altra, il legame internazionale tra i proletari rivoluzionari di tutti i paesi con unità di scopo e di combattimento.
Le forze periferiche del Partito e tutti i suoi aderenti sono tenuti nella pratica del movimento a non prendere di loro iniziativa locale e contingente decisioni di azione che non provengano dagli organi centrali e a non dare ai problemi tattici soluzioni diverse da quelle sostenute da tutto il Partito. Corrispondentemente gli organi direttivi e centrali non possono né debbono nelle loro decisioni e comunicazioni valide per tutto il Partito abbandonarne i principii teorici né modificarne i mezzi d'azione tattica nemmeno col motivo che le situazioni abbiano presentato fatti inattesi o non preveduti nelle prospettive del Partito. Nel difetto di questi due processi reciproci e complementari non valgono risorse statutarie ma si determinano le crisi di cui la storia del movimento proletario offre non pochi esempi.
Per conseguenza il Partito, mentre chiede la partecipazione di tutti gli aderenti al continuo processo di elaborazione che consiste nella analisi degli avvenimenti e dei fatti sociali e nella precisazione dei compiti e dei metodi di azione più appropriati, e realizza tale partecipazione nei modi più adatti sia con organi specifici che con le generali periodiche consultazioni congressuali, non consente assolutamente che nel suo seno gruppi di aderenti possano riunirsi in organizzazioni e frazioni distinte e svolgano la loro opera di studio e di contributo secondo reti di collegamento e di corrispondenza e di divulgazione interna ed esterna comunque diverse da quella unitaria del Partito.
Il Partito considera il formarsi di frazioni e la lotta tra le stesse nel seno di una organizzazione politica come un processo storico che i comunisti hanno trovato utile ed applicato quando si era verificata una irrimediabile degenerazione dei vecchi partiti e delle loro dirigenze ed era venuto a mancare il Partito avente i caratteri e le funzioni rivoluzionarie.
Quando tale partito si è formato ed agisce, esso non contiene nel suo seno frazioni ideologicamente divise e tanto meno organizzate, non ammette che adesioni individuali attraverso le formazioni di base e non applica il metodo di formare proprie organizzazioni palesi od occulte nel seno di altri partiti politici considerando tutte queste situazioni come patologiche e contraddicenti al carattere di stretta unità della lotta comunista.
Da "Il Programma Comunista" n. 1 del 1965