Echo, controfigura di stella a passeggio (28)
Del "drammatico duello astrale" ci siamo occupati l'ultima volta nel n. 16 di agosto 1960, all'indomani della discesa sulla Terra della "nave cosmica" russa colle due famose scimmiette, e di vari lanci americani con recupero di capsule.
Da allora, mentre mancò all'attesa un gran colpo russo durante la riunione di settembre all'ONU (e si è vociferato da Occidente che vi sarebbe stata una immane esplosione con ecatombe di scienziati e tecnici spaziali), il risultato che ci sembra più "spettacolare" è quello del satellite Echo, o Satelloon, visibile ad occhio nudo come una stella più brillante di quelle di prima grandezza. Il satellite-pallone dopo lanciato ha assunto un diametro di trenta metri, e ruota ad una distanza dalla superficie terrestre sensibilmente costante, tra 1.600 e 1.800 km. A tale orbita corrisponde un periodo di rivoluzione di due ore e pochi minuti, e la velocità oscilla di poco intorno ai 25.000 km orari. Come lancio è dunque molto ben riuscito, avendo un'orbita circolare o quasi; una distanza dalla superficie del pianeta comparabile al suo raggio (un settimo circa) e tale da tenerlo lontanissimo da strati anche scarsamente densi dell'atmosfera.
Gli stessi americani previdero per il loro satellite una vita di poche settimane, perché credettero che urti di meteore lo avrebbero bucato e fatto a poco a poco afflosciare. Noi lo riferimmo notando che con questo non sarebbe precipitato come i satelliti a basso perigeo, ma si sarebbe reso invisibile.
Echo ebbe molta pubblicità come stazione di rimbalzo di onde radio, e si prestò alle telefonate tra due punti degli Stati Uniti. Si disse che per un servizio radiotelefonico mondiale bastano tre Echo correnti sulla stessa pista; mostrammo la difficoltà di un tale proposito, e dopo di allora fu annunziato che si sarebbe tentato di mandare in orbita un vero anello rotante di particelle minime come quello di Saturno, che avrebbe assicurato un "canale" universale televisivo. Da allora non sono saliti altri Echo, né l'anello, ma tra non pochi altri lanci si è insistito sul segnalatore meteorico e fotografo dai cieli Tiros II , i cui apparecchi non sembrano perfetti, ma che anche ha una bella orbita; periodo un'ora e 38 primi; distanze da Terra quasi pari, tra 665 e 700 km.
Ancora non ci spieghiamo perché, nella spietata lotta di propaganda, non si batta di più in America sulla splendida visibilità di Echo. In agosto alcuni quotidiani di città italiane presero ad indicarne i passaggi, poi non se ne parlò quasi più. Ma dopo quattro mesi dal lancio il sensazionale fragile pallone non è caduto ed è tuttora visibile da qualunque osservatore, anche ad occhio nudo. La mitologia della tecnica raffinatissima del tempo borghese non sembra dare importanza a quanto può constatare, senza strumenti, senza attrezzature, a titolo assolutamente gratuito, anche un analfabeta.
Agli albori della conoscenza non vi era uomo addetto alle più umili forme di lavoro che non conoscesse il cielo, che la civiltà borghese ha separato dagli uomini moderni, chiusi in uno scatolame schifoso delle sensazioni e delle idee: chi oggi sa leggere l'ora nelle stelle?
Tra gli spettacoli che presenta ai nostri occhi la volta del cielo, che per ogni uomo non spregevole è una delle più grandi soddisfazioni nel corso di una vita bene impiegata, noi affermiamo che la traversata di Echo nella notte è forse il più grandioso. E diciamo ciò sul terreno della realtà e al di fuori di ogni romanticismo sul facile motivo che il regista e stato non dio, ma l'uomo. Vorremmo che tutti i nostri lettori potessero osservarlo.
Poco dopo il tramonto, quando le stelle sono oramai visibili, Echo sorge da Ovest, a destra della plaga di cielo in cui in queste sere sfavilla Espero, ossia Venere. In alto per chi guarda verso Ovest vi è una terna di ben note stelle brillanti: Altair, Vega, e Deneb. Dopo pochi minuti da che si è alzato, Echo traversa i lati di questo grande triangolo e cammina verso lo Zenit. Lo si può poi seguire guardando il cielo verso Est; e nella sua discesa traversa la nota M di Cassiopea e si dirige verso la costellazione dell'Auriga, verso la viva stella Capra o Capella. Dopo una quindicina di minuti di visibilità, in questa incredibile corsa all'inverso di tutti gli astri in moto apparente e tutti lasciandoli "sur place", Echo tramonta.
Chi l'abbia scorto una prima volta lo può attendere al successivo appuntamento se il cielo è sempre sereno. Passerà circa sullo stesso percorso dopo due ore o due ore e cinque minuti. Ma non si vedrà fino al cielo orientale: al sommo della sua corsa si spegnerà, perché il corpo entrerà nell'ombra della Terra, e non rifletterà più a noi i raggi solari.
Chi vuole attenderlo la sera seguente può calcolare un anticipo di circa mezz'ora. In dodici rivoluzioni di due ore e 2 minuti, il corridore dei cieli si assicura un vantaggio di 24 primi circa su 24 ore.
Fu ammirevole la scelta dell'orbita di Echo che fa sì che esso corra quasi sempre nella luce solare e sia visibile tanto frequentemente dalle parti della Terra immerse nell'ombra notturna.
Ogni comune osservatore può constatare oggi in Italia e altrove che il fenomenale satelloon non ha perduta la sua orbita, che passa dove passava in agosto, che è come allora brillante, con strani sprazzi di bagliore, e che non ha perduta una battuta sul suo periodo di rivoluzione, letto su un orologio da tasca. Sono osservazioni formidabili e pacifiche per tutti.
Ma per affermarle non occorre una laurea in matematica e l'acquisto di una calcolatrice elettronica. I ciarlatani, i pubblicisti di mestiere, non trovano, in simili casi, nulla da dire. Per le verità a prova di intrallazzo mercantile, la loro formola è sacra: no comment!
Da "Il programma comunista" n. 23 del 1960
Note
[1] Echo I rimase in orbita ben otto anni e si disintegrò nel 1968. Nel 1964 fu accompagnato da un gemello, Echo II. L'anello di aghi metallici (dipoli) cui si fa cenno, non fu realizzato a causa dell'opposizione dei radioastronomi, i quali prevedevano disturbi ai loro strumenti. Comunque, il solo riuscire a pensare una sciocchezza simile dimostra che nella faccenda spaziale a volte non solo si scendeva a livelli sottoscientifici ma si davano proprio i numeri. Lanciare in orbita un anello di aghi metallici, per quanto leggeri, significherebbe interdire quella parte di spazio; ovvero significa provocare artificialmente un danno di gran lunga superiore a quello che già si verifica attraverso la saturazione dello spazio utile con una gran quantità di oggetti di tutti i generi, fenomeno che già ha provocato gravi incidenti.