Teoria della moneta (2)

IL CREDITO

1. IL CAPITALE FINANZIARIO

L'importanza del credito nell'economia capitalistica non può sfuggire a nessuno, oggi, più che non potesse sfuggire a Marx, contrariamente a quanto hanno affermato numerosi commentatori storditi ai quali il metodo di esposizione seguito da Marx... sfuggiva quasi completamente . Engels per il quale ogni prefazione al Capitale era una ottima occasione per ribattere i chiodi nella testa degli economisti volgari refrattari alla dialettica nota che le loro critiche "sono frutto dell'equivoco di aver supposto che Marx volesse definire là dove invece si limitava ad analizzare, e che in Marx si debbano in genere cercare definizioni belle e pronte, valide per ogni caso. Va da sé che là dove le cose e le loro reciproche relazioni sono concepite non fisse, ma mutevoli, anche i loro riflessi mentali, i concetti, sono egualmente soggetti a mutamento e trasformazione: e che lungi dall'incapsularli in rigide definizioni bisogna svilupparli nel loro processo di formazione sia logico che storico. Apparirà quindi chiaro perché Marx al principio del I Libro - là dove parte dalla produzione semplice delle merci come premessa storica del capitale, per giungere da questa base al capitale - prende le mosse appunto dalla merce semplice e non da una forma concettualmente e storicamente secondaria, cioè dalla merce già modificata in termini capitalistici" .

Evidentemente è per ragioni identiche che Marx conduce l'analisi delle funzioni della moneta a partire dalla moneta più semplice, come abbiamo visto, e solo in seguito arriva alla sua "forma secondaria", cioè la moneta di credito; ciò che è stato detto della moneta semplice costituirà la base dell'analisi della sua forma sviluppata, la moneta capitalistica, e solo la comprensione delle forme più semplici permetterà di cogliere le funzioni delle forme elaborate. Marx, del resto, ha sufficientemente spiegato egli stesso che tale era appunto il suo metodo: "Sono state contrapposte l'una all'altra economia naturale, economia monetaria ed economia creditizia come le tre caratteristiche forme economiche di movimento della produzione sociale... Queste tre forme non rappresentano fasi di sviluppo equivalenti. La cosiddetta economia creditizia non è altro che una forma dell'economia monetaria, in quanto ambedue le definizioni esprimono funzioni e modi di traffico tra i produttori stessi. Nella produzione capitalistica sviluppata, l'economia monetaria appare ormai soltanto come fondamento dell'economia creditizia. Economia monetaria ed economia creditizia corrispondono così soltanto a differenti gradi di sviluppo della produzione capitalistica" (Il Capitale, Libro II, I Sez., cap. IV, Ed. Riuniti, pag. 118). L'economia creditizia non è quindi che l'economia monetaria sviluppata, e toccava al capitalismo, che generalizza la produzione di merci, sebbene su altre basi che l'economia mercantile, di condurre la moneta ai suoi ultimi sviluppi pur restando inchiodato nei limiti dell'economia monetaria, che può perfezionare fin che vuole ma non infrangere.

Lo studio del ciclo del capitale ha fatto apparire quest'ultimo sotto diverse forme. Ora, le forme che esso prende alternativamente finiscono per incarnarsi in rami economici distinti, venendosi a creare una divisione del lavoro all'interno della classe capitalistica che si ripartisce in industriali, commercianti e banchieri. Se il commerciante si occupa dell'acquisto e della vendita delle merci, sostituendosi all'industriale per tutto il tempo di circolazione delle merci prodotte dal capitale industriale, il banchiere da parte sua si dedica alle operazioni che interessano il capitale-denaro in senso stretto. Qui dobbiamo fare astrazione in una certa misura dal capitale commerciale e dal capitale produttivo per occuparci soprattutto del capitale-denaro.

Come nota Marx, "se dietro ai produttori di merce in generale sta un capitalista monetario il quale anticipa al capitalista industriale capitale monetario (nel senso più stretto della parola, cioè valore-capitale in forma di denaro) il vero e proprio punto di riflusso di questo denaro è la tasca del capitalista monetario. In questo modo, sebbene il denaro circoli più o meno per tutte le mani, la massa del denaro circolante appartiene alla sezione del capitale monetario organizzata e concentrata in forma di banche, ecc.: la maniera con cui questa anticipa il suo capitale determina il costante riflusso finale verso di essa in forma di denaro, sebbene questo si attui a sua volta mediante la ritrasformazione del capitale industriale in capitale monetario" (Il Capitale, Libro II, Sezione III, cap. XX, Editori Riuniti, pag. 432).

Il capitale finanziario così anticipato al capitalista industriale esige evidentemente una partecipazione al plusvalore tratto dallo sfruttamento della forza-lavoro nel corso del processo di produzione che esso ha contribuito a mettere in moto: questa partecipazione è l'interesse. L'insieme del plusvalore si ripartisce dunque, alla fine, tra i capitali industriale, commerciale e finanziario (per semplificare non ci occuperemo qui né del saggio del profitto commerciale o industriale, né del tasso d'interesse). La funzione del capitale finanziario è perciò di assicurare il finanziamento della produzione capitalistica; esso è costituito di capitale-denaro, di cui - come abbiamo visto - il capitale tout court non può fare a meno, ma di capitale-denaro che si è concentrato e organizzato in modo relativamente autonomo nei confronti del capitale produttivo o del capitale-merce. La Banca si leva di fronte all'Industria e se l'una non può esistere senza l'altra, se la produzione di plusvalore che condiziona l'esistenza stessa dell'interesse capitalistico si effettua nella sfera della produzione, la banca non si accontenta affatto di gestire il capitale-denaro della società capitalista; sviluppandosi le sue funzioni tecniche, essa conquista il semimonopolio del capitale-denaro e finisce per dominare i settori industriale e commerciale dell'economia - fenomeno caratteristico della fase decadente del modo di produzione capitalista.

2. LA MONETA DI CREDITO

Il credito commerciale

L'apparizione dell'usuraio precede di gran lunga quella del modo di produzione capitalistico. Il capitalismo decadente, da parte sua, pratica l'usura su una scala prima sconosciuta perché tutto il credito al consumo, oggi tanto sviluppato, entra in questa categoria. Ciò nonostante, benché sia la banca a prestare ai salariati come ai capitalisti, noi ci interesseremo soltanto del vero e proprio credito capitalista, che riguarda unicamente l'anticipo di capitale-denaro.

La moneta di credito o, ciò che è lo stesso, la moneta emessa dalle banche, deriva dalla pratica del credito commerciale sebbene abbia in seguito largamente superato questa base di partenza. Nello studio delle funzioni della moneta abbiamo visto che questa poteva giocare il ruolo di mezzo di pagamento non appena una merce cambiava di mano contro la promessa scritta del compratore di pagarla a un dato termine. La tratta (per limitarci a questo esempio di effetto di commercio) può quindi sostituire la moneta nella sua funzione di mezzo di circolazione, accontentandosi il denaro di saldare una transazione già compiuta senza il suo diretto concorso. Ma la tratta può circolare a sua volta nel periodo che trascorre fino alla scadenza e quindi giocare essa stessa il ruolo di moneta sostituendo la somma di denaro contro la quale potrà effettivamente scambiarsi al termine previsto. Non è quindi una sola volta, nel momento in cui lo scambio ha imposto la sua emissione, che la tratta sostituirà una data somma di denaro; al contrario essa potrà continuare a scambiarsi contro merci per l'ammontare di denaro di cui simboleggia la promessa tante volte quanto la sua velocità di circolazione lo permette. "La moneta di credito proviene immediatamente dalla funzione del denaro come mezzo di pagamento, in quanto anche certificati di debito per le merci vendute riprendono a circolare per la trasmissione dei crediti. D'altra parte con l'estendersi del credito si estende la funzione del denaro come mezzo di pagamento. Come tale esso riceve forme proprie di esistenza, con le quali inabita nella sfera delle grandi transazioni commerciali; mentre la moneta d'oro o d'argento viene respinta soprattutto nella sfera del piccolo commercio" (Il Capitale, Libro I, Sez. I, cap.III, Edizioni Rinascita, pag. 155) .

Come abbiamo visto più sopra, una caratteristica essenziale del sistema monetario è quella che si può chiamare la smaterializzazione della moneta: il credito commerciale, adempiendo alla funzione di mezzo di circolazione invece della moneta, ha una parte determinante in questo processo. "Ognuno fa credito con una mano e riceve credito con l'altra. Prescindiamo completamente, per ora, dal credito bancario che costituisce un momento assolutamente distinto essenzialmente diverso. Nella misura in cui queste cambiali [o tratte] circolano di nuovo come mezzo di pagamento tra i commercianti stessi, passando dall'uno all'altro attraverso la girata , nella quale però non interviene lo sconto, non vi è altro che trasferimento del titolo di credito da A a B e nulla muta assolutamente nella sostanza. Ciò pone soltanto una persona al posto di un'altra. E perfino in questo caso la liquidazione può avvenire senza l'intervento di denaro. Il filandiere A, per esempio, ha una cambiale da pagare al mediatore di cotone B e questi all'importatore C. Ora, se C, come si verifica abbastanza sovente, è al tempo stesso esportatore di filati, egli può allora acquistare il filato da B con una cambiale e a sua volta il filandiere A può pagare il mediatore B con la cambiale ricevuta in pagamento da C. In questo caso al massimo si deve pagare un saldo di denaro" (Il Capitale, Libro III, Sezione V, cap. 30, Ed. Riuniti, pag.564).

Ciò non toglie che ogni capitalista debba far fronte continuamente a spese in contanti, in particolare per i salari e le imposte. Del resto non si può immaginare che tutti gli effetti di commercio circolino in modo tale che la tratta, giunta a scadenza, torni nelle mani del debitore, come nell'esempio, evidentemente eccezionale, dato da Marx. Sia che si tratti di pagare in contanti, sia che la scadenza degli effetti imponga la ricomparsa della moneta come mezzo di pagamento, è sempre necessario che il denaro, cacciato per qualche tempo dalla sfera della circolazione, o se si vuole "smaterializzato", vi faccia di nuovo la sua apparizione. È certo tuttavia che il denaro che deve ora comparire è in quantità inferiore all'ammontare che sarebbe stato necessario per far circolare le merci in assenza del credito commerciale, perché un certo numero di effetti si è annullato o compensato ; ciò nondimeno esso deve riapparire. Sotto quale forma?

La moneta può, ben inteso, riapparire sotto forma d'oro o di segno d'oro: ci troviamo sempre allora di fronte alla moneta come è stata studiata nella prima parte, la "smaterializzazione" non ha ancora raggiunto il termine del suo processo e il mezzo di pagamento resta l'oro o i suoi rappresentanti. Ma se ci collochiamo nel quadro del sistema creditizio sviluppato l'oro sarà sostituito dal biglietto di banca.

Il biglietto di banca

Che cos'è un biglietto di banca, una banconota? È la forma più semplice che il credito bancario assume, ma siccome questo si appoggia sul credito commerciale sviluppato, si può dire che il biglietto di banca rappresenta già, in qualche modo, un credito alla seconda potenza. "Le banconote non si fondano sulla circolazione monetaria sia essa moneta metallica o moneta cartacea statale, ma sulla circolazione delle cambiali... Il biglietto di banca non è altro che una cambiale sul banchiere, pagabile in qualsiasi tempo al portatore e che il banchiere sostituisce alle cambiali private. Questa ultima forma del credito appare al profano particolarmente evidente e importante innanzitutto perché questo tipo di moneta di credito esce dalla pura e semplice circolazione commerciale per entrare nella circolazione generale nella quale ha la funzione di denaro: anche perché nella maggior parte dei paesi le banche principali aventi diritto di emissione ... hanno di fatto dietro di loro il credito nazionale e i loro biglietti costituiscono dei mezzi di pagamento più o meno legali" (Il Capitale, Libro III, Sez.V, cap. 25, Ed. Riuniti, pagg. 474 e 478).

Il banchiere accetta quindi di ricevere i crediti commerciali che non sono giunti a scadenza e di rimettere immediatamente al loro detentore una somma equivalente in banconote, non senza percepire nel passaggio l'interesse del denaro che in questo modo presta: pratica lo sconto delle tratte .

L'attività bancaria così come la stiamo ora esaminando, si presenta come un'espressione generale ed organizzata del credito commerciale, che essa centralizza e controlla: l'effetto di commercio, contratto privato, si muta in biglietto di banca, il quale impegna il sistema bancario nel suo insieme nei confronti dell'insieme della società, poiché la banconota, diversamente dalla cambiale, penetra in tutti i canali della circolazione monetaria. La banca riceve i crediti dei privati e iscrive il loro ammontare al proprio attivo, mentre emette una somma corrispondente di biglietti che iscrive al proprio passivo (prelevando nel passaggio le spese che corrispondono ai tassi di sconto).

La banconota costituisce effettivamente una moneta? David Ricardo, maestro dell'economia politica classica e rappresentante, nel campo monetario, della Currency School (Scuola della circolazione), dava una risposta negativa a tale domanda. Sotto l'influenza delle sue teorie, la Banca d'Inghilterra adottò un'organizzazione molto rigida: l'Atto di Peel del 1844 stabiliva il suo monopolio di emissione e le imponeva soprattutto di rispettare una copertura-oro al 100 per cento dei biglietti emessi. È inutile riprendere qui i termini della polemica che oppose questa scuola alla "Scuola Bancaria" (Banking School, rappresentata da Tooke e Fullarton) e l'esposizione critica che ne fece Marx : la sommaria esposizione dei fatti basterà a risolvere il punto che ci occupa. Lasciamo completamente da parte, per il momento, la moneta scritturale; la Banca d'Inghilterra, nonostante i suoi bei princìpi ricardiani, dovette ricorrere frequentemente ad un superamento del limite di emissione autorizzato dall'Atto di Peel: nel 1847, 1857, 1866, 1890, 1908 e soprattutto nel 1914. Dopo la prima guerra mondiale, sebbene l'Atto rimanesse sempre formalmente in vigore, si trovò una soluzione a lungo termine: l'Atto obbligava una copertura aurea del 100% di tutte le emissioni, con l'eccezione di un'emissione iniziale, poco importante, di 18,5 milioni di sterline; ebbene, ci si accontentò di aumentare in proporzioni enormi l'ammontare di questa emissione eccezionale, cosicché oggi essa è divenuta la regola, mentre la moneta coperta dall'oro è l'eccezione.

La banconota è dunque effettivamente, come mostra Marx, una moneta in senso proprio. Basta, per convincersene, riprendere la sua analisi iniziale della forma più semplice della moneta, che permette di dare di questa una definizione storica e, soprattutto, dinamica, in quanto la moneta è definita dalle sue funzioni: mezzo di circolazione e di pagamento, strumento di tesaurizzazione. La cambiale assolveva già le due prime funzioni, la banconota potrà assolvere anche la terza . Si tratta dunque di una moneta, ma che sorge su basi completamente diverse da quelle del biglietto segno d'oro. Quest'ultimo sostituiva semplicemente l'oro nella circolazione attiva, mentre la banconota appare là dove questo tipo di moneta è stato cacciato dalla circolazione dal credito commerciale. Nella misura in cui la tratta si sostituisce al denaro, che elimina dalla sfera della circolazione, essa forma la base di una nuova moneta che sancisce, in certo modo, questa eliminazione. Così, l'ammontare dei biglietti in circolazione non entra più in un rapporto quantitativo determinato con lo stock d'oro depositato nei sotterranei della banca d'emissione. Questo stock d'oro non può in nessun caso garantire i biglietti in circolazione, poiché questi sono i rappresentanti del credito commerciale che ha appunto eliminato la circolazione della moneta oro. A nessuno verrebbe l'idea che, potendo i tessuti artificiali sostituire i tessuti naturali, si debba continuare a produrre questi ultimi senza utilizzarli e produrre appena quel tanto di tessuti artificiali destinati all'uso. Al contrario, si utilizza contemporaneamente l'uno e l'altro tipo di tessuti e la proporzione che si stabilisce fra di essi non dipende da un principio astratto posto a priori, ma dallo stato rispettivo del mercato di ciascuno dei due prodotti. Lo stesso avviene, fatte le debite proporzioni, per la moneta: valutare da una parte le riserve d'oro e dall'altra l'ammontare dei biglietti in circolazione per decidere se il rapporto esistente fra di loro corrisponde o no alla "regola", è un controsenso, significa ignorare la natura stessa della moneta di credito. L'oro (e i suoi segni) e la banconota sono monete l'uno e l'altra: lo studio della percentuale che essi rappresentano rispettivamente nella circolazione totale può fornire utili indicazioni sullo sviluppo della moneta di credito nell'ambito della moneta tout court, mentre se ci si propone uno studio di quest'ultima, è soltanto la somma dell'oro monetario e dei biglietti di banca che bisogna considerare. Si osservi infine che, in quanto è di natura monetaria, la banconota si piega a tutte le leggi che regolano la moneta in generale e di cui Marx ha intrapreso lo studio prima ancora di considerare la produzione capitalistica propriamente detta; in particolare, i rapporti fra emissione, circolazione e tesaurizzazione restano gli stessi sia che si tratti di oro o di moneta di credito (v. nella prima parte di questo rapporto: La moneta in senso forte).

La moneta, tuttavia, non ha la semplicità dei tessuti di lana... e di nylon. La moneta di credito non è basata sull'oro, ma sul credito. Robusta finché questo gode di buona salute, essa avvizzisce non appena il credito s'indebolisce. Allora, ma soltanto allora, il capitalista ancora ieri tanto orgoglioso di aver scalato senza fatica "il muro d'oro" contando su un'espansione illimitata della sua produzione vuole d'un tratto fare marcia indietro e si mette a recitare la parte dell'avaro. Poiché il credito vacilla, il capitalista si aggrappa a ciò che resta fermo: il metallo prezioso. La lotta allora divampa, perché la pretesa di cercar rifugio nel sacro oro è vana alla scala sociale, in quanto la moneta di credito, lungi dall'appoggiarsi all'oro, si è sviluppata senza di esso e prendendone perfino il posto. È in questo dilemma che si trovano periodicamente attanagliati economisti e banchieri, è fra questi due poli dell'oro e del credito che si sviluppa la famosa controversia sull'ammontare delle riserve che conviene mantenere nei sotterranei della banca, e ciò spiega anche perché ad epoche differenti vengano apportate soluzioni differenti .

Una risposta che sia razionale, universale e valida per tutti i periodi al problema sollevato non esiste e non può esistere. Di più, ogni "soluzione" provvisoria sarà, in definitiva, il riflesso dell'irrazionalità profonda dei rapporti di produzione capitalistici. Le regole monetarie hanno una storia, non possono essere dettate dalla scienza: si tratta di rimedi da brava massaia e non può che essere così in questo settore che è come lo specchio deformante dell'economia borghese, in cui il prodotto domina il produttore e che concentra tutte le illusioni dei suoi apprendisti stregoni.

 

IL CREDITO BANCARIO, O IL CREDITO ALLA TERZA POTENZA

a. La banca, organo centralizzatore del capitale-denaro sociale

Sebbene abbiamo definito la banca come il settore economico specializzato nel trattamento delle operazioni in capitale-denaro, abbiamo finora illustrato soltanto i suoi rapporti con il credito commerciale, che portano all'emissione di banconote. Esaminiamo ora le altre funzioni della banca.

Essa è anzitutto l'organo centralizzatore di tutto il capitale-denaro della società. Questo capitale riveste a tutta prima la forma di capitale da prestito: la banca attira verso di sé il risparmio di tutte le classi della società, di cui assicura la tutela e che remunera con un interesse per il denaro affidatole in deposito. La banca diventa quindi un intermediario fra coloro che danno e coloro che prendono a prestito, come era già un intermediario fra commercianti reciprocamente indebitati . "Espressa in termini generali - scrive Marx - l'attività del banchiere sotto questo aspetto consiste nel concentrare nelle sue mani e in grandi masse il capitale monetario disponibile per il prestito, così che di fronte ai capitalisti industriali e commerciali, in luogo del singolo individuo che dà denaro a prestito, si trovano i banchieri, come rappresentanti di tutti coloro che danno denaro a prestito. Essi diventano gli amministratori generali del capitale monetario [sottolineato da noi]. D'altro lato essi rappresentano, di fronte a tutti coloro che danno a prestito, la figura di chi prende a prestito, perché essi prendono a prestito per tutto quanto il mondo commerciale. Una banca rappresenta da un lato la concentrazione del capitale monetario, cioè di coloro che danno a prestito, d'altro lato la concentrazione di quelli che prendono a prestito" (Marx, Il Capitale, Libro III, cap. XXV, Ed. Riuniti, p. 476-77).

La natura stessa della sua attività impone al capitalista la costituzione di un fondo di riserva che permetta di far fronte alle alee del mondo commerciale e alle vicissitudini della lotta di classe, come per esempio un allungamento del tempo di circolazione delle merci derivante da un restringersi del mercato che rallenti il riflusso verso il capitalista stesso del capitale monetario indispensabile per continuare a produrre, e che renda quindi necessario un nuovo anticipo di capitale-denaro. Abbiamo visto d'altra parte come sorgesse una contraddizione tra la tendenza necessaria all'accumulazione allargata del capitale (investimento del plusvalore ottenuto da un dato ciclo) e le necessità puramente tecniche dell'allargamento della produzione, che impongono al capitale-denaro addizionale di aver raggiunto un determinato livello minimo per potersi trasformare realmente in capitale produttivo. Infine, il modo in cui i cicli, o più precisamente le durate rispettive dei tempi di produzione e di circolazione si intrecciano, può produrre un accavallarsi di capitale, e quindi lasciare momentaneamente inoperoso del capitale-denaro .

I fondi di riserva, il plusvalore che non riesce ad impiegarsi nell'impresa in cui è stato prodotto, il capitale liberato dalle particolarità della rotazione del capitale, tutto questo capitale-denaro al quale è vietato di trasformarsi individualmente in capitale produttivo, e che così isolato perderebbe la sua funzione di capitale rimanendo "inattivo", affluisce verso le banche, si aggiunge al risparmio proveniente da tutte le classi sociali, e costituisce infine un'enorme massa di capitale da prestito.

"Il capitale di cui le banche dispongono per il prestito affluisce loro in modi diversi [scrive Marx] . Innanzi tutto si concentra in mano loro, poiché esse sono i cassieri dei capitalisti industriali, il capitale monetario che ogni produttore e ogni commerciante tiene come fondo di riserva o che gli affluisce come pagamento. Questi fondi si trasformano così in capitale monetario che può essere dato in prestito. In conseguenza di ciò il fondo di riserva del mondo commerciale, poiché si concentra come fondo comune, è ridotto al minimo necessario, e una parte del capitale monetario, che sarebbe altrimenti rimasto inoperoso come fondo di riserva, è dato a prestito, funziona come capitale produttivo di interesse. In secondo luogo, il capitale prestabile delle banche è costituito dai depositi dei capitalisti monetari che trasferiscono ad esse il compito di darli in prestito. Con lo sviluppo del sistema bancario, e soprattutto non appena le banche pagano un interesse per i depositi, vengono depositati presso di esse i risparmi in denaro e il denaro momentaneamente non impiegato di tutte le classi. Piccole somme, insufficienti per operare isolatamente come capitale monetario, sono riunite in grandi masse e costituiscono così una potenza monetaria. Questa azione di mettere insieme piccole somme deve essere distinta come azione specifica del sistema bancario da quella d'intermediario tra i capitalisti monetari veri e propri e coloro che prendono a prestito. Infine vengono depositate presso le banche anche quelle rendite che devono essere consumate solo a poco a poco" (Marx, ibid., p. 477). "Per i paesi a credito sviluppato possiamo supporre che tutto il capitale monetario disponibile per il prestito esista sotto la forma di deposito presso le banche e presso coloro che danno il denaro in prestito" (Marx, ibid., p. 587).

Questa centralizzazione del capitale-denaro nelle banche permette al capitalismo di superare la contraddizione tra capitale monetario e capitale produttivo; mentre, a volte, capitali isolati non possono investirsi perché non raggiungono un volume sufficiente, questi stessi capitali riuniti dalla banca possono essere offerti ai capitalisti industriali sotto forma di prestiti e a seconda delle proporzioni richieste dalle esigenze tecniche della produzione e dello stato del mercato. Si trova così assicurata una estrema mobilità dei capitali che passano facilmente da un ramo all'altro della produzione, e quindi una prodigiosa accelerazione della velocità della circolazione del capitale. Di conseguenza, questo si spoglia delle sue caratteristiche individuali e la sua origine precisa diventa secondaria: il capitale appare in certo modo allo stato puro, si impone alla scala sociale come la potenza suprema, anonima e unica, che si nutre indistintamente dello sfruttamento di tutta la classe dei salariati e assicura alle altre classi, prima di tutto alla classe dominante, i loro privilegi nella sola misura in cui esse giocano il ruolo di semplici agenti della circolazione.

Scrive Marx: "Sul mercato monetario si trovano di fronte unicamente chi dà a prestito e chi prende a prestito. La merce non ha che una forma, il denaro. Tutte le forme particolari che il capitale assume, secondo il suo investimento in particolari sfere di produzione o di circolazione, sono qui cancellate. Esso esiste qui nella sua forma omogenea, uguale a se stessa, del valore autonomo del denaro. La concorrenza tra le sfere particolari qui cessa; esse sono tutte riunite nella figura di chi prende a prestito, ed anche il capitale si trova di fronte a tutti nella forma nella quale esso è ancora indifferente rispetto alla determinata natura e maniera del suo impiego. Il capitale industriale che compare come capitale sostanzialmente comune di tutta la classe solo nel movimento e nella concorrenza tra le diverse sfere, si manifesta qui realmente, con tutto il suo peso, come tale, nella domanda e nell'offerta di capitale. D'altro lato il capitale monetario possiede effettivamente sul mercato monetario la forma nella quale esso, come elemento comune, indifferente rispetto al suo particolare impiego, si distribuisce tra le diverse sfere, fra la classe dei capitalisti, secondo i bisogni della produzione di ogni singola sfera. Si aggiunge a ciò che, con lo sviluppo della grande industria, il capitale monetario, in quanto esso appare sul mercato, è rappresentato in grado sempre maggiore non dal singolo capitalista, dal proprietario di questa o di quella frazione del capitale che si trova sul mercato, ma si presenta come una massa concentrata, organizzata, che, del tutto diversamente dalla produzione reale, è posta sotto il controllo del banchiere che rappresenta il capitale sociale. Così che, per quanto riguarda la forma della domanda, al capitale da prestito si contrappone il peso di una classe; per quanto riguarda l'offerta, esso stesso si presenta en masse come capitale da prestare" (Marx, Il Capitale, Libro III, Sez. V, cap. XXII, Ed. Riuniti, pp. 436-437) .

Il sistema di credito incarnato dalla banca è quindi una delle più potenti leve dell'accumulazione capitalistica. Come dice Marx, "La produzione capitalistica nella sua estensione attuale sarebbe possibile senza il sistema creditizio... cioè con la circolazione puramente metallica? Manifestamente no. Essa avrebbe trovato dei limiti nel volume della produzione dei metalli nobili" .

b. Il credito bancario propriamente detto

Il credito capitalista trova il suo fondamento nel credito commerciale e nel prestito su depositi organizzato dal sistema bancario, che ne moltiplica la potenza per il solo fatto della centralizzazione che esso realizza. Ma il ruolo della banca non si limita a questa funzione in certo modo tecnica. Essa si presenta anche come un agente economico operante direttamente, e non più solo come un intermediario. La sua attività di "cassiere" della classe borghese esige, beninteso, che essa possieda un capitale proprio allo stesso titolo di qualunque impresa capitalistica, capitale che si accresce di un profitto derivante dall'esercizio delle funzioni specifiche della banca, ma che in fin dei conti è solo una frazione del plusvalore ceduta al suo "cassiere", sotto forma di interessi diversi, dalla classe degli imprenditori.

Questo profitto, la banca lo utilizzerà a sua volta come capitale da prestito. Ma v'è di più. Essendo già tecnicamente specializzata nella gestione di un credito la cui materia si origina fuori dalla sua sfera di attività particolare e che essa si accontenta di gestire, la banca accorderà inoltre direttamente del credito, sulla base questa volta della sua attività specifica. Si tratta, come dice Marx, di un credito elevato all'ultima potenza nella misura in cui ciò che ora entra direttamente in gioco è la potenza finanziaria della stessa banca. Ora questa potenza si basa sulla gestione centralizzata del credito sociale: mentre il prestito su depositi si basava su un ciclo economico già compiuto e il credito commerciale su un ciclo in corso di completamento, il credito bancario corona l'edificio del credito stesso: è un credito fondato sull'attività economica che si è già sviluppata sulla base del credito.

Il credito bancario si distingue quindi dal credito commerciale. Per quest'ultimo, l'intervento della banca si limitava a trasformare ufficialmente in moneta uno strumento di circolazione delle merci, la cambiale, che aveva già manifestato praticamente nella sfera della circolazione le sue caratteristiche monetarie: la banconota poteva sostituire la cambiale perché erano tutte e due, in fondo, delle monete. Nel credito bancario propriamente detto, è invece la banca che crea essa stessa direttamente della moneta senza appoggiarsi su altra garanzia che il credito di cui la sua attività le ha permesso di godere; nessun deposito, di qualunque natura esso sia, può infatti essere invocato come fondamento del credito bancario, perché la banca presta allo scoperto: "Anziché dare ad A delle banconote, la banca può semplicemente aprirgli un credito in conto corrente, grazie al quale A, suo debitore, diventa un depositante fittizio. Egli pagherà allora i suoi creditori in assegni sulla banca ed il beneficiario di questi assegni li darà in pagamento al suo banchiere che li scambia nel Clearing House contro assegni a suo carico. In questo caso le banconote non intervengono e tutta la transazione è limitata a ciò: si salda alla banca un suo credito con un assegno sulla banca stessa, mentre il suo effettivo compenso consiste nel credito verso A" (Il Capitale, Libro III, Sez.V, cap. XXVIII, Ed. Riuniti, pag. 541).

A scopo di semplificazione si può considerare che la moneta scritturale (saldi creditizi dei conti correnti bancari o assimilati) sia rappresentativa di questa moneta emessa direttamente dalle banche. Abbiamo già avuto occasione di osservare che il suo volume tende a crescere continuamente soppiantando a poco a poco le altre forme di moneta (biglietti e moneta divisionaria): in Francia nel 1965 la moneta scritturale rappresentava il 63% della circolazione monetaria totale; in Gran Bretagna e in Italia ne rappresenta l'80%, negli Stati Uniti l'87%.

Ci si potrebbe chiedere, come si è fatto per la banconota, se la moneta scritturale è una moneta in senso proprio. Per rispondere a questa domanda utilizzeremo lo stesso metodo usato in precedenza, cioè analizzeremo brevemente la prassi bancaria in questo campo .

La moneta scritturale non sarebbe una moneta in senso proprio se rappresentasse un ammontare eguale di monete di altra natura conservate in depositi e quindi non utilizzate direttamente: si tratterebbe allora di puri e semplici segni monetari come si è visto che esistevano dei segni o rappresentanti dell'oro. Ora come si regola effettivamente l'emissione di moneta scritturale? Le banche ricevono costantemente depositi di ogni genere che per semplificare assimileremo a depositi in biglietti. Lungi dal conservare questi biglietti nelle loro casseforti e dall'aprire dei conti correnti limitati all'ammontare totale del loro incasso effettivo, le banche destinano invece una forte percentuale di questo incasso (dal 75% all'80% in periodo normale) all'apertura di crediti diversi, conservando il resto (dal 20 al 25% dell'incasso) per far fronte alle esigenze di cassa. Supponiamo dunque che una banca abbia ricevuto in deposito per 1.000 lire in biglietti e che osservi la regola di una copertura al 20% dei crediti da essa acconsentiti. Il suo bilancio si stabilirà allora così:

  ATTIVO
Incasso 200
Prestiti e depositi 800
Totale 1.000
  PASSIVO
Depositi 1.000
Totale 1.000

Balza agli occhi che è stata effettivamente emessa una massa monetaria addizionale di 800 lire, dato che i depositanti possono continuare a servirsi, per esempio a mezzo assegni, delle 1.000 lire che hanno depositate mentre i mutuanti dispongono ora di 800 lire che rappresentano un credito della banca di cui non si può pretendere che sia garantito dalle 1.000 lire di depositi. Alla scala del sistema bancario nel suo insieme il processo si amplia. Infatti i debitori della banca in questione utilizzeranno il credito ottenuto per regolare debiti precedenti o saldare nuovi acquisti; in tutti i casi l'ammontare del loro prestito finirà a scadenza più o meno breve per rifluire verso una banca (o anche la stessa banca che all'origine ha acconsentito il prestito) e questa a sua volta utilizzerà l'80% di questo deposito per accordare nuovi prestiti. La tabella che segue sintetizza questi diversi movimenti monetari che si incrociano.

Periodi Nuovi depositi
N.1 1.000 (deposito iniziale)
N.2 800 (deposito riflesso)
N.3 640 (deposito riflesso)
N.4 512 (deposito riflesso)
   
  2.952
   
Nuovi crediti Supplementi di incasso
800 200
640 160
512 128
409,60 102,40
   
2.361,60 590,40

Si può calcolare matematicamente l'eccedenza di denaro così creata quando il fenomeno è giunto al suo termine, cioè quando il deposito iniziale di 1.000 lire in una determinata banca si trova interamente ripartito nel sistema bancario attraverso il gioco dei nuovi depositi e dei nuovi crediti. Si ottiene una somma di 4.000 lire, alla quale si aggiungono le 1.000 lire di partenza; il deposito in una data banca di una somma di 1.000 lire in biglietti fa quindi apparire in teoria una somma di 5.000 lire al totale nell'insieme del sistema bancario.

Nella pratica questo calcolo deve essere corretto per tener conto del fatto che una parte di questa massa monetaria non rifluirà verso il sistema bancario ma continuerà a circolare sotto forma di biglietti.

Si arriva allora al calcolo di quello che si chiama il coefficiente moltiplicatore di credito: se il tasso di copertura dei prestiti è, come abbiamo supposto, del 20% (1/5), questo coefficiente è di 4, il che significa che ogni deposito in una banca vede moltiplicato per 4 il suo ammontare, sotto forma di disponibilità in moneta scritturale e alla scala del sistema bancario nel suo insieme .

"I depositi stessi hanno una duplice funzione. Da un lato... vengono dati in prestito come capitale produttivo di interesse, e non si trovano quindi nelle casse delle banche, ma figurano soltanto nei loro libri come crediti dei depositanti. D'altro lato essi figurano come semplici voci di contabilità, in quanto i crediti reciproci dei depositanti si compensano mediante assegni sui loro depositi e vengono reciprocamente annullati: e a questo riguardo è indifferente che i depositi si trovino presso lo stesso banchiere di modo che questi non fa che addebitare ed accreditare i diversi conti, oppure presso delle banche diverse, che si scambiano reciprocamente i loro assegni e si pagano soltanto le differenze.

Con lo sviluppo del capitale produttivo di interesse e del sistema creditizio ogni capitale sembra raddoppiarsi e in alcuni casi triplicarsi a causa dei diversi modi in cui lo stesso capitale o anche soltanto lo stesso titolo di credito appare in forme diverse in mani diverse. La maggior parte di questo 'capitale monetario' è puramente fittizio. Ad eccezione del fondo di riserva, tutti i depositi non sono altro che crediti sul banchiere, che non si trovano però mai in deposito. In quanto essi servono alle transazioni di compensazione, hanno la funzione di capitale per i banchieri, dopo che questi li hanno dati in prestito. I banchieri si pagano reciprocamente i rispettivi assegni su depositi che non esistono, mediante cancellazione reciproca di questi crediti... Nel sistema creditizio... tutto si raddoppia e si triplica trasformandosi in una pura chimera" (Il Capitale, Libro III, Sez. V, cap. XXIX, Ed. Riuniti, pp. 554-555 e 557).

La moneta scritturale, questa moneta di credito nel senso forte del termine, è dunque in realtà una moneta tout court perché ne assolve le funzioni esattamente come il biglietto di banca fondato sulla monetizzazione dei crediti commerciali. Il fenomeno di "smaterializzazione" che abbiamo seguito passo passo partendo dalla carta-moneta, semplice segno dell'oro, raggiunge qui il suo stadio estremo: la moneta è ridotta ad uno gioco di scritture e tende quindi a divenire un puro strumento di circolazione.

È essenziale capire che questo fenomeno non costituisce affatto una difficoltà supplementare per la teoria marxista della moneta, ma anzi è la conferma della fondatezza di una legge che essa ha avuto cura di individuare fin dall'inizio, cioè fin dall'inizio dello studio della moneta nella circolazione semplice delle merci. Allo stesso modo, è evidente che il buon funzionamento del sistema creditizio generalizzato presuppone che tutte le liquidità monetarie create non siano simultaneamente utilizzate (in altri termini, che tutti i depositanti non esigano nello stesso tempo il rimborso dei loro depositi) sotto pena di far fallire la banca. Si ritrova qui, in forma nuova - è vero - il fenomeno di tesaurizzazione necessario che era apparso anch'esso durante lo studio della circolazione semplice delle merci.

La moneta di credito deve dunque piegarsi, come ogni moneta, alle leggi della circolazione monetaria in quanto tale, ma la specializzazione delle banche e il carattere relativamente autonomo della loro attività, che si svolge in certo modo in circuito chiuso, facilitano grandemente il gioco normale di queste leggi.

Il sistema bancario e il credito generalizzato rappresentano insomma l'adattamento ottimale del denaro alle funzioni che deve assolvere nell'economia capitalistica - il che, come vedremo, lungi dal permettere un superamento delle contraddizioni del modo di produzione capitalistico, permette loro al contrario di agire più liberamente, su una scala più vasta e nel modo più radicale .

CONCLUSIONI

L'analisi delle diverse forme di credito ci ha mostrato come esse si generano successivamente, si interpenetrano e si spalleggiano a vicenda; a tal punto che dove il sistema ha avuto il suo massimo sviluppo è impossibile distinguere partitamente le fonti del credito generalizzato. Questo costituisce una unità gestita da un organo gerarchizzato e apparentemente autonomo, la Banca.

Lo sviluppo del credito lo conduce a forme sempre più ermetiche: se il credito commerciale resta perfettamente intelligibile in quanto poggia direttamente sulla circolazione materiale delle merci, il ruolo di intermediario fra mutuatari e mutuanti della banca è già più complesso nella misura in cui la semplice addizione di somme di denaro poco importanti conferisce loro la capacità, che non possedevano di per sé, di recitare la parte di capitale monetario suscettibile di metamorfosi in capitale produttivo; quanto al credito bancario in senso proprio, esso appare completamente privo di base materiale, perché incarna un modo di credito fondato esso stesso sull'esistenza di forme più semplici... di credito.

La coscienza che gli agenti del capitale si fanno del loro modo di produzione raggiunge qui il colmo dell'illusione, perché il sistema bancario e il credito da esso dispensato appaiono loro come la causa prima di tutto il movimento economico, una specie di magica leva in grado di sollevare a volontà il mondo profano della produzione e della circolazione delle merci. Di qui la tentazione di cercare nella sfera monetaria e bancaria la chiave dei misteri della economia capitalistica e la pretesa di superare i disordini di questa con un'organizzazione appropriata di quella.

Importa quindi considerare l'edificio economico nel suo insieme senza dimenticare le fondamenta. Beninteso l'autonomia del sistema bancario è del tutto relativa e il suo funzionamento resta determinato dai fenomeni che si producono nella sfera della produzione e della circolazione sulle quali tuttavia la banca esercita a sua volta una azione riflessa. Qual è infatti la base del sistema di credito se non la produzione e lo scambio delle merci? Qual è la sua funzione fondamentale se non di forzare al massimo l'attività produttiva e commerciale liberandola da tutte le pastoie che nascono, non dal carattere capitalistico della produzione e dello scambio - cosa che sfugge evidentemente alla portata della banca che è una istituzione capitalistica - ma dalla necessità per il capitale di compiere una serie di metamorfosi allo scopo di percorrere integralmente le fasi del suo processo di valorizzazione?

Tutte le limitazioni derivanti dalla necessità per il capitale di assumere la forma di capitale monetario a un momento dato (si veda più sopra la II parte) sono superate dall'organizzazione del credito. Quindi in periodo di accumulazione "normale" del capitale il credito permette di piegare le leggi dell'economia monetaria alle esigenze della economia capitalistica. Ma la sua azione si ferma qui. Tutti i crediti del mondo non potranno mettere in moto delle macchine che non sono state costruite, la forza-lavoro di operai che non sono in età o in condizione di produrre, o vendere delle merci che non sono ancora state prodotte (è vero che la speculazione, il cui sviluppo accompagna quello del credito, sembra realizzare tali miracoli... almeno per lo speculatore fortunato, e questo è necessariamente completato da uno speculatore scarognato; come il furto puro e semplice, la speculazione può far cambiar di mano la ricchezza, ma non produrla).

Tutto ciò che il credito può fare è di tendere al massimo l'utilizzazione dei mezzi di produzione esistenti e anche, in una certa misura, i mezzi di acquisto, la domanda solvibile disponibile in un momento dato - e questo ipotecando la produzione e la circolazione avvenire. "L'estensione massima del credito corrisponde in questo caso alla più completa utilizzazione del capitale industriale, ossia alla esplicazione più intensa possibile della sua forza di riproduzione senza riguardo ai limiti del consumo. Questi limiti del consumo vengono allargati dalla intensificazione del processo di riproduzione stesso, che da un lato accresce il consumo di reddito da parte degli operai e dei capitalisti, dall'altro si identifica con l'intensificazione del consumo produttivo" (Il Capitale, Libro III, Sez. V, cap. 30, Ed. Riuniti, pag. 568). Ma se l'economia di credito sembra così emanciparsi dalle leggi dell'economia monetaria, che tuttavia gli è servita di base, questo deriva in realtà da un'apparenza nella misura in cui la moneta di credito è essa stessa una moneta tout court. Questo carattere di moneta si manifesta nel modo più brutale nei periodi di crisi, nel corso dei quali il sistema di credito sembra incepparsi per cedere il posto al gioco elementare delle leggi monetarie che aveva sostituito nella fase di prosperità.

In effetti, permettendo un impiego estensivo delle forze produttive e, in una misura minore, un'estensione immediata della domanda basata sull'utilizzazione anticipata di mezzi di pagamento di cui si può ragionevolmente scontare l'apparizione futura, il credito non sopprime affatto la contraddizione fondamentale della produzione capitalistica, cioè il fatto che la produzione e la circolazione delle merci, o se si vuole la loro produzione e il loro consumo, obbediscono a leggi di natura completamente diversa e perfino opposta. L'estensione della produzione è dettata dalle necessità dell'accumulazione del capitale che la stessa natura di capitale delle forze produttive impone, e quindi non conosce alcun limite intrinseco. L'allargamento del mercato urta invece contro i limiti non dei bisogni umani in generale di cui il capitale s'infischia, ma della domanda solvibile, limiti che necessariamente non possono regredire allo stesso passo.

Eliminando le cause secondarie di crisi derivanti dalle contraddizioni fra le diverse forme del capitale stesso (capitale monetario e capitale produttivo) il credito aumenta prodigiosamente la forza dell'antagonismo fondamentale del modo di produzione capitalistico facendolo giocare, per così dire, in tutta la sua purezza. Il credito infatti non potrebbe allineare la progressione della domanda solvibile su quella della produzione che negandosi, cioè sopprimendo il carattere privato dell'appropriazione dei prodotti. Se quindi la generalizzazione del credito allontana lo scoppio della crisi è solo per aumentarne l'intensità. Per convincersene basta paragonare sotto l'angolo della intensità e della durata la portata delle crisi commerciali che scuotevano a intervalli relativamente vicini le nazioni industriali del secolo scorso, e quella delle guerre imperialistiche moderne che costituiscono la soluzione capitalistica alla crisi, il solo mezzo di riassorbire senza uscire dai limiti del modo di produzione esistente la pletora massiccia di capitale in rapporto alle capacità di assorbimento del mercato. Giunto all'apogeo del suo sviluppo, il capitale può sopravvivere solo a prezzo di massicce distruzioni, autoamputandosi.

Esso rivela quindi di essere storicamente caduco.

In periodo di crisi, l'antagonismo fra il modo di produzione sociale del capitalismo e il suo modo di appropriazione privato si manifesta a tutta prima con un divorzio fra produzione e circolazione delle merci. Gli affari rallentano, ma per ciò stesso il credito commerciale e quindi l'insieme del credito illanguidiscono. "Fino a che il processo di riproduzione fluisce normalmente e assicura in tal modo i riflussi (di capitale), questo credito si mantiene e si amplia, e questo ampliamento è fondato sull'ampliamento del processo stesso della riproduzione. Non appena subentra un ristagno provocato da ritardi dei riflussi, da saturazione dei mercati, da caduta dei prezzi, la sovrabbondanza di capitale industriale persiste sempre, ma in forma che non gli permette di adempiere alla sua funzione. Massa di capitale-merce, ma invendibile. Massa di capitale fisso, ma in gran parte inattivo a causa del ristagno della riproduzione. Il credito si contrae: 1 ) perché questo capitale è inattivo, ossia ristagna in una delle fasi della sua riproduzione, perché non può compiere la sua metamorfosi; 2) perché è infranta la fiducia nella fluidità del processo di riproduzione; 3) perché diminuisce la domanda di questo credito commerciale. Il filandiere che restringe la sua produzione e ha in magazzino una grande quantità di filo invenduto, non ha bisogno di acquistare del cotone a credito; il commerciante non ha bisogno di acquistare delle merci a credito, avendone a disposizione più del necessario" (Il Capitale, Libro III, Sez. V, cap. XXX, Ed. Riuniti, pag. 568).

In questa situazione di crisi, si assiste a un ritorno paradossale del vecchio sistema monetario, di cui si dimenticano di colpo tutti gli inconvenienti dal punto di vista capitalistico. La moneta di credito assolveva nel migliore dei modi la funzione di mezzo di circolazione e in pratica si identificava con essa. Ora ecco che la circolazione risulta bloccata. Ciò che da tutte le parti si esige, è quindi un mezzo di tesaurizzazione, della moneta in senso forte, incarnazione della ricchezza astratta, cioè l'equivalente generale. I privati si gettano sull'oro, che non sarà evidentemente mai disponibile in quantità sufficienti nella misura in cui appunto lo sviluppo della moneta di credito ha permesso di farne assolutamente a meno, mentre le banche che ancora il giorno prima restringevano al minimo i loro fondi di sicurezza tesaurizzano a modo loro rifiutando l'apertura di crediti nuovi. "Il credito, anch'esso forma sociale della ricchezza, soppianta il denaro e ne usurpa il posto. È la fiducia nel carattere sociale della produzione, che fa apparire la forma monetaria dei prodotti esclusivamente come qualche cosa di passeggero e ideale, come semplice rappresentazione. Ma, non appena il credito viene scosso - e questa fase si presenta immancabilmente nel ciclo della industria moderna - qualsiasi ricchezza reale deve essere trasformata concretamente e improvvisamente in denaro, in oro e in argento, una pretesa assurda che deriva però necessariamente dal sistema stesso. E l'oro e l'argento che devono soddisfare a queste incredibili pretese ammontano in tutto a un paio di milioni che giacciono nelle casseforti della banca. Riguardo agli effetti del deflusso dell'oro, il fatto che la produzione, in quanto produzione sociale, non è realmente sottoposta al controllo sociale, si manifesta nel modo più evidente nel fatto che la forma sociale della ricchezza esiste come una cosa al di fuori di essa. Questo, il sistema capitalistico lo ha di fatto in comune con i sistemi di produzione precedenti nella misura in cui questi si fondano sul commercio delle merci e sullo scambio di privati. Ma soltanto nel sistema capitalistico ciò si presenta nella forma più clamorosa e grottesca di assurda contraddizione e controsenso, 1) perché nel sistema capitalistico la produzione per il valore d'uso immediato, per l'uso dei produttori è abolita in misura più completa che negli altri sistemi, quindi la produzione esiste soltanto come un processo sociale che si esprime nella concatenazione della produzione e della circolazione; 2) perché con lo sviluppo del sistema creditizio la produzione capitalistica tende continuamente a sopprimere questa barriera metallica al tempo stesso concreta e fantastica, della ricchezza e del suo movimento, ma continuamente sbatte la testa contro di essa. Al momento della crisi si ha la pretesa che tutte le cambiali, i titoli, le merci debbano essere a un tratto e contemporaneamente convertibili in moneta bancaria e tutta questa moneta bancaria a sua volta in oro" (Il Capitale, Libro III, Sez. V, cap. 35, Ed. Riuniti, pagg. 670-671).

Il fenomeno dell'improvvisa conversione della moneta di credito in banconote o meglio in moneta metallica in tempo di crisi è descritto da Marx nella Critica dell'Economia Politica (1859) come segue: "Là dove si sono sviluppati la catena dei pagamenti e un sistema artificiale della loro compensazione, in epoche di commozioni che interrompono con violenza il corso dei pagamenti e perturbano il meccanismo della loro compensazione, il denaro trapassa improvvisamente dalla sua figura aerea, arzigogolata dal cervello, di misura dei valori [o come mezzo di circolazione, nel caso della moneta di credito] a quella di solida moneta ossia di mezzo di pagamento. In condizioni di produzione borghese sviluppata, in cui il possessore di merce è da lungo tempo diventato capitalista, conosce il suo Adamo Smith e sorride con aria superiore della superstizione che vede come denaro unicamente l'oro e l'argento e ritiene che il denaro sia in generale, a differenza di altre merci, la merce assoluta, il denaro riappare dunque improvvisamente non come mediatore della circolazione, ma come unica forma adeguata del valore di scambio, come unica ricchezza, proprio come la concepisce il tesaurizzatore. In quanto tale esclusiva esistenza della ricchezza, il denaro non si manifesta, come accade per esempio nel sistema monetario, nella svalutazione e mancanza di valore di tutta la ricchezza materiale soltanto rappresentate, bensì in quelle reali. È questo quel particolare momento delle crisi del mercato mondiale che si chiama crisi monetaria. Il summum bonum, invocato in tali momenti con alte grida come unica ricchezza, è il denaro, il denaro contante, e accanto ad esso tutte le altre merci, appunto in quanto valori d'uso, sono inutili in quanto cose vane, giocattoli o, come dice il nostro dottor Martin Lutero, come meri agghindamenti e gran mangiate. Questo subitaneo trapasso dal sistema creditizio a sistema monetario aggiunge il terrore teorico al panico pratico, e gli agenti della circolazione rabbrividiscono dinanzi al mistero impenetrabile dei loro propri rapporti economici" (Ediz. Rinascita, 1957, pp. 128-129).

Beninteso quanto precede non costituisce affatto una spiegazione delle crisi, che esula dal nostro tema, ma semplicemente una descrizione dei loro effetti a livello del sistema monetario e bancario. Evidentemente questo "subitaneo trapasso" dal sistema creditizio in sistema monetario blocca il credito, ma nella misura in cui genera un fenomeno di tesaurizzazione dell'equivalente generale costituisce il punto di avvio di una nuova fase di economia creditizia che potrà riprendere a svilupparsi una volta riassorbita la crisi generale.

Da questo punto di vista gli aspetti finanziari delle crisi appaiono come misure di salvaguardia della moneta e del credito futuri, un sacrificio barbaro al dio della ricchezza astratta di cui la ricchezza reale fa le spese. Lo stesso modo di produzione capitalistico riconosce il suo fallimento proclamando: periscano le merci e persino il capitale produttivo purché il feticcio moneta sia salvo! "È un principio fondamentale della produzione capitalistica che il denaro si contrappone alla merce quale forma autonoma del valore, ossia che il valore di scambio deve assumere nel denaro una forma autonoma, e ciò è possibile unicamente quando una merce determinata diventa la materia al cui valore si devono commisurare tutte le altre merci, cosicché proprio perciò diventa la merce universale, la merce par excellence in contrapposizione a tutte le altre merci. Ciò si deve manifestare - soprattutto presso le nazioni capitalistiche sviluppate, che sostituiscono il denaro in grandi quantità - in due modi: da un lato mediante operazioni di credito, dall'altro mediante moneta di credito. In periodi di depressione, quando il credito si restringe oppure cessa del tutto, il denaro improvvisamente si contrappone in assoluto a tutte le merci quale unico mezzo di pagamento e autentica forma di esistenza del valore. Di qui la svalorizzazione generale delle merci, la difficoltà, anzi l'impossibilità di trasformarle in denaro, ossia nella loro forma puramente fantastica. In secondo luogo la moneta di credito stessa è denaro unicamente nella misura in cui rappresenta, in assoluto, nell'importo del suo valore nominale, il denaro effettivo. Con il deflusso dell'oro la sua convertibilità in denaro, ossia la sua identità con l'oro reale, diventa problematica. Di qui misure coercitive, aumento del saggio dell'interesse, ecc. al fine di assicurare le condizioni di questa convertibilità. Ciò può essere più o meno portato a eccessi mediante un'errata legislazione fondata su errate teorie del denaro e imposta alla nazione nell'interesse di trafficanti di denaro... Ma la causa prima si trova nel fondamento stesso del sistema di produzione. Una svalorizzazione della moneta di credito (senza parlare dell'eventualità, del resto puramente immaginaria, che essa perda le sue caratteristiche di denaro) scuoterebbe tutti i rapporti esistenti. Il valore delle merci viene quindi sacrificato al fine di salvaguardare l'esistenza immaginaria e indipendente di questo valore nel denaro. Come valore in denaro esso in generale è sicuro soltanto fino a che è sicuro il denaro. Per qualche milione in denaro devono quindi essere sacrificati molti milioni di merci. Ciò è inevitabile nella produzione capitalistica e costituisce una delle sue "attrattive". Nei modi di produzione precedenti ciò non si verifica perché, data la ristrettezza della base su cui si muovono, non si sviluppa né il credito, né la moneta di credito. Fino a che il carattere sociale del lavoro appare come l'esistenza monetaria della merce e quindi come una cosa al di fuori della produzione reale, le crisi monetarie sono inevitabili, indipendentemente dalle crisi reali o come aggravamento di esse" (Il Capitale, Libro III, Sez. V, cap. 32, Ed. Riuniti, pagg. 605-606).

CREDITO E SOCIALISMO

Marx tratta di questa questione in numerosi passi di ineguagliabile intensità dialettica; noi ne citeremo ampiamente qualcuno a mo' di conclusione. Il nostro scopo è chiaro: si tratta di illustrare su questo particolare esempio la schiacciante superiorità del materialisrno storico non solo sui mediocri sistemi dei riformatori "neocapitalistici" e sul socialismo borghese dei "comunisti" ufficiali, la cui debole fantasia riformatrice non può partorire nulla più che una pallida copia idealizzata del capitalismo reale, ma anche e soprattutto sulle costruzioni tanto "generose" quanto sterili della pleiade di immediatisti operai, democratici e autogestori ai quali un radicalismo verbale non permette di elevarsi di un pollice al di sopra di una concezione miserabilmente corporativa, provinciale e perciò stesso sottoborghese di quella che sarà la più formidabile rivoluzione della storia umana.

Di fronte a tutte queste miopi concezioni, semplici riflessi ideologici della decadenza storica di una classe condannata dalla storia, ma costretta al movimento dalla natura del suo modo di produzione, o anche della immaturità della classe rivoluzionaria che non si è ancora liberata delle conseguenze di una sconfitta sul terreno della lotta di classe (e solo un capovolgimento nei rapporti materiali e quindi nella lotta di classe effettiva, di cui oggi si intravedono soltanto le premesse, le permetterà di sfuggir loro, e alla teoria rivoluzionaria di divenire un'arma), il materialismo dialettico si afferma come la sola dottrina di classe che, rompendo radicalmente con tutti i sogni utopistici o con le raziocinazioni puramente ideologiche, conquista l'intelligenza reale e perciò stesso feconda dell'insieme del movimento storico, cioè, in definitiva, la coscienza e la necessità di una rivoluzione del modo di produzione vigente di cui scopre, anziché inventarli, il senso, la portata e i mezzi.

Il modo di produzione capitalistico affonda le sue radici nell'economia mercantile che lo ha storicamente preceduto. Ma, se utilizza rapporti di produzione apparsi prima di esso e la cui esistenza ha reso possibile il suo sviluppo, ciò non avviene, come abbiamo visto a proposito della moneta, senza una modificazione profonda di questa eredità storica. Questi rapporti di produzione anteriori il capitalismo se li incorpora, li perfeziona, ne modifica la forma quanto basta perché divengano degli ausiliari sottomessi alle esigenze, purtuttavia contraddittorie, dei rapporti puramente capitalistici.

È così che si passa dalla moneta metallica, mezzo di circolazione delle merci in un'economia in seno alla quale i prodotti del lavoro umano prendono solo eccezionalmente la forma di merci, alle forme più complesse della moneta di credito in un'economia in cui non soltanto ogni prodotto prende la forma di merce, ma in cui inoltre, la circolazione delle merci non è più essa stessa che il supporto della circolazione del capitale, fine supremo di tutta l'attività economica.

Lo sviluppo del modo di produzione capitalistico porta necessariamente con sé l'estensione del sistema creditizio. È per l'intermediario del sistema bancario, infatti, che il capitale può ottenere una massiccia riduzione dei costi provocati dalla sua circolazione, e soprattutto assumere in pieno il carattere di potenza sociale unica, al di là delle particolarità dei capitali individuali, senza tuttavia che per ciò si indebolisca - al contrario! - la concorrenza reciproca fra capitali. Il credito organizzato e centralizzato funziona come un prodigioso acceleratore delle diverse fasi della circolazione del capitale e quindi come il mezzo decisivo per accrescere senza tregua la potenza delle forze produttive, per realizzare nelle condizioni migliori l'accumulazione allargata del capitale.

D'altronde, l'esistenza del sistema creditizio equivale ad una specie di riconoscimento, da parte della società borghese, del carattere sociale delle forze produttive che essa mette in opera. Ma questo riconoscimento non può andare fino in fondo, è necessariamente contraddittorio, perché elimina il capitale privato al solo profitto del capitale socializzato, senza potere evidentemente riconoscere che è lo stesso carattere di capitale assunto dalle forze produttive che costituisce 1a contraddizione suprema in cui la società capitalistica si dibatte, incapace per essenza di adattarsi completamente alla natura sociale del suo modo di produzione. Visto in questa prospettiva il sistema creditizio generalizzato si presenta come l'anticamera del socialismo, o almeno come il segno tangibile, nel seno stesso della società capitalistica, della necessità storica di un modo di produzione nuovo che riconosca pienamente il carattere sociale delle forze produttive e armonizzi con esso il modo di appropriazione dei prodotti.

"Il capitale, che si fonda per se stesso su un modo di produzione sociale e presuppone una concentrazione sociale dei mezzi di produzione e delle forze-lavoro, acquista qui direttamente la forma di capitale sociale (capitale di individui direttamente associati) contrapposto al capitale privato, e le sue imprese si presentano come imprese sociali contrapposte alle imprese private. È la soppressione del capitale come proprietà privata nell'ambito del modo di produzione capitalistico stesso... [Il] capitalista realmente operante (si trasforma) in semplice dirigente, amministratore di capitale altrui, e i proprietari di capitale in puri e semplici proprietari, puri e semplici capitalisti monetari... Questo risultato del massimo sviluppo della produzione capitalistica è un momento necessario di transizione per la ritrasformazione del capitale in proprietà dei produttori, non più però come proprietà privata di singoli produttori, ma come proprietà di essi in quanto associati, come proprietà sociale immediata. E inoltre è momento di transizione per la trasformazione di tutte le funzioni che nel processo di riproduzione sono ancora connesse con la proprietà del capitale, in semplici funzioni dei produttori associati, in funzioni sociali" (Il Capitale, Libro III, Sez. V, cap. 27, Ed. Riuniti, pp. 518-519).

"Il profitto medio del capitalista singolo, o di ogni capitale individuale, non è determinato dal pluslavoro che questo capitale si appropria di prima mano, ma dalla quantità di pluslavoro complessivo che il capitale complessivo si appropria e da cui ogni capitale individuale, unicamente come parte proporzionale del capitale complessivo, trae i suoi dividendi. Questo carattere sociale del capitale è reso possibile e attuato integralmente dal pieno sviluppo del sistema creditizio e bancario. D'altro lato questo sistema va oltre e mette a disposizione dei capitalisti commerciali e industriali tutto il capitale disponibile e anche potenziale della società, nella misura in cui esso non è stato già attivamente investito, così che né chi dà in prestito, né chi impiega questo capitale ne è proprietario o produttore. Esso elimina con ciò il carattere privato del capitale e contiene in sé, ma solamente in sé, la soppressione del capitale stesso... Non v'è dubbio che il sistema creditizio servirà da leva potente, durante il periodo di transizione dal modo di produzione capitalistico al modo di produzione del lavoro associato; ma solo come un elemento in connessione con altre grandi trasformazioni organiche dello stesso modo di produzione" (Il Capitale, Libro III, Sez. V, cap. 36, Ed. Riuniti, pagg. 705-706).

Tanto basta, ci sembra, per ricacciare nella loro tana tutti gli ideologi meschini di un socialismo di paccottiglia da essi presentato sia come "l'abolizione della proprietà privata dei mezzi di produzione" grazie alla nazionalizzazione e che quindi si limitano a rivendicare in nome del proletariato e come panacea economica e sociale ciò che il capitalismo realizza da sé con o senza intervento giuridico dello Stato, sia come una specie di federazione di cooperative operaie autonome costituite sulla base delle attuali aziende capitalistiche, ma sbarazzate della figura più che secondaria del "padrone"; modello economico ancor più irreale del primo e in ogni caso inferiore allo stesso capitalismo, in seno al quale il grado di socializzazione è più elevato. Il socialismo scientifico, lungi dal sognare una bella utopia, esprime coscientemente il moto reale della società così come lo sviluppo delle contraddizioni del modo di produzione capitalistico glielo impone, e quindi anche la soluzione che discende dalla dinamica di tali contraddizioni.

Questa soluzione può risiedere soltanto nel pieno riconoscimento del carattere sociale della produzione, e bisogna essere stranamente miopi per non vedere, in pieno secolo XX, che, pena un ritorno indietro sullo stesso capitalismo, non può trattarsi, se non di una presa in mano diretta, da parte della specie umana, delle forze produttive ch'essa ha sviluppate, presa in mano che implica la distruzione radicale del carattere di capitale loro imposto per un certo tempo dalla storia. Questa distruzione si concluderà nella progressiva scomparsa di ogni economia fondata sullo scambio dei prodotti .

Essa richiederà del tempo e si svolgerà necessariamente alla scala del pianeta; ma, se il becchino della vecchia società, lo Stato della dittatura del proletariato, dovrà adattarsi ad una persistenza più o meno durevole degli scambi economici, la prima misura che esso prenderà in campo economico non appena le imperiose necessità della lotta di classe internazionale glielo permetteranno sarà, come Marx proclamò con forza nella Critica del Programma di Gotha, di sopprimere gli scambi che seguono la via contorta della moneta; di abolire puramente e semplicemente il feticcio-denaro.

FINE

Da "Il programma comunista" nn. 5,6,7,8,10,12,14,15,16 del 1968.

Archivio storico 1952 - 1970