La Frazione Comunista Astensionista del Partito Socialista Italiano al Comitato Centrale dell'Internazionale Comunista
Napoli, Borgo S. Antonio Abate 221, 11 gennaio 1920
Carissimi compagni,
L'11 novembre vi abbiamo indirizzato un'altra nostra comunicazione. Ci serviamo della lingua italiana sapendo che il vostro ufficio è diretto dalla compagna Balabanoff che la conosce benissimo.
Il nostro movimento è stato costituito da coloro che al congresso di Bologna votarono per la tendenza astensionista. Torniamo a mandare il nostro programma e la mozione che lo accompagna. Speriamo che vi siano giunte le collezioni del nostro giornale Il Soviet e vi mandiamo ora le copie del I e II numero della nuova serie le cui pubblicazioni si sono iniziate col principio dell'anno.
Scopo della presente lettera è il sottoporvi alcune osservazioni alla lettera del compagno Lenin ai comunisti tedeschi che l'Avanti! del 31 dicembre 1919 riportava dalla Rote Fahne del 20, per chiarirvi bene quale sia il nostro atteggiamento politico.
Richiamiamo anzitutto la vostra attenzione su fatto che nel Partito socialista italiano sono ancora quei socialisti opportunisti tipo Adler e Kautsky, di cui parla nella prima parte la lettera di Lenin. Il partito italiano non è un partito comunista e nemmeno rivoluzionario ; la stessa maggioranza "massimalista elezionista" è piuttosto sul terreno degli indipendenti tedeschi. Noi al congresso ci dividemmo da essa non solo per la tattica elettorale ma altresì per la proposta di esclusione dal partito dei riformisti capitanati da Turati.
La divisione dunque tra noi e quei massimalisti che votarono a Bologna la mozione Serrati non è analoga a quella che separa nel partito comunista tedesco i sostenitori dell'astensionismo da quelli della partecipazione elettorale, ma è piuttosto simile alla divisione tra comunisti e indipendenti.
Programmaticamente il nostro punto di vista non ha nulla a che fare con l'anarchismo e il sindacalismo. Siamo fautori del partito politico marxista forte e centralizzato di cui parla Lenin, anzi siamo i più tenaci assertori di questa concezione nel campo massimalista. Non sosteniamo il boicottaggio dei sindacati economici ma la loro conquista da parte dei comunisti, e le nostre direttive sono quelle che leggiamo in una relazione del compagno Zinoviev al congresso del Partito comunista russo pubblicata dall'Avanti! del 1° gennaio.
Quanto ai Consigli operai, essi esistono in Italia solo in alcune località, ma consistono soltanto nei Consigli di fabbrica, composti di commissari di reparto, che si occupano di questioni interne dell'azienda. E' invece nostro proposito prendere l'iniziativa della costituzione dei Soviet municipali e rurali, eletti direttamente dalle masse riunite per fabbriche o villaggi, perché pensiamo che nella preparazione della rivoluzione la lotta deve avere carattere prevalentemente politico. Siamo per la partecipazione alle elezioni di qualunque rappresentanza della classe lavoratrice a cui prendono parte solo lavoratori. Siamo invece apertamente avversi alla partecipazione dei comunisti alle elezioni pei parlamenti, consigli comunali o provinciali o costituenti borghesi, perché riteniamo che in tali organismi non sia possibile fare opera rivoluzionaria, e crediamo che l'azione e la preparazione elettorale ostacolino la formazione nella massa lavoratrice della coscienza comunista e la preparazione alla dittatura proletaria in antitesi alla democrazia borghese.
Partecipare a tali organismi ed evitare le deviazioni socialdemocratiche e collaborazioniste, è una soluzione che non esiste in realtà nell'attuale periodo satirico, come i fatti dimostreranno anche per l'attuale esperimento parlamentare italiano. Ci conduce a tali conclusioni l'esperienza della lotta condotta dall'ala sinistra del nostro partito dal 1910-1911 ad oggi contro tutti gli inganni del parlamentarismo, in un paese che da lungo periodo è retto a regime democratico borghese: la campagna contro il ministerialismo, i blocchi politici e amministrativi elettorali coi partiti democratici, la massoneria e l'anticlericalismo borghese, ecc. Da questa esperienza traemmo la conclusione che il più grave pericolo per la rivoluzione socialista è la collaborazione colla democrazia borghese sul terreno del riformismo sociale; esperienza generalizzatasi poi nella guerra e negli avvenimenti rivoluzionari di Russia, Germania, Ungheria, etc.
L'intransigenza parlamentare era realizzabile, sempre però tra continui urti e difficoltà, in periodo non rivoluzionario, quando non si prospettava possibile la conquista del potere da parte della classe operaia; e le difficoltà dell'azione parlamentare sono tanto maggiori quanto più il regime e la composizione del parlamento stesso hanno tradizionale carattere democratico. E' con questi criteri che noi giudicheremmo i confronti colla partecipazione dei bolscevichi alle elezioni della Duma dopo il 1905.
La tattica seguita dai compagni russi di partecipare alle elezioni per la Costituente e poi di sciogliere colla forza questa stessa assemblea, anche se non ha costituito una condizione sfavorevole al successo sarebbe pericolosa in paesi dove la rappresentanza parlamentare, anziché essere una formazione recente, è un istituto costituito saldamente da molto tempo e radicato nella coscienza e nelle abitudini dello stesso proletariato.
Il lavoro occorrente a predisporre le masse alla abolizione del sistema di rappresentanza democratica appare ed è per noi molto più vasto e sostanziale che in Russia e forse in Germania, e la necessità di dare la massima intensificazione a questa propaganda di svalutamento dell'istituto parlamentare e di eliminazione della sua nefasta influenza controrivoluzionaria ci ha condotti alla tattica astensionista. Contrapponiamo alla attività elettorale la conquista violenta del potere politico da parte del proletariato per la formazione dello stato dei Consigli, e quindi il nostro astensionismo non discende dalla negazione della necessità di un governo rivoluzionario centralizzato. Siamo anzi contrari alla collaborazione cogli anarchici e sindacalisti nel movimento rivoluzionario, perché essi non accettano quei criteri di propaganda e di azione.
Le elezioni generali del 16 novembre, pure svolte da parte del P.S.I. sulla piattaforma del massimalismo, hanno ancora una volta provato che l'azione elettorale esclude e fa dimenticare ogni altra attività e soprattutto ogni attività illegale. In Italia il problema non è di unire azione legale ad azione illegale, come Lenin consiglia ai compagni tedeschi, ma di cominciare a diminuire l'attività "legale" per iniziare quella "illegale", che manca affatto.
Il nuovo gruppo parlamentare si è dato a fare opera socialdemocratica e minimalista, presentando interrogazioni, preparando disegni di legge, ecc.
Concludiamo la nostra esposizione col dichiararvi che secondo ogni probabilità, se finora siamo rimasti nel P.S.I. disciplinati alla sua tattica, tra poco tempo e prima forse delle elezioni comunali, che avranno luogo nel luglio, la nostra frazione si separerà dal partito che vuol tenere nel suo seno molti anticomunisti, per costituire il partito comunista italiano, il cui primo atto sarà quello di mandarvi la sua adesione alla Internazionale comunista.
Saluti rivoluzionari.
Da "Storia della Sinistra Comunista" 1919-20