Amadeo Bordiga alla Rote Fahne

Milano, 28 gennaio 1921

Carissimi compagni della Rote Fahne,

Nell'Avanti! del 27 corrente, edizione milanese, leggo in un telegramma da Berna riprodotto in parte un vostro articolo di commento ai risultati del Congresso Socialista italiano di Livorno.

Mi manca la possibilità di vedere nel testo originale l'intero articolo, e d'altra parte certi passi della traduzione sono evidentemente imprecisi; tuttavia vogliate consentirmi alcune osservazioni al riguardo dei giudizi contenuti in detto scritto.

Secondo esso voi non condividereste l'atteggiamento intransigente tenuto a Livorno da noi della Frazione Comunista verso i cosidetti "Comunisti unitari" e sareste della opinione che con un po' più di buona volontà da parte nostra si sarebbe potuto giungere allo scopo, da voi ritenuto giusto, di eliminare dal Partito e dalla Terza Internazionale la sola frazione di destra riformista.

Tale giudizio di evidente gravità, non può essere da noi accettato. Voi avreste la impressione che esisteva la possibilità di indurre i comunisti unitari capitanati da Serrati a disfarsi dei riformisti, subito, col voto del Congresso come applicazione delle decisioni di Mosca. Noi invece siamo convintissimi in base a mille e mille prove, che non esisteva affatto una via per raggiungere tale scopo, e ciò a parte il fatto che l'uscita di tutta la frazione Serrati dalla Terza Internazionale deve considerarsi come un avvenimento utile ed assai istruttivo per la tattica comunista anzichè come una disgraziata conseguenza della situazione creatasi a Livorno. S'intende che alludiamo ai capi, ma non vi era altro mezzo per staccare da essi le masse che li seguivano e che da loro erano state ingannate sui termini della questione, che quello della scissione completa dopo la quale noi abbiamo intrapresa una viva campagna per attirare a noi il proletariato italiano.

Ma per ritornare alla possibilità dell'altra soluzione da voi prospettata, l'uscita cioè dal partito della piccola minoranza di destra, eccovi, senza entrare in troppi dettagli, le ragioni che dimostrano come tale soluzione fosse praticamente irragiungibile.

Nella campagna per la preparazione del Congresso gli unitari, per acquistare voti, asserirono di essere disposti alla "epurazione" del Partito, ossia ad eliminare se non una frazione o dei gruppi, almeno taluni uomini più compromessi per i loro noti atteggiamenti riformistici. Ebbene, tale loro proposito sparì nelle giornate di Livorno; anzi gli unitari nelle loro adunanze di frazione smentirono la voce corsa che volessero proporre la esclusione dei deputati Turati e Ciccotti, i due elementi che Serrati era meno alieno dal sacrificare. La tesi unitaria dunque anzichè avvicinarsi alla nostra - esclusione col voto del Congresso di tutta la frazione riformista, detta "di concentrazione socialista" - se ne allontanava sempre di più tendendo a destra in modo accentuatissimo. Ciò avvenne anche sulla questione collaterale del nome del partito: gli unitari nella loro mozione di Firenze proponevano il nome "Socialista-Comunista", a Livorno deliberarono di ritornare al nome "socialista", evidentemente per mettersi sul terreno della frazione di destra contrarissima al cambiamento di nome.

Ancora: vi era una corrente, quella del compagno Graziadei, che si proponeva appunto lo scopo da voi tratteggiato della cosidetta "Unità comunista". Soprattutto dopo le dichiarazioni dei riformisti, che audacemente asserivano di accettare i ventun punti e tutte le formule comuniste, nel momento stesso che ingiuriavano e diffamavano la Terza Internazionale, e dinanzi al contegno rivoltante dei serratiani, Graziadei e i suoi amici dichiararono che lo scopo era irragiungibile e votarono senz'altro la nostra stessa mozione, come sono oggi con noi nel partito comunista.

La stessa opinione venne espressa dai compagni i quali rappresentavano l'Internazionale; ed anche di tutti i comunisti esteri che assistevano al congresso. Chi conosce la politica antica, e soprattutto recente degli unitari, e chi ha inteso i loro discorsi al congresso e le loro invettive contro i rappresentanti della Internazionale Comunista, per non dire contro i comunisti italiani, sa che essi se non sono riformisti, differenziano dai riformisti solo in quanto sono più pericolosi di loro per lo sviluppo della rivoluzione proletaria in Italia.

Infine, secondo la versione dell' Avanti! nel nostro articolo sarebbe anche detto che la situazione creatasi è sfavorevole pel fatto che la frazione comunista italiana non costituisce un gruppo solido e chiaro. Su ciò non vogliamo trattenerci. Ci auguriamo solo che lo svolgimento della organizzazione e dell'opera del nostro partito comunista, costituito da pochi giorni, ma già in magnifica e concorde attività, dimostri che invece deve parlarsi di un chiaro solido e potente partito, degno rappresentante della Internazionale comunista in Italia.

Con saluti comunistici

Amadeo Bordiga

Da "Il Comunista" 3 febbraio 1921

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