Relazione di Gramsci sulla situazione interna del Partito
11-12 maggio 1925
Presenti: Aristofane, Davide, Filippi, Gennari, Germanetto, Gramsci, Grieco, Gnudi, Leonetti, Malatesta, Piccini, Ravera, Roveda, Scoccimarro, Serrati, Tasca, Tellini, Terracini, Tonetti.
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Manca nel nostro Partito una profonda conoscenza delle dottrine del marxismo e quindi anche del leninismo. Sappiamo che ciò è legato alle tradizioni del movimento socialista italiano nel seno del quale mancò ogni discussione teorica che interessasse profondamente le masse e contribuisse alla loro formazione ideologica. È anche vero però che il nostro Partito non contribuì fino ad oggi a distruggere questo stato di cose e che anzi il compagno Bordiga, confondendo la tendenza riformista a sostituire una generica attività culturale all'azione politica rivoluzionaria delle masse con l'attività interna del Partito che deve essere diretta ad elevare il livello di tutti i suoi membri fino alla completa consapevolezza dei fini immediati e lontani del movimento rivoluzionario contribuì a mantenerla.
Il nostro Partito ha abbastanza sviluppato il senso della disciplina; cioè ogni socio riconosce la sua subordinazione al complesso del Partito, ma non altrettanto si può dire per ciò che riguarda i rapporti con l'IC, cioè per ciò che riguarda la coscienza di appartenere ad un Partito mondiale. In questo senso solamente bisogna dire che lo spirito internazionalista non è molto praticato, non certo nel senso generale della solidarietà internazionale. Era questa una situazione esistente nel Partito Socialista e che si rifletté a nostro danno al Congresso di Livorno. Continuò a sussistere in parte sotto altre forme per la tendenza suscitata dal compagno Bordiga a ritenere speciale titolo di nobiltà il dirsi seguaci di una cosiddetta sinistra italiana.
In questo campo il compagno Bordiga ha ricreato una situazione simile a quella creata dal compagno Serrati dopo il II Congresso e che portò all'esclusione dei massimalisti dall'IC. Egli cioè crea una specie di patriottismo di partito che rifugge dall'inquadrarsi in una organizzazione mondiale. Ma la debolezza massima del nostro Partito è quella caratterizzata dal compagno Lenin nel punto terzo: l'amore per pose rivoluzionarie e per le superficiali frasi scarlatte è il tratto più rilevante non del Bordiga stesso ma degli elementi che dicono di seguirlo. Naturalmente il fenomeno dell'estremismo bordighiano non è campato in aria. Esso ha una duplice giustificazione. Da una parte è legato alla situazione generale della lotta di classe nel nostro paese e cioè al fatto che la classe operaia è la minoranza della popolazione lavoratrice e che essa è legata, agglomerata prevalentemente in una sola zona del paese. In una tale situazione il Partito della classe operaia può essere corrotto dalle infiltrazioni delle classi piccolo borghesi che, pur avendo interessi contrari come massa agli interessi del capitalismo, non vogliono però condurre la lotta fino alle sue estreme conseguenze. Dall'altra ha contribuito a consolidare l'ideologia di Bordiga la situazione in cui venne a trovarsi il Partito socialista fino a Livorno e che Lenin caratterizzò così nel suo libro L'estremismo come malattia infantile del comunismo: "In un Partito dove c'è un Turati e c'è un Serrati che non lotta contro Turati, è naturale che ci sia un Bordiga". Non è però naturale che il compagno Bordiga si sia cristallizzato nella sua ideologia anche quando Turati non era più nel partito, non vi era lo stesso Serrati, e Bordiga in prima persona conduceva la lotta contro l'uno e contro l'altro. Evidentemente, l'elemento della situazione nazionale era preponderante nella formazione politica del compagno Bordiga e aveva cristallizzato in lui uno stato permanente di pessimismo sulla possibilità che il proletariato e il suo Partito potessero rimanere immuni da infiltrazioni di ideologie piccolo borghesi senza l'applicazione di una tattica politica estremamente settaria che rendeva impossibile l'applicazione e la realizzazione dei due principii politici che caratterizzano il Bolscevismo: l'alleanza tra operai e contadini e l'egemonia del proletariato nel movimento rivoluzionario anticapitalista. La linea da adottare per combattere queste debolezze del nostro Partito è quella della lotta per la bolscevizzazione. La campagna da farsi dev'essere prevalentemente ideologica. Essa però deve diventare politica per ciò che riguarda l'estrema sinistra cioè la tendenza rappresentata dal compagno Bordiga, che dal frazionismo latente passerà necessariamente all'aperto frazionismo e nel Congresso cercherà di mutare l'indirizzo politico dell'Internazionale.
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È evidente dunque che la bolscevizzazione del Partito nel campo ideologico non può solo tener conto della situazione che riassumiamo nell'esistenza di una corrente di estrema sinistra e nell'atteggiamento personale del compagno Bordiga. Essa deve investire la situazione generale del Partito, cioè deve porsi il problema di elevare il livello teorico e politico di tutti i nostri compagni. È certo per esempio che esiste anche una questione Graziadei, cioè che noi dobbiamo basarci sulle sue recenti pubblicazioni, per migliorare l'educazione marxista dei nostri compagni combattendo le deviazioni cosiddette scientifiche in esse sostenute. Nessuno però può pensare che il compagno Graziadei rappresenti un pericolo politico, cioè che sulla base delle sue concezioni revisionistiche del marxismo possa nascere una vasta corrente e quindi una frazione che metta in pericolo l'unità organizzativa del Partito. D'altronde non bisogna neppure dimenticare che il revisioniamo di Graziadei porta ad un appoggio alle correnti di destra che, sia pure allo stato latente, esistono nel nostro Partito. L'entrata in esso della frazione terzinternazionalista, cioè di un elemento politico che non ha perduto molti dei suoi caratteri massimalisti e che, come si è già detto, meccanicamente tende a prolungare oltre la sua esistenza di frazione nel seno del Partito massimalista i vincoli creatisi nel periodo precedente, può indubbiamente dare a questa potenziale corrente di destra una certa base organizzativa, ponendo dei problemi che non devono assolutamente essere trascurati. Tuttavia non è possibile che nascano forti divergenze su questa serie di apprezzamenti: le questioni alle quali abbiamo accennato e che nascono dalla composizione originaria del nostro Partito pongono prevalentemente dei problemi ideologici fortemente legati a due necessità: 1) alla necessità che la vecchia guardia del Partito assorba la massa dei nuovi iscritti venuti al Partito dopo il fatto Matteotti e che hanno triplicato gli effettivi del Partito; 2) alla necessità di creare dei quadri organizzativi di Partito che siano in grado non solo di risolvere i problemi quotidiani della vita di partito, sia come organizzazione propria sia nei suoi collegamenti coi sindacati e con le altre organizzazioni di massa, ma che siano anche in grado di risolvere i più complessi problemi legati alla preparazione della conquista del potere ed all'esercizio del potere conquistato.
Si può dire che potenzialmente esista nel nostro Partito un pericolo di destra. Esso è legato alla situazione generale del paese. Le Opposizioni costituzionali, quantunque storicamente siano scadute dalla loro funzione fin da quando hanno rigettato la nostra proposta di creare l'Antiparlamento, continuano tuttavia a sussistere politicamente accanto ad un fascismo consolidato. Poiché le perdite subite dalla Opposizione, se hanno rafforzato il nostro Partito, non l'hanno però rafforzato nella stessa misura in cui si è consolidato il fascismo che ha nelle mani tutto l'apparato statale, è evidente che nel nostro Partito, di fronte ad una tendenza di estrema sinistra che crede giunto ad ogni istante il momento di passare all'attacco frontale del regime che non può disgregarsi per le manovre delle Opposizioni, potrà nascere se già non esiste una tendenza di destra, i cui elementi, demoralizzati dall'apparente strapotere del partito dominante, disperando che il proletariato possa rapidamente rovesciare il regime nel suo complesso, incominceranno a pensare che sia per essere migliore tattica quella che porti se non addirittura ad un blocco borghese-proletario, per l'eliminazione costituzionale del fascismo, per lo meno ad una tattica di passività reale, di non-intervento attivo del nostro Partito, la quale permetta alla borghesia di servirsi del proletariato come una massa di manovra elettorale contro il fascismo. Di tutte queste possibilità e probabilità, il Partito deve tener conto affinché la sua giusta linea rivoluzionaria non subisca deviazioni.
Il Partito, se deve considerare il pericolo di destra come una possibilità da combattersi con la propaganda ideologica e con mezzi disciplinari ordinari ogni volta che ciò si dimostra necessario, deve invece considerare il pericolo di estrema sinistra come una realtà immediata, come un ostacolo allo sviluppo non solo ideologico ma politico del Partito, come un pericolo che dev'essere combattuto non solo con la propaganda ma anche con l'azione politica perché immediatamente porta alla disgregazione dell'unità anche formale della nostra organizzazione, perché tende a creare un partito nel Partito, una disciplina contro la disciplina del Partito. Vuol dire questo che noi si voglia giungere ad una rottura col compagno Bordiga e con quelli che si dicono suoi amici? Vuol dire che noi vogliamo modificare la base fondamentale del Partito quale si era costituita al Congresso di Livorno ed era stata conservata al Congresso di Roma? Certamente e assolutamente no. Ma la base fondamentale del Partito non era un fatto puramente meccanico: essa si era costituita sull'accettazione incondizionata dei principio e della disciplina dell'IC. Non siamo noi che abbiamo posto in discussione questi principii e questa disciplina; non sarebbe quindi da ricercare in noi la volontà di modificare la base fondamentale del Partito. Occorre inoltre dire che per il 90 per cento se non più dei suoi membri, il Partito ignora le questioni che sono sorte tra la nostra organizzazione e l'Internazionale Comunista. Se, specialmente dopo il Congresso di Roma, il Partito nel suo complesso fosse stato messo in grado di conoscere la situazione dei nostri rapporti internazionali, esso probabilmente non sarebbe ora nelle condizioni di confusione in cui si trova. In ogni caso teniamo ad affermare con molta energia, perché sia sventato il triste gioco di alcuni elementi irresponsabili che pare trovino la loro felicità politica nell'inasprire le piaghe della nostra organizzazione, che noi riteniamo possibile venire ad un accordo col compagno Bordiga e pensiamo che tale sia anche l'opinione del compagno Bordiga stesso.
È secondo questo indirizzo generale che noi riteniamo debba essere impostata la discussione per il nostro Congresso. Nel periodo che abbiamo attraversato dalle ultime elezioni parlamentari, il Partito ha condotto un'azione politica reale che è stata condivisa dalla grande maggioranza dei nostri compagni. Sulla base di questa azione il Partito ha triplicato il numero dei suoi soci, ha sviluppato in modo notevole la sua influenza nel proletariato, tanto che si può dire essere il nostro Partito il più forte tra i partiti che hanno una base nella Confederazione Generale del Lavoro. Si è riusciti in questo periodo a porre concretamente il problema fondamentale della nostra rivoluzione: quello dell'alleanza tra operai e contadini. Il nostro Partito in una parola è diventato un fattore essenziale della situazione italiana. Su questo terreno dell'azione politica reale si è creata una certa omogeneità tra i nostri compagni. Questo elemento deve continuare a svilupparsi nella discussione del Congresso e deve essere una delle determinanti essenziali della bolscevizzazione. Ciò significa che il Congresso non deve essere concepito solo come un fatto interno della vita della nostra organizzazione ma invece come un momento della nostra politica generale, del processo attraverso il quale noi ci leghiamo alle masse e suscitiamo nuove forze per la rivoluzione. Il nucleo principale dell'attività del Congresso deve essere perciò visto nelle discussioni che si faranno per stabilire quale fase della vita italiana ed internazionale noi attraversiamo, cioè quali sono i rapporti attuali delle forze sociali italiane, quali sono le forze motrici della situazione, quale fase della lotta delle classi è l'attuale.
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Da APC, fascicolo 296/3 fogli 67-80. Estratto
La Sinistra Comunista e il Comitato d'Intesa
Quaderni di n+1.
Un volume utile per meditare sui ricorrenti collassi politici di fronte alle situazioni sfavorevoli nella storia.