Commento della Centrale del PCd'I alla mozione di Bordiga

SULL'OPERATO DEL COMITATO CENTRALE DEL PARTITO

Anzitutto vi è da esaminare, a proposito del contenuto di questa mozione, una questione che chiameremo "pregiudiziale" solo perché Bordiga stesso la presenta come tale: gli organi supremi della Internazionale comunista hanno o non hanno, secondo Bordiga, il diritto di intervenire per determinare la composizione degli organi dirigenti le singole sezioni, nonché per guidare la politica di esse? Cioè, la Internazionale comunista è o non è un partito mondiale, una organizzazione "centralizzata", diretta da un centro unico, secondo una unica direttiva che i Congressi mondiali stabiliscono e confermano? Il compagno Bordiga parla di un "indiscutibile diritto", cioè si mette al sicuro, con un inciso racchiuso tra due parentesi, da una discussione di principio su questo punto. Ma tanto il primo quanto il secondo accapo della sua mozione sono invece formulati precisamente per mettere in dubbio il principio che con l'inciso egli vuole salvare. Se si accetta il principio della centralizzazione, quale deve valere in un Partito mondiale, non ha nessun valore l'affermazione che la Centrale attuale non è stata eletta in un Congresso di partito, ma designata dai Congressi mondiali. La Centrale attuale ha un potere altrettanto legittimo quanto la centrale che era stata "eletta" a Roma o a Livorno. Anzi, fu la Centrale eletta a Roma che infirmò la propria autorità e distrusse il proprio potere il giorno in cui volle servirsi di questa autorità e di questo potere per portare il Partito fuori delle direttive della Internazionale, per spezzare la disciplina dell'Internazionale, per svolgere in seno all'Internazionale una lotta di frazione a cui il Partito non l'aveva autorizzata mai. Il compagno Bordiga, in questi due primi punti della sua mozione, non abbandonò quindi l'atteggiamento da lui preso, nella discussione, a proposito di alcuni tra i più importanti problemi relativi alle direttive della Internazionale. La sua posizione relativamente alla "centralizzazione" della Internazionale è identica a quella che egli ha preso per quanto riguarda la "degenerazione opportunista" della Internazionale stessa. In linea di principio egli non dice che la Internazionale sia opportunista, ma, col suo contegno, autorizza i compagni a pensare che egli sia convinto che essa lo sia, perché si comporta come se lo fosse. Soltanto in una organizzazione internazionale che non sia più "Partito comunista mondiale", ma sia degenerata nella socialdemocrazia, sarebbe giustificabile una lotta di frazione quale Bordiga vuole condurre in seno alla III Internazionale. Analogamente, nella mozione che stiamo esaminando, con due paroline tra parentesi sono "messi in salvo" i principii della centralizzazione mentre, di fatto, lo spirito della mozione li rinnega completamente.

Abbiamo esaminato questa prima questione da un punto di vista pregiudiziale, unicamente perché in questo modo essa viene presentata da Bordiga. Ma è ingenuo credere che si tratti di una "pregiudiziale". Si tratta di sostanza. Il dilemma è chiaro: o il Partito è sulle direttive della Internazionale e allora l'intervento del Centro internazionale nella sua direzione assume il carattere normale di una collaborazione e non assume mai il carattere eccezionale di una "pressione" sul Partito per modificarne l'indirizzo e la sua dirigenza, oppure il Partito si vuole porre sopra una direttiva diversa da quella che i Congressi mondiali hanno stabilito, e allora gli interventi di natura "eccezionale", - contro cui Bordiga protesta - diventano una necessità continua e una norma. Insomma, Bordiga, il quale si lamenta perché il Partito italiano dopo il II Congresso non ha più "eletta" la sua centrale, compie tutti gli sforzi perché il Partito italiano non possa mai più "eleggere" la sua Centrale, ma debba sempre essere diretto da una Centrale "mutata e rimaneggiata" dall'alto. È comprensibile, anche solo per questo fatto, che la grande maggioranza dei compagni lo abbandoni. Non è infatti ammissibile che una grande organizzazione politica, quale è il nostro Partito, possa rimanere a lungo nell'equivoco in cui Bordiga vorrebbe tenerla: in una Internazionale che è "Partito mondiale" senza accettare le direttive politiche e i principii di organizzazione che di essa sono propri, in una Internazionale "comunista", col segreto pensiero che essa non è comunista, ma è solo un'edizione riveduta delle Internazionali socialdemocratiche.

Ma veniamo alla parte centrale della mozione e, poiché Bordiga non ha ancora trovato il modo di dare una documentazione delle sue asserzioni, contrapponiamo, alle sue, le affermazioni e le convinzioni nostre precise:

1) la linea politica adottata dalla Centrale e seguita dal V Congresso in poi e stata pienamente adeguata alla situazione politica italiana, ha consentito al nostro Partito di sviluppare le sue forze, e lo ha portato ad avere un grado di influenza politica reale quale esso mai aveva posseduto. Essa ha fatto compiere al Partito passi considerevoli sulla via della conquista della maggioranza della classe operaia, il che vuol dire sulla via di una preparazione rivoluzionaria effettiva. Noi siamo oggi collegati politicamente con la classe operaia in modo di gran lunga superiore a quanto mai non siamo stati durante tutta la vita del nostro Partito. Noi abbiamo inoltre, favoriti dalla situazione oggettiva, risolutamente impostato e avviato a una soluzione il problema del collegamento politico con la classe dei contadini, in modo come prima non si era riusciti a fare. Affermiamo che la linea seguita dal Partito durante il primo periodo della sua esistenza e soprattutto quando si resero acuti i dissensi con l'Internazionale, non avrebbe mai potuto portarci al punto in cui ora ci troviamo. Se il partito avesse adottato la tattica che Bordiga propugna, esso non avrebbe in nessun modo potuto trarre profitto della sua situazione determinatasi dopo il delitto Matteotti, non sarebbe affatto riuscito a esercitare in ogni momento della sua azione una influenza sopra vasti strati di massa, sarebbe venuto meno al compito di strappare le masse lavoratrici alla influenza dei Partiti intermedi controrivoluzionari, e di estendere quindi gradualmente la sua influenza fino al grado attuale. Affermiamo che soltanto la tattica che la Centrale ha seguito, in conformità con i deliberati dei Congressi mondiali, negli ultimi due anni, ha consentito di porre nei suoi termini reali il problema di creare in Italia il Partito della classe operaia come partito di massa e non come setta completamente staccata dalle masse e fossilizzata nella ripetizione di una vuota fraseologia rivoluzionaria. Affermiamo inoltre che un ritorno alla tattica "bordighiana" ci farebbe perdere rapidamente tutto ciò che abbiamo acquistato, e avrebbe quindi le più gravi conseguenze non solo per il Partito, ma per la classe operaia. Posta tra la organizzazione settaria "bordighiana" e le formazioni politiche controrivoluzionarie in sfacelo (massimalisti, unitari, Aventino e simili) la classe operaia ricadrebbe nella passività, nella inerzia, nella disgregazione, dalle quali invece noi la stiamo strappando;

2) per quanto riguarda la politica del Partito nel periodo tra il IV e il V Congresso mondiale, se è vero che in quel periodo vi furono, per quanto riguarda le stesse direttive generali, delle incertezze e delle oscillazioni, è altrettanto vero che la responsabilità di questo fatto risale direttamente a chi, per condurre una lotta contro la Internazionale, non aveva esitato ad aprire nel Partito una gravissima crisi, soprattutto favorendo la formazione di una "destra" che non trovava una ragione d'essere altro che nella sua pretesa "fedeltà" alla direttive della Internazionale contro le quali il Partito veniva schierato. Seguire Bordiga, oggi, vorrebbe dire riprodurre una situazione eguale a quella di allora. Ma, per fortuna, non vi è nessun segno che il Partito voglia seguirlo;

3) per quanto riguarda la organizzazione noi non esitiamo ad affermare che una organizzazione qual ebbe il nostro Partito nel primo periodo della sua esistenza, se rappresentò un progresso enorme in confronto della consuetudine socialdemocratica e massimalista e se era adeguata alla situazione di allora, non sarebbe in nessun modo adeguata a risolvere i problemi che oggi al Partito si sono posti, in prima linea il problema di mantenere in qualsiasi condizione i contatti con i più vasti strati della classe operaia, e il problema di funzionare come una parte della classe operaia stessa. Il problema di organizzare il Partito comunista come parte della classe operaia e come Partito di massa fu posto solo dalla attuale Centrale. La Centrale che fu guidata da Bordiga non vide questo problema, in conseguenza del suo stesso indirizzo politico generale. Che oggi esso sia risolto, noi non lo diciamo, certo esso è impostato bene e si sono fatti enormi progressi verso la sua risoluzione;

4) quanto al lavoro pratico di organizzazione, noi non crediamo che tutto dalla attuale Centrale sia stato fatto bene. Crediamo che difetti e manchevolezze ve ne furono e ve ne sono tuttora. Se [però noi teniamo conto delle condizioni in cui il lavoro del Partito si è svolto dopo il IV Congresso mondiale non possiamo fare a meno di dire che questi difetti] scompaiono di fronte alla enorme opera riorganizzativa compiuta per giungere alla situazione odierna partendo da una situazione in cui tutta la vecchia impalcatura era crollata e dovette essere costruita con nuovi criteri e impiegando "materiale" nuovo. Il compagno Bordiga queste cose le sa; così come egli sa che, tenendo conto delle diverse condizioni oggettive, (oggi, per far arrivare una lettera dal centro alla periferia occorre un "lavoro" dieci volte più grande di quanto non ne occorresse ai tempi di Bordiga), l'apparato attuale del Partito è più piccolo di quello di una volta, il che vuol dire che è minore, relativamente, il numero dei funzionari. Ma anche se essi fossero di più, noi affermiamo che essi sono scelti in base al più rigoroso criterio, e che in base ai più rigorosi criteri il loro lavoro viene controllato. Noi siamo certi che i tanto deprezzati "funzionari" del Partito sono oggi un gruppo disciplinato e cosciente di "rivoluzionari professionali" che alla causa del Partito e della classe operaia non verranno mai meno;

5) rimane a vedere se sia vero che la Centrale ha "avvelenato la convivenza" nel Partito col suo settarismo. Orbene, se Bordiga si riferisce, come non v'è dubbio, alla energica implacabile azione della Centrale, per stroncare il tentativo frazionista che prese nome dal "Comitato d'Intesa", noi non dobbiamo dirgli altro se non che siamo pronti, oggi, domani e sempre, quando un altro tentativo di quel genere fosse compiuto un'altra volta, a stroncarlo con la stessa implacabile energia. Non solo, ma siamo convinti che, quando a tutti i compagni sarà noto il punto a cui l'azione disgregatrice del Comitato d'Intesa stava per arrivare, essi troveranno che forse si doveva essere anche più aspri nello stigmatizzarne l'azione. Chi nel Partito Comunista vuole lavorare disciplinato, sulle direttive che l'Internazionale ha tracciato e collaborando per l'applicazione di esse, non troverà mai che la convivenza nelle sue file è "avvelenata". Ma per chi volesse ripetere l'insano tentativo di spezzare la unità del Partito, di porlo contro la Internazionale, di disgregarne la compagine, per questi, non vi è dubbio, l'aria del nostro Partito, dopo il III Congresso, sarà poco respirabile.

Da L'Unità del 28 dicembre 1925

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