VI Esecutivo Allargato, 22 febbraio 1926 - Giuseppe Berti sull'incontro fra la delegazione italiana e Stalin
Nella primavera del 1925 (21 marzo-6 aprile) ebbe luogo il V Esecutivo allargato dell'I.C. al quale parteciparono, per il Partito Comunista Italiano, Gramsci e Scoccimarro, e al quale, per la prima volta, nella delegazione russa, partecipò attivamente Stalin. Anche chi scrive partecipò a quei lavori, solo a titolo consultivo, nella sua qualità di rappresentante della gioventú comunista italiana a Mosca.
All'Esecutivo Allargato del 1925 erano in discussione due questioni: la cosidetta bolscevizzazione dei partiti comunisti che ebbe come relatore Zinov'ev (e, correlatore, Scoccimarro) e la lotta contro il trotskismo (1): le due questioni avrebbero dovuto essere discusse in due separati punti all'ordine del giorno. Stalin nel 1925 cominciò a prendere parte particolarmente attiva ai lavori dell'I.C. e portò la lotta contro Trotskij anche negli organi dirigenti dell'I.C. Non si poteva battere Trotskii a fondo in Russia, difatti, senza distruggere anche il suo prestigio internazionale. Partecipando attivamente al lavoro di direzione dell'IC, Stalin si proponeva, al tempo stesso, di controllare da vicino il presidente dell'I.C. Zinov'ev, di cui politicamente diffidava. Egli si rendeva conto che la successione di Lenin non poteva essere soltanto una successione russa. Per quanto l'URSS fosse, oramai, avviata sulla strada della costruzione del socialismo in un paese solo, e per quanto Stalin considerasse come decisivo il fattore russo e desse, sin da allora, un'importanza subordinata all'I.C., tuttavia, si rendeva conto che per esercitare pienamente la direzione del movimento comunista in Russia occorreva farsi riconoscere quale capo del movimento comunista mondiale. Da qui l'interesse particolarmente acuto di Stalin per il Comintern negli anni che vanno dal 1925 al 1929. Battuto Trotskii, battuto Zinov'ev, battuto, infine, Bucharin, dopo il 1929 anche nei confronti del Comintern Stalin cominciò ad usare un diverso metodo di direzione. Continuò a dirigere, ma per interposta persona (Molotov, Manuil'skii, Piatniskii, Kuusinen e, poi, Dimitrov e Togliatti), dall'alto, a distanza. Fu a partire dall'anno 1925, comunque, che il Partito comunista italiano cominciò a fare i conti col nuovo capo.
Per quanto concerne il 1925 nell'Archivio Tasca non ci sono documenti. In difetto di documenti narro qui un episodio che mi venne riferito da Gramsci, nei giorni stessi in cui era accaduto, e che mi è stato recentemente confermato da chi, insieme a Gramsci, ne fu allora protagonista: Scoccimarro. Scoccimarro aveva appena parlato nell'Esecutivo allargato sul punto all'ordine del giorno che trattava della "bolscevizzazione", discutendo particolarmente della bolscevizzazione del Partito comunista italiano e ponendo, fondamentalmente, al centro del proprio rapporto la lotta contro il bordighismo. Dopo quel discorso, nei corridoi dell'Esecutivo, Gramsci e Scoccimarro incontrarono Stalin che si intrattenne con loro, approvò il discorso del delegato italiano ma notò che esso aveva un punto debole: non vi si faceva parola del trotskismo. Non ricordo chi dei due - Gramsci o Scoccimarro - fece notare a Stalin che c'era a questo proposito un punto a parte dell'ordine del giorno e su quel punto qualcuno dei delegati italiani avrebbe, certo, parlato. Stalin annui e osservò che sarebbe stato bene che proprio chi aveva parlato della bolscevizzazione polemizzasse anche contro Trotskij. Non ricordo se si discutesse in seno alla delegazione italiana dell'opportunità o meno di quell'intervento. Certo ne discussero insieme Gramsci e Scoccimarro e si decise in quel senso. L'intervento di Scoccimarro sul trotskismo restò, però, sul piano ideologico, fu come basato su una sorta di paragone tra la logica astratta estremista di Bordiga e quella, analoga anche se non identica, di Trotskij (si può rileggerne il resoconto che ne diede l'Unità nel numero del 4 luglio 1925). Guidata da Gramsci la delegazione italiana al V Esecutivo Allargato nel 1925 si mosse, comunque, nelle questioni russe con grande circospezione e prudenza e intervenne nelle questioni interne del partito russo (solo dopo esserne stata sollecitata), mantenendosi nei limiti di una partecipazione al dibattito ideologico.
Nel febbraio del 1926 le lotte interne del P.C. sovietico si erano inasprite e le cose andarono, invece, diversamente. Innanzi tutto vi fu un vero e proprio incontro della delegazione italiana con Stalin, di cui è rimasto il verbale, sino ad oggi inedito, che pubblichiamo. La delegazione italiana era allora diversamente composta. Gramsci e Scoccimarro, non erano piú a Mosca. Nel 1926 guidava la nuova delegazione Togliatti e con lui erano Grieco, Gennari e altri compagni. Ai lavori della delegazione italiana e all'incontro con Stalin, partecipò anche chi scrive, nella stessa veste dell'anno precedente, come rappresentante della Federazione giovanile, con voto consultivo. Non ricordo chi stese il verbale della riunione. Di solito era Togliatti a verbalizzare nelle riunioni importanti: forse, questo verbale fu redatto da lui. O, anche se redatto da Anselmi (Azzario), venne interamente riscritto da Togliatti.
Da chi partì l'iniziativa dell'incontro con Stalin? Le cose andarono esattamente in questa maniera: il giorno prima, il 21 febbraio, vi era stata una riunione della delegazione nella quale Ercoli aveva posto in discussione, traducendolo, il progetto di tesi politica di Zinov'ev presentato all'Esecutivo Allargato. Bordiga aveva preso la parola dichiarando che siccome si riservava di presentare altre tesi, in merito non aveva nulla da dire. Al tempo stesso, però, Bordiga pose il problema: dove va la Russia, quali sono i caratteri di sviluppo della sua economia? Vi sono due possibilità - disse - che la Russia proceda verso il socialismo oppure che si arresti in questo processo e osservò che nel progetto di tesi di Zinov'ev le prospettive dello sviluppo del socialismo in Russia non erano ben determinate, ma quasi del tutto taciute. A questo punto dichiarò di non aver motivo d'assistere alla riunione e di partecipare alla discussione e disse che aveva intenzione di andarsene. Dopo di che s'alzò e se ne andò. Togliatti, preoccupato dell'atteggiamento di Bordiga e preoccupato soprattutto del modo in cui egli aveva posto la questione del socialismo in Russia (possibile arresto della marcia verso il socialismo in Russia), propose di informare il C.C. del Partito comunista russo della situazione che si era determinata nella delegazione italiana in seguito alle dichiarazioni di Bordiga. Probabilmente Togliatti la sera stessa si mise in contatto con Stalin. Nella serata stessa, difatti, si seppe che Stalin l'indomani sarebbe venuto alla riunione della delegazione italiana pronto a rispondere a tutte le domande e a dare tutte le spiegazioni necessarie. In quella stessa serata, comunque, la sera del 21 febbraio, Bordiga si recò da Trotskii ed ebbe con lui un lunghissimo colloquio che ebbe termine all'alba, colloquio nel quale Trotskii preparò minuziosamente Bordiga allo scontro con Stalin. Bordiga, del resto, è vivente e, se crede, potrà portare il contributo dei suoi ricordi personali. Togliatti presiedeva e dirigeva la discussione. Non so se oltre Bordiga, oltre chi scrive e oltre il russo Kobilanskii, oggi, a 40 anni di distanza, sopravvivano altri partecipanti a quella riunione. Può darsi. Difatti, per quanto abbia domandato a coloro che potevano saperlo, non tutti gli pseudonimi dei partecipanti a quell'incontro sono oggi intelleggibili per noi. Comunque, certamente, non sopravvivono persone di una certa notorietà, oltre quelle elencate.
Alla riunione partecipò anche una compagna non indicata tra i presenti nel verbale che pubblichiamo: Fanny Jezierska. Ebrea di origine polacca, Fanny aveva militato prima nel Partito comunista polacco, poi in quello tedesco. Giovanissima era stata segretaria di Rosa Luxemburg. Quando Rosa venne assassinata passò a lavorare con Clara Zetkin e, per poco, come segretaria di Paul Levi e di Brandler. Si recò, poi, in Russia e lì venne assunta nella segreteria particolare di Litvinov. Ammalata, non riuscí a resistere al clima russo e Litvinov la inviò in Italia, nel personale diplomatico dell'Ambasciata russa a Roma, non ricordiamo con quali funzioni. Appunto perché nel febbraio del '26 rivestiva ancora quella veste ufficiale, tra i presenti alla riunione della delegazione italiana con Stalin del 26 febbraio 1926, venne omesso il suo nome. In Italia la Jezierska rimase, ci sembra, dal 1922 sino alla fine del 1925 (forse, fino agli inizi del 1926) e qualsiasi fossero le sue funzioni ufficiali nell'Ambasciata russa, il suo incarico reale era di tenere i contatti con il centro dirigente del P.C.I. e di assicurare i collegamenti tra questo centro e il C.E. dell'I.C. In quel suo lavoro Fanny fini col legarsi molto ai dirigenti comunisti italiani, a Gramsci - particolarmente - a Tasca (con il quale conservò rapporti di amicizia personale e politica sino alla morte), a Ruggiero Grieco, a Camilla Ravera. Fanny Jezierska era una donna d'ingegno non comune e di adamantina dirittura morale. Chi l'ha conosciuta ne serba un ricordo indimenticabile. Nel momento in cui avveniva la riunione con Stalin, Fanny era stata già scelta (o stava per essere scelta) da Stalin come sua informatrice personale sulle questioni del P.C.I. e come impiegata della sua segreteria, cosí come è documentato da una lettera di Togliatti da Mosca diretta alla Segreteria del P.C.I. in data 17 marzo 1926 (Archivio del P.C.I., depositato presso l'Istituto Gramsci). Probabilmente, a questo titolo, oltre che come traduttrice, la Jezierska partecipò alla riunione di cui parliamo.
Nel corso dell'incontro della delegazione italiana con Stalin finirono col manifestarsi due linee: una della maggioranza della delegazione che si limitò a chiedere a Stalin delle precisazioni sulle divergenze manifestatesi al XIV Congresso del Partito russo in relazione, soprattutto, ai problemi economici russi e in relazione a certe prospettive del movimento operaio internazionale; l'altra, che faceva capo a Bordiga, la quale sollevava anche, certamente, il problema delle concessioni fatte ai contadini medi e delle divergenze di opinione sui problemi economici russi apparse al XIV Congresso del P.C.R., ma se ne serviva essenzialmente come punto di partenza per condannare politicamente Stalin, per porre in discussione la persona di Stalin come dirigente, per inficiare tutta la sua linea dal 1917 al 1926. Da qui lo sforzo della maggioranza della delegazione e del suo presidente Togliatti, tutte le volte che Bordiga portava l'attacco sulla linea seguita da Stalin nel 1917, sulle responsabilità sue e dell'I.C. nel fallimento dell'Ottobre tedesco nel 1923, di riportare la discussione sul terreno delle divergenze piú recenti, che si erano manifestate al XIV Congresso, in relazione soprattutto ai problemi economici russi.
Togliatti, dopo aver espresso il desiderio della delegazione, in generale, di ricevere informazioni sui punti di divergenza affiorati al recente Congresso del P.C.U.S. in relazione ai problemi economici, subito dopo precisa che è "il compagno Bordiga" che "chiede che il compagno Stalin spieghi qual è il valore delle concessioni che sono state fatte ai contadini medi." La posizione di Bordiga sui problemi economici russi del 1926 appare, comunque, come una tipica posizione trotskista: le concessioni ai contadini, cioè, sono di tale natura da modificare il carattere proletario e socialista della rivoluzione, iniziano un processo di involuzione e di burocratizzazione piccolo-borghese dello Stato sovietico (presto i trotskisti parleranno di Termidoro). Ma lo scontro che si verificò allora tra Bordiga e Stalin è interessante anche da un altro punto di vista: mette a fuoco, cioè, un particolare momento dell'evoluzione dell'opposizione trotskista in Russia. Fino a poco tempo prima nell'interno del Partito russo la lotta si era svolta soprattutto tra Zinov'ev da una parte e Trotskii dall'altra. Stalin, pur partecipando all'attacco contro Trotskii, in prima fila, aveva assunto una posizione in un certo senso indipendente da quella di Zinov'ev, piú moderata, piú equilibrata, probabilmente non per reale desiderio di equilibrio e di moderazione quanto perché i due gruppi (Zinov'ev sviluppando il tema del non-bolscevismo di Trotskii, già accennato da Lenin, e Trotskii mettendo, a sua volta, in cruda luce il significato politico del 'tradimento' di Zinov'ev nell'ottobre del 1917) avevano ottenuto in realtà il risultato di squalificarsi reciprocamente, di fronte al Partito e di fronte al paese, a tutto vantaggio di Stalin.
Quando noi ci incontrammo con Stalin nel febbraio del 1926 l'atteggiamento di Trotskii e di Zinov'ev era, però, cominciato a mutare nel senso che l'uno e l'altro s'erano cominciati a rendere conto dell'errore compiuto. Agli inizi del 1926 cominciava a manifestarsi nei gruppi trotskisti e zinovievisti un diverso atteggiamento di lotta contro Stalin - un'intenzione di lotta se non comune, almeno, parallelamente condotta - e, difatti, Bordiga, dopo aver parlato a lungo con Trotskii, presentò l'opposizione operaia di Leningrado (Zinov'ev) come portavoce di un allarme diffuso tra gli operai per la politica 'opportunista" di Stalin (2). Quando Stalin ribatté che non si trattava, in realtà, degli operai di Leningrado ma di un piccolo gruppo di dirigenti che somigliava al gruppo che nel 1917 non credeva nella possibilità della rivoluzione, Bordiga - che Trotskij aveva ben documentato - ripartì immediatamente all'attacco rinfacciando a Stalin di essere stato, anche lui, contro Lenin nel 1917, cosí come era stato contro Lenin nella questione della pace nel 1919.
A questo punto, il verbale della seduta non è esatto. Pecca, cioè, per sostanziali omissioni. Dal verbale sembrerebbe, difatti, che Stalin abbia evitato di rispondere a Bordiga sul 1917 e si sia semplicemente limitato a rispondere che egli non fu in disaccordo con Lenin nel 1919. In realtà le cose si svolsero diversamente. Ricordo bene che posto di fronte alla questione del suo atteggiamento nel 1917 Stalin rifletté piú a lungo del solito prima di rispondere, poi rispose che non nell'ottobre del 1917 ma prima delle tesi di aprile di Lenin e particolarmente nel marzo 1917, quando si discuteva del carattere della rivoluzione in Russia, egli aveva avuto su quella questione delle esitazioni, ma dall'aprile in poi era stato d'accordo con Lenin cosí com'era stato d'accordo con Lenin nel 1919 contro la continuazione della guerra. Nel verbale questo esplicito riconoscimento di Stalin sulle sue posizioni politiche errate del marzo 1917 è sparito del tutto. Comunque, Bordiga non si diede per vinto. Perché - disse - adesso che Zinov'ev è passato all'opposizione gli si rinfaccia il suo atteggiamento nell'ottobre del 1917 mentre, invece, si organizzò una campagna contro Trotskij quando Trotskii ricordò a Zinov'ev gli errori compiuti nel 1917 e fece un confronto fra l'Ottobre russo (1917) e l'Ottobre tedesco (1923) criticando la ripetizione di analoghi errori in quei compagni che, oggi, anch'essi sono passati all'opposizione? Allora - notò Bordiga - si disse che l'attacco di Trotskii era rivolto contro la vecchia guardia bolscevica. Perché adesso tutto sembra cambiato? Bordiga, insomma, tenne a mettere in luce che quelle accuse erano utilizzate o non utilizzate da Stalin strumentalmente, a seconda che Stalin ritenesse utile oppure no utilizzarle ai fini della lotta interna di Partito, senza rispetto per la verità storica. A queste obiezioni di Bordiga, Stalin rispose due volte, in differente maniera. La prima volta rispose con un argomento, in realtà, abbastanza forte. Rispose, cioè, che Trotskii in passato non fu combattuto per questo (sarebbe stato piú esatto, forse, dire che Trotskii non fu combattuto soltanto per questo) ma perché riteneva che senza la rivoluzione in altri paesi d'Europa non sarebbe stato possibile sviluppare il socialismo in Russia. La seconda volta, però, Stalin perse la calma e rispose con un argomento che rivela quale fosse, in sostanza, il fondo della disputa: Stalin rispose in sostanza, cioè, che se Trotskii mise avanti il suo paragone fra l'Ottobre russo (1917) e l'Ottobre tedesco (1923) lo fece non per una questione di principio o per amore della verità storica ma perché voleva (attaccando politicamente Zinov'ev responsabile del "tradimento" di ottobre e attaccando, al tempo stesso, Stalin per la sua posizione incerta nel 1917 e Zinov'ev e Stalin, insieme, per la sconfitta tedesca del 1923) "cambiare i cavalli durante la corsa." Qui il verbale è esattissimo. Proprio questa fu la tipica espressione di Stalin per indicare che lo scopo reale di Trotskii era di cambiare la direzione del Partito: era la lotta per il potere. Il dibattito continuava cosí in forma acuta, con botte e risposte tra Bordiga e Stalin, quando Togliatti intervenne per sdrammatizzare e spersonalizzare la discussione osservando come si stesse finendo per discutere della questione Trotskii invece di discutere del "tema di cui la delegazione desiderava di essere informata," chiedendo, cioè "che il compagno Stalin spieghi qual è il valore degli elementi socialisti esistenti nell'industria russa." Piú avanti però Togliatti stesso chiese a Stalin se le questioni discusse al XIV Congresso del P.C.U.S. coinvolgessero prospettive riguardanti gli sviluppi della situazione mondiale e il dibattito assunse di nuovo una forma acuta. Stalin allora fece effettivamente, in termini chiari e categorici, l'affermazione riportata dal verbale cioè a dire che il compito immediato per il P.C.U.S. era quello di ben organizzare e sviluppare l'economia russa perché "con essa è la rivoluzione che si sviluppa". Quando noi saremo piú forti "non è affatto escluso che se la borghesia non ci attacca prima, saremo noi costretti ad attaccarla" dato che è il nostro "dovere di diffondere la rivoluzione nel mondo con ogni mezzo, e noi lo faremo."
È difficile dire - tenuto conto delle condizioni di grande debolezza economica, militare, politica in cui si trovava la Russia agli inizi del 1926 - in che misura queste affermazioni estremiste rispondessero effettivamente alle reali convinzioni di Stalin e in che misura dovessero unicamente servire a scopo strumentale, a presentare nella luce migliore a Bordiga e ai trotskisti, cioè, le tesi di Stalin sulla costruzione del socialismo in un paese solo. Dovendo convincere (o, comunque, favorevolmente impressionare) un gruppo di sinistra tutta l'argomentazione di Stalin appare fortemente spostata a sinistra (fossero o non fossero queste le sue reali convinzioni) anche se, nel fondo, Stalin nulla concedeva agli oppositori: anzi, anche se coglieva proprio l'occasione di quel dibattito, per affermare categoricamente la funzione di guida del Partito russo da lui diretto, nell'I.C. Che credito, ad esempio, si poteva dare a Stalin allorquando affermava - cosí come effettivamente affermò e cosí come dal verbale risulta - che quando "i compagni russi parlano nel Presidium [dell'I.C.] è difficile che i compagni degli altri Partiti li contraddicano, e questo anzi non ci fa piacere?" Di li a poco l'esperienza doveva abbondantemente dimostrare che quando nel Presidium dell'I.C. alcuni compagni (Humbert-Droz, Tasca), si permisero di esprimere sulla questione tedesca un'opinione diversa da quella di Stalin, mal loro ne incolse. Vero è che Thaellmann era l'uomo di Stalin nel P.C.T. e che la questione tedesca, allora, era strettamente legata, quindi, alle posizioni di potere del gruppo stalinista nel P.C. sovietico e nell'I.C. Ma questa è, appunto, la questione. Del resto il fatto stesso che già nel febbraio 1926, alla riunione dell'Esecutivo Allargato dell'I.C., al potere deliberante dell'I.C. venisse sottratta la discussione delle questioni russe (come se il P.C.U.S. non fosse uno dei Partiti dell'I.C.), il fatto stesso che delle questioni russe fosse permesso discutere solo a titolo di informazione (e non in sede ufficiale, ma soltanto chiedendo spiegazioni a Stalin che rappresentava il gruppo che in quel momento era riuscito a prevalere), questo fatto non può essere considerato una semplice questione di procedura, ma dimostra come già agli inizi del 1926 cominciassero ad essere impiegati, all'interno del P.C.U.S. e nella direzione dell'I.C., dei metodi di direzione le cui conseguenze si sarebbero rivelate, in prosieguo di tempo, assai gravi.
Note:
(1) Protokoll Erweiterte Exekutive der Kommunistischen Internationale. Moskau, 21. März - 6. April 1925. Hamburg, 1925. Il rapporto di Scoccimarro sulla "bolscevizzazione" venne pubblicato integralmente sull'Unità del 28 giugno 1925.
(2) In realtà le posizioni di Zinov'ev e Trotskij si erano cosí violentemente contrapposte le une alle altre negli ultimi tre anni che un blocco tra i due gruppi poteva significare una sola cosa: cioè a dire che per quanto profonde fossero le divergenze politiche che separavano Trotski.j da Zinov'ev l'unità fra i due gruppi s'imponeva per cambiare il regime interno che Stalin cominciava a imporre al Partito. Ma l'urto fra i due gruppi era stato nel recente passato cosí aspro, che sia Zinov'ev che Trotskij incontrarono tra i propri seguaci non lievi difficoltà e non poterono far blocco subito, cosí come probabilmente avrebbero voluto, sin dagli inizi del 1926. Zinov'ev dovette, addirittura, convocare il 6 giugno 1926 un convegno clandestino dei suoi seguaci nei boschi nei dintorni di Mosca per fare accettare il blocco con Trotskii. Il blocco fu poi ufficialmente annunciato nella riunione plenaria del C.C. del 14-23 luglio 1926. I capi delle due correnti Trotskij e Zinov'ev ritirarono quindi, dinanzi al Partito, le accuse che si erano reciprocamente gettate sul viso. Troppo tardi. Si era oramai lontani dal tempo in cui - cosí come Kamenev aveva con eccessiva sicurezza affermato - se Trotskij e Zinov'ev si fossero presentati insieme alla stessa tribuna sarebbero stati riconosciuti dal C.C. del Partito come i successori legittimi dell'opera di Lenin.
Da "Annali Feltrinelli 1966"