Soluzioni classiche della dottrina storica marxista per le vicende della miserabile attualità borghese
Rapporti alla Riunione di Milano del 17-18 ottobre 1959 - 2a seduta
Questioni fondamentali della economia marxista I
Come è noto la presentazione delle formule che Marx dà al principio del Secondo Libro del Capitale e di cui si diede un primo accenno alla riunione di Parma, nella quale si è cercato di armonizzare la sola simbolica alle notazioni adottate nella prima parte degli Elementi di Economia marxista che furono pubblicati in Prometeo (serie autentica del secondo dopoguerra), e poi in Programme Communiste, come è stata già distribuita in forma ciclostilata per il Primo Libro lo sarà presto per il seguito suddetto.
Su queste colonne non ripetiamo la parte simbolica come fu trattata alla riunione, ma troviamo utile riesporre alcuni dei concetti base su cui si fermò il relatore illustrando le formule, in quanto sono molto utili ad introdurre la trattazione delle questioni sulla accumulazione del Capitale.
Marx nel Primo Libro come è ben noto tratta dello "Sviluppo della produzione del Capitale". Il tema non è dunque quello della produzione delle merci, o beni di consumo, studiato nel suo procedimento proprio dell'epoca storica del capitalismo manifatturiero-industriale. Un simile titolo avrebbe lasciato adito a credere che la società borghese abbia per suo motore o suo fine la soddisfazione dei bisogni umani, e per questo abbia montata una certa macchina sociale di produzione. Ciò sarebbe tanto ingenuo ed incompleto quanto inficiato dall'influsso delle false dottrine degli apologeti del capitalismo, che tutta l'opera di Marx viene a demolire. Per affermare che motore del meccanismo sociale di classe proprio della borghesia è di produrre non merci, ma "capitale" Marx adotta con rigore il suo titolo, che avrebbe ben potuto essere: sviluppo della produzione del plusvalore nella forma capitalistica. In questo rilievo tanto preliminare ed elementare è già contenuta la tesi che per produrre oggetti a soddisfazione dell'umano bisogno non deve essere - e siamo già in pieno programma rivoluzionario - necessario più produrre capitale, produrre plusvalore, e nemmeno produrre "valore" ossia produrre "merci". Abbiamo già le basi su cui poggiano le proclamazioni che stanno oggi, dopo tanto tempo da quelle pagine, al centro della battaglia da noi condotta: non si esce dalla economia borghese capitalistica se non quando si esce dalla economia mercantile - tutto l'immenso corso della economia russa dalla guerra civile fino ad oggi, per oltre un trentennio, non è che un ciclo storico primario della produzione di capitale e di plusvalore - e non vi è briciola di economia socialista.
Il Secondo Libro del Capitale tratta il "processo della circolazione del capitale" e dunque ancora una volta non si dice "circolazione delle merci nella forma storica capitalistica". Novantanove su cento degli aggiornatori di Marx non hanno afferrato che da ottant'anni siamo per sempre usciti, con un passo tanto rivoluzionario quanto storicamente irreversibile, dalla vana contrapposizione su cui sono costruite le dottrine economiche borghesi, che studiano come campi separati la produzione e la circolazione.
Per il borghese, il professore filisteo, e il traditore marxista, ieri revisionista oggi "arricchitore", nella produzione il capitale è soggetto attivo, la merce oggetto passivo, nella circolazione le merci fornicano tra loro in tutte le direzioni secondo la legge del pari scambio; per noi marxisti rivoluzionari sono mostri da sterminare il mercato e il capitale. Ove il primo sopravviva, giganteggia il secondo, turpe ermafrodita passivo ed attivo incessantemente nel processo osceno di figliare sé stesso da sé stesso.
Le metamorfosi
La Sezione Prima del Secondo Libro ha per titolo: Le metamorfosi del Capitale e il loro movimento circolatorio. Naturalmente i moderni ributtanti "scienziati" hanno più volte ironizzato questa teoria delle metamorfosi come un movimento letterario dell'eloquente autore che si ispirasse alle descrizioni dei poeti in gara di arte magica, da Ovidio a Virgilio a Dante. Ma si tratta qui di vera scienza libera da pastoie servili ed atta a raggiungere la classe oppressa e diventarne un'arma, diabolica certo agli occhi dei conformisti di cento colori. Sotto i nostri occhi di uomini comuni di questa epoca che nello stesso modo puzzava al tempo del testo e oggi, il capitale appare nella vita pratica e nel corrente linguaggio in diverse figure e sotto diverse forme che velocemente abbandona passando dall'una all'altra come le mitiche ninfe e i dinamici dannati dell'Inferno. Quale forma lo caratterizza, storicamente parlando, ossia in presenza di quale delle forme metamorfiche si può affermare che è nato? La ricerca importa perché questa è la forma nella quale ne possiamo leggere lo sviluppo, nella nostra scienza economica originale, ed è la forma nella quale la nostra prassi rivoluzionaria dovrà trovarlo per ucciderlo - è il cambiamento del mondo e non la sua spiegazione che da allora noi primi e soli perseguiamo.
Le figure essenziali sono tre. Ovvie sono al senso comune due: il denaro e le merci accumulate. Si dice capitalista il possessore di somma di denaro, ed anche il possessore di stocks, riserve di merci tali che sul mercato possano ad ogni momento convertirsi in denaro. Ma non bastano queste due forme a caratterizzare il capitalismo moderno, e la circolazione che si limitasse ad esse sole trasformandole l'una nell'altra non potrebbe dare nascita ai fenomeni del Primo Libro: la produzione del capitale vale la produzione del plusvalore. La metamorfosi diventa ternaria e la terza figura non ha niente di astratto, in quanto per darne all'uomo comune il senso concreto basta indicargli una fabbrica con uomini che vi entrano e ne escono, merci che vi entrano e ne escono.
Questa terza forma Marx la chiama il processo produttivo, e lo stesso corrente linguaggio ha scoperto il capitalista quando ha visto non più il tesaurizzatore di oro che visita la sua caverna o il commerciante che si indugia nel pingue magazzino, ma il re della fabbrica, ergastolo di uomini, il romantico Padrone delle Ferriere.
Queste tre figure, che nelle nostre formulette erano D il denaro, M la merce, P il Processo Produttivo, appaiono sullo schermo a turno e si dissolvono come per sortilegio l'una nell'altra. Ma la metamorfosi è continua, ciclica come dicono i signori scienziati dei nostri stivali. M, P, D, P, D, M... si può andare avanti all'infinito. La osservazione del tutto semplice di Marx è che non sta scritto in nessun posto che si debba "attaccare" con M come "prima sequenza" del film che gira. Nessuno ci vieta di attaccare da D, e nessuno di attaccare da P, e quindi tre possono essere le "proiezioni" del processo circolatorio. La cosa può sembrare freddo esercizio formale, ma presto il mondo avrà visto che lo scioglimento è semplicemente infernale; professori stipendiati e demagoghi venduti si daranno nei decenni venturi a dissipare la rivoluzionaria esplorazione di così facili e tremendi veri.
Siccome quello che si doveva scrivere non era uno squallido trattato universitario ma il dramma vivo della storia che si svolge, nella sua presentazione nel Primo Libro si è dovuto scegliere un personaggio che agisce: questi è il capitalista, ma non si trattava di scoprire un colpevole, né di risolvere la questione con la sua esecuzione personale. Si è trattato dall'inizio di mettere in luce piena ben altro che pettegole responsabilità individuali, e dopo aver ingaggiato quell'attore gli si chiese scusa di non averlo dipinto in tinte rosee.
Nella sceneggiatura iniziale come nelle formulette allineate da noi nel nostro didattico Abaco si parte da quel signore come da un detentore di denaro. Marx dice quindi che il "primo atto" del capitalista è quello di uno che dispone di denaro. Ma noi non siamo dei metafisici e non abbiamo più bisogno di essere dei mitologi; non si tratta di scrivere che "in principio era il denaro" ma di tracciare fedelmente il ciclo. Si tratterà poi di afferrare quell'anello in cui si racchiude la sua ragione di vita, che deve divenire una storica ragione di morte.
Borghesi, si gira!
Comunque lo schema è noto. Il primo atto è un atto mercantile, ossia il capitalista compra merci con una certa somma di denaro. Ma si tratta di due provviste di merci ben distinte, che notoriamente nel Primo Libro abbiamo distinto in capitale costante e capitale variabile, ossia c e v delle prime formule che non occorre ora riscrivere, e che ai fini dello studio sulla circolazione Marx simboleggia diversamente chiamandole con i termini equivalenti di mezzi di produzione e forze di lavoro. Gli atti di mercato sono finiti e come è noto nessuno ancora è stato... fregato. Il lavoratore per conto suo non ha avuto nemmeno anticipata la sua somma v , o salario. I conti si faranno dopo, alla fine del secondo atto. Fino ad adesso, e del resto sempre, nessuna violazione si è avuta della legge dello scambio tra valori equivalenti.
Entrando nel secondo atto del "funzionamento del capitale produttivo" il capitalista o la diabolica forza impersonale che agisce per lui, consuma quanto ha comprato; ossia i mezzi di produzione e la forza-lavoro. Il dramma è stato rappresentato e raccontato milioni di volte, e noi corriamo il rischio di essere ritenuti inutili scocciatori, ma non questo ci farà disarmare.
Nulla sarebbe stato possibile delle fasi culminanti del dramma che si va svolgendo se il capitalista compratore non avesse trovato separati i due tipi di merci che gli occorrevano, ossia da una parte i mezzi di produzione e dall'altra la forza-lavoro degli operai. Marx dice che questa spartizione è una condizione fondamentale, e che egli ha in altro luogo narrato come si svolse. Dunque tra le due classi è avvenuta una spartizione fondamentale, ma essa non è avvenuta all'atto di spartirsi i beni di consumo o di spartirsi nel campo sociale i redditi. Non si tratta, come pare all'ingenuo e anche al filisteo, che la società matrigna abbia diviso male tra ricchi e poveri, capitalisti e operai, una data massa o cumulo di merci o di soldi, quello che per i moderni sapienti di queste cose è il prodotto o il reddito nazionale. Questa sarebbe stata una truffarella volgare, ma talmente scempia che la seconda volta non si sarebbe più verificata. Altra è la carognata del capitalismo, e si riproduce a getto continuo, a ritmo incessante.
"Questo primo atto del processo circolatorio... suppone dei processi storici che hanno dissolta la primitiva associazione dei mezzi di produzione e della forza-lavoro ed hanno opposta la massa della popolazione, i lavoratori, come non proprietari, ai non lavoratori proprietari dei mezzi di produzione. Poco importa che prima della dissoluzione di questa associazione (tra lavoratore e strumenti produttivi) l'operaio abbia fatto parte lui stesso, come semplice mezzo di produzione, dell'insieme di questi mezzi (schiavismo e servaggio) o che lui stesso ne sia stato proprietario (società contadine ed artigiane). L'atto (primo) riposa dunque sulla ripartizione, non la ripartizione dei beni di consumo, ma la ripartizione degli elementi stessi della produzione, di cui i fattori materiali sono concentrati da una parte, mentre la forza di lavoro è isolata dall'altra" (pag. 58 vol. V Costes).
Quindi i mezzi di produzione devono già essere divenuti capitale, e questo nostro primo atto della prima rappresentazione non è veramente il primo. Comunque nel secondo atto avviene la "reazione" dei due elementi già separati e si attua il processo produttivo. Due corpi non possono reagire tra loro se precedentemente non sono stati tenuti ben lungi dal contatto, e siamo in regola con madonna scienza.
Da "Il Programma comunista" n. 22, 12-28 dic. 1959.
Scienza economica marxista come programma rivoluzionario
Quaderni di n+1 dall'archivio storico.
Una importante relazione del Partito Comunista Internazionale sulle "questioni fondamentali dell'economia marxista" nella quale si indaga intorno alla teoria della dissipazione capitalistica.