Ardua sistemazione del programma comunista rivoluzionario tra i miasmi della putrefazione borghese e la pestilenza opportunisti. Rapporti coordinati alla riunione di Casale del 9-10 luglio 1960 - Segue 2a seduta
La scienza economica marxista è programma rivoluzionario III
Ricerca sulla rotazione del capitale
Nella Sezione Seconda del Tomo secondo del Capitale, che stiamo esponendo dopo aver sottolineato le difficoltà che si oppongono ad una sua totale ricostruzione, Marx stabilisce che il tempo di rotazione del capitale risulta dalla somma del tempo di produzione di esso (maggiore del tempo di lavoro) col molto variabile tempo di circolazione.
Giunge alla fondamentale distinzione tra capitale fisso e circolante nel Capitolo VIII, e dedica quindi diversi capitoli alla storia di questa questione. Infine nei tre Capitoli XII, XIII e XIV insiste sui caratteri dei tre periodi detti: lavoro, produzione, circolazione, di cui il secondo ingloba il primo, e, riunito al terzo, dà il totale periodo di rotazione.
Segue il Capitolo XV Influenza del tempo di rotazione sul montante del capitale anticipato, che fu quello che imbarazzò Engels che vi vide una ricerca intricata e non del tutto utile, in una lunga nota apposta alla fine del quarto paragrafo, in cui espresse la grande fatica che aveva fatto a decifrare i voluminosi scartafacci.
Mentre il XV Capitolo abbandona per un momento il capitale fisso e la sua ricostituzione, il XVI abbandona per così dire anche la parte circolante immediatamente del capitale costante, e tratta solo della Rotazione del capitale variabile con conclusioni del massimo rilievo circa la rotazione del capitale variabile individuale (aziendale) e sociale.
Il XVII Capitolo, ultimo della Sezione, tratta la Circolazione del plusvalore, trascurata per ragioni di presentazione nella parte precedente e ne indica gli effetti sociali nei due casi della riproduzione semplice e della riproduzione allargata.
Saremo così sulle soglie della Terza Sezione, che tratta della riproduzione e circolazione del capitale sociale totale.
È in questi testi, discussi alle riunioni di La Spezia, Milano e Firenze, che abbiamo applicata la cosiddetta "chiave" dei "tre momenti". Ed è da questi che se ne ha il massimo effetto, al fine della ricerca dei successivi "scaglioni di sciupìo" della economia capitalistica, dentro l'azienda isolata, nella società borghese, e nel trapasso alla società comunista.
Una presentazione meno difficile può sorgere da un diverso ordine di esposizione, ossia dal dare quadri e tabelle in cui figurino tutte le grandezze in gioco, che Marx chiama spesso filosoficamente "categorie", e che matematicamente si dicono "variabili". Non che il metodo di Marx, di supporre al principio talune quantità uguali a zero, per rendere più semplice il gioco delle altre, abbia alcunché di arbitrario. All'opposto, esso è il vero metodo usato nelle scienze cui si applichi la matematica ed il solo che risolva problemi classici, designato come riduzione al caso limite. In un esempio facile, se vogliamo definire come uniforme la velocità di un treno, prendiamo i tempi a tre passaggi a chilometri noti, e siano i tempi t0, t1, t2 ai chilometri k0, k1, k2. La verifica è lunga a scrivere: (k2 - k0) / (t2 - t0) = (k1 - k0) / (t1 - t0) = v. Ma se suppongo di essere partito dal chilometro zero con l'orologio sul tempo zero, la stessissima cosa si scrive k / t = v costante; spazio diviso tempo uguale velocità. In pratica ed in teoria nulla è mutato.
Esempio dal Primo Tomo del Capitale
Quando Marx vuole provare (primo momento) che il plusvalore deriva dal capitale variabile (lavoro a salario), egli nel primo volume ricorre al semplice mezzo di porre il capitale costante uguale a zero. Nell'azienda non lo è mai, ma se pensiamo solo al secondo momento (società capitalistica) già possiamo notare che ogni capitale costante è merce nata da capitale variabile (valore da lavoro). Non è quindi una menzogna, ma una dialettica negazione di negazione.
Formalmente avevamo scritto (vedi Abaco) k = c + v (anticipo) e poi k' = c + v + p; da cui k' = k + p. Messo ora c = 0 le formule sono più brevi, k = v;k' = v + p. Quindi il tasso del plusvalore risulta dalla frazione p / v e non da p / (v + c) come vorrebbero i borghesi.
Si può vedere nell'Abaco la dimostrazione della giustezza del procedimento nelle formule un poco lunghe sulla riunione "verticale" di due aziende industriali. Comunque il procedimento di Marx è ben noto e valido.
Orbene, fatta la distinzione tra capitale circolante e capitale fisso, nulla è mutato nella formula base c + v + p = k' in cui si scompone il valore del prodotto-merce k', o capitale di arrivo.
È bene dire all'inizio del Capitolo XV che tutto k' nelle sue tre parti addende è "capitale circolante". Poi ci porremo la questione di Marx, sul tempo di rotazione e sul numero di rotazioni complete in un anno.
Il capitale fisso nel suo totale è fuori della formula. Ma una sua parte periodica entra nella circolazione per potersi ricostituire ogni tanti anni dopo il suo totale degrado, ed entra nel valore della merce.
Ora il testo all'inizio del Cap. XV stabilisce di trascurare questa parte del capitale costante, e seguire solo la rotazione dell'altra (materie prime e ausiliarie) e del capitale variabile. Inoltre abbandona al suo destino anche il plusvalore p; perciò abbiamo già detto che lo ripescheremo utilmente alla fine del Cap. XVI. Non restano in ballo a circolare che c (parte assimilata provvisoriamente al tutto), e v.
Marx per il momento vuole vedere quale effetto ha il prolungarsi del periodo di rotazione per una "ritardata circolazione", e lo vuole studiare nel suo effetto sulla quantità di capitale denaro che il capitalista di azienda deve anticipare per produrre la sua merce. Quindi è giusto non calcolare p, perché siamo nella ipotesi di riproduzione semplice (abbiamo già premesso che alla fine del Cap. XVII ne usciremo trattando anche l'allargata) e quindi la parte p del prodotto circola solo come vendita, ma l'equivalente denaro ne viene ritirato dal capitalista per consumarlo e non per operazioni di acquisto di beni-capitale.
Quanto alla parte di c, capitale costante, che vale logorio dell'impianto fisso, non è nemmeno errore trascurarla dato che in genere è piccola, e poi se non figura in c (fittiziamente) neppure ricompare nel prodotto venduto, e quindi la si può immaginare accantonata in entrata e in uscita senza nulla mutare.
Dato che tuttavia questo fare sparire e ricomparire grandezze può affaticare i lettori proletari, e può fare il gioco di nemici che cianciano di stregoneria di Carlo Marx; e dato che è più difficile eliminare i due pericoli allorché, come a Marx piace fare, si danno cifre di valore monetario e non simboli letterali-algebrici, sarà bene scrivere tutte le cifre, non annullando nulla, e poi pregare quelle che al momento non servono di assentarsi un poco.
È bene prendere le stesse cifre che Marx adotta; e gli stessi rapporti tra le varie quantità, poco curando che rispondessero alle medie della economia borghese di una ottantina di anni addietro, e oggi converrebbe mutarle ma senza pregiudizio della deduzione.
Anzitutto notiamo che Marx come tempo unitario adotta una settimana di lavoro produttivo, e come rotazione totale un certo numero di settimane. Poi considera il numero di rotazioni in un anno, ed è all'anno che riferisce la misura del volume di produzione e la grandezza del capitale, aziendale e sociale (di tutta la società borghese).
Diamo prima dei numeri un altro rilievo, che anche nella Sezione Terza, che tratta tutto l'insieme del capitale sociale, Marx, se rimette a posto il plusvalore (già tornato in scena alla fine della Seconda Sezione) conserva la ipotesi che nella cifra di capitale costante non sia ancora contenuta la quota di logorio del capitale fisso. La si vedrà però ritornare al paragrafo XI del Capitolo XX, e se ne dirà a suo tempo. Tra parentesi, il gioco di questa quota di capitale dovrà essere ricordato anche nei famosi calcoli sugli schemi della riproduzione allargata: è infatti in questa che aumento e rinnovamento di impianti fissi assorbono il massimo di energia economica. Saremo allora al Capitolo XXI.
Cifre base di partenza
Come tempi di calcolo dei "bilanci" adottiamo dunque, col testo, la settimana, la rotazione, l'anno.
La merce elaborata in una settimana è indicata in 100 (sterline, se vi piace). Ma questo è fatto escludendo il plusvalore, che vogliamo tenere in evidenza. È facile vedere che il plusvalore sarà 20. Nei quadri di Marx il tasso del plusvalore è sempre il 100%, e anche il capitale variabile sarà 20. Sempre nell'uso di Marx, il capitale costante è quadruplo del variabile, il che significa che il grado di produttività del lavoro, o di composizione organica del capitale, si suppone uguale a quattro. Quindi il capitale costante sarà 80. Avremo allora in una settimana il prodotto 80 + 20 + 20 = 120. Ma abbiamo il diritto di dire che il capitale da anticipare è 100 per ogni settimana.
Una ricerca un poco più approfondita serve a spiegare dove è andata la quota logorio del capitale fisso, che non vogliamo tenere fuori dal k' ossia dalle 120 (sterline).
Supporremo che tutto l'impianto fisso (macchinario, fabbricati) costi all'impianto 10.000 (diecimila sterline) e che duri dieci anni. Per la sua sostituzione bisognerà accantonare ogni anno la somma di 1000 in denaro sul ricavo della vendita del prodotto. Riferendoci alla settimana, faremo con Marx altra ipotesi di comodo: anno di 50 settimane. Basterà ogni settimana mettere da parte 20, che imputiamo alle 80 di capitale costante. Solo in tal modo rispettiamo le condizioni del XV Capitolo, che il plusvalore sia tutto ritirato dal padrone, e che la anticipazione sia in tutto 100 unità, ossia 20 + 60 + 20.
Infatti la quota logorio è una quota circolante quanto a recupero, anche se ha speciale rotazione di ben dieci anni e si spende solo alla fine del decimo anno. È noto che qui Marx fa astrazione da ogni credito che goda il capitalista e da ogni interesse che paghi in corrispettivo. Ma quelle 20 di quota logorio non ci importa pensare che circolino in 10 anni: in effetti entrano ad ogni vendita di merce (ciò vale dire ad ogni rotazione: lo vedremo subito, ma Marx aveva ragione perché non aveva ancora calcolata la rotazione).
Anticipiamo che la rotazione è di cinque settimane. Avremo nell'anno dieci rotazioni. Si tratterà di fare semplici moltiplicazioni per avere tutto il quadro. Per il logorio entrano a ogni rotazione 100, che percorrono il ciclo M-D con tutto il prodotto della rotazione, ma non percorreranno quello D-M che alla fine dei dieci anni. Ma è lo stesso che se lo percorressero subito; sarebbe come se una ruota alla volta si acquistassero i pezzi della futura macchina di rimpiazzo!
Prima di dare il quadro completo indichiamo che oggi in America si diffonde il tipo di gestione in cui il capitalista non è proprietario dell'impianto, ma paga un fitto annuo. Gli basterà avere il capitale di esercizio (quello che qui con Marx stiamo cercando) in cui includerà il fabbisogno di un canone di 1000 per anno, e magari del corrispondente a trimestri, mesi ecc.; che sarà gradatamente in uscita come in entrata, e che quindi abbiamo già messo nel ballo circolatorio. Vedremo nello studio del Terzo Tomo se il proprietario dello stabilimento si deve considerare un proprietario fondiario e la sua rendita trasporla a frazione del plusvalore, o calcolare l'affitto dell'immobile come rendita e quello delle macchine in conto capitale.
L'avvicinamento dei due rapporti economici non è privo di portata nel senso storico. Suolo, immobili e capitale fisso hanno il comune carattere di res nullius, roba di nessuno. In una considerazione di terzo momento, in una società comunista, non vi è proprietà del suolo e non vi è proprietà di lavoro morto, non solo nel senso che sia lavoro dei morti e per i vivi non valga più la trasmissione ereditaria, ma nel senso più vasto che è "lavoro oggettivato". Dopo la immediata rotazione produttiva (non più contro valore, moneta e salario) ogni risultato del lavoro non è di nessuno, è sociale, deve solo essere destinato nel piano ad opportuno ciclo di consumo o di lavoro. Ecco che non era piccola cosa quel c = 0!
Specchio delle cifre complete
Siano i simboli: c1 quota logorio del capitale fisso; c2 materie prime ed ausiliarie; c = c1 + c2 capitale costante; v capitale variabile; c + v = k capitale anticipato circolante; p plusvalore; k + p = k' capitale prodotto.
Valori numerici per una settimana: c1 vale 20; c2 vale60; c vale 80; v vale 20; p vale 20; k' vale 120; k vale 100.
Valori per una rotazione di 5 settimane: c1 vale 100; c2 vale 300; v vale 100; p vale 100; k' vale 600; k vale 500.
Valori per un anno di 10 rotazioni, 50 settimane: c1 vale 1000;c2 vale 3000; c vale 4000; v vale 1000; p vale 1000; k' vale 6000.
Capitale fisso pari a 10 c1: vale 10.000.
Un confronto finale
A tale punto si può rileggere il famoso Capitolo XV, che tende a stabilire il tempo di rotazione e quindi il numero di rotazioni annue quando sia dato il tempo di produzione e il tempo di circolazione. Marx al solito comincia col supporre che il tempo di circolazione sia zero: era l'ipotesi del Primo Tomo in cui si studiava la sola produzione del capitale. Nel primo caso di Marx sia di 9 settimane il tempo di produzione, ossia solo dopo 9 settimane e dopo avere, giusta le date cifre, anticipato 900, si dispone di 900 merce vendibile. Se la vendita è immediata ricomincia un secondo periodo di produzione e tutta la rotazione si intensifica colle nove settimane. Ma se per realizzare il denaro (e anche da questo la materia prima) occorrono altre 3 settimane di tempo di circolazione, la rotazione diventa di nove più tre ossia dodici settimane, e il capitale da anticipare sale da 900 a 1200, intervenendo il capitale supplementare di 300. Marx discute tre casi in cui il periodo di circolazione sia uguale, minore o maggiore di quello di produzione; e il movimento dei due capitali. Specie quando i due tempi non sono multipli aritmetici si ha un complicato incrociarsi dei due capitali, e un certo capitale resta inattivo, non in funzione produttiva. Engels trova che questo è la norma, ma appunto Marx ne cerca le conseguenze, avendosi in economia di primo stadio: lavoro sciupato = capitale inattivo.
Sorvoliamo per ora questa analisi e torniamo alla tabella base in cui il capitale è di 6000, le rotazioni sono 10 nell'anno, il capitale variabile annuo è 1000 e il plusvalore è 1000.
Marx si domanda: quanto è il capitale variabile anticipato, lasciando al solito al suo destino il fisso e il costante. Evidentemente è solo 100, quanto è occorso per la prima rotazione, poi questo capitale è rientrato e ha girato dieci volte.
Ora è giusto dire che il saggio del plusvalore è 100 per 100 perché p e v sono sempre uguali, nella settimana, nelle cinque settimane, nell'anno. Ma quello che ora Marx chiama tasso annuale del plusvalore risulta del 1000 per cento, dato che il solo capitale variabile 100 messo fuori una volta sola per tutte, ha generato 1000 di plusvalore nell'anno. Quindi il "tasso annuale" del plusvalore è tanto più grande del saggio bruto del plusvalore (che si ha anche in un solo giorno dal rapporto tra ore non pagate e ore pagate: Primo Tomo; Abaco) quante più sono le rotazioni in un anno.
Sia questo il capitale A. Marx presenta un capitale B. Esso è anche di 6000 e si scompone nelle stesse proporzioni. Solo che per la lunghezza del periodo di lavoro (si pensi, ma solo per fissare le idee, all'agricoltura) si ha una sola rotazione in un anno, e non dieci come nel caso A.
È chiaro che il saggio bruto, immediato, del plusvalore, è sempre il 100 per cento. Ma il "tasso annuale" questa volta deriva da 1000 di plusvalenza contro 1000 di capitale variabile, che si è dovuto anticipare tutto e non ha girato dieci volte come prima quello di 100, ma una volta sola. Che se ne trae? che il tempo di rotazione non era una bazzecola, ma avrà una influenza enorme nel costruire il "grado di sciupìo". Ossia nel confronto con una società di terzo tempo, che ammannirà i suoi piani, senza nessun timore che i tempi dei cicli siano diversi da settore a settore, come Marx dirà. Per ora stiamocene alle cifre e loro rapporti.
Capitale A. Saggio del plusvalore 100%. Saggio annuo del profitto: 1000/capitale di esercizio anticipato; ossia 1000/500 = 200 per cento.
Capitale B. Saggio del plusvalore 100%. Saggio annuo del profitto (dato che la anticipazione totale ha dovuto essere 4000 più 1000) 1000/5000 = 20%.
Dunque il capitale a molte rotazioni è di gran vantaggio per il capitalista, a parità di lavoro pagato agli operai (1000 nei due casi).
Viene un ricardiano e grida: ma, un momento; e il capitale fisso?
Noi lo abbiamo già calcolato, quando abbiamo fatto circolare il c1 a 20 in 50 settimane o a 1000 in un anno. Dopo dieci anni il capitalista lo riavrà intonso e vergine. Il ricardiano urla di avere anticipato, in A 10.000 più 500 e in B 10.000 più 5000 e quindi i suoi annui saggi di profitto sono onesti; 9,5 per cento in A; 6,66% in B.
Marx dice che il saggio del profitto si riferisce al capitale merci fatturato, ed è nei due casi sempre 1000/6000 ossia 16,6 per cento, come per qualunque ciclo più breve.
Nella prima indicazione di 200 e 20 per cento abbiamo riferito la massa annua del profitto, 1000 in entrambi i casi, alla effettiva anticipazione pratica di capitale circolante, che è stato in A di 500 e in B di 5000.
Le 10 mila di capitale fisso (diecimila di lavoro morto, oggettivato) non figliano plusvalore né profitto, perché solo il lavoro vivo ha tale potenza. Le 10 mila, una volta date in principio, stanno lì a ricostituirsi in eterno, senza nulla togliere al plusvalore, basta che nell'uno e nell'altro caso 1000 di lavoro salariato siano chiamate a fecondare la materia.
Non solo dopo 10 anni, ma per tutta l'eternità (fatta astrazione della mutata tecnica, per il momento) nulla occorre per tenere in piedi le 10 mila, la cui rinnovazione ("ammortamento") è stata tutta portata nel conto circolante dell'anticipo di 500, o di 5000, tra capitale costante e variabile.
Il morto sta in piedi; e la società borghese dorme in piedi.
In principium erat verbum, et in sempiternum erit. Il verbo che fu e sarà sempre, è per l'economista borghese il Capitale, il Denaro, il Valore. Per il comunismo rivoluzionario tutto questo è un cadavere che cammina sulle spalle dei vivi. Questi non hanno nulla da costruire o da perfezionare; devono solo, levandosi, gettare dalle spalle il morto fardello.
(continua)
Da "Il Programma comunista" n. 21, 29 ott - 11 nov.. 1960.
Note
[1] Ovvero quota logorio moltiplicato per gli anni di ammortamento, evidentemente supposto a 10, come risulta dal seguito.
Scienza economica marxista come programma rivoluzionario
Quaderni di n+1 dall'archivio storico.
Una importante relazione del Partito Comunista Internazionale sulle "questioni fondamentali dell'economia marxista" nella quale si indaga intorno alla teoria della dissipazione capitalistica.