Basi organiche e centrali della rivoluzione di domani - Dalla ineluttabile crisi organica del capitalismo alla dispersione dell'opportunismo complice e rinnegato. Rapporti collegati alla riunione generale di Milano del 20 e 30 marzo 1964 - Segue: 2° seduta
Economia marxista
Breve riepilogo
Nelle precedenti riunioni, e segnatamente di Milano, giugno '62, di Genova, novembre '62, i cui rapporti scritti sono apparsi rispettivamente nel n. 20 del 2 novembre '62, n. 8 del 15 aprile 1963, n. 9 del 30 aprile 1963 e n. 10 del 14 maggio 1963 in sede di primo resoconto sommario della riunione di Milano del 4-5 maggio 1963, sono state affrontate la teoria delle crisi e quella dello sciupio. Gli argomenti, però, come è nel nostro metodo, non hanno ancora avuta una sistemazione definitiva e nemmeno soddisfacente, sono, cioè, dei semi-lavorati, cui il partito dedica periodicamente le sue cure inserendo il lavoro di nuovi compagni e aggiungendovi i relativi risultati.
A Milano 1962 fu presentato e spiegato il noto "Quadro di Marx per la riproduzione semplice del capitale fisso e circolante" pubblicato nel n. 20 del 2-11-63 di Programma Comunista. In esso si voleva caratterizzare il fenomeno del saggio annuo di plusvalore che, in relazione all'esempio numerico contenuto nel quadro stesso è del 1000% in confronto al saggio assoluto che è del 100%. La questione si risolve prendendo in considerazione le anticipazioni di capitale utili per la prima rotazione, nella sezione prima, ovvero della produzione dei beni strumentali. Effettuata questa anticipazione di capitale circolante, che consta di capitale costante circolante e di capitale variabile, si calcola il saggio assoluto di plusvalore, supposto il plusvalore prodotto nella rotazione quantitativamente uguale al capitale variabile anticipato, e ne risulta un saggio del 100%.
Supposto anche che la rotazione consti di 5 settimane e che l'anno sia formato di 50 settimane, le rotazioni complessive dell'anno risultano in numero di dieci. Ciò significa che il capitale occorso per produrre una certa merce, per realizzarne il valore monetario sul mercato, non ha ruotato una sola volta nell'anno, ma dieci, e che di conseguenza il plusvalore prodotto nell'anno è uguale a quello della prima rotazione moltiplicato il numero delle rotazioni: 10 x 100 = 1000.
Questo fenomeno non si verifica, invece, nella sezione seconda ovvero quella della produzione dei beni di consumo, almeno nella parte legata agli alimenti. Qui le rotazioni del capitale anticipato si riducono ad una sola, essendo la produzione agricola strettamente legata alla ciclicità stagionale e agli agenti naturali. Il saggio di plusvalore è sempre del 100%. Per effetto delle rotazioni si verifica, inoltre, che il capitale fisso viene ammortizzato in rate meno frequenti nella seconda sezione che nella prima, con riflessi importanti sul capitale monetario, sotto il profilo della disponibilità di denaro, specialmente al livello aziendale.
La disparità di rotazioni nelle due sezioni spiega il diverso e sproporzionato ammontare dell'impiego di capitali, e del conseguente andamento della produzione. Sembrerebbe logico che la seconda sezione, quella della produzione di beni di consumo, fosse oggetto di investimenti più massicci, richiesti dalla bassa frequenza di rotazione dal capitale, al contrario che nell'industria.
Si verifica, invece, un procedimento opposto: nella prima sezione si orienta una massa di capitale sproporzionatamente maggiore che nella seconda. La ragione sta nella molla che muove e orienta il capitale, il profitto, il plusvalore. Il capitale s'investe là dove il benefizio è maggiore.
Questo "Quadro di Marx" servì e serve di base alle due grandi questioni dello "sciupio" e delle "crisi", allo svolgimento delle quali si vuole arrivare. A Genova, quindi, nel novembre del '62 affrontammo la questione della distruzione di lavoro nei due momenti, quello della produzione e quello della circolazione del capitale. Prendemmo le mosse dal fiammeggiante paragrafo 4° del 15° capitolo della V Sezione del I Tomo de Il Capitale (Ed. Rinascita - I Tomo, 2° Vol. pag. 242 e segg.), su cui fu costruito e spiegato ai compagni il quadro delle "Variazioni nel riparto del prodotto netto sociale tra lavoro e capitale", che in questo numero del giornale viene pubblicato in edizione definitiva, dopo aver subìto alcune modificazioni di presentazione di simboli matematici.
Il secondo quadro di Marx
Chiamiamo "secondo" Quadro di Marx questo sulle "Variazioni" essendo "primo" quello sulla rotazione del capitale. Nel quadro vengono presentati i tre casi, considerati da Marx, in tre forme, una algebrica, una aritmetica frazionale ed una per numero di ore giornaliere nell'ordine nel riquadro separate da una linea continua orizzontale in grassetto e contrassegnate alla estrema destra dalle lettere grandi A, B, C.
Nel quadro non viene tenuto conto del capitale costante, perché non genera valore. In testa alle colonne verticali i simboli delle categorie, che per la familiarità che ormai si ha con esse ci dispensiamo dall'illustrare, ad eccezione, se mai, di l che è il prodotto di un'intera giornata di lavoro, cioè di t, ore di lavoro di una giornata, moltiplicato per u, prodotto di un'ora di lavoro. Le ultime due colonne a destra, dal titolo "Relazioni generali", constano, la prima, della relazione di base del saggio del plusvalore dopo le variazioni ottenute in seguito ai mutamenti di durata, intensità e produttività del lavoro; relazione in cui necessariamente s' è maggiore di s, come pure il rapporto p'/v' è maggiore di p/v. La seconda relazione consta di tre equazioni: la prima v + p = l , cioè il prodotto di una giornata di lavoro è dato dai salari pagati nella giornata (lavoro necessario) più il plusvalore (sopralavoro o lavoro non pagato); la seconda v = l - p, cioè i salari pagati sono dati dalla differenza tra il prodotto della giornata e il plusvalore; la terza z = u'/u, cioè z, la produttività del lavoro in un'ora, è uguale al prodotto di un'ora, aumentato per effetto delle variazioni di durata e intensità del lavoro, diviso il prodotto di un'ora prima delle variazioni suddette.
I tre casi di Marx sono disposti in diverso ordine, ed esattamente il terzo di Marx viene nel quadro per primo; il secondo resta tale, ed il primo viene terzo. La diversa disposizione ci viene suggerita dal fatto che il terzo ed il secondo caso in Marx possono interessare anche la singola azienda, e quindi essere oggetto di analisi di primo momento, ma quando le misure vengono generalizzate, e cioè si è costretti a considerare la variazione della produttività del lavoro, allora, primo caso in Marx, terzo nostro, si passa in pieno secondo momento, da cui è facile intravedere il terzo momento, quello comunista dello scioglimento storico della distruzione del lavoro.
Esaminiamo il complesso quadro. Primo caso: variazione della giornata lavorativa. Le ore giornaliere di lavoro passano da t a t', ovvero la giornata di lavoro aumenta da 10 ore a 12 ore, rimanendo invariati il capitale variabile, o salario, e il prodotto di un'ora di lavoro. Di conseguenza il prodotto di una giornata di lavoro aumenta perché aumentano le ore lavorate, e di riflesso per la stessa ragione aumenta il saggio di plusvalore, o lo sfruttamento del lavoro salariato, con implicito aumento della massa di plusvalore. Il plusvalore,p, varia in p' il quale è uguale a l' meno v, vale a dire il prodotto della giornata di 12 ore meno il salario pagato; oppure è uguale al plusvalore iniziale aumentato della differenza della durata della giornata del lavoro prolungata a 12 ore con quella originaria di 10 ore, vale a dire, della differenza di 2 ore moltiplicata per il prodotto di un'ora di lavoro; ovverosia il plusvalore variato è uguale al plusvalore di partenza più la differenza tra il prodotto della giornata di lavoro di 12 ore e quella di 10 ore. Così il prodotto della giornata di lavoro, l, varia in l', cioè è uguale al numero delle ore giornaliere aumentate da 10 a 12 per il prodotto di un'ora di lavoro. Sale allora l'indice di sfruttamento della forza lavoro, da s a s', dove la maggior quantità di lavoro estorto non pagato, è data dalla differenza tra s' - s, cioè tra la massa di plusvalore estorta durante la giornata di 12 ore e quella di 10. Lo sviluppo algebrico di s' nelle relazioni generali mette appunto in evidenza l'origine dell'aumentato saggio di plusvalore, dovuto appunto all'aumentato prodotto della giornata lavorativa di 12 ore che va ad aggiungersi al plusvalore iniziale.
Sub B). Si suppone che il capitale variabile sia uguale a 2/3, il plusvalore a 1/3, la giornata di lavoro di 10 ore, il prodotto di un'ora di 1/10, il prodotto della giornata di lavoro uguale a 1, ed il saggio di plusvalore, cioè 1/3 diviso 2/3, uguale a 1/2. Le variazioni in seguito al prolungamento della giornata da 10 a 12 ore, interessano, come nell'esempio algebrico, il plusvalore prodotto che passa da 1/3 a 8/15; col variare della giornata lavorativa varia il prodotto della giornata stessa da 1 a 1,2, cioè di 1/10. Il saggio di sfruttamento aumenterà da 1/2 a 4/5, infatti p'/v è uguale a 8/15 diviso 2/3, cioè 4/5 che è molto maggiore di 1/2, quando la giornata era di 10 ore.
Sub C). Supposto ora che in una giornata di otto ore, ammettendo che il prodotto di un'ora sia 3, si ottenga una quantità di prodotti espressa da 24, immaginiamo ancora che il capitalista, pagando gli stessi salari riesca ad ottenere 12 ore giornaliere e quindi un prodotto di 36. Il capitale variabile rimane lo stesso uguale a 16, il prodotto di un'ora resta 3, variano le ore giornaliere da 8 a 12 ed il prodotto della giornata 36, cioè 12 ore per 3 di prodotto orario; varia il plusvalore estorto da 8, cioè di 24 di prodotto totale meno 16 di salari, a 20, cioè 36 di prodotto meno 16 di salario. Il saggio di plusvalore passa da 1/2, cioè 8 diviso 16, a 5/4, cioè 20/16. In questa forma il saggio è maggiore della forma sub B), in quanto abbiamo supposto che le ore variano da 8 a 12 anziché da 10 a 12 nella giornata. In questo caso siamo in piena fase di primo momento, cioè in piena fase aziendale: il maggior volume di plusvalore viene estorto dal capitalista con il semplice e brutale aumento della durata delle giornate lavorative, come si è verificato nel passaggio al periodo manifatturiero del capitalismo, per esempio nell'Inghilterra del XVIII secolo, e nella Russia dei piani quinquennali, dove, a buona ragione, Stalin proclamava essere l'uomo il capitale più prezioso.
Secondo caso
Varia l'intensità del lavoro nell'azienda. Si hanno variazioni in u e in l, cioè nel prodotto di un'ora di lavoro e nel prodotto totale della giornata, di conseguenza variazioni nella massa di profitto e nel saggio. Rimangono invariati invece il capitale variabile, salari, e le ore della giornata lavorativa. Si ottiene un plusvalore aumentato in seguito, non come nel primo caso, al prolungamento della giornata lavorativa, ma intensificando lo sforzo lavorativo degli operai nello stesso periodo di tempo. Un esempio recente si ha nel settore della produzione tessili, dove gli operai sono indotti a sorvegliare dieci telai anziché otto.
Diversamente dalla forma A) del primo caso, p varia in p' con l'aggiunta del prodotto addizionale di ogni ora di lavoro per tutte le ore della giornata. Quindi il prodotto totale della giornata di lavoro, cioè l', è dato dal prodotto delle ore di lavoro solite per il cresciuto prodotto di un'ora di lavoro. Nel caso dei tessili dieci telai anziché otto messi in funzione da un solo operaio produrranno nella stessa ora un prodotto maggiore di prima, e il prodotto della giornata aumenterà di tante unità quante sono le ore lavorative moltiplicate per il prodotto in più di un'ora. Nella forma B), il prodotto di un'ora passa da 1/12 a 1/10, le ore di lavoro restano 12, il capitale variabile, salari, resta 2/3, e variano il plusvalore da 1/3 a 8/15, il prodotto della giornata di lavoro da 1 a 1,2, infine il saggio da 1/2 a 4/5. Si nota bene nel quadro la ragione dell'aumento del prodotto della giornata da 1 a 1,2. Nel primo caso si perveniva allo stesso risultato con l'aumento delle ore giornaliere, invariato il prodotto di un'ora, cioè 12 ore per 1/10 di prodotto orario, in questo caso non variano le ore che restano 12 ma il prodotto di un'ora, cosicché il prodotto totale l di 1,2 è dato da ore 12 per 1/10 di prodotto orario. Il saggio di plusvalore varia a 4/5, tale essendo il rapporto tra il plusvalore, aumentato a 8/15, e 2/3 di capitale variabile.
Nella forma in C) invariate rimangono le ore della giornata lavorativa, cioè 8, i salari pagati cioè 16, variano invece il prodotto di un'ora da 3 a 4, di conseguenza il prodotto totale della giornata da 24, cioè 8 per 3, a 32, cioè 8 per 4, varia il plusvalore, o prodotto netto, da 8, dato da 24 meno 16, a 16, risultante da 32 meno 16. Il saggio di plusvalore passa da 1/2, cioè 8 diviso 16, a 1, cioè 16 diviso 16. Anche qui la previsione di aumento del prodotto orario è maggiore in C) che in B) (4/3 al posto di 12/10). L'intensità del lavoro aumenta il prodotto totale con l'aumentata intensità del lavoro, il che presuppone un aumentato livello organizzativo delle forze produttive, dovuto alla saggia considerazione della borghesia capitalista di non dilapidare le forze del lavoratore forzandole oltre i limiti biologici, e alle dure e spesso sanguinose battaglie sociali del proletariato.
Terzo caso
A questo si passa attraverso il salto dalla potenza alla produttività sociale del lavoro, insite nella intensità. La distinzione è in Marx, e la prima, la potenza del lavoro, interessa il valore prodotto; la seconda, la produttività del lavoro, interessa la quantità fisica del prodotto. Ed ecco che si passa al terzo caso, primo in Marx, perché varia la produttività, cioè aumenta la capacità produttiva del lavoro alla scala sociale, avendo utensili e macchine più perfetti consentito di ottenere la stessa quantità di prodotto con un numero minore di operai e di ore lavorative. Per questo nel quadro si introduce un nuovo simbolo, e cioè z, che sta ad indicare l'aumento generale della produttività.
Nella forma algebrica in A), variano v, salari, in v', secondo il rapporto v/z, nel senso che la disponibilità dei prodotti per l'operaio aumenta, ma non aumenta il valore nominale dei salari. Infatti la maggior produttività del lavoro fa aumentare la quantità dei prodotti, non il valore totale che si distribuisce così su un'accolta più numerosa di merci. Lo stesso dicasi per u, il prodotto di un'ora di lavoro, che varia non in valore ma in quantità di prodotti. Invariate rimangono le ore di lavoro e il prodotto della giornata lavorativa.
Il plusvalore invece aumenta da p a p', cioè della differenza tra il maggior salario precedente, v, e il salario nuovo, v', minore appunto nel rapporto di v/z (di salari prima della variazione divisi per l'aumento generale della produttività).
Il saggio di plusvalore anche esso aumenta, come vedremo negli esempi numerici e quantitativi, nel rapporto di p'/v', essendo p' maggiore di p e v' minore di v.
Nella forma B) i salari, v, passano da 2/3 a 5/9 secondo il rapporto dell'aumento generale della produttività da 1/12 a 1/10. Il plusvalore aumenta da 1/3 a 4/9, sempre per effetto della diminuzione dei salari. Le ore lavorate restano le stesse 12 di prima, come pure il prodotto totale della giornata resta 1.
Il saggio di plusvalore varia da 1/2 a 4/5. Si noti che il saggio di plusvalore in questo terzo caso non muta rispetto al secondo, perché dovendoci esprimere in termini di valore, questo non varia. Infatti, come abbiamo già detto, non aumenta, a parità di condizioni, cioè di ore di lavoro, il valore prodotto ma la quantità delle merci su cui si distribuisce la stessa quantità di valore.
Di conseguenza i prezzi delle merci devono scendere nel rapporto di 1/z ivi compresa la forza lavoro, essa stessa merce preziosa. Nella forma C) i salari diminuiscono da 16 unità monetarie a 12, nel rapporto di 16 diviso 4/3, che sta ad indicare l'indice sociale della produttività, il plusvalore aumenta da 8 unità a 12, cioè dell'intero prodotto della giornata pari a 24 unità meno i salari sborsati 12, le ore restano 8 il prodotto giornaliero resta 24, varia il prodotto orario da 3 unità a 4. Il plusvalore passa da 1/2 all'unità, infatti p/v è uguale nel nostro esempio a 12/12, cioè 1.
Si verifica, quindi per il plusvalore lo stesso scatto che si verificava nel secondo caso, quando una sola azienda era riuscita a far produrre i suoi operai in un'ora 4 unità fisiche invece di 3 senza aumentare il salario (per Marx aumento dell'intensità del lavoro). Quando ciò sia avvenuto per tutta la società, come insieme di aziende capitalistiche, la misura del valore, che nella società attuale è la moneta, cambia in ragione del prodotto medio sociale dell'ora di lavoro, ossia sale da 3 a 4. Per conseguenza il trattamento degli operai (potere di acquisto di sussistenza) resta lo stesso in termini reali pur essendo espresso in moneta da una cifra ridotta a 3/4.
La trattazione di Marx mostra che tutti i miglioramenti tecnici applicati ad un'azienda ed estesi a tutta la società aziendale sono utilizzati dal capitale e peggiorano la parte dei lavoratori, nel ripartire tra le classi il prodotto globale. Questo è il senso della dottrina della miseria crescente e della conclusione che fino a quando si applica il sistema salariale (compenso monetario a tempo), sussiste il sacrificio dei lavoratori nel riparto del prodotto totale (critica della Russia e di tutte le false economie capitaliste).
Più merci più schiavitù
Dalla scarna disamina del quadro riusciamo a cogliere che con l'aumento della produzione, dovuta al diabolico aumento del tormento del lavoro sia prolungando la durata della giornata lavorativa (I caso), sia aumentando la potenza o la produttività del lavoro (II e III caso), non viene scalfito affatto il tragico stato di soggezione del lavoro al capitale. Anzi, se la produttività del lavoro aumenta col diminuire della durata della giornata lavorativa (questo è il decorso storico dimostrato e descritto dallo stesso Marx), non diminuisce affatto, ma anzi aumenta sproporzionatamente l'indice di sfruttamento del lavoro in ragione assai maggiore di quanto possa indicare il quadro stesso.
La parte che compete al lavoro è relativamente sempre minore di quella che compete al sopralavoro. Si deduce che i salariati non sono affatto interessati all'accrescimento della produzione, mito che invece sostanzia il tradimento opportunista dei partiti operai. Si deduce, altresì, che mentre in regime capitalistico l'aumentata produzione del lavoro è strumento di oppressione dei lavoratori, in regime socialista sarà innanzitutto ragione prima per la radicale riduzione della durata della giornata lavorativa per la produzione dei beni "materiali", con "la esclusione di ogni lavoro senza utilità" e l'eliminazione dello "sperpero più smisurato dei mezzi di produzione sociale e delle forze-lavoro sociali, oltre a un numero stragrande di funzioni attualmente indispensabili, ma in sé e per sé superflue ".
Per cui occorrerà che il lavoro debba essere distribuito su tutti gli idonei, e nessuno strato sociale possa allontanare da sé "la necessità naturale del lavoro" addossandola ad altri. L'umanità riconquista così una gran parte di tempo per "la libera attività mentale e sociale degli individui".
La rotazione del capitale
Sull'argomento fu riferito in maniera sommaria alle precedenti riunioni sopra accennate. In particolare fu messo in evidenza che se tutto il tempo di rotazione si riducesse al periodo di lavoro il capitale produttivo "girerebbe" tante volte quanti sono i periodi di lavoro e qui lo sciupìo nella circolazione sarebbe annullato. Marx pone appunto il tempo di circolazione uguale a zero per dimostrare che, essendo obbligata nel modo di produzione capitalista la metamorfosi del capitale produttivo in capitale mercantile e infine monetario, in regime capitalista lo sciupio nella circolazione è inseparabile dalla produzione stessa e per evitarlo non vi è altra soluzione che impedire che i prodotti si trasformino in merci, il che vale l'abbattimento della forma capitalista della produzione. Ma il capitolo XV del Il Capitale si sofferma dettagliatamente sulla rotazione del capitale, con particolare riguardo all'influenza che sulla rotazione esercita il diverso rapporto intercorrente tra tempo di lavoro e tempo di circolazione.
Si ricordi il primo Quadro di Marx sulla riproduzione semplice del capitale fisso e circolante, nella quale, astrazion facendo dal tempo di circolazione, veniva in luce il saggio annuo di plusvalore uguale al numero delle rotazioni del capitale circolante anticipato, e quindi tasso assai più elevato del saggio assoluto.
Il fenomeno si spiegava proprio nella caratteristica del capitale circolante industriale di reimpiegarsi con agevole frequenza. Adesso questo periodico reinvestimento di capitale, della stessa massa di capitale, viene preso in considerazione non più disgiunto dall'altra fase della rotazione, quella della circolazione, in realtà inseparabile dalla fase di lavoro. Allora si può, sulla scorta degli esempi dello stesso Marx, stabilire un indice quantitativo dello sciupio nella circolazione del capitale.
Marx dà tre casi tipici e generali; il primo: tempo di lavoro maggiore del tempo di circolazione; secondo: tempo di lavoro uguale al tempo di circolazione; terzo: tempo di circolazione maggiore del tempo di lavoro. Ponendo il tempo di rotazione uguale a 8 settimane, nel primo caso si ha la ripartizione in 5 settimane di tempo di lavoro e 3 di tempo di circolazione: in questo caso, secondo la formula generale di Tc/T = indice di sciupio, si ha che i = 3/8 = 33% di tempo sciupato. Nel secondo caso, si ricava che i = 4/8 = 1/2 = 50 %. Nel terzo caso, si ottiene che i = 5/8 = 66%. Nella misura in cui il tempo di circolazione cresce rispetto a quello di lavoro aumenta anche l'indice di sciupio.
Prendiamo ora in esame la rotazione vera e propria, il meccanismo di rotazione del capitale circolante, cioè del capitale variabile e del capitale costante circolante, del capitale costante cioè senza le quote di ammortamento del capitale fisso, macchine, impianti e attrezzi.
Il "capitale liberato"
Nel seguire l'intreccio tra tempo di lavoro e tempo di circolazione di un capitale, o del capitale totale sociale, che è lo stesso, si nota un'anomalia nella rotazione del capitale, alla quale Marx dà il nome di " capitale liberato". Noi riscriviamo fedelmente gli esempi di Marx stesso, aiutandoci con i grafici qui stampati che traducono gli esempi numerici e meglio l'avvicendarsi delle due fasi della rotazione. Nel caso primo – tempo di lavoro uguale al tempo di circolazione – non si presenta alcuna interruzione della rotazione del capitale, in quanto i due capitali si avvicendano con regolarità: quando il capitale primo è in fase di lavoro il capitale secondo è in fase di circolazione, ed ambedue coprono alternativamente i loro rispettivi periodi di rotazione. La divisione in capitale primo, secondo e terzo, K1 , Y2 e K3, è fatta a scopo esplicativo, in quanto il capitale è sempre uno, pur se ripartito in porzioni ideali.
La necessità di ripartire così il capitale sociale deriva dalla legge "per cui la massa del capitale produttivo costantemente in funzione è determinata dal rapporto tra il tempo dì circolazione e il tempo di rotazione". In questo caso il rapporto è di 1/2, vale a dire per avere costantemente in produzione una massa di capitale di 450, occorre avere una massa complessiva di capitale pari a 900. Il che si ricava dal tempo di circolazione pari a 4 settimane e mezzo e dal tempo di lavoro parimenti uguale a 4 settimane e mezzo. Se il capitale occorrente per la produzione è di 100 alla settimana, occorrerà disporre di un capitale di produzione pari a 100 x 4,5 = 450. La necessità di avere un altro capitale "addizionale" di 450 deriva dall'obbligo di continuare la produzione anche durante il periodo in cui il capitale produttivo trasformatosi in merce esce dalla fase di lavoro per entrare sul mercato e circolare sinché non realizzi il suo valore monetario. In questa fase la produzione dovrebbe fermarsi, l'azienda dovrebbe chiudere, in attesa che rientri il valore monetario di 450 con il quale riprendere la produzione. Per evitare allora che la produzione si blocchi esattamente per 4,5 settimane entra in funzione il capitale secondo. Qui non sorgono problemi di rotazione particolari, come è facile constatare: entra in periodo di lavoro di 4,5 settimane il capitale primo di 450, il quale alla fine delle 4,5 settimane entra in periodo di circolazione; subentra, allora, il K2 nel suo periodo di lavoro che copre quello di circolazione di K1, per le successive 4,5 settimane. Alla fine della 9a settimana rientra dal periodo di circolazione il K1 di 450, rientra in periodo di lavoro, mentre esce dal periodo di lavoro ed entra in quello di circolazione il K2, e così via, sino all'infinito. Nessun problema sorge: tutto fila liscio.
SECONDO CASO: periodo di lavoro maggiore del periodo di circolazione, grafico I. Il caso in esame considera che per produrre una determinata merce, per esempio una diga, occorra un tempo maggiore che per reincamerarne il valore monetario, ovvero riscuoterne il prezzo. Il caso, allorché il modo di produzione capitalista è altamente sviluppato, si presenta raramente nella realtà. Nel grafico sono dati i seguenti elementi: in alto la serie delle settimane da 1 a 51, supponendo per comodità dimostrativa l'anno uguale a 51 settimane; sul secondo piano orizzontale da sinistra l'indicazione di K1 = 600, massa della prima porzione del capitale, poi una serie di graffe, distinte dai simboli Tp, tempo di lavoro, e Tc, tempo di circolazione; in basso un'altra serie di graffe con l'annotazione di RI, RII, ecc., che indicano il numero progressivo delle rotazioni. Sul secondo piano si notano le indicazioni di K2 = 300 con a fianco la duplice serie superiore e inferiore di graffe con lo stesso significato di quelle precedenti.
Questo lo schema grafico della rotazione del capitale circolante nel II caso. Questa la lettura: intanto il capitale disponibile per l'intera rotazione è di 900 che si ripartisce in 600 il primo e in 300 il secondo, cui corrispondono 6 settimane di lavoro e 3 settimane di circolazione. Con la 1a entra in lavoro il K1 che compie il suo periodo di lavoro di 6 settimane, ed alla fine della 6 a settimana entra nel periodo di circolazione (Tc), compiendo così la prima rotazione completa di 9 settimane (R1). Ma perché non s'interrompa la produzione durante le 3 settimane del periodo di circolazione di K1, settimane da 7 a 10, entra in funzione il K2 di 300 che essendo la metà di K1 compie solo 3 settimane del periodo di lavoro. Alla fine del periodo di lavoro di 3 settimane di K2, alla fine della 9a settimana, rientra dal periodo di circolazione il K1 di 600 per compiere un altro periodo di lavoro di 6 settimane da 10 a 16. Nel frattempo il K2 ha già compiuto il suo periodo di lavoro di 3 settimane, ed essendo rientrato integralmente il K2 di 600 dal suo periodo di circolazione rimane inutilizzato sino alla 16a settimana. Nel grafico questo periodo di inutilizzazione è messo in evidenza dallo spazio vuoto che intercorre tra la 13a e la 16a settimana di K2. Questo periodo di inutilizzazione si ripete alla 22a, alla 31a, alla 40a settimana. Durante tre settimane 300 di capitale restano "liberate" così dal semplice meccanismo di rotazione del capitale; vale a dire 1/3 dell'intero capitale rimane inservibile, in un anno di 51 settimane, 15 settimane.
TERZO CASO: Marx distingue qui due possibilità, una in cui il tempo di circolazione sia un multiplo semplice del tempo di lavoro, ed in questo caso specifico non si ha liberazione di capitale. Esempio: 3 settimane di lavoro e 6 settimane di circolazione. Si ripete la sequenza del Primo caso - tempo di lavoro uguale al tempo di circolazione - con la sola differenza che le porzioni di capitale anziché essere due sono tre di 300 ciascuna, avvicendandosi in tempi uguali e non dando origine a liberazione di capitale. In una seconda possibilità, dove il tempo di circolazione sia maggiore ma non multiplo semplice del tempo di lavoro, si ripete il fenomeno del capitale " liberato". Il secondo grafico lo riproduce con lo stesso meccanismo del primo, a differenza del quale il capitale complessivo 900 si ripartisce in tre porzioni, una di 400, la seconda di 400 e la terza di 100.
Il periodo di lavoro è di 4 settimane e quello di circolazione di 5, come si vede non multiplo semplice di 4. Entra in funzione la 1a settimana il K1 di 400 e copre il periodo di lavoro di 4 settimane per entrare all'inizio della 5a in fase di circolazione. A coprire il periodo di circolazione di 4 settimane diK1 entra in periodo di lavoro il K 2 di 400 che copre le successive 4 settimane. Per saldare l'intera rotazione che consta di 9 settimane, ne manca una che viene coperta dal K3 di 100 che copre la 9a settimana, alla fine della quale rientra dalla circolazione ilK1. Questi copre il periodo dalla 10 a settimana alla 14a settimana in fase di lavoro, alla fine della 13a rientra dalla circolazione K2. Nel contempo, ed esattamente dalla 10a alla 14a settimana si trovano in periodo di lavoro K1 di 400 e K3 di 100. Ma essendo il periodo di lavoro di 4 settimane, la porzione 100 di capitale è superflua e viene espulsa temporaneamente dalla produzione sino all'inizio della 18a settimana, quando viene chiamata ad integrare la 9a settimana della rotazione. Idealmente K3 di 100 compirebbe una settimana di lavoro e 5 di circolazione, e quindi dovrebbe ritornare dal periodo di circolazione alla fine della 14a settimana. Il vuoto nel grafico dalla 14 a alla 18a settimana segna il periodo di 3 settimane di inutilizzazione della porzione 100 di capitale totale. In questo terzo caso il capitale "liberato" è pari ad 1/9 dell'intero capitale, e rimane improduttivo per 13 settimane su 51.
Si "libera" capitale, cioè, oltre che alla 15a settimana, anche nella 24a, 33a, 42a.
Prime conclusioni
Da quanto precede si ricava che in tutti i casi in cui il tempo di lavoro è maggiore del tempo di circolazione (Tp > Tc), e in quelli in cui il tempo di circolazione è maggiore del tempo di lavoro ma non ne è multiplo semplice, si ha "liberazione" di una porzione di capitale anticipato esattamente uguale, nel primo caso, al capitale addizionale impiegato, cioè a 300 (K2), e nel secondo alla terza porzione di capitale anticipato, cioè 100 (K3).
L'espulsione di una porzione di capitale anticipato durante la rotazione si verifica indipendentemente dalle altre circostanze, ma per il semplice meccanismo di rotazione del capitale stesso: è una "liberazione" meccanica che prescinde totalmente dalla volontà del singolo capitalista come del capitalista generale. Allo stesso modo è inevitabile l'impiego di una certa massa di capitale addizionale, operante saltuariamente lungo l'arco delle rotazioni nell'anno, durante le quali diviene superfluo. Per eliminare l'inoperosità di una parte del capitale sociale anticipato, si dovrebbe eliminare la circolazione del capitale e ridurre la rotazione al solo periodo di lavoro; il che rende impossibile la stessa forma capitalista della produzione. Se ne deduce che, eliminando la duplice metamorfosi M-D-M, delle merci in danaro e del danaro in merci, che implica l'altra trasformazione di base dei prodotti in merci, si ottiene il completo trapasso da un modo di produzione in cui domina il capitale ad uno in cui la produzione fa a meno della merce e del danaro, forme capitalistiche dei prodotti. La società socialista, quindi, non solo non conoscerà né merci, né danaro, né capitale, ma nemmeno circolazione propriamente detta: non esisterà alcun mercato su cui effettuare scambi, neppure di prodotti.
Stalin tentò di teorizzare come "marxista" la compatibilità con il socialismo della forma-merce dei prodotti e della categoria capitalista dello scambio e del mercato. Come si è visto, in Marx le cose stanno in maniera completamente diversa.
In esso si leggono il programma rivoluzionario e le leggi che presiedono alla economia socialista. Nel socialismo non esisterà circolazione perché nella società comunista "innanzitutto cessa interamente il capitale monetario, dunque anche i travestimenti delle transazioni che per suo mezzo si introducono" (pag. 332). Non vi sarà scambio di equivalenti, perché non vi sarà valore. I prodotti si sposteranno da un punto all'altro del globo, con criteri essenzialmente fisici. Le sedi produttive non avranno contabilità monetaria, e la contabilità di quantità fisiche (entrata e uscita di materie e prodotti) la si avrà solo con il centro sociale, nel quale soltanto si deciderà quali e quanti saranno i prodotti e le materie. Non vi saranno "clienti", né "debitori ", né "creditori". I prodotti da A per B non avranno compensazione in un inverso flusso economico da B per A, ma A avrà materie prime da B il quale riceverà prodotti dal centro sociale. Cioè, il bilancio produzione-consumo, centralizzato, si avrà alla scala sociale e non a quella aziendale e settoriale, regionale o nazionale.
La forma che assume il "capitale liberato" è quella monetaria, almeno nella parte costituente il capitale variabile (salari), che non è immagazzinabile come le materie prime. Questa parte sicuramente monetaria del capitale "liberato" genera periodicamente una pletora di danaro che nel modo di produzione capitalistico, data la generalizzazione del fenomeno, non può restare inutilizzato e perciò "deve sostenere una funzione importante quando si. sviluppi il sistema creditizio, e deve costituire contemporaneamente uno dei fondamenti dello stesso". Il capitale "liberato", allora, o verrà reinvestito proporzionalmente nella stessa azienda, o verrà dato a credito per il periodo di disponibilità ad altre aziende (funzione delle banche); comunque servirà ad allargare la produzione.
Engels interviene, a questo punto dell'esposizione di Marx (pagg. 298-300, ib.), sostenendo che la questione del capitale "liberato" non avrebbe meritato un così approfondito e dettagliato studio. Non rientra nella presentazione che stiamo facendo della rotazione del capitale circolante l'affrontare l'eccezione sollevata, in considerazione soprattutto del fatto che la produzione letteraria stampata e pubblicata di Marx ha subìto tali vicissitudini per occultamenti, manipolazioni arbitrarie, giudizi soggettivi, ecc., da ritenere che nei suoi voluminosi scritti e appunti inediti si debba ancora trovare la chiave per ristabilire l'importanza di questa parte della trattazione economica come pure di altre.
Un inedito fiammeggiante di Marx
Infatti, per merito dei compagni francesi, è stato reperito un testo che porta il titolo di "Sesto capitolo de Il Capitale", il quale, pur non figurando ne Il Capitale per decisione esplicita dello stesso Marx, tuttavia è così illuminante per i marxisti rivoluzionari, così deprimente per gli opportunisti, che merita non solo di essere studiato ma, dopo attenta redazione del testo non facile da tradurre, dovrà essere anche diffuso a maggior gloria della nostra dottrina e del nostro partito, a maggior scorno dei nostri nemici. La scoperta dei nostri compagni avvenne così a ridosso della riunione che non fu possibile riferirne in maniera completa e metodica. La presentazione definitiva seguirà nelle prossime riunioni generali e farà parte del rapporto scritto su questo giornale.
Marx non intese pubblicare il VI capitolo temendo che fosse di difficile comprensione soprattutto per i lettori proletari, avendo dato alla analisi del plusvalore una veste matematica. In realtà la spiegazione che Marx dà nelle prime pagine del capitolo "La produzione capitalista come produzione di plusvalore" è rigorosa e perfetta, e facile è pervenire alle conclusioni successive di carattere sociale e politico che egli trae in maniera mirabile.
"Originariamente il capitale si presenta come danaro destinato a trasformarsi in capitale, non è che capitale in potenza". Marx parte dall'errore che commettono gli economisti nel considerare capitale il danaro ma attribuendo al danaro la caratteristica, tipica del capitale, di accrescersi. Ora, se questa massa di danaro deve accrescersi, ciò significa che il valore iniziale deve avere la proprietà di procurare un incremento, un differenziale, un plusvalore, "per modo che il valore dato - la massa di danaro - si presenta come un 'fluens' e l'incremento come una 'fluxio'".
Ponendo uguale ad x il capitale iniziale, questo diviene capitale per il fatto che si trasforma in x più differenziale di x , "vale a dire in una somma di danaro o somma di valore uguale alla somma di valore iniziale più un eccedente sulla somma di valore iniziale; in altre parole, nella grandezza monetaria aumentata del plusvalore". La produzione di plusvalore è quindi lo scopo, il fine, "l'interesse motore e il risultato finale" del processo di produzione capitalista. È facile desumere che questo differenziale, il plusvalore, non può essere originato che da una grandezza "variabile". Questa "variabile" non può essere data dal capitale costante che rientra, - interamente nella parte circolante e pro-rata in quella fissa -, nel capitale prodotto. Per esclusione, essa è il lavoro salariato, il capitale variabile. È il lavoro che produce il differenziale di x, il plusvalore, scopo dell'economia capitalista. Ne consegue che "la teoria del prodotto netto, scopo più elevato e fine ultimo della produzione, non è che l'espressione brutale, ma giusta, della valorizzazione del capitale; e dunque la creazione di plusvalore senza alcun riguardo per l'operaio non è che l'anima che muove la produzione capitalista". Perciò, "parallelamente all'aumento relativo del prodotto netto, l'ideale supremo della produzione capitalistica è di diminuire per quanto possibile il numero di coloro che vivono di salario, e di aumentare per quanto possibile il numero di coloro che vivono di prodotto netto".
Questi passi tolgono di mezzo una volta per tutte, se mai fosse stato necessario, le dementi richieste opportuniste di aumento della produzione, di più equo riparto del prodotto netto sociale, la reazionaria politica di protezione degli interessi delle classi piccolo e medio borghesi condotta da partiti che si autodefiniscono operai e di alleanza del proletariato con i partiti politici espressione di tali classi. "L'ideale supremo" del capitalismo è di "aumentare il numero di coloro che vivono" di lavoro non pagato, di plusvalore, sulle spalle della classe operaia, e i partiti che difendono questa "pretesa" della piccola borghesia non possono essere che controrivoluzionari, nemici del proletariato e della rivoluzione comunista.
Ad oltre un secolo di distanza l'invettiva del Maestro contro i corifei di queste mezze classi, parassitari strati di succhiatori di prodotto netto, suona tremenda condanna dei partiti che della difesa di queste mezze classi hanno fatto lo scopo della loro vita, il fine della loro attività politica, e conferma altresì la giustezza della lotta della Sinistra Comunista contro la società borghese, contro l'opportunismo traditore, contro i rinnegati.
Da "Il programma comunista" n. 16, 7 settembre 1964.
Scienza economica marxista come programma rivoluzionario
Quaderni di n+1 dall'archivio storico.
Una importante relazione del Partito Comunista Internazionale sulle "questioni fondamentali dell'economia marxista" nella quale si indaga intorno alla teoria della dissipazione capitalistica.