Forze d'avanguardia del proletariato americano
In un ambiente sociale, economico, politico quale quello degli Stati Uniti, in cui giganteschi moti di classe, come quelli recenti dei minatori e dei ferrovieri, si accompagnano tuttavia a un lentissimo processo di formazione del partito di classe, e gli organi sindacali sono tradizionalmente organi di conciliazione, quando non addirittura di sabotaggio della lotta, è inevitabile che la tradizione rivoluzionaria marxista si concentri in piccoli gruppi di avanguardia in aspro urto con le fondamentali inquadrature politiche del Paese. In realtà, i grandi partiti operai sono cresciuti in America, ancora più che in Inghilterra, fuori dell'alveo del marxismo, su un terreno essenzialmente sindacale o addirittura corporativo, lo stesso terreno, d'altra parte, sul quale doveva germogliare, alla fine dell'altra guerra, il movimento a tipo sindacalista-rivoluzionario degli Industrial Workers of the World (IWW) e su cui ha finito per muoversi, nella sua stentatissima vita, il Partito Comunista Unificato di America. Ma più che altrove, il primo compito dei nuclei di avanguardia rivoluzionaria appare perciò, secondo un'efficace formula di Lenin, quello d'importare "il socialismo nel proletariato".
La dinamica delle lotte di classe scaturenti dalla rapidissima evoluzione del capitalismo americano e dai profondi squilibri che, nell'economia statunitense questo dopoguerra ha già cominciato a rivelare, aprirà prospettive di sviluppo alle ancor modeste correnti politiche che si sforzano di riprendere, in un ambiente storico così complesso, la tradizione rivoluzionaria dell'ottobre russo e dell'Internazionale leninista? Non parliamo delle multiformi organizzazioni trotzkiste che ripetono in America il processo d'involuzione e i paurosi sbandamenti ideologici e tattici delle consorelle europee, ma dei più modesti raggruppamenti politici che si sono prefissi come compito immediato il ristabilimento sul piano programmatico dei valori rivoluzionari del marxismo, e di cui offre un esempio particolarmente interessante la Revolutionary Workers League con la sua rivista International News e l'organo di battaglia mensile Fighting Worker, entrambi editi a Chicago (Demos Press).
Questo raggruppamento si distingue per la posizione d'intransigenza assunta nei confronti tanto del riformismo della II e della III Internazionale stalinizzata, quanto del centrismo trotzkista, e sulla base di questa posizione polemica si è fatto promotore già prima della Seconda guerra mondiale della costituzione di una "Provisional Contact Commission for the New Communist (4th) International", cui aderiscono oggi, oltre la stessa R.W.L of USA, la consorella Revolutionary Workers League of Great Britain (già Leninist League of G.B.) e il Central Committee of the Red Front of Greater Germany.
La risposta al quesito che ci siamo posti più sopra non può essere data che da un'analisi delle posizioni politiche che la R.W.L. difende.
Dal punto di vista ideologico – l'unico che per ora interessi, trattandosi di raggruppamenti a base organizzativa limitatissima -, la R.W.L. si presenta come la rivendicatrice delle basi tattiche fondamentali del comunismo nella formulazione ad esse date dai primi Congressi dell'Internazionale. Di contro alla tradizione sindacalista e corporativa del movimento operaio americano (tradizione che, come si ricorderà, rese estremamente difficile nel 1920-21 il processo di avvicinamento delle correnti rivoluzionarie statunitensi alla III Internazionale), essa riafferma il ruolo preminente e decisivo del Partito di classe; di contro all'evoluzione in senso laburista e democratico-legalitario del Partito Comunista ufficiale, la concezione rivoluzionaria della lotta violenta per la conquista del potere; di contro alla politica dei blocchi cara al trotzkismo, il principio basilare dell'autonomia del Partito della rivoluzione; di contro alla teoria del "governo operaio-contadino", la teoria della dittatura del proletariato; di contro all'interpretazione della guerra come crociata ideologica, l'interpretazione classica dell'imperialismo; di contro all'atteggiamento genericamente antifascista dei partiti operai in ambiente anglosassone, l'interpretazione del fascismo come tipica esperienza del capitalismo imperialistico e monopolistico; di contro alla prassi schiettamente patriottarda e bellicista dei due partiti tradizionali, la prassi leninista del disfattismo rivoluzionario; considera definitivamente liquidata l'illusione di un possibile raddrizzamento delle organizzazioni centriste e riformiste e, giudicando "avventuriero e d antimarxista" il processo di costituzione della IV Internazionale di Trotzky, propugna la formazione di una nuova Internazionale su basi programmatiche omogenee anziché su accordi esteriori fra partiti; condanna infine senza appello le tattiche cosiddette transitorie di unità indiscriminata e di appoggio ai "governi di sinistra" che sono fra i tabù classici del trotzkismo internazionale.
Nel dare atto di queste posizioni, che, ponendo l'accento fondamentale sulla autonomia programmatica e tattica del Partito di classe, in un certo senso convergono con le posizioni tradizionali della Sinistra italiana, dobbiamo tuttavia avvertire che la R.W.L. è ancora lontana dall'aver svolto fino alle sue estreme implicazioni questa posizione di partenza, e che perciò è essa stessa condannata a ricadere prima o poi nelle posizioni – che pur combatte – dell'intermedismo. Le pietre d'inciampo sono le medesime sulle quali ha finito per ruzzolare il trotzkismo e, se la R.W.L. non ha ancora fatto il capitombolo, è solo in virtù di un onesto, ma politicamente e ideologicamente inconsistente sforzo di equilibrio. Teoria dell'azione parallela (per quanto indipendente) del proletariato e di frazioni della borghesia nella lotta contro ritorni reazionari; tattica dell'appoggio ai movimenti coloniali e nazionali nella lotta contro l'imperialismo; fronte unico; valutazione dell'URSS come "stato proletario degenerato" sono altrettante tappe di questo fatale oscillare della R.W.L. intorno alle posizioni di sviluppo di un nuovo opportunismo.
La R.W.L. riconosce bensì che non esiste antitesi fra democrazia e fascismo, che la borghesia si vale ora dell'uno ora dell'uno ora dell'altro metodo a seconda dell'evolversi dei rapporti di forza fra le classi, che la democrazia odierna, nata dal secondo conflitto mondiale, ha assorbito in sé l'esperienza totalitaria: tuttavia riprende il vecchio slogan della tattica preconizzata da Lenin ai tempi della lotta contro Kornilov, trasposta cioè una tattica usata dal Partito di classe nel momento cruciale del trapasso da un regime feudale a un regime borghese agli episodi di riassestamento interno che periodicamente si verificano in seno alla società capitalistica e, pur insistendo sulla necessità di mantenere anche in quel caso il principio dell'"azione indipendente di classe", auspica l'intervento del proletariato nella contesa fra democrazia e fascismo, tra repubblica e monarchia, tra questa o quella frazione borghese, non già come forza politica capace di porre il problema di classe contro entrambe le formazioni avversarie, ma come forza politica di rincalzo, sia pure transitorio, ad una transitoria soluzione capitalistica. È la tattica del "marciare separati e battere uniti", tattica che, spostando continuamente i termini del problema proletario, porta le forze operaie a muoversi sul terreno obiettivo del nemico, e lo illude che un'autonomia organizzativa riesca a garantire l'indipendenza politica del Partito e perciò della classe (anche ammesso che un'autonomia organizzativa sia possibile nel momento stesso in cui si rinuncia all'autonomia programmatica).
L'ombra di questa falsa impostazione tattica si proietta necessariamente sugli altri aspetti del problema rivoluzionario. La R.W.L. nega, per esempio, che nella fase attuale del regime capitalistico, le borghesie coloniali possano giuocare un ruolo indipendente progressivo, e che la "liberazione dei popoli coloniali" possa avvenire senza l'assalto rivoluzionario del proletariato mondiale e indigeno al potere politico: riconosce anche che il problema dell'indipendenza nazionale per le minoranze oppresse ha cessato di porsi da quando l'evoluzione internazionale del capitalismo ha portato alla dittatura militare, politica, finanziaria delle grandi potenze imperialistiche; ma ciò non le impedisce di ritener valida la tattica dell'"autodecisione dei popoli", sia pure come parola d'ordine ausiliaria, e di preconizzare una tattica di appoggio (indipendente, s'intende!) alle lotte coloniali contro la ferrea catena dell'imperialismo. Applicata praticamente nel caso della Cina e delle lotte fra Ciang-Khai-Scek e la cosiddetta "Cina Rossa" (di cui la R.W.L., nega d'altronde il carattere socialista), questa tattica porta all'assurdo che le cosiddette "milizie operaie e contadine autonome" usino nei confronti delle due parti – considerate tuttavia entrambe come avverse – una doppia tattica di fiancheggiamento verso l'una e di attacco frontale verso l'altra: "ciò non significa sostenere la Cina Rossa o il suo stato dirigente, ma usare armi diverse contro le due parti della Cina, rinviare la lotta militare contro la Cina staliniana fino a che il nemico militare più diretto non sia battuto", cioè, praticamente, rinunciare al disfattismo rivoluzionario nei confronti del proprio governo e limitarne l'applicazione al governo e all'esercito altrui o, in altre parole, servire di strumento diretto o indiretto ad un imperialismo, per far la forca all'altro. La fine naturale di queste "doppie tattiche" è sempre una e dopo di essersi arrampicati sugli specchi per salvare due inconciliabili posizioni di principio, si finisce inevitabilmente per cadere nel pasticcio trotzkista dell'appoggio alle borghesie coloniali contro l'"invasore imperialista".
Per le medesime ragioni, la R.W.L. è per l'appoggio alle lotte rivendicative delle minoranze oppresse, alle lotte d'"indipendenza nazionale", alle rivendicazioni democratiche come parole d'ordine transitorie e, mentre insiste sul principio dell'"azione indipendente di classe", non si accorge che quest'indipendenza non è né può essere un fatto organizzativo esteriore, ma è prima di tutto autonomia di programma e di tattica. La verità è che, come quasi tutti i raggruppamenti politici usciti dal filone dell'opposizione trotzkista, la R.W.L. rimane impigliata in quel falsissimo canone d'interpretazione politica che consiste nel condizionare la tattica del Partito rivoluzionario ai cosiddetti caratteri "progressivi" di una determinata forma borghese in contrasto con la forma ad essa apparentemente antitetica. È anche per questo la R.W.L., ritenendo che la Russia continui ad essere uno stato operaio per quanto degenerato, e che, come tale, abbia tuttora una base economica socialista pur sotto il dominio di uno strato dirigente burocratizzato fondamentalmente borghese, è spinta dalla logica della sua impostazione tattica a porre il problema del disfattismo rivoluzionario in termini condizionali: il disfattismo è valido come tattica negli stati capitalistici dell'Occidente, e non può in essi subire limitazioni, mentre non è più valido nei confronti dell'URSS; e poiché, essendo l'URSS tuttora compresa nell'orbita della rivoluzione mondiale di cui resta una parte, è prevedibile un prossimo conflitto ideologico fra il mondo capitalista da un lato e l'URSS, con in più il proletariato mondiale, dall'altro, ne segue che nei primi "noi siamo, durante la guerra, per la disfatta dello Stato, del nostro imperialismo, anche se dovesse significare la vittoria temporanea della potenza nemica; nell'Unione Sovietica, invece, siamo per la vittoria dello Stato contro le potenze imperialistiche". E, per giustificare questo rovesciamento di posizioni, si aggiunge: "la politica di difesa dell'URSS non significa appoggio allo stalinismo, significa che fra lo stato operaio degenerato e gli stati capitalisti noi prendiamo posizione, ma senza dire agli operai di morire per il piccolo padre Stalin… o di continuare ad essere dei buoni soldati dell'Armata Rossa pur lasciando in pace i loro ufficiali. Noi siamo favorevoli all'arresto degli ufficiali staliniani dell'Armata Rossa come di quelli degli eserciti borghesi, con la sola differenza che qui noi siamo per la liquidazione del fronte, mentre là siamo per la continuazione del fronte al fine di dare un colpo decisivo al capitalismo mondiale". Ma, poiché le questioni inevitabilmente si legano, questa dialettica funambolesca si ripercuote anche sull'atteggiamento della classe operaia nei paesi alleati con l'URSS, dove il disfattismo dovrebbe essere, per dichiarazione esplicita della R.W.L., applicato senza riserva fino al sabotaggio della produzione bellica e alla continuazione della lotta di classe, ma, viceversa, "i rivoluzionari non devono opporsi all'invio [e perciò, pensiamo, neppure alla produzione] di materiale bellico, ecc. all'URSS" e, lungi dal sabotare la produzione, "chiederanno il controllo operaio sulle spedizioni e sulla produzione in generale" - posizione che finisce per collimare con le più riformistiche postulazioni dell'opportunismo sciovinista, e poco, importa che, accortisi dell'enormità di questo slittamento, i compagni della R.W.L. si sforzino di conciliare il diavolo e l'acqua santa dichiarandosi disposti a fare in modo che il materiale bellico destinato all'URSS vada in mano non dello stalinismo, ma di forze di classe e, come tali anti staliniane, dove non si capisce veramente più se parlino sul serio o si divertano a giocare con l'intelligenza del lettore.
Ma su questo punto il problema è, per la R.W.L., complicato dalla particolare concezione che i compagni americani si son fatti dell'URSS. Violentemente anti staliniani, essi ritengono tuttavia che il regime attuale non sia in Russia qualcosa di stabile o di ben definito, ma rappresenti un ponte di passaggio verso una restaurazione capitalistica con la quale non coincide ancora; che insomma, la Russia sia tuttora strutturalmente socialista ma, nell'ambiente politico staliniano, stiano sviluppandosi come in una serra calda i germi di una nuova borghesia che potrà affermarsi come classe solo sbarazzandosi violentemente, attraverso una rivoluzione, della burocrazia medesima. Si sono chiesti, i compagni americani, che pur giustamente negano la possibilità di un regime intermedio fra dittatura borghese e dittatura proletaria, come sia storicamente possibile un regime intermedio fra dittatura proletaria e dittatura borghese? Si sono chiesti, come da un punto di vista marxista, sia concepibile una soprastruttura politica erigentesi su una base economico-sociale da essa divergente?
Evidentemente, non basta l'assenza della proprietà privata personale dei mezzi di produzione a definire socialista o anche solo "operaio" lo Stato russo. La concentrazione della proprietà dei mezzi di produzione è il limite al quale la stessa società borghese tende, e il proletario russo che cede allo Stato il plusvalore, lo cede sia ad una classe sfruttatrice nazionale, sia al capitalismo internazionale (attraverso il regime delle concessioni, dei prestiti, del commercio internazionale) esattamente come avviene per il proletario francese, italiano, tedesco, inglese nei confronti della borghesia del loro e di altri paesi. Ed è proprio questa sua maschera "proletaria" che dà al "capitalismo di Stato" un carattere di sfruttamento ancor più ripugnante; è la concentrazione massima, la pianificazione dell'economia russa che ne fa un poderoso strumento di appropriazione del plusvalore ed un'efficientissima macchina di guerra; è per questo, infine, che la Russia staliniana dev'essere vista nel quadro della conservazione internazionale borghese come uno dei suoi fondamentali strumenti, e non è concepibile ripresa proletaria e marxista se non si supera il punto morto della "questione russa".
La R.W.L. è l'unica forza politica operante nel campo proletario americano che si sia posto il compito di ristabilire le basi programmatiche del Partito della rivoluzione. Ma – e qui rispondiamo al quesito che ci siamo posti all'inizio di questa nota – questo compito potrà essere realizzato, e all'avanguardia rivoluzionaria e classista potranno aprirsi prospettive di sviluppo nel quadro della grande crisi economica e sociale che travaglia gli Stati Uniti, alla sola condizione che siano superate tutte le posizioni intermedie che ancora tengono vincolato questo raggruppamento proletario al processo di degenerazione dell'Internazionale Comunista e che, analizzate alla luce degli avvenimenti del '23-46, risultano in aperto contrasto con le stesse formulazioni classiche del leninismo.
Se questa revisione non avvenisse, la R.W.L. subirebbe lo stesso destino del trotzkismo, cosa che noi non auguriamo né ad essa né al proletariato degli Stati Uniti in generale.
Nota – L'8 maggio 1946, la R.W.L. ha cambiato nome in "Workers League for a Revolutionary Party": il suo "obiettivo immediato è quello di armare gli operai rivoluzionari della coscienza del carattere pseudorivoluzionario delle organizzazioni che controllano attualmente l'avanguardia proletaria e di organizzarli in un nuovo partito". Editore della rivista è The Red Star Press, New York.
Note
[1] Per uno studio generale sulle posizioni politiche della R.W.L. si vedano, oltre la raccolta delle "International News", gli opuscoli "The Programme of the R.W.L. of USA" (genn. 1939) e "14 Points of ICC"
[2] International News, luglio 1945
[3] International News, ag. 1945, p. 10
[4] Program etc. p. 43
Da "Prometeo" n. 1 dell'agosto 1946