La tattica del Comintern dal 1926 al 1940
Nel marzo 1926 ha luogo a Mosca la Sessione del VI Esecutivo Allargato, e Bordiga conclude il suo intervento affermando che è giunta l'ora per gli altri partiti dell'Internazionale di rendere al Partito Russo quanto questo ha loro dato nel campo ideologico e politico, e chiedendo espressamente che la questione russa sia posta all'ordine del giorno dei successivi dibattiti dell'Internazionale.
Se, dal punto di vista formale, tale proposta ebbe esito favorevole, in quanto al VII Esecutivo Allargato come pure alla successiva sessione plenaria dell'Esecutivo dell'Internazionale, la questione russa fu ampiamente dibattuta, dal punto di vista sostanziale le cose andarono invece ben diversamente, e tutti i partiti dell'Internazionale bloccarono con le soluzioni teoriche, politiche e disciplinari precedentemente date dal Partito russo. Queste soluzioni colpivano in pieno i principi fondamentali su cui era stata costruita l'Internazionale Comunista e portavano alle basi stesse della Rivoluzione russa quelle sostanziali trasformazioni, che dovevano condurre alla spietata repressione contro gli artefici della rivoluzione e al parallelo capovolgimento della Russia dei Soviet, destinata infine a diventare uno degli strumenti essenziali della contro-rivoluzione e della preparazione del secondo conflitto imperialista.
La verità è che, già nel 1926, e grazie al successo di quella "bolscevizzazione" che Zinovief aveva fatto trionfare al V Congresso Mondiale del 1924, i quadri dirigenti di tutti i partiti erano stati radicalmente modificati. Alle correnti che nel 1920, al sorgere dell'Internazionale, avevano organicamente confluito verso lo stesso sbocco rivoluzionario affermatosi in modo decisivo nel trionfo dell'Ottobre russo, altre tendenze erano sostituite; e queste tendenze, vere e proprie mosche cocchiere che avevano seguito il carro vittorioso della rivoluzione russa senza portare alcun contributo alla formazione dei partiti comunisti, e che sonnecchiavano in essi in attesa della loro ora, non potevano che rispondere presente all'appello rivolto della contro-rivoluzione nascente in Russia e darle man forte nell'opera allora appena abbozzata di frantumamento dei quadri dell'Internazionale.
Se abbiamo ricordato le proposte fatte dalla sinistra italiana pere bocca di Bordiga al VI Esecutivo Allargato dell'Internazionale, lo abbiamo fatto per sottolineare che questa corrente aveva già presentito i gravi avvenimenti in maturazione ed il punto centrale di essi: lo spostamento radicale che si preparava nella politica della Russia Sovietica.
Era l'ultima volta che la sinistra italiana poteva farsi sentire nel seno dell'Internazionale e del Partito: un anno dopo, non solo essa, ma ogni altra corrente d'opposizione era definitivamente espulsa dall'Internazionale e condizione per l'appartenenza a questa diventava il riconoscimento di quella teoria del "socialismo in un solo paese" che rappresentava una palese rottura di principi coi programmi su cui la stessa Internazionale si era costituita.
L'asservimento del Comintern agli interessi dello Stato russo si era ormai verificato e i partiti comunisti delle varie nazioni, anziché muoversi verso l'unico reale obiettivo della lotta rivoluzionaria contro il loro capitalismo, venivano manovrati come pedine del giuoco diplomatico impegnato dalla Russia con le altre potenze e portati, quando queste esigenze lo richiedessero ai più fallimentari compromessi con le forze dell'opportunismo centrista e della borghesia.
Questo studio, che ha solo un carattere di informazione sulla tattica del Comintern dal 1926 al 1940, e che non può nemmeno esaurire un così ampio problema, deve ridursi a offrire gli elementi essenziali di questa tattica nelle sue tappe fondamentali, che qui elenchiamo pur limitandoci a trattare in questo numero i primi due punti:
- 1° Comitato anglo-russo (1926)
- 2° Questione russa (1927)
- 3° Questione cinese (1927)
- 4° Tattica dell'offensiva e del socialfascismo (1929-1933)
- 5° Tattica dell'antifascismo e del Fronte Popolare (1934-1938)
- 6° Tattica dei partiti comunisti nel corso del secondo conflitto imperialista mondiale.
Il comitato anglo-russo
Nel 1926, un avvenimento di grande importanza sconvolgerà sia l'analisi della situazione, data dal V Congresso dell'Internazionale (1924), sia la politica che ne era conseguita in Russia e negli altri paesi. La situazione mondiale era stata caratterizzata dalla formula della "stabilizzazione", la quale evidentemente non escludeva la possibilità di una ripresa dell'ondata rivoluzionaria, ma – per il riflesso tattico che comportava – lungi dal facilitare l'orientamento dell'Internazionale verso una ripresa della lotta proletaria, doveva renderla prigioniera di formulazioni tattiche e di organismi, che non si modificano o rompono dall'oggi al domani.
In effetti, il processo politico non è un conglomerato difforme di espedienti tattici a tal segno che il partito possa applicare ad ogni situazione quello che vi corrisponde come farebbe un medico dopo di aver diagnosticato la malattia. Il partito, che è un fattore vivente dell'evoluzione storica, non può che plasmarsi in funzione della tattica e della politica che applica, e sarà abilitato ad intervenire in una situazione rivoluzionaria, nella sola misura in cui avrà saputo prepararvisi nelle fasi che l'hanno preceduta. In mancanza di questa preparazione, è evidente che il partito, incastratosi in un opposto processo politico, non potrà che restarvi incuneato, interdicendosi così ogni possibilità di dirigere la lotta proletaria.
Ora, quando nel 1924 si era parlato di "stabilizzazione", non ci si era evidentemente limitati ad un puro esame statistico e tecnico dell'evoluzione economica, ma, dall'indiscutibile constatazione della discesa dell'ondata rivoluzionaria in seguito alla disfatta della rivoluzione tedesca del 1923, si era fatta discendere una conclusione politica che era d'altronde in perfetta armonia con le decisioni tattiche dell'Internazionale. Queste decisioni erano imperniate sull'obiettivo fondamentale del mantenimento dell'influenza comunista sulle grandi masse. E poiché, nella detta situazione sfavorevole, il contatto con le grandi masse non era possibile che attraverso lo sviluppo di rapporti politici con le organizzazioni socialdemocratiche che del riflusso rivoluzionario profittavano, la formula della "stabilizzazione" comportava la tattica del "noyautage" delle direzioni dei partiti e dei sindacati socialdemocratici.
Quando, nel 1926, scoppiò il gigantesco sciopero dei minatori inglesi, l'Internazionale non poteva dunque che trarre le conseguenze dalle premesse tattiche già stabilite. I capi tradunionisti si affrettarono a stabilire accordi permanenti con i capi dei sindacati sovietici, e il Comitato anglo-russo fu costretto a esercitare la funzione che gli avvenimenti gli imponevano.
Lo sciopero divenne generale e, se tutta l'analisi economica fatta dal V Congresso andò in frantumi, non così avvenne della tattica che ne era risultata. L'Internazionale non solo si trovò nell'impossibilità di svelare alle masse il ruolo controrivoluzionario dei dirigenti tradunionisti, ma dovette andare fino in fondo e mantenere la sua solidarietà con loro nel corso di tutta questa importante agitazione proletaria in uno dei settori fondamentali del capitalismo mondiale.
Onde meglio afferrare la tattica dell'Internazionale in questa questione, occorrerà ricordare che, contemporaneamente, trionfava in Russia la tendenza di destra di Boukharin-Rykov. Questa tendenza si era sviluppata nel quadro generale di una politica che, dopo aver assimilato la sorte dello stato russo alla sorte del proletariato mondiale, era passata in un secondo stadio a far dipendere la politica dei partiti comunisti dalle necessità di quello stato. E Boukharine potrà giustificare la tattica seguita nel Comitato anglo-russo con gli "interessi diplomatici dell'URSS" (Esecutivo dell'Internazionale del maggio 1927).
Quanto a questa tattica basti ricordare che, dopo le Conferenze anglo-russe di Parigi del luglio 1926 e di Berlino dell'agosto 1926, alla Conferenza di Berlino dell'aprile 1927 i delegati russi, i quali avevano riconosciuto nel Consiglio generale "l'unico rappresentante e portavoce del movimento sindacale d'Inghilterra", si impegnarono a "non diminuire l'autorità" dei capi tradeunionisti a e a "non occuparsi degli affari interni dei sindacati inglesi" pur dopo il tradimento aperto dello sciopero generale da parte della direzione socialdemocratica. E non è inutile ricordare che il capitalismo inglese, non appena potrà liquidare lo sciopero generale, ripagherà con la consueta gratitudine i dirigenti russi che gli erano stati così prodighi di servizi e che, direttamente a Londra, indirettamente a Pekino, il governo Baldwin passerà all'offensiva contro le rappresentanze diplomatiche sovietiche.
La rivista "Lo Stato Operaio", edita dal Partito Comunista Italiano a Parigi, nel numero 5 del 1927, in un articolo su "L'Esecutivo e la lotta contro la guerra" (si tratta dell'Esecutivo dell'Internazionale), polemizzando contro l'opposizione russa, scrive a proposito del Comitato anglo-russo: "Questa tendenza (l'opposizione n. d. r.) viene alla luce ancor meglio nelle critiche alla riunione del Comitato anglo-russo. La riunione di Berlino del comitato anglo-russo deve essere considerata e giudicata con attenzione, senza precipitazione e senza partito preso. Il momento in cui C.A.R. si riunì a Berlino era internazionalmente assai grave. Il governo conservatore inglese preparava la rottura con la Russia. La campagna per l'isolamento della Russia da tutto il mondo civile si svolgeva in pieno. La delegazione dei Sindacati russi fu bene, o mal consigliata nel fare alcune concessioni allo scopo di non venire, in quel momento, a una rottura con la delegazione dei Sindacati inglesi?". Questo documento pone in forma interrogativa la questione sulla bontà della tattica seguita dalla delegazione dei sindacati russi alla riunione di Berlino ma, come abbiamo visto, Boukharine fu ben più esplicito nell'affermare che nell'interesse diplomatico dello stato russo era necessario non rompere il Comitato anglo-russo, Comitato che pur aveva servito da paravento ai capi tradunionisti per sabotare lo sciopero generale, mentre ufficialmente si riconosceva in essi gli "unici rappresentanti del movimento sindacale inglese".
Gli stessi documenti ufficiali pongono in modo inequivocabile il problema: un possente moto proletario sarà sacrificato perché così vogliono le esigenze di difesa dello stato russo.
Ecco, d'altronde, una nuova conferma del ruolo giocato dal C.A.R. in seno al movimento inglese. La rivista "L'internationale Communiste" (numero 17 del 15-8-28) reca in un articolo di R. Palme Dutt sull'assemblea plenaria del Partito Comunista Inglese del febbraio 1928 le seguenti affermazioni: "Ecco una svolta decisiva nell'atteggiamento del Partito Comunista verso le masse. Fino ad ora il Partito aveva giuocato il ruolo di critico e di agitatore indipendente (e perciò di capo ideologico) nel movimento diretto dai riformisti. D'ora in poi il compito del Partito Comunista è di combattere i capi riformisti per mettersi esso stesso alla testa delle masse". Ed in una nota l'autore aggiunge: "Si dice talvolta che noi siamo passati dalla parola d'ordine “lottate per la direzione” a quello di “cambiamento di direzione”. Non è esatto. Di fatto la parola d'ordine “cambiamento di direzione” era stata già adottata prima della tattica nuova, anche quando si combatteva questa tattica nuova, e non significa che una cosa: bisogna rimpiazzare alla testa del movimento la “destra” del partito laburista con la “sinistra” dello stesso partito. Attualmente il partito combatte per i suoi propri interessi, e non per correggere gli errori del partito laburista. Bisogna lottare per raggruppare le masse dietro il Partito Comunista e gli elementi che gli si sono associati (minoranza ecc.). È in questo senso che la parola d'ordine “cambiamento di direzione” è valida per il periodo attuale".
Il ruolo del Partito era stato dunque nel 1926 di agire in qualità di "capo ideologico" del movimento diretto dai riformisti e di "correggere gli errori del partito laburista". Quanto alla "nuova tattica", che sarà altrettanto deleteria per il movimento proletario quanto quella opposta del Comitato anglo-russo, ne riparleremo nel capitolo destinato all'"offensiva" ed al "socialismo".
La questione russa
Nel 1926-27 la Russia attraversa una grave crisi economica. Fin dal 1923-24, due opposte posizioni erano state difese nel seno del Partito Russo: quella della destra Boukharine-Rikov, che, rompendo le condizioni pregiudiziali poste dal Lenin alla Nep (vedere "L'imposta in natura") preconizzava l'appoggio all'espansione degli strati capitalisti soprattutto nelle campagne; l'altra della sinistra trotzkysta che sulla base delle formulazioni di Lenin, tendeva alla istituzione di un piano economico centrato sul rafforzamento del settore statale e socialista a detrimento del settore privato e capitalista.
Il partito russo passa alla lotta contro Trotzky; ma il blocco dirigente che va da Boukharine-Rykov a Stalin-Zinovief-Kamenef, se procede unito nella lotta contro il preteso "trotzkismo" non raggiunge tuttavia un'unità di vedute sul piano positivo delle soluzioni da adottare nei confronti dei gravi problemi economici cui aveva dato luogo l'instaurazione della Nep. La destra lancia la parola "contadini arricchitevi" e minaccia apertamente il monopolio del commercio estero, ma né giunge ad impostare un piano economico e politico chiaramente orientato verso l'annientamento delle condizioni pregiudiziali poste da Lenin alla Nep, né si differenzia nettamente dal centro allora impersonato da Stalin-Zinoviev-Kamenef (per limitarci ai più importanti capi russi). Come sempre, la destra non ha alcun bisogno di precisarsi in posizioni chiare e si affida soprattutto all'impulso diretto degli avvenimenti, i quali, in circostanze sfavorevoli al movimento rivoluzionario, non possono d'altronde che esserle propizi. L'essenziale è per essa la lotta contro la tendenza proletaria, e a questo scopo si serve del centro, che meglio di lei potrà svolgere questo compito contro-rivoluzionario.
Gli anni 1926 e 1927 vedono una situazione in cui le diverse correnti in seno al Partito Russo non si affrontano in vista di soluzioni particolari da adottare di fronte ai gravi problemi economici in cui si dibatte la Russia, ma i dibattiti vertono soprattutto sulle questioni generali e teoriche. Le soluzioni pratiche interverranno dopo, alla XVI Conferenza del Partito Russo (1929) in cui sarà deciso il primo piano quinquennale. Nel 1926-27 la lotta è circoscritta al compito essenziale dell'ora: disperdere ogni reazione proletaria nel seno del Partito russo. Secondo la relazione della riunione plenaria del Comitato Centrale e della Commissione Centrale di Controllo del Partito Russo (vedi Stato Operaio del settembre 1927) "l'opposizione si divide in due gruppi:
- 1° un gruppo di estrema sinistra che fa capo ai compagni Sapronov e Smirnov; Zinovief, Kamenef ecc.
- 2° il gruppo che accetta l'egemonia di Trotzky e di cui fanno parte, fra i più noti
- 3° un gruppo che si sforza di prendere una posizione intermedia tra le correnti di opposizione e il Comitato Centrale (Kasparova, Bielincaia, Ovssiannicov, ecc.)".
Quanto al primo gruppo il documento ufficiale caratterizza nei seguenti punti la sua analisi della situazione:
a) la lotta nell'interno del partito ha un carattere di lotta di classe, tra la parte operaia del partito e l'esercito dei funzionari. b) questa lotta non può limitarsi all'interno del partito, ma deve interessare le grandi masse senza partito di cui l'opposizione deve conquistare l'appoggio; c) è possibile che l'opposizione sia sconfitta; essa deve perciò costituire un quadro attivo, che difenda anche nell'avvenire la causa della rivoluzione proletaria; d) il blocco Trotzky-Zinovief non comprende questa necessità, tende al compromesso col gruppo Stalin, non ha una chiara linea tattica; avendo errato nel firmare la dichiarazione del 16 ottobre 1926 di obbedienza al Partito deve calpestarne gl'impegni; le esitazioni di Trotzky e Zinovief devono essere denunziate e smascherate come quelle del gruppo Stalin; e) negli ultimi anni gli elementi capitalisti della produzione si sono sviluppati più rapidamente degli elementi socialisti; data l'arretratezza tecnica del paese e il basso livello della produttività del lavoro non è possibile passare ad una vera organizzazione socialista della produzione senza l'aiuto dei paesi tecnicamente progrediti o senza l'intervento della rivoluzione mondiale; f) l'errore principale della politica economica del partito consiste nella riduzione dei prezzi, che va a vantaggio non della classe operaia, ma di tutti i consumatori, e quindi anche della borghesia e della piccola borghesia; g) la liquidazione della democrazia di partito e della democrazia operaia, nel 1923, è il preludio dell'instaurazione di una democrazia di contadini ricchi; h) per modificare questo stato di cose, bisogna passare all'organizzazione di grandi aziende di stato con una perfetta tecnica di produzione per la trasformazione dei prodotti dell'agricoltura; i) la Ghepeu, invece di lottare contro la contro-rivoluzione, lotta contro il giustificato malcontento degli operai; l'esercito rosso minaccia di trasformarsi in uno strumento di avventure bonapartiste; il C.C. è una frazione "stalinista" che, iniziando la liquidazione del partito porterà alla fine della dittatura del proletariato; bisogna "restaurare" il sistema dei Soviet.
Questa corrente è considerata dal C.C. "un gruppo di nemici del partito e della rivoluzione proletaria". Lo stesso C.C. afferma che esso "è costituito solidamente in frazione illegale non solo nel seno del Partito, ma nel seno stesso della frazione Trotzky-Zinovief. Risulta che uno dei gruppi di questa frazione, il gruppo di Omsk, si era posto come programma la preparazione di uno sciopero generale in tutta la Siberia e l'arresto dell'attività delle grandi aziende elettriche della regione".
Quanto al gruppo di Trotzky-Zinovief, lo stesso documento del C.C. del Partito russo scrive:
"Il gruppo Trotzky-Zinovief è responsabile dei più violenti attacchi contro il C.C. e contro la sua linea politica, e della più sfacciata attività di frazione sviluppata nel corso del 1927, infrangendo apertamente i solenni impegni presi con la dichiarazione del 16 ottobre 1926.
Negli ultimi tempi questo gruppo ha concentrato i suoi attacchi contro la linea del partito nella politica internazionale (Cina, Inghilterra) speculando sulle difficoltà sorte in questo campo. Esso ha risposto alla preparazione della guerra contro l'URSS con dichiarazioni, le quali rappresentano un sabotaggio dell'azione che il Partito svolge per la mobilitazione delle masse contro la guerra e per la resistenza. Di questo genere è l'affermazione che il C.C. del Partito è su un piano di degenerazione termidoriana, che il corso della politica del partito è “nazional-conservatore”, che la linea del partito è una linea da “contadini vecchi”, che il più grande pericolo che minaccia la Russia non è la guerra, ma il regime interno del partito ecc. Queste affermazioni furono accompagnate da atti di violazione della disciplina e di aperto frazionismo: - edizione di documenti di frazione, organizzazione di frazione, di circoli, di conferenze ecc., discorso di Zinovief contro il C.C. in un'assemblea di senza partito, atteggiamento di Trotzky alla riunione dell'Esecutivo, accusa di “termidorismo” portata da Trotzky contro il Partito alla partenza di Smilga da una stazione di Mosca. Da ultimo venne organizzata una campagna di petizioni contro il C.C. facendo circolare un documento firmato dagli 83 principali esponenti dell'opposizione. Inoltre, il gruppo Trotzky-Zinovief si è mantenuto in rapporto col gruppo di estrema sinistra escluso dal Partito tedesco (Maslov-Fisher).
Tutto ciò mostra che il gruppo Trotzky-Zinovief non solo ha violato tutti gli impegni assunti con la dichiarazione del 16 ottobre 1926 ma: 1) si è posto su una via che porta ad essere contro la difesa incondizionata dell'URSS nella lotta contro l'imperialismo; le accuse di termidorismo lanciate contro il C.C. hanno come conseguenza logica di proclamare la necessità della difesa dell'URSS solo dopo che questo C.C. sia stato ricoverato; 2) si è posto sulla via che porta alla scissione del Comintern; 3) si è posto sulla via che porta alla scissione del Partito russo ed alla organizzazione in Russia di un nuovo partito".
Quanto al gruppo intermedio, il C.C. del Partito russo lo considera "un gruppo di larvata opposizione, indice probabilmente di un certo smarrimento sorto in alcuni elementi meno sicuri di sé di fronte alle gravi difficoltà del momento".
Tutta questa citazione permette di rendersi conto della gravità della situazione esistente in Russia, in questo periodo. Benché vi siano evidenti esagerazioni nel modo di presentare i punti di vista della frazione di estrema sinistra e della frazione Trotzky-Zinovief, è chiaro che neppure quanto scrive il C.C. accusatore autorizza la conclusione che i due gruppi oppositori potessero essere assimilati ai menscevichi e ai contro-rivoluzionari.
Quanto alle posizioni difese dalla destra, esse rappresentavano indubbiamente il veicolo per una restaurazione della classe borghese in Russia secondo il tipo classico della ricostituzione di un'economia basata sull'iniziativa e sulla proprietà privata. Ma la storia doveva escludere quest'eventualità. Nella fase dell'imperialismo monopolista e del totalitarismo statale, il capovolgimento della politica russa si svolgerà lungo l'altra via dei piani quinquennali, di cui parleremo in seguito, e del capitalismo di stato.
Ma, come dicevamo, prima di giungere a questo passo decisivo occorreva vincere definitivamente la battaglia contro i diversi gruppi di opposizione, battaglia che era in realtà diretta contro il Partito stesso e contro l'Internazionale, giacché verteva sul punto fondamentale della dottrina marxista: sulla nozione internazionale ed internazionalista del comunismo.
La citata risoluzione del C.C. rappresentava una "mezza misura" poiché le questioni non erano definitivamente risolte. È nel dicembre 1927; al XV Congresso del Partito russo, dopo l'insuccesso della prova di forza tentata dall'opposizione con la manifestazione di Leningrado, che i problemi saranno affrontati in pieno.
La grande battaglia del XV Congresso si svolse intorno alla nuova teoria del "socialismo in un solo paese" e all'incompatibilità fra l'appartenenza al Partito e all'Internazionale e la mancata accettazione di questa tesi.
Su questo punto fondamentale il VII Esecutivo Allargato (novembre-dicembre 1926) si era espresso in questi termini: "il Partito parte dal punto di vista che la nostra rivoluzione è una rivoluzione socialista, che la rivoluzione d'ottobre non rappresenta solo il segnale, il primo balzo in avanti e il punto di partenza della rivoluzione socialista in Occidente, ma: 1) rappresenta una base per lo sviluppo futuro della rivoluzione mondiale; 2) apre il periodo di transizione dal capitalismo al socialismo nell'Unione dei Soviet (la dittatura del proletariato), nel quale il proletariato ha la possibilità di edificare con successo mediante una giusta politica verso la classe dei contadini, la società socialista completa. Questa edificazione verrà ad ogni modo realizzata solo se la forza del movimento operaio internazionale da una parte, e la forza del proletariato dell'Unione Sovietica dall'altra, saranno così grandi da proteggere lo Stato dei Soviet da un intervento militare".
Si osservi come la realizzazione della "società socialista completa" non dipenda più, come ai tempi di Lenin, dal trionfo della rivoluzione negli altri paesi, ma dalla capacità del movimento operaio internazionale di "proteggere lo Stato dei Soviet da un intervento militare". Gli avvenimenti hanno provato che a "proteggere" la Russia dei Soviet saranno invece i due più potenti stati imperialisti: la Gran Bretagna e gli Stati Uniti.
Sia al VII Esecutivo Allargato, che alle altre numerose riunioni del Partito Russo e dell'Esecutivo dell'Internazionale, il proletariato russo e internazionale perdette la sua battaglia. La consacrazione di questa disfatta si ebbe al XV Congresso del Partito Russo (dicembre 1927) quando fu proclamata l'incompatibilità fra l'appartenenza al Partito e la negazione della "possibilità della costruzione del socialismo in un solo paese".
Ma tale disfatta doveva avere conseguenze decisive sia nel seno della Russia, sia nel movimento comunista mondiale. La battaglia delle classi non ammette vie intermedie, soprattutto nei momenti culminanti, come quelli della nostra epoca. La proclamazione della teoria del socialismo in un solo paese, poiché praticamente non poteva risolversi nell'estrazione della Russia da un mondo in cui – dopo la sconfitta della rivoluzione cinese – il capitalismo passava ovunque al contrattacco e, per il fatto stesso di spezzare il legame necessario fra la lotta della classe lavoratrice di ogni paese contro il rispettivo capitalismo e la lotta per il socialismo nel seno della Russia, negava il fattore di classe proletario, doveva inevitabilmente ammetterne un altro, su cui la Russia, sempre più andava basandosi: il capitalismo mondiale. Evidentemente, questo trapasso dello stato russo non era possibile che a due condizioni:
- 1) che i partiti comunisti cessassero di rappresentare una minaccia per il capitalismo;
- 2) che nell'interno della Russia il principio dell'economia capitalistica – lo sfruttamento dei lavoratori – fosse restituito.
In questo capitolo tratteremo del secondo punto; nei capitoli successivi del primo.
Sulla base di una logica che vorremmo chiamare "cronologica", si è formata l'opinione che la linea della degenerazione dello stato russo parta dall'adozione della Nep nel marzo 1921 e giunga inevitabilmente al nuovo corso introdotto dopo il 1927.
Questa opinione è superficiale e non corrisponde ad un'analisi degli avvenimenti condotti secondo i principi marxisti.
Occorre mettere in chiaro che la manovra economica era necessariamente richiesta dagli avvenimenti, dalle difficoltà insormontabili in cui la dittatura proletaria si trovava; ed era possibile proprio perché si attuava in regime di dittatura proletaria. Questo evidentemente non vuol dire che le forze economiche borghesi non si accrescessero e che il rapporto di forze politico non tendesse a mutare: tuttavia questo mutare di rapporti a vantaggio delle forze borghesi, portato dalla Nep, poteva divenire pericoloso e letale per la dittatura proletaria in Russia solo ove il rapporto di forza internazionale si fosse spostato, come avvenne, verso il prevalere della reazione borghese e il deflusso dell'ondata rivoluzionaria. In caso contrario la momentanea ripresa delle forze borghesi sarebbe stata travolta dalla dittatura proletaria che aveva mantenute le sue posizioni politiche.
La posizione di Lenin, sin dal 1917, è basata su queste considerazioni principali:
- 1) una intransigenza politica assoluta che porterà il Partito Bolscevico a prendere le posizioni della lotta più aperta contro tutte le formazioni politiche borghesi, compresevi quelle della estrema sinistra socialdemocratica. È noto che, nel gennaio 1919, Lenin, dopo aver analizzato i risultati delle elezioni per la Costituente non secondo i criteri banali della democrazia parlamentare, ma secondo gli opposti criteri classisti, e dopo di aver constatato che i bolscevichi, minoranza dal punto di vista aritmetico e globale nel paese, erano però maggioranza nei centri industriali, passò alla dispersione violenta di questa Assemblea eletta sulla base dei principi democratici.
- 2) un'avveduta politica economica che delimitava le possibilità del proletariato – e per conseguenza del Partito di classe – in connessione con le possibilità concrete offerte dal modesto grado di sviluppo delle forze e della tecnica di produzione. Il programma di Lenin comportava il semplice "controllo della produzione", ciò che significava la permanenza dei capitalisti alla testa delle industrie.
Questa apparente contraddizione fra una politica economica di concessioni ed una politica generale estremamente intransigente è inspiegabile se non ci si pone – come costantemente fece Lenin – sul piano internazionale e non si considera quindi la Rivoluzione russa in connessione con lo sviluppo della rivoluzione mondiale. Se, dal punto di vista politico invece – poiché l'esperimento della dittatura proletaria è funzione degli avvenimenti internazionali – la politica più intransigente diventa non solamente possibile ma necessaria, giacché si tratta in definitiva di un episodio della lotta mondiale del proletariato.
Lenin agiva in funzione di principi marxisti sia nel 1917 quando si limitava al "controllo delle industrie", sia durante il comunismo di guerra fra il 1918 ed il 1920, sia quando preconizzò nel marzo 1921 la politica della Nep. Tutta la sua politica discende da un'impostazione internazionale del problema russo e la stessa Nep sarà considerata inevitabile a causa del ritardo della ascesa rivoluzionaria del proletariato mondiale, mentre d'altra parte si preciseranno le condizioni fondamentali nel quadro delle quali dovranno strettamente mantenersi le concessioni contenute nella politica della Nep.
È noto che Lenin, sostituendo l'imposta in natura (il contadino diventava libero di disporre del prodotto rimanente dopo la cessione della quota devoluta allo stato) al sistema delle requisizioni (che toglieva al contadino ogni possibilità di disporre del suo prodotto) ed autorizzando il ristabilimento del mercato e della industria, suddivideva l'economia russa nei due settori socialista e privato. Il primo settore – quello statale - doveva ingaggiare una corsa di velocità nei confronti del secondo al fine di sconfiggerlo nel campo economico grazie alla superiorità del rendimento del lavoro e dell'aumento di produzione.
Tuttavia, la qualifica di socialista data al settore statale non significava affatto che la forma statale fosse sufficiente a determinare la natura socialista di questo settore. A mille riprese Lenin insistette sul fatto che le possibilità di successo del settore statale non risultavano in alcun modo dal fatto che, invece del privato, fosse lo stato a gestire l'industria, ma dal fatto che questo era uno stato proletario strettamente collegato al corso della rivoluzione mondiale.
Lenin instaura la Nep nel marzo 1921. È nel 1923-24 che i primi risultati della Nep si manifestano e contemporaneamente la lotta nel seno del Partito Russo dimostra che le previsioni poggianti su uno sviluppo del settore socialista a detrimento di quello privato non erano confermate dagli avvenimenti. Mentre Trotzky preconizzerà provvidenze destinate allo sviluppo del settore socialista ed alla lotta contro la borghesia rinascente soprattutto nelle campagne, la destra di Boukharine non vedrà altra soluzione ai problemi economici che una più grande libertà in favore degli elementi capitalistici dell'economia sovietica.
Nel 1926-27 la battaglia prende, nel seno del Partito e dell'Internazionale, le proporzioni che abbiamo ricordate e la sconfitta sarà totale per gli elementi di sinistra che non potranno restare nel partito che alla condizione di abiurare il principio internazionale ed internazionalista della lotta per il socialismo.
L'evoluzione storica non obbedisce a criteri formalistici a tale punto che una restaurazione dei principi economici del capitalismo non potesse essere considerata possibile in Russia che attraverso il ristabilimento della forma classica della proprietà individuale. La Russia si troverà nel 1927 e successivamente sempre più in una situazione mondiale caratterizzata, come nel secolo scorso, dal riflesso dei principi economici, liberisti nella appropriazione privata dei mezzi di produzione e del plusvalore, ma in un'altra situazione che conosce il totalitarismo statale e la soggiogazione a questo di tutte le forme dell'iniziativa privata.
Dopo la sconfitta della sinistra nel seno del Partito russo, non assistiamo – a causa delle indicate caratteristiche dell'evoluzione storica generale – ad un trionfo della destra, ma al fatto che la soluzione dei problemi economici non potrà essere ottenuta che attraverso una lotta contro le stratificazioni capitalistiche sorte durante la Nep.
Ma fra la politica della Nep e quella che doveva poi trionfare, nei Piani quinquennali, esiste o no una soluzione di continuità? Per rispondere a questa questione vi è dapprima da considerare che, come dimostra Charles Bettelheim nel suo libro "La Pianificazione sovietista", la Nep non aveva raggiunto i suoi obiettivi né nel campo politico giacché essa aveva portato ad un'ipertrofia della burocrazia, né nel campo economico giacché invece di avere assicurato la vittoria del settore socialista, aveva condotto ad un rafforzarsi del settore privato, né infine nel campo più generale economico poiché il 1926-27 aveva conosciuto una grave crisi economica in Russia.
In presenza di quello che Bettelheim qualificherà "il fallimento della Nep" si pone la questione se il 1927 doveva ineluttabilmente segnare l'ora della resa dei conti e se a causa delle sfavorevolissime circostanze internazionali, nessuna ulteriore possibilità esisteva di mantenere al proletariato lo stato russo. Ma non di questo problema dobbiamo occuparci, il nostro compito essendo prevalentemente informativo sul corso degli avvenimenti.
Il fatto indiscutibile è che la reistituzione del principio economico dello sfruttamento capitalista viene consacrata dai Piani Quinquennali, il primo dei quali sarà deciso alla XVIa Conferenza del Partito Russo dell'Aprile 1929 ed approvato dal V Congresso dei Soviet del maggio 1929; il punto fondamentale di questi Piani è quello del raggiungimento prima e del continuo superamento poi degli indici di produzione prendendo come punti di riferimento sia il periodo precedente al 1914, sia i risultati ottenuti negli altri paesi. In una parola, quale sarà la sostanza della nuova ricostruzione sovietica? I documenti ufficiali non ne fanno mistero: si tratta di ricostruire un'economia dello stesso tipo di quella capitalista ed essa sarà qualificata tanto più come "socialista" quanto più alti saranno i vertici raggiunti dalla produzione.
Il piano economico concepito da Lenin e approvato al IX Congresso del Partito Comunista Russo nell'aprile 1920 impostava tutto il problema sull'aumento dell'industria di consumo: ciò voleva dire che scopo essenziale dell'economia sovietica era il miglioramento delle condizioni di vita delle masse lavoratrici. Per contro, la teoria dei Piani quinquennali mira al più alto sviluppo dell'industria pesante a scapito di quella di consumo. Lo sbocco dei Piani quinquennali nell'economia di guerra e nella guerra era perciò altrettanto inevitabile quanto l'assetto corrispondente dell'economia nel resto del mondo capitalista.
Corrispondentemente alla modificazione sostanziale che si verificherà negli scopi della produzione, che saranno unicamente quelli di una costante accumulazione di capitali nell'industria pesante, un'altra modificazione si farà nella concezione dell'"industria socialista" il cui criterio distintivo sarà stabilito nella forma non privata e statale: lo Stato padrone diventerà il dio al quale saranno immolati non solamente i sacrifici dei milioni di lavoratori russi che dovranno rivalizzare di zelo nella quantità e nella qualità della produzione per non incorrere nell'accusa e condanna di Trotzkisti, ma anche i cadaveri degli artefici della rivoluzione russa.
Il principio economico del crescente sfruttamento dei lavoratori proprio del capitalismo sarà reistituito in Russia parallelamente alle leggi generali dell'evoluzione storica che portano ad un intervento crescente e totalitario dello stato. Anche il destro Boukharin ed il suo compagno Rykov saranno giustiziati. Chi trionfa in Russia è chi dovrà poi trionfare in tutti i paesi: il totalitarismo statale; e la conseguenza non potrà essere che la stessa anche in Russia: la preparazione e la gigantesca partecipazione al secondo conflitto mondiale.
La sinistra italiana, scorgendo fin dall'inizio la sostanza dell'evoluzione politica in Russia, non si lasciò – come Trotzky – accalappiare dalla forma statale della proprietà capitalista preconizzando la stessa tattica nel corso del conflitto imperialista, dove ineluttabilemente essa sarebbe stata condotta dalla teoria del "socialismo in un solo paese" e della teoria dei Piani quinquennali.
Da "Prometeo" n. 1 dell'agosto 1946