Montaldi Danilo

Nasce nel 1929 a Cremona. Partecipa fin da giovane alla vita politica locale, aderendo alle formazioni della sinistra ufficiale, per poi distaccarsene e collaborare all’inizio degli anni 50 con Il Partito Comunista Internazionalista scrivendo e traducendo articoli su Battaglia Comunista e Prometeo. Questa collaborazione pur non tramutandosi mai in una adesione formale al partito verrà patrocinata da Giovanni Bottaioli (Butta), esule e militante della sinistra comunista italiana, che dopo l’esilio in Francia ritornato a Cremona nel 1945 portò i materiali del dibattito internazionale fra i rivoluzionari d’anteguerra e notizie di prima mano sulla controrivoluzione stalinista.

Montaldi a differenza di molti autori italiani in lotta contro la sinistra ufficiale, avrà la "fortuna" di acquisire una conoscenza più articolata di quello che era stato il dibattito nel movimento proletario. Questa "fortuna" tuttavia era comunque ricercata da Montaldi, visto che sarà uno dei pochi autori della sinistra eretica ad avere una valutazione complessiva dello stalinismo e delle ripercussioni che portò questo con l’ondata controrivoluzionaria. Rimarrà immune dai difetti di tutta l’intellighenzia ex PCI o ex PSI, riconoscendo gli errori di queste formazioni e storicizzando queste formazioni in maniera corretta, dando risalto all’intreccio politico-economico della sinistra italiana prima del fascismo (comunisti, socialisti, sindacalisti, anarchici).

Nel 1953 pubblica il suo primo articolo su Battaglia Comunista: "Curva discendente: Trotzky, trotskismo, trotzkisti". Tuttavia inizierà a prendere contatti con i gruppi della sinistra radicale internazionale, Spartacus in Olanda e in special modo con Socialisme ou Barbarie per la Francia, le cui posizioni antiburocratiche e antistaliniste saranno molto affini al suo orientamento. Tradurrà sempre su Battaglia Comunista il testo di P. Romano, "L’operaio americano", saggio inchiesta di un operaio statunitense, sulle condizioni operaie e del rapporto tra classe-fabbrica-società, dalla presentazione di Montaldi: "(...)l’operaio è innanzi tutto un essere che vive nella produzione e nella fabbrica capitalista prima di essere l’aderente di partito, un militante della rivoluzione o il suddito di un futuro potere socialista; e che è nella produzione che si forma tanto la sua rivolta contro lo sfruttamento quanto la sua capacità di costruire un tipo superiore di società, la sua solidarietà di classe con gli altri operai e il suo odio per lo sfruttamento e gli sfruttatori (...)".

Prende contatti con i GAAP, Gruppi anarchici di azione proletaria. Interessante di Montaldi è la capacità di ricercare il partito diffuso, ossia la rete militante che vertebra la classe lavoratrice, osservando e valorizzando le correnti politiche rivoluzionarie che hanno attraversato il movimento operaio italiano. Pur non aderendovi valuta di estremo interesse l’esperienza di Azione Comunista (esperienza composta da anarchici, trotzkisti, internazionalisti e ex PCI) e scrive degli articoli sull’omonimo giornale.

Fonda nel 1957 il Gruppo di Unità proletaria, che pur mantenendo rapporti con il Partito Comunista Internazionalista, rimane indipendente, avendo posizioni molto simili al gruppo francese di Socialisme ou Barbarie. E’ in questi anni che Montaldi inizia il lavoro di codificazione dell’esperienza proletaria locale, producendo ricerche e articoli. Tale formazione sarà una delle poche a sprovincializzare il dibattito italiano. Letta a posteriori questa "tensione internazionalista" brilla rispetto alla pochezza di altre formazioni del periodo.

Nel 1966 da vita sempre a Cremona al Gruppo Karl Marx.

Muore nel 1975.

Molto si potrebbe ancora scrivere su questo autore, sulla sua capacità di descrivere il proletariato e farlo partecipare in prima persona, creando una forma di ricerca attiva: si fondevano le figure del militante, del lavoratore, del rivoluzionario, in un unico elemento. Montaldi conoscendo la sua terra, e la storia collettiva che portava con se, riuscì a scorgere quello che era stato ed era il movimento proletario. E’ triste pensare ora come gran parte della cosiddetta estrema sinistra scrive più di quello che succede in Messico o in Perù, senza mai parlare tuttavia della condizione dei proletari, di quello che avviene sotto i loro occhi.

In questa breve scheda, sicuramente mancano svariate sfaccettature dell’intensa attività politica-culturale di Montaldi, vogliamo ricordare uno dei pezzi più belli e poetici "Parigi, andata e ritorno" dedicati alla sua amata Parigi, alla Bassa e alla storicità del movimento proletario: "(...)Hai mai visto il monumento progettato da Vladimir Tatlin per la Terza Internazionale? E’ uno slancio che continua, una curva in ascesa che non termina. Ti dico che l’anima che ne sostenne lo sforzo sono stati anche questi della Bassa, sezione concreta del proletariato universale sotto le bandiere dei Soviet.(...)".

Bibliografia minima:

Franco Alasia-Danilo Montaldi, Milano Corea. Inchiesta sugli immigrati (prima edizione del 1960, seconda accresciuta 1975)

D.Montaldi, Autobiografie alla leggera (1961)

D.Montaldi, Militanti politici di base (1971)

D.Montaldi, Korsch e i comunisti italiani. Contro un facile spirito di assimilazione (1975)

D.Montaldi, Saggio sulla politica comunista in Italia 1919-1970, (1976)

L'esperienza politica di D. Montaldi e del Gruppo di Unità Proletaria

Danilo Montaldi, fotografando la realtà delle formazioni militanti della metà degli anni '50 scrive in una inchiesta sul cremonese che "In quasi tutte le città d'Italia esiste oggi un gruppo di minoranza rivoluzionaria con una tradizione nel movimento operaio locale. A seconda delle caratteristiche dell'ambiente, dello sviluppo delle forze produttive, e dei rapporti di forza tra capitale e lavoro, esso ubbidisce a una tradizione anarchica, sindacalista o neo-libertaria; o esprime una dissidenza comunista". Coloro che intervenivano direttamente nella propria realtà di classe si trovavano allora di fronte, oltre che al padronato, a un forte e radicato apparato burocratico politico e sindacale (PCI e GCIL) che subordinava gli interessi dei lavoratori e le loro rivendicazioni alle mediazioni politiche nazionali e agli equilibri internazionali.

Questo comportava una promozione di alcune categorie di lavoratori, facendo perno sulle loro capacità professionali ed il loro senso di responsabilità, generando "un effetto egoistico nelle categorie "privilegiate" che sono state interessate alla produzione". Promuoveva un'etica produttivistica: tutte le forze produttive dovevano farsi carico di ricostruire il paese e consolidare gli interessi dei padroni e i militanti del partito comunista dovevano dimostrare sul campo il loro valore. Si costruiva un tessuto burocratico a maglie strette da far vestire al proletariato, snaturando sempre più le sue forme di socializzazione politica, e facendo degenerare burocraticamente l'involucro organizzativo di ogni concreta attività proletaria quotidiana (una cellula, una lega, una sezione sindacale).

Marginalizzava ulteriormente e reprimeva, nel senso fisico del termine, quando poteva, tutte quelle manifestazioni che non potevano essere recuperate al suo progetto e ricondotte sotto l'asfissiante cappa della piramide burocratica: militanti, tendenze, culture politiche, tecniche del conflitto e pratiche di lotta. Come scrive lo stesso Montaldi nel '58: "La spoliticizzazione condotta dall'apparato è servita all'offensiva della classe dirigente nazionale, la quale ha cercato di costruire l'architettura dei suoi nuovi valori mistificanti sul deserto dell'aridità burocratica. All'impostazione patriottica, nazionalistica, produttivistica, aziendalistica che fa da binario a questa offensiva, l'accomodante togliattismo ha reagito cercando solo di estremizzare il contenuto di questi presunti valori, dando loro un colore più rosa per importarli tra gli operai". Per il Gruppo di Unità Proletaria ('57-'62, formato da oltre a Danilo Montaldi, Romano Alquati, Giovanni Bottaioli, Renato Cavazzini, Maria Colombo, Gianfranco Fiameni, Stefano Ghilardi, Stefania Mariotti e Giampiero Zelioli) di Cremona era necessario partire dalla concreta esperienza proletaria di uomini e donne aventi come proprio orizzonte quotidiano lo sfruttamento: "Partire dai loro problemi aziendali, dalle loro rispettabilissime "lamentele" quotidiane per arrivare a comprendere l'atteggiamento dei sindacati" e coglierne le ragioni storiche. Per questi compagni "la battaglia per il pane fa da lievito alla riscossa per l'emancipazione delle forze del lavoro", e bisogna "combatterla con loro questa lotta, che non si basa su sfumature bizantine, ma è molto concreta e quotidiana". Questa modalità di impostare il proprio intervento politico è un tentativo di comprensione partecipata e collettiva della realtà sociale: un'indagine della condizione operaia nei suoi differenti aspetti e sfumature in un luogo ed in un tempo dato; ed allo stesso tempo, un momento della sua attiva trasformazione in senso socialista, al di là e contro il profitto intellettuale dei singoli, e la sua utilizzazione per vertebrare le politiche riformiste di "umanizzazione" dello sfruttamento da parte di politici professionali, bonzi sindacali e borghesi "illuminati". Il gruppo interverrà nelle lotte e nelle assemblee sindacali; produrrà dodici volantini scritti insieme a degli operai, pubblicherà un giornale omonimo e editerà dei quaderni che tratteranno della situazione di classe a livello nazionale ed internazionale, nonché dei testi teorici, collaborerà con il gruppo dei "Quaderni Rossi" di Torino e con varie realtà militanti classiste ed anti-staliniste nazionali ed internazionali.

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