Pappalardi Michelangelo
Campobasso, 8 novembre 1895 - Buenos Aires, 8 dicembre 1940
Entrato nel Partito Socialista Italiano, sostiene le posizioni della Sinistra "intransigente", rappresentata dal Circolo Carlo Marx, fondato nel 1912 da un gruppo di giovani socialisti, tra i quali Amadeo Bordiga, Ortensia de Meo, Ruggero Grieco e gli stabiesi Antonio Cecchi, i fratelli Guido Gaeta, Oscar Gaeta e Oreste Lizzadri (quest'ultimo assai attivo nei centri industriali partenopei).
Nel 1918, adersce alla Frazione comunista astensionista e, nell’aprile del 1920, succedendo ad Antonio Cecchi, è nominato segretario della Camera del Lavoro di Castellammare di Stabia, distinguendosi nell’organizzazione di scioperi e manifestazioni.
Aderisce al PCd'I a Livorno nel 1921. Il 20 gennaio dello stesso anno, Castellammare è teatro di una violenta provocazione fascista, che causa sei morti e più di cento feriti. Accusato dell’uccisione di un carabiniere, è arrestato e incarcerato fino all’aprile del 1922, con altri 14 compagni. In occasione delle elezioni del 15 maggio 1921, la direzione del partito lo candida per poterlo liberare, ma non è eletto. Viene scarcerato e nominato segretario politico della Camera del Lavoro di Napoli, carica che lascia nell’autunno 1922.
Nel dicembre di quell'anno, espatria in Austria con Luigi Bello, ex capo lega dei mugnai e pastai della disciolta Camera del Lavoro stabiese. All’inizio del 1923, entrambi si trasferiscono prima a Vienna e poi a Berlino, dove, per un breve periodo, Pappalardi è rappresentante del PCd’I presso la KPD. La permanenza in Germania gli consente di conoscere le posizioni politiche della Sinistra Comunista tedesca e di stringere rapporti con uno dei suoi principali esponenti, Karl Korsch, con il quale rimarrà in contatto fino alla fine degli anni Venti.
Dopo il fallimento dell’Ottobre tedesco, insieme con Luigi Bello, ripara in Francia, stabilendosi a Marsiglia, dove entra subito in contatto con i militanti della Sinistra Comunista italiana, affiliati al Partito Comunista Francese, tra i quali è conosciuto come il "professore".
Il 10 novembre 1923, rassegna le dimissioni dal PCd’I. Questa decisione non è approvata da Amadeo Bordiga che, in una lettera del 25 ottobre 1925, lo invita a chiedere la riammissione nel partito e a mantenere un atteggiamento improntato alla massima cautela. In questo periodo, lo scambio di lettere tra i due diventa costante, soprattutto in previsione del congresso di partito che si terrà a Lione.
Divenuto il punto di riferimento per molti militanti espulsi o sul punto di esserlo, Pappalardi stabilisce una stretta collaborazione con Bruno Bibbi, Lodovico Rossi, Eugenio Moruzzo, Guglielmo Spadaccini, i fratelli Bruno e Renato Pierleoni, con i quali, nel 1926, costituisce un "Gruppo autonomo comunista". La loro attività si rivolge anche al milieu dell’antifascismo radicale, rappresentato da repubblicani, socialisti e anarchici che, dopo aver affrontato "militarmente" la prima ondata dello squadrismo fascista, sono poi costretti ad abbandonare l’Italia.
In occasione del V Congresso del PCF (Lilla, 20-26 giugno 1926), Pappalardi traduce le Tesi che la Sinistra italiana ha sostenuto pochi mesi prima al Congresso di Lione. Con l’aggiunta di un paragrafo riguardante la Francia, le Tesi sono presentate dal partito con il titolo: Plateforme de la gauche. Projet de thèses présenté par un groupe de "gauchistes" (bordiguistes) à l’occasion du Ve Congrès du Parti Communiste Français.
Nonostante il legame con Bordiga, Pappalardi si avvicina alle posizioni della sinistra tedesca, manifestando divergenze con il gruppo della sinistra italiana che, in Francia e in Belgio, aveva in Ottorino Perrone il suo principale esponente. La rottura avviene nel luglio del 1927, con la costituzione dei Gruppi d'Avanguardia Comunista, che pubblicano Le Réveil Communiste. Successivamente, con il decisivo approdo alle posizioni della sinistra comunista tedesco-olandese, la denominazione cambia in Gruppi Operai Comunisti, con il giornale L’Ouvrier Communiste.
La tesi di fondo è che la Russia sia divenuta uno Stato capitalista e che, di conseguenza, i partiti comunisti ad essa legati non possano essere ricuperati a una prospettiva rivoluzionaria. Il gruppo condivide con la sinistra tedesco-olandese il rifiuto delle organizzazioni sindacali tradizionali e delle lotte di liberazione nazionale. A causa di queste posizioni, esso finisce per trovarsi ai margini dell’opposizione di sinistra internazionale, nel cui ambito, i comunisti tedesco-olandesi vanno perdendo terreno, dilaniati da contrasti interni.
Alla fine del 1930, i Gruppi Operai Comunisti entrano in una fase di disgregazione che, nell’agosto del 1931, li porta allo scioglimento: alcuni militanti si uniscono al nuovo movimento comunista-libertario fondato da André Jean Eugène Prudhommeaux, altri passano all’anarchismo. Dopo l’esperienza dei Gruppi Operai Comunisti, Pappalardi vede preclusa la possibilità di nuove iniziative politiche. Deve affrontare anni sempre più difficili, vive in clandestinità, con fonti di sostentamento precarie e con la salute che va peggiorando. Può resistere solo grazie alla diffusa solidarietà dei numerosi militanti, che lo hanno conosciuto e stimato. Nel luglio 1939, espatria clandestinamente in Argentina, stabilendosi a Buenos Aires Ospite da un vecchio compagno, muore nella sua casa l’8 dicembre 1940.