Rossi Lodovico (Enrico Ferranti)
Ravenna, 18 ottobre 1898 - (Ravenna?) 1968
Si iscrive alla Federazione giovanile del Partito Socialista Italiano nel 1913 (Circolo giovanle socialista Aurora). Lotta contro l'intervento in guerra e, nel dopoguerra, partecipa alle grandi agitazioni del ravennate. La polizia lo scheda il 2 settembre 1920, alla vigilia dell'occupazione delle fabbriche, come "elemento politicamente pericoloso... violento e prepotente".
Nel gennaio del 1921 è tra i fondatori del PCd'I e diventa fiduciario del partito a Ravenna. Mantiene rapporti con gli anarchici e combatte le squadre fasciste a fianco di militanti degli Arditi del Popolo. Viene arresato il 18 luglio del 1921 con l'accusa di tentato omicidio nei confronti di alcuni fascisti. Mentre è in carcere viene condannato a cinque mesi di reclusione per aver "disturbato" una processione. Nel corso del processo grida "Viva il comunismo" e viene condannato a ulteriori venti giorni per disturbo della Corte. Esce dal carcere grazie a un'amnistia il 3 novembre 1921.
Nominato segretario dei giovani comunisti ravennati, nel 1922 aderisce all’agitazione in favore di Nicola Sacco e Bartolomeo Vanzetti. Arrestato il 30 gennaio, rimane in carcere fino all’11 marzo. In giugno, sotto la minacia di altre denunce ed arresti, emigra clandestinamente in Francia, a Parigi. Il giornale fascista ravennate La Rivolta Ideale lo denuncia insieme a Luigi Mannoni e ad altri, come "elemento pericolosissimo per il fascismo".
Nell'ottobre del 1923 richiede il passaporto italiano ma gli è negato.A Parigi lavora come meccanico e si lega alla corrente bordighiana, con la quale conduce una lotta serrata contro i centristi (gramsciani) dell'emigrazione. In contatto con Amadeo Bordiga e con Michelangelo Pappalardi, organizza con Bruno Bibbi, Eugenio Moruzzo e altri militanti una riunione di iscritti al Partito Comunista d'Italia (PCd’I), tutti della tendenza di sinistra, per ascoltare una relazione di Pappalardi, dimessosi nel 1923 dal partito.
Ennio Gnudi, centrista, venuto a sapere della riunione, accusa i partecipanti di frazionismo di fronte al partito. Rossi si assume la responsabilità dell’iniziativa ed è espulso. All'inizio del 1925 rientra in Italia con un passaporto falso, ma è arrestato a Roma sia per il documento contraffatto che per il tentativo di una conferenza clandestina. Tornato in Francia qualche mese dopo, nel 1931 partecipa a Lione a varie riunioni fra anarchici e dissidenti comunisti, già membri dei gruppi operaisti di Pappalardi.
Nel 1932 frequenta assiduamente gli ambienti rivoluzionari di Lione e la polizia politica lo segnala come animatore dei gruppi operaisti. Nel 1933, la Prefettura di Ravenna lo include nella lista degli "attentatori" al fascismo. Nel 1936 partecipa a un corteo antifascista a Marsiglia dietro la bandiera anarchica, e alla fine dell’anno organizza rifornimenti di armi e vettovagliamenti alle milizie repubblicane facendo continuamente la spola fra Lione e Perpignano. All’inizio del 1937 è segnalato alla frontiera pirenaica dove, insieme a Pasotti, si occupa del passaggio dei volontari per la Guerra Civile Spagnola. Due mesi dopo si trova sul fronte aragonese con i miliziani anarchici. Verso la fine del 1937 è di nuovo a Lione dove, per sfuggire a un’altra espulsione, assume il nome falso di Enrico Ferranti.
Nell'aprile del 1939, è arrestato e internato nel campo di Argélès-sur-Mer. la Torre, poi trasferito al passo di Calais dove si costruiscono inutili fortificazioni per l’esercito francese (di qui il 6 aprile 1940 scrive una lettera al fratellastro Lohengrin Belloni a Ravenna). Negli anni seguenti, vive in Francia con la moglie Prima Poli e ritorna in Italia soltanto a guerra conclusa. Stabilitosi a Ravenna, milita nelle file anarchiche e collabora ai periodici Volontà e Umanità Nova. Tra il 1951 e il 1954, pubblica alcuni numeri unici di Anarchia. Muore nel 1968, investito da un’automobile.