Trotsky Lev Davidovich
La famiglia e gli studi
Lev Davidovič Bronštejn nacque in una benestante famiglia ebraica a Janovka, ora Bereslavka, nella provincia ucraina di Cherson, il 7 novembre 1879 (il 26 ottobre secondo il vecchio calendario), ossia lo stesso giorno della Rivoluzione russa del 1917 e nello stesso periodo in cui veniva fondata l'organizzazione rivoluzionaria Narodnaja Volja.[5]
Gli antenati di Trockij erano originari di Poltava, da dove ai primi dell'Ottocento si erano stabiliti a Bobrinec, paese a una ventina di chilometri da Janovka. Il nome Janovka deriva dalla grande proprietà terriera che il colonnello Janovskij aveva in parte venduto e in parte affittato al padre di Lev, David Leont'evič Bronštejn (1847-1922), che qui si era trasferito nel 1879 per dedicarsi, caso raro per un ebreo, all'agricoltura. Gran lavoratore e ambizioso, portò la sua famiglia a un livello di vita molto confortevole: servitori e braccianti coltivavano i suoi 300 ettari di terreno[6] e curavano le sue stalle, il suo mulino era utilizzato dai contadini del distretto, il suo grano veniva venduto al mercato di Nikolaev.[7]
In casa non si parlava l'yiddish, ma un russo misto all'ucraino. Se David Bronštejn era analfabeta[8] e indifferente alla religione, sua moglie Anna L'vovna Životovskaja (m. 1910), cresciuta in città, osservava le pratiche del culto e leggeva a fatica qualche romanzo russo. Ebbero otto figli: Aleksandr, Elizaveta, Rozalija, che morì in tenera età,[9] Lev, dal nome del nonno paterno, Ol'ga (1883-1941) e altri tre bambini deceduti nella prima infanzia.[10]
Nel 1886 Lev fu mandato a studiare nella scuola ebraica del vicino villaggio di Gromoklej, dove fu ospite di parenti, gli zii Abraam e Rejčel Bronštejn. Vi s'insegnava il russo, l'aritmetica e soprattutto a leggere e tradurre la Bibbia dall'ebraico all'yiddish. Non parlando questa lingua, non fece amicizia con nessuno dei suoi compagni. La scuola durò pochi mesi, ma Lev v'imparò a leggere e a scrivere il russo.[11]
L'anno dopo un cugino per parte di madre, Moisej Spencer, venne in visita a Janovka e si offrì di ospitare Lev nella propria casa di Odessa per frequentarvi la scuola secondaria. Spencer, sposato con Fanni Somolovna,[12] direttrice dell'Istituto ebraico femminile di Odessa, era un intellettuale progressista, già espulso dall'Università a causa delle sue idee politiche. Dieci anni dopo, la casa editrice da lui fondata divenne la più importante di tutta la Russia meridionale. Così, nell'autunno del 1888, Lev Bronštejn si trasferì a Odessa ed entrò nell'Istituto tecnico San Paolo, una scuola parificata fondata dalla locale comunità luterana.[13]
I sette anni trascorsi a Odessa furono positivi. A casa Spencer imparò le « buone maniere », assistette a conversazioni di giornalisti e scrittori,[14] lesse buoni libri e arricchì il proprio bagaglio culturale;[15] a scuola si fece degli amici e divenne presto il primo della sua classe. Ebbe una sola disavventura disciplinare: durante il secondo anno fu denunciato da alcuni compagni per aver partecipato a una protesta contro un professore e fu così espulso, pur venendo riammesso alla terza classe l'anno dopo.[16] Molti anni dopo Trockij commentò: « I gruppi sorti in quell'occasione - gli invidiosi e i delatori da una parte, i giovani franchi e valorosi dall'altra, e la massa neutrale, incerta, amorfa nel mezzo - questo raggruppamento l'ho incontrato anche più tardi, nelle più svariate circostanze ».[17]
Poiché nella scuola San Paolo non esisteva la settima e ultima classe, nel 1896 Lev Bronštejn si trasferì a Nikolaev per concludervi gli studi e lì si diplomò a pieni voti nella sessione estiva del 1897, pur avendo studiato poco e marinato spesso la scuola. Infatti, da quasi un anno i suoi interessi si erano indirizzati pressoché esclusivamente alla politica.[18]
Il primo impegno politico
Alla fine del 1896 aveva conosciuto Franz Švigovskij, un giardiniere piuttosto colto che leggeva libri proibiti e opuscoli clandestini, nella cui capanna alla periferia della città si riuniva un gruppo di socialisti, in gran parte populisti, con l'eccezione della giovane Aleksandra Sokolovskaja, una marxista con la quale il diciassettenne Bronštejn entrò subito in conflitto, definendo il marxismo «una dottrina da bottegai e commercianti».[19] A causa del suo comportamento spesso sgradevolmente polemico, la Sokolovskaja abbandonò per qualche tempo il gruppo.[20] In realtà egli non aveva mai letto Marx e le sue disordinate conoscenze di cultura politica non andavano ancora oltre qualche libro di John Stuart Mill, di Bentham, di Černyševskij, di Mignet e la lettura della gazzetta liberale « Russkie Vedomosti ».[21]
Con gli scioperi operai del 1896, le proteste studentesche, il suicidio in carcere di Marija Vetrova nel febbraio del 1897, si fece strada l'idea di organizzare un gruppo clandestino. Con l'elettricista Muchin, il tipografo Poljak, lo studente Ziv, i fratelli Sokolovskij e pochi altri, Bronštejn, che ora si faceva chiamare L'vov, fondò l'Unione degli operai della Russia meridionale, riprendendo il nome di una storica società illegale attiva negli anni Ottanta. Vi aderì anche Aleksandra Sokolovskaja, dal momento che il gruppo, agendo tra gli operai di Nikolaev e Odessa, aveva assunto uno spirito socialdemocratico.[22]
L'attività di propaganda dell'Unione, svolta stampando il giornale «Naše delo» (Наше дело, La nostra causa) e preparando volantini ciclostilati diffusi nelle fabbriche insieme a opuscoli stampati all'estero, ebbe un discreto successo, riuscendo a far presa su alcune centinaia di persone. Vi s'infiltrarono però agenti provocatori e il 28 gennaio 1898 vi fu un'ondata di arresti. Bronštejn fu preso con Švigovskij in una fattoria dei dintorni di Nikolaev. Qui fu dapprima detenuto, poi fu condotto a Cherson e dopo ancora a Odessa dove, alla fine del 1899, senza che si fosse tenuto alcun processo, gli fu comunicata l'avvenuta condanna a quattro anni di esilio in Siberia e fu trasferito nelle carceri di Mosca.[23]
Bronštejn si avvicinò al marxismo durante la detenzione, pur senza conoscere ancora gli scritti più importanti di Marx, di Engels o di Plechanov. Nel carcere di Odessa lesse «con entusiasmo» Labriola e in quello di Mosca Lo sviluppo del capitalismo in Russia di Lenin; scrisse anche, secondo presupposti materialistici, un voluminoso quaderno sulla storia della massoneria, andato perduto, e un opuscolo sul movimento rivoluzionario di Nikolaev, che riuscì a uscire dal carcere e fu pubblicato a Ginevra.[24]
La prima deportazione
Nel carcere di Mosca sposò Aleksandra Sokolovskaja, un altro segno delle sue mutate idee politiche. Anche lei condannata all'esilio, si sposarono per rimanere uniti e insieme furono condotti, nell'estate del 1900, a Ust'-Kut, nella lontana Siberia centrale. Qui Bronštejn cominciò a studiare Marx leggendo i due primi volumi del Capitale e collaborò a un giornale di Irkutsk, la « Vostočnoe obozrenie » (Восточное обозрение, Rassegna orientale) scrivendo articoli di critica letteraria.[25] Fu allora che si scoprì scrittore.
A Ust'-Kut nacque, il 27 marzo 1901, la figlia Zinaida (1901-1933). Per qualche mese si trasferirono a 230 chilometri a oriente del fiume Ilim, dove lavorò come contabile di un commerciante milionario e analfabeta: quando commise un errore, fu licenziato. Tornarono a Ust'-Kut e da lì si trasferirono a Vercholensk, dove nacque la seconda figlia Nina (1902-1928).[26]
La deportazione fu « un periodo di chiarificazione politica ». Entrò a far parte dell'Unione siberiana, un'organizzazione socialdemocratica creata fra i deportati e gli operai della ferrovia transiberiana,[27] si confrontò con i socialrivoluzionari, rifiutando la loro strategia terroristica, e conobbe gli scritti dell'anarchico polacco Jan Wacław Machajski, allora deportato a Viljujsk, che per lui furono « una vaccinazione efficace contro l'anarchia, roboante nella negazione a parole, ma senza vita e persino vile nelle conclusioni pratiche ».[28] Scrisse anche un saggio in cui concepiva il partito rivoluzionario come un'organizzazione fortemente centralizzata e disciplinata, al modo di Lenin ma indipendentemente da lui, come verificò nell'estate del 1902, quando lesse il suo Che fare?.[29]
In quel periodo, d'accordo con la moglie, decise di tentare da solo la fuga dal confino. Una notte, nascosto in un carro di contadini, raggiunse Irkutsk da dove, munito di un falso passaporto a nome di Trockij, lo stesso del capo-carceriere di Odessa,[30] partì in treno per Samara. Qui fu accolto dal gruppo di socialdemocratici responsabili in Russia dell'« Iskra », uno dei quali, Gleb Kržižanovskij, lo battezzò Penna (Перо, Pero) per il suo talento di scrittore. Finalmente, superò indenne la frontiera e via Vienna, Zurigo e Parigi, in ottobre arrivò a Londra.[31]
All'estero. Il secondo congresso del POSDR
Appena a Londra, andò in casa di Lenin,[32] all'epoca redattore del giornale «Iskra», organo del Partito Operaio Socialdemocratico Russo, insieme con Plechanov, Aksel'rod, Potresov, Martov e Vera Zasulič. Fu poi alloggiato nel vicino appartamento di Martov e Zasulič e a novembre il nuovo numero dell'«Iskra» pubblicò il suo primo articolo.[33] Lenin avrebbe voluto che Trockij entrasse a far parte della redazione, ma la sua proposta trovò l'unica ma decisiva opposizione di Plechanov, che provò subito per il giovane collaboratore una forte antipatia che divenne presto una radicale avversione.[34]
Meno di due mesi dopo fu mandato a prendere contatto con il gruppo dell'Iskra di Parigi. Ne facevano parte, tra gli altri, l'ex populista Ekaterina Aleksandrova e Natal'ja Sedova (1882-1963), giovane studentessa d'arte, che divenne la sua nuova compagna, e da cui ebbe il figlio Lev.[35] Dalla Russia richiedevano il ritorno di Trockij, ma il centro estero si oppose, rimandando la sua partenza alla conclusione del secondo congresso del POSDR.[36]
Il congresso si aprì il 30 luglio 1903 a Bruxelles e proseguì a Londra, con Trockij delegato dell'Unione siberiana. Vi emersero i contrasti tra chi, come Lenin, identificava il partito con l'organizzazione illegale e chi, come Martov, voleva considerare membri del partito anche coloro che lavoravano sotto la guida dell'organizzazione illegale pur senza farne parte: «Lenin voleva una forma serrata e grande chiarezza nelle relazioni di partito» - scrisse Trockij molti anni dopo - «mentre Martov tendeva più alla nebulosità».[37]
Tuttavia, al congresso si schierò con Martov, e tanto più si oppose alla richiesta di escludere dalla redazione dell'« Iskra » Potresov, Aksel'rod e Vera Zasulič, il cui apporto al giornale era quasi nullo. Lenin «aveva capito che essi erano sempre più un impedimento sulle vie del futuro e la conclusione era stata: levarli dalla loro posizione direttiva. E questo non mi andava giù», scrisse Trockij, che era molto amico di Zasulič e Aksel'rod, «e dalla mia indignazione venne la rottura con Lenin al II Congresso».[38]
Il congresso sancì l'esistenza di due correnti, i bolscevichi di Lenin e i menscevichi di Martov, che nel successivo congresso della Lega estera della socialdemocrazia rivoluzionaria russa (Ginevra, 26-31 ottobre 1903) ribaltarono i risultati del II congresso e presero il controllo dell'«Iskra», da cui Lenin si dimise. Allineato con i menscevichi, nell'agosto del 1904 Trockij pubblicò a Ginevra I nostri compiti politici (Наши политические задачи, Naši političeskie zadači), un violento attacco a Lenin, al quale non risparmiò insulti e lo accusò di essere non tanto un socialdemocratico quanto un giacobino che guardava più all'intelligencija che ai lavoratori: «I metodi di Lenin conducono a questo: prima l'organizzazione del partito si sostituisce al partito nel suo complesso, poi il comitato centrale si sostituisce all'organizzazione, e infine un unico dittatore si sostituisce al comitato centrale».[39]
Si consumò così la sua rottura con Lenin. « Io ritornai da Lenin più tardi di molti altri, ma vi ritornai per la mia strada » - scrisse nelle memorie - « dopo aver vissuta ed esaminata l'esperienza della rivoluzione, della controrivoluzione e della guerra imperialista ».[40] Emarginato Lenin, Trockij propose un'effettiva riunificazione delle due correnti, ma i menscevichi respinsero la proposta. Minacciò le dimissioni, ma poi le ritirò e riprese la collaborazione con l'« Iskra ».[41]
All'« Iskra » collaborava saltuariamente anche il marxista russo, naturalizzato tedesco, Aleksandr Gel'fand, detto Parvus. Dal febbraio del 1904 vi venivano pubblicati i suoi articoli su Guerra e rivoluzione, nei quali prospettava, a partire dalla guerra russo-giapponese in corso e da lui prevista già nove anni prima, l'inizio di una serie di guerre europee che avrebbero segnato, in un lontano futuro, la fine degli stati nazionali. Per il momento, giudicava prossima una rivoluzione in Russia che avrebbe avuto « una ripercussione sullo sviluppo politico di tutti i paesi capitalisti. La rivoluzione russa scuoterà la società borghese » innescando una rivoluzione mondiale.[42]
La rivoluzione permanente
Sono idee che influenzeranno profondamente Trockij ispirandogli la teoria della rivoluzione permanente. Tale teoria s'inseriva quale terza via tra le due diverse tattiche delle correnti bolsceviche e mensceviche. Convinte entrambe che la prossima rivoluzione russa sarebbe stata democratica-borghese, la frazione menscevica sosteneva che i socialdemocratici, dopo essersi uniti ai liberali nell'opera di liquidazione dell'autocrazia e la sua trasformazione in una monarchia costituzionale, avrebbero dovuto mantenere una posizione di opposizione parlamentare al governo provvisorio liberale, rinunciando alla preparazione di un'ulteriore rivoluzione proletaria, definita un'«idea complottistica», per stabilire accordi politici con i partiti borghesi e ottenere «garanzie democratiche».[43]
Per Lenin, invece, i socialdemocratici dovevano partecipare al governo provvisorio sorto dalla rivoluzione, assumendone l'egemonia mediante un'alleanza tra operai e i contadini. Sarebbe stata una « dittatura democratica del proletariato e dei contadini », perché fondata sull'armamento del popolo che avrebbe dovuto respingere gli inevitabili tentativi contro-rivoluzionari e avviare tutte le riforme democratiche – non ancora socialiste – dalla proclamazione della repubblica alla riforma agraria e al miglioramento della condizione degli operai, «e infine – last but not least – a estendere l'incendio rivoluzionario all'Europa».[44
Trockij criticava tanto la tattica menscevica, definita opportunista, quanto l'idea di Lenin di una dittatura di operai e contadini, in quanto prevedeva che la loro alleanza sarebbe entrata rapidamente in crisi. In una società rimasta a economia capitalistica, il padronato si sarebbe opposto alle riforme a favore degli operai, avrebbe risposto agli scioperi con le serrate e avrebbe avuto l'appoggio dei contadini, che non avrebbero accettato che le fabbriche chiuse venissero nazionalizzate o i disoccupati fossero impiegati a spese dello Stato. Alla fine, l'alleanza tra operai e contadini avrebbe scontentato entrambe le classi, che sarebbero venute a conflitto.[45]
Secondo Trockij, la via d'uscita, per il governo operaio, doveva consistere nell'«unire tutte le sue forze con quelle del proletariato socialista dell'Europa occidentale. Solo in questo modo la sua dominazione rivoluzionaria temporanea diverrà il prologo della dittatura socialista. La rivoluzione permanente sarà dunque un'esigenza per il proletariato russo [...] Se il partito operaio non avesse sufficiente energia per effettuare un'offensiva rivoluzionaria, se esso credesse di doversi limitare a una dittatura semplicemente nazionale e semplicemente democratica, le forze unite della reazione europea non tarderebbero a fargli comprendere che la classe operaia, detenendo il potere, deve mettere tutto il peso sulla bilancia, sul piatto della rivoluzione socialista».[46]
Il ritorno in Russia. La Rivoluzione del 1905
Trockij era già stato ospite di Parvus a Monaco nel settembre del 1904, e tornò da lui nel gennaio del 1905, all'indomani della Domenica di sangue, sottoponendogli un suo opuscolo. Scritto prima della manifestazione operaia guidata da Gapon ma ora intitolato Fino al 9 gennaio (До 9 января, Do 9 janvarja) vi aveva teorizzato lo sciopero generale quale scintilla della rivoluzione, nella quale gli operai socialisti avrebbero dovuto assumersi la parte dirigente per rovesciare lo zarismo. Diversamente dai menscevichi, egli riteneva che non si dovesse contare sui liberali, sempre pronti a venire a patti col dispotismo.[47]
In febbraio partì da Monaco con Natal'ja Sedova, che proseguì per Kiev, mentre Trockij si fermava da Victor Adler a Vienna. Poi, munito di falsi documenti, raggiunse Kiev, dove conobbe l'ingegnere Leonid Krasin, un importante dirigente bolscevico che fece ospitare lui e la Sedova in un alloggio di Pietroburgo. Natal'ja Sedova fu arrestata durante una manifestazione per il 1º maggio e confinata a Tver', mentre Trockij dovette fuggire in Finlandia.[48]
Vi rimase a leggere e a scrivere finché a ottobre non giunse la notizia che a Pietroburgo era in corso uno sciopero generale. Rientrò clandestinamente nella capitale e il 15 ottobre fece la sua comparsa nel soviet di Pietroburgo.[4]
Il suo coinvolgimento nello sciopero generale di ottobre, con la presidenza del Soviet di San Pietroburgo e il suo appoggio alla rivoluzione armata del 1905, lo portarono all'arresto e a una sentenza di esilio a vita. Nel gennaio del 1907 fuggì sulla strada per l'esilio e ancora una volta trovò la via di Londra, dove partecipò al quinto congresso del partito. In ottobre si spostò a Vienna.[4]
Nel 1912 era stato inviato dal diffuso quotidiano radical-democratico Kievskaja Mysl' nei Balcani, dove fu testimone della guerra del 1912-1913, tragico prologo della Prima guerra mondiale. In quel periodo fu corrispondente di guerra per diversi giornali.[4]
Le sue corrispondenze furono successivamente raccolte nel volume Le guerre balcaniche 1912-1913 (1926).[4]
«D'un tratto la guerra ci rivela che procediamo ancora a quattro zampe e che non siamo ancora usciti dal grembo dell'era barbarica della nostra storia. »
Con l'avvicinarsi della guerra si spostò nella neutrale Svizzera, e quindi in Francia. Fu espulso dalla Francia e viveva a New York quando scoppiò la rivoluzione russa e la cosiddetta rivoluzione di febbraio rimosse lo Zar. Fece ritorno in Russia nel maggio 1917 dove infine si unì ai Bolscevichi e divenne attivamente coinvolto nei loro sforzi per rovesciare il governo provvisorio guidato da Aleksandr Kerensky, ed anzi ne fu tra i massimi dirigenti.[4]
La Rivoluzione Russa
Dopo la presa del potere da parte dei Bolscevichi durante la rivoluzione d'ottobre, divenne Commissario del popolo per gli Affari Esteri, con lo scopo principale di negoziare la pace con la Germania e i suoi alleati; nella speranza che i soldati tedeschi si ribellassero ai loro ufficiali, Trockij si ritirò dai colloqui (10 febbraio 1918).[4]
Tale speranza fu però delusa e i tedeschi invasero il territorio russo (18 febbraio), costringendo l'Unione Sovietica a firmare l'altamente penalizzante Trattato di Brest-Litovsk il 3 marzo. Trockij successivamente rassegnò le dimissioni dalla sua posizione diplomatica e divenne Commissario del Popolo alla Guerra. Come fondatore e comandante dell'Armata Rossa, fu ampiamente artefice del successo contro l'Armata Bianca e della vittoria nella Guerra Civile Russa.[4]
Trockij avrebbe, in seguito, voluto processare pubblicamente Nicola II e la moglie a Mosca, mentre i figli sarebbero stati esiliati, ma il soviet di Ekaterinburg (con l'avallo di Lenin e Sverdlov) decise invece un'esecuzione sommaria per la famiglia reale nel 1918.[49]
Trockij lo saprà solo dopo una settimana e ne rimase assai sorpreso, ma non protestò, ritenendo la fine dei Romanov come parte dei massacri avvenuti durante la guerra su entrambi i fronti.[50] Tuttavia espresse qualche apparente perplessità per il fatto che furono uccisi senza processo anche i figli dello zar (fatto negato dall'URSS fino al 1979), comprese le quattro figlie che non avevano diritti sul trono, come riporta nei suoi diari.[51]
La decisione di abbandonare le trattative, oltre a rispecchiare il programma propagandato dai bolscevichi dal febbraio del 1917, avrebbe garantito, secondo Lenin e Trockij, maggiori possibilità di estendere la rivoluzione comunista nel cuore dell'Europa (in particolare in Germania) e di garantire più tempo al giovane potere comunista all'interno del paese, ma non fu così.[4]
Il trattato, insieme allo scioglimento dell'Assemblea costituente regolarmente eletta nel 1918, ebbe tuttavia anche l'effetto di galvanizzare un numero di gruppi anticomunisti, sia all'interno che all'esterno della Russia, che intrapresero azioni contro il nuovo regime.[4]
Stalin al potere
Nel 1923, sconfitti i Bianchi, venne proclamato il nuovo stato federale, l'Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche (abbreviato in URSS o Unione Sovietica), con a capo Lenin.[4]
Con la malattia e la morte di Lenin nel 1924, Stalin e il gruppo attorno a lui (che inizialmente, nel periodo della cosiddetta trojka, includeva anche le frazioni di Lev Kamenev e Grigorij Zinov'ev) furono in grado di consolidare il proprio controllo sul Partito e sullo Stato. Il 1924 è l'anno della lotta contro il trotskismo, un feroce scontro formalmente ideologico in cui, senza risparmio di colpi bassi (con accuse reciproche molto dure sul ruolo avuto dai vari dirigenti nell'Ottobre, negli anni precedenti e negli anni successivi), viene portata avanti l'emarginazione dell'ala trotskista (che inizia a farsi chiamare "Opposizione di sinistra"), fino all'ottenimento delle dimissioni di Trockij dal posto di Commissario del Popolo alla Guerra e agli Affari della Marina (gennaio 1925).[4]
Trockij aveva infatti approfondito la sua teoria della Rivoluzione Permanente (che aveva peraltro già preso le mosse subito dopo la fallita rivoluzione del 1905), che si poneva in netto contrasto con la politica stalinista di costruire il "socialismo in un solo paese". I punti decisivi della polemica dell'Opposizione di sinistra in quegli anni sono la critica al regime autoritario vigente nel Partito, la critica allo sviluppo di deformazioni burocratiche nell'apparato statale sovietico, l'opposizione allo sviluppo di una nuova borghesia in seguito al prolungamento eccessivo delle misure di mercato (NEP); sul piano delle rivendicazioni, il gruppo di Trockij chiede una politica di forte industrializzazione, un piano di collettivizzazione volontaria nelle campagne (da realizzarsi in tempi lunghi) e, soprattutto, la promozione su scala mondiale di nuove rivoluzioni proletarie (Cina, Germania), viste come unica soluzione ai pericoli di involuzione del regime interno dell'URSS.[4]
Dopo la brusca rottura della trojka e la costituzione di un nuovo blocco Stalin-Bucharin che allontana da ogni posizione di potere le frazioni Kamenev e Zinov'ev (forti soprattutto a Leningrado), queste ultime formano nel 1926, insieme ad altri gruppi minori, un'alleanza con il gruppo di Trockij che sarà conosciuta come Opposizione Unificata.[4]
Si apre una fase di scontri sempre più violenti tra il gruppo al potere e i gruppi oppositori, che contavano su decine se non centinaia di migliaia di sostenitori nel Partito e nel sindacato.[4]
Nell'autunno 1927 l'Opposizione di sinistra decide di organizzare in forma autonoma la celebrazione del decimo anniversario della Rivoluzione d'Ottobre; è da parte di Trockij e dei suoi alleati un tentativo di una prova di forza nei confronti del regime staliniano in formazione. In piazza nelle principali città del Paese (e specialmente a Mosca e Leningrado) scendono migliaia di persone sotto le bandiere dell'Opposizione Unificata, che si scontrano con sostenitori di Stalin e con le milizie statali: le dimostrazioni degli oppositori sono disperse con la forza. Pochi giorni dopo, il 12 novembre, Trockij e Zinov'ev sono espulsi dal partito Comunista Sovietico, lasciando Stalin alla guida indiscussa dell'Unione Sovietica (Kamenev sarà espulso poche settimane dopo e in seguito sarà liquidato anche l'alleato Bucharin).[4]
L'esilio (1929-1940)
Piegata l'Opposizione e iniziata la persecuzione sistematica dei suoi militanti, Trockij venne esiliato ad Alma Ata (oggi nel Kazakistan) il 17 gennaio 1929[52]. Fu poi espulso e dovette cominciare per lui il periodo dell'esilio, un lungo vagabondaggio in diversi paesi. Nonostante questo, il suo ottimismo rivoluzionario utopico, quasi transumanista[53], non viene meno ed egli continua la propaganda in ogni luogo, auspicando una rinascita dell'URSS e del comunismo:
« Col comunismo, l'uomo diventerà incomparabilmente più forte, saggio, acuto. Il suo corpo diventerà più armonioso, i movimenti più ritmati, la voce più melodiosa. Le forme della sua esistenza acquisteranno una eccezionale potenza drammatica. L'uomo medio raggiungerà la statura di Aristotele, Goethe, Marx. A quote ancora più alte s'ergeranno nuove vette. »
(Letteratura e rivoluzione)
Si spostò dalla Turchia alla Francia e alla Norvegia, tenterà anche di stabilirsi negli Stati Uniti ma Roosevelt gli negherà il visto d'ingresso. Poco prima di lasciare la Turchia, venne intervistato dallo scrittore belga Georges Simenon.[54]
Il 31 dicembre 1933, a Parigi, incontrò Simone Weil, mistica e filosofa anarco-cristiana, di cui già aveva commentato alcuni articoli contro lo stalinismo. A tali critiche rispose nel pamphlet La Quarta Internazionale e l'URSS, ammettendo i pericoli del burocratismo, ma incolpando la Weil di «esaltazione anarchica a buon mercato» e di essere vittima «dei pregiudizi piccoloborghesi più reazionari».[55]
La Weil aveva già conosciuto suo figlio, Lev Sedov, in Germania. Trotsky, che viaggia in incognito con a fianco due guardie armate,[56] ne approfitta per organizzare una riunione clandestina, che si conclude con uno scontro verbale fra lui e la giovane, la quale ritiene che ogni Stato rappresenti, in quanto tale, un apparato oppressivo. Ella gli chiede come può giustificare la spietata repressione della rivolta di Kronštadt del 1921( da parte dell'Armata Rossa), e accusa lui e Lenin di avere un ruolo paragonabile a quello dei capitalisti che prosperano grazie a grandi carneficine. Da una stanza vicina i genitori della Weil sentono le urla di Trotsky (ella aveva chiesto il loro permesso per ospitarlo) e lui, osserverà il critico Thomas Nevin, «dovette essere preso alla sprovvista da questa novellina di ventiquattro anni, sua supposta padrona di casa. La apostrofò con una valanga di epiteti».[57] Al termine della concitata discussione, Trotsky le domandò: «Dato che non è d'accordo con nessuna delle mie idee, perché mi ha ospitato in casa sua? Appartiene forse all'Esercito della Salvezza?».[58]
Alla fine Trockij lasciò quasi subito l'appartamento della Weil e dei suoi genitori. La moglie di Trockij rimase sorpresa che una giovane ragazza avesse tenuto testa al marito in una discussione politica.[59] Della Weil Trockij parlò poi anche in La natura di classe dello stato sovietico[60]
Nel 1934 Trockij scrisse l'articolo "La guerra e la Quarta Internazionale" in cui sollecitava la formazione di una nuova internazionale. Nel 1936 Trockij scrisse il libro La rivoluzione tradita, nel quale denuncia i crimini della burocrazia staliniana; il saggio diverrà il testo fondamentale dei comunisti internazionalisti e di tutti i socialisti anti-stalinisti.[4]
Alla fine si stabilì in Messico, sempre con la moglie, nel 1937, su invito del pittore Diego Rivera che aveva convinto il governo del presidente Lázaro Cárdenas del Río ad accoglierlo ufficialmente: visse ad un certo punto nella casa di Rivera, e in un altro momento in quella della moglie del pittore, l'artista Frida Kahlo, che aveva accolto i coniugi Bronstein all'arrivo in nave a Tampico, e con cui Trockij ebbe una breve relazione sentimentale.[4]
Nel 1938 morì in Francia il figlio Lev, in circostanze poco chiare, forse avvelenato; anche gli altri figli era morti giovani, Nina di tubercolosi nel 1928, Zinaida, esiliata dall'URSS e anch'ella malata, finì suicida nel 1933, Sergej venne fucilato o assassinato in prigione dagli stalinisti nel 1937, con la sola colpa di essere figlio di Trockij; gli sopravvivranno solo i nipoti[61]; queste e altre tragedie (anche la prima moglie Aleksandra era morta in Siberia nel 1938) non lo abbatteranno mai moralmente: secondo il nipote, Esteban Volkov (figlio di Zinaida), Trockij «era sempre pieno di vita e di energia, aveva una fiducia del tutto straordinaria e contagiosa: l'avvento del socialismo era inevitabile, inevitabile e assoluto».[61]
Sempre nel 1938, Trockij fondò una nuova organizzazione marxista internazionalista, denominata Quarta Internazionale, la quale intendeva essere un'alternativa alla Terza Internazionale stalinista. Trenta delegati formarono una conferenza fondante nel settembre 1938 nella casa di Alfred Rosmer, appena fuori Parigi. All'incontro furono presenti delegati dalle maggiori potenze Europee e del Nord America, ma per ragioni di costi e distanza pochi rappresentanti dall'Asia e dall'America Latina. Un segretariato fu stabilito con molti degli allora capi trockijsti e molte delle nazioni dove i trockijsti erano attivi rappresentate. Trockij era assente, rimasto in Messico per motivi di sicurezza.[62] Tra le risoluzioni adottate dalla conferenza vi fu Programma di Transizione.[63]
Nella casa messicana, sorvegliata da guardie personali e militari messicani, incontrava ferventi ammiratori come André Breton, lavorava ai suoi scritti, progettava la rivoluzione internazionale contro Stalin e il capitalismo, passeggiava nella campagna con gli amici e si occupava con Natalja dei numerosi animali presenti nei giardini delle ville coloniali (cani, gatti, scimmie, conigli, pappagalli, galline ecc.).[4]
Dopo una discussione con Rivera, al termine di un periodo di contrasti (poiché Rivera aveva voluto assumere un ruolo politico nell'Internazionale, mentre Trockij lo riteneva adatto solo per un ruolo artistico, dato il sostanziale anarchismo del pittore che non seguiva mai la linea ufficiale decisa alle riunioni comuni), nel 1939 lasciò la Casa Azul (la residenza della famiglia Kahlo) e si spostò in una villetta sua, situtata a poca distanza. Rivera, ex stalinista divenuto trotskista, tornò ad avvicinarsi ai vecchi compagni.[4]
L'assassinio
« Non ho bisogno di confutare ancora una volta le stupide e vili calunnie di Stalin e dei suoi agenti: non v'è una macchia sul mio onore rivoluzionario. Né direttamente né indirettamente non sono mai sceso ad accordi, o anche solo a trattative dietro le quinte, coi nemici della classe operaia. Migliaia d’oppositori di Stalin sono cadute vittime d’accuse analoghe, e non meno false. Le nuove generazioni rivoluzionarie ne riabiliteranno l’onore politico e tratteranno i giustizieri del Cremlino come si meritano. (...) Quali che siano le circostanze della mia morte, io morirò con la incrollabile fede nel futuro comunista. Questa fede nell'uomo e nel suo futuro mi dà, persino ora, una tale forza di resistenza che nessuna religione potrebbe mai darmi. (...) Morirò rivoluzionario, proletario, marxista, materialista dialettico e di conseguenza ateo convinto. La mia fede nell'avvenire comunista dell'umanità non è meno ardente, anzi è più salda oggi di quanto non fosse nella prima gioventù. Natascia si è appena avvicinata alla finestra che dà sul cortile, e l'ha aperta in modo che l’aria entri più liberamente nella mia stanza. Posso vedere la lucida striscia verde dell’erba ai piedi del muro, e il limpido cielo azzurro al disopra del muro, e sole dappertutto. La vita è bella. Invito le generazioni future a purificarla da ogni male, oppressione e violenza e a goderla a pieno. »
(dal Testamento politico del 27 febbraio 1940)
Il 24 maggio 1940, Trockij sopravvisse a un raid nella sua casa da parte di sicari stalinisti capitanati dal pittore David Alfaro Siqueiros, fervente sostenitore dell'URSS. La polizia messicana sospettò anche Rivera, che risultò innocente.[4]
Mentre era a casa sua, a Coyoacán, il 20 agosto 1940, venne aggredito alle spalle da Ramón Mercader, rivelatosi un agente stalinista sotto nome falso (si era spacciato per un comunista trotskista canadese di nome Frank Jackson, per avvicinare Trockij e conquistarne la fiducia), che gli sfondò il cranio usando una piccozza. Inaspettatamente, Trockij si rialzò nonostante il colpo subito, reagì all'aggressione e si difese, chiamando poi le guardie del corpo e la moglie, che costrinsero Mercader ad una breve fuga. Poco dopo si accasciò: trasportato in ospedale e operato, dopo aver ripreso brevemente conoscenza entrò in coma e morì il giorno seguente, alle ore 18:48.[4] Il governo messicano si occupò dei funerali, e 100.000 persone gli resero omaggio durante la cerimonia civile.[4]
Mercader in seguito testimoniò al suo processo, nel quale sarà condannato a 20 anni di carcere:
« Lasciai il mio impermeabile sul tavolo, in modo tale che fossi in grado di rimuovere la piccozza che si trovava nella tasca. Decisi di non mancare la meravigliosa opportunità che si presentava. Il momento in cui Trockij iniziò a leggere l'articolo mi diede la chance, estrassi la piccozza dall'impermeabile, la strinsi in pugno e, con gli occhi chiusi, sferrai un colpo terrificante alla sua testa.[64] »
Dopo il rilascio Jackson/Mercader finì per rifugiarsi a Cuba, dove Fidel Castro, avvicinatosi all'URSS, accettò di dargli ospitalità (lo stesso Castro che criticò Trockij negli anni '60, ne rivalutò la figura in anni successivi). Trockij non è mai stato riabilitato post-mortem dall'Unione sovietica, nemmeno durante l'era Gorbaciov.[65]
La tomba di Trockij e della moglie si trova nel terreno attorno alla casa a Coyoacán. Un altro museo intitolato a Trotsky fu aperto nel 1990 a Città del Messico. La casa è stata preservata più o meno nelle stesse condizioni in cui si trovava il giorno del suo assassinio ed è oggi un museo.[66]
Giudizio storico
Giudizi storici abbastanza positivi sono stati espressi su Trockij, anche nel mondo anglosassone e persino da personalità non comuniste, in cui il rivoluzionario - anche in un contesto semplicemente storico e non politico - viene contrapposto spesso a Stalin e alla degenerazione dittatoriale subita dall'URSS[67][68], anche se molto criticato, specie dagli anarchici e dai libertari, è stato l'intervento militare contro la rivolta di Kronstadt e oggetto di discussione il suo effettivo ruolo in tale occasione; taluni gli rimproverarono di non essersi opposto all'iniziale autoritarismo di matrice leninista, che sarebbe sfociato infine nella messa al bando anche degli oppositori comunisti al PCUS di Stalin, compreso lui stesso; altri lo accusarono di essere velleitario e settario.[69]
Pensiero
Il pensiero di Trockij o trotskismo rappresenta uno dei principali rami del movimento comunista, in opposizione allo stalinismo e al marxismo-leninismo ortodosso quale definito dalla dottrina ufficiale dell'URSS a partire dal 1924 (non alla dottrina leninista originale); esso «non è un movimento nuovo, una nuova dottrina, ma il restauro, la rinascita di un autentico marxismo come è stato esposto e praticato nella rivoluzione russa e nei primi giorni della Internazionale comunista».[70] Tuttavia, il trotskismo può essere distinto da altre teorie marxiste da quattro elementi chiave[70]:
- il supporto alla strategia della rivoluzione permanente, in opposizione alla teoria delle due fasi dei suoi avversari;
- la critica alla leadership post-1924 dell'Unione Sovietica, l'analisi delle sue caratteristiche e dopo il 1933, il supporto per una rivoluzione politica in Unione Sovietica, considerata dai trotskisti stato operaio degenerato o stato operaio deformato;
- il supporto alla rivoluzione sociale nei paesi capitalisti avanzati attraverso l'azione di massa della classe operaia;
- il sostegno all'internazionalismo proletario.
La teoria della rivoluzione permanente può essere considerata una delle caratteristiche distintive del trotskismo. Fino al 1905, i marxisti avevano solo teorizzato come una rivoluzione in una società capitalista europea potrebbe portare a una socialista, ma da questa teoria erano esclusi i paesi non sviluppati, come la Russia. La Russia nel 1905 non aveva ancora stabilito una società capitalista, era invece in gran parte feudale con una piccola classe borghese. La teoria della rivoluzione permanente ha affrontato la questione di come tali regimi feudali dovessero essere rovesciati, e di come sia possibile raggiungere il socialismo in mancanza di prerequisiti economici. Trotsky ha affermato che in Russia solo la classe operaia poteva rovesciare il feudalesimo e ottenere il sostegno dei contadini. Inoltre, egli ha sostenuto che la classe operaia russa non debba fermarsi qui: una volta vinta la sua rivoluzione contro la debole classe borghese, avrebbe dovuto stabilire uno stato operaio in Russia e aiutare la classe operaia nei paesi capitalisti avanzati di tutto il mondo. Come risultato, la classe operaia internazionale sarebbe venuta in aiuto della Russia, e il socialismo avrebbe potuto svilupparsi in tutto il mondo.
Trotsky sosteneva che in Russia non si sarebbero ripetute rivoluzioni come quelle che in Gran Bretagna nel XVII secolo e in Francia nel 1789 abolirono il feudalesimo e stabilirono i requisiti di base per lo sviluppo del capitalismo.
Nella teoria della rivoluzione permanente si sostiene che in molti paesi che non hanno ancora completato la loro rivoluzione democratica borghese, la classe capitalista si opponga alla creazione di una situazione rivoluzionaria, in quanto temono la classe operaia che lotta per le sue aspirazioni rivoluzionarie contro il loro sfruttamento da parte del capitalismo. In Russia, la classe operaia, anche se è una piccola minoranza in una società prevalentemente contadina si è organizzata in fabbriche e in grandi quartieri. Durante la Rivoluzione russa del 1905, la classe capitalista ha ritenuto necessario allearsi con elementi reazionari, come i proprietari terrieri feudali e le forze dello stato zarista russo, per proteggere la loro proprietà di fabbriche, banche ecc. dall'esproprio da parte della classe lavoratrice rivoluzionaria. Pertanto, secondo la teoria della rivoluzione permanente, la classe capitalista dei paesi arretrati economicamente è debole e incapace di portare a un cambiamento rivoluzionario, quindi collegata ai feudatari, alla classe dirigente e al capitale europeo.
Soltanto il proletariato o la classe operaia erano in grado di realizzare quegli obiettivi altrove raggiunti con la rivoluzione borghese, formando consigli operai (soviet):
« Il sistema di fabbrica porta il proletariato in primo piano [...] Il proletariato si è trovato subito concentrato in masse enormi, mentre tra queste masse e l'autocrazia c'era una borghesia capitalistica, molto piccola nei numeri, isolata dal "popolo", per metà stranieri, senza tradizioni storiche, e ispirata solo dalla bramosia di guadagno. »
(Lev Trotsky, Risultati e prospettive)
Secondo il marxismo "classico", la riforma agraria (portato della rivoluzione democratico-borghese) nei paesi arretrati, come la Russia, preparerebbe il terreno in ultima analisi soltanto per uno sviluppo del capitalismo, in quanto i contadini liberati diventano piccoli proprietari, produttori e commercianti che portano alla crescita dei mercati delle materie prime, da cui un nuova classe capitalista sarebbe emersa. Solo il pieno sviluppo capitalista, secondo questo schema, prepara le basi per il socialismo.
Trotsky riteneva che un nuovo Stato socialista e l'economia in un Paese come la Russia non sarebbero stati in grado di resistere alle pressioni di un mondo ostile capitalista, così come alle pressioni interne. La rivoluzione secondo Trotsky avrebbe dovuto diffondersi rapidamente nei principali Paesi capitalistici e in tutto il mondo. Questa posizione, in contrasto rispetto al "marxismo classico", difeso per esempio dai menscevichi, era condivisa da Trotsky, in parte da Lenin e dai bolscevichi fino al 1924, quando Stalin, dopo la morte di Lenin, cercando di consolidare il suo controllo sempre più burocratico e autoritario sul partito bolscevico ha iniziato a presentare lo slogan del socialismo in un solo paese, sostituendo l'internazionalismo proletario col nazionalismo di sinistra.
Tuttavia la prospettiva internazionalista della rivoluzione permanente si trova già nelle opere di Karl Marx. Il termine "rivoluzione permanente" è difatti tratto da una frase di Marx del marzo 1850.[71]
Con il tempo, il trotskismo ha finito per influenzare anche altre parti del movimento comunista e socialista, e perfino ideologie esterne ed opposte al marxismo.[72]
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