Repossi Luigi (Luigino)
Milano, 2 marzo 1882 - Milano, 4 febbraio 1957.
Figlio di operai, trascorre la gioventù nel popolare quartiere di Porta Ticinese, partecipando attivamente alle lotte proletarie di fine secolo, come le grandi agitazioni contro la fame del 1898. Occupato come meccanico tornitore, intensifica il suo impegno nelle fabbriche, nelle piazze e nel sindacato. Si iscrive al PSI nel 1910. Quando entra nel Comitato direttivo della Sezione milanese del Partito Socialista Italiano, si schiera con la Sinistra Intransigente, insieme a Bruno Fortichiari, Abigaille Zanetta, Livio Agostini e Alfredo Interlenghi.
Alla vigilia della prima Guerra Mondiale, è tra i più decisi oppositori dell’intervento dell’Italia. Per tutta la durata del conflitto conduce una lotta intransigente che, nel luglio 1917, gli procura una condanna a cinque mesi di carcere e poi l'assegnazione al confino. Al XV Congresso del PSI (Roma, 1-5 settembre 1918) rappresenta la sinistra socialista milanese e attacca duramente sia i riformisti, sia gli altri dirigenti socialisti per l'opportunismo dimostrato durante la guerra. Nel biennio rosso 1919-1921, fa parte del Comitato direttivo milanese della Federazione Italiana Operai Metallurgici (FIOM). Nella fase preparatoria del Convegno di Imola (28-29 novembre 1920) partecipa alla elaborazione del manifesto-programma della Frazione Comunista.
Al Congresso di fondazione del Partito Comunista d'Italia (Livorno, 21 gennaio 1921), è eletto membro del Comitato Esecutivo, con Amadeo Bordiga, Bruno Fortichiari, Ruggero Grieco e Umberto Terracini; in particolare gli si affida la responsabilità del lavoro sindacale. Diventa così responsabile del foglio comunista Il sindacato rosso. Eletto alla Camera dei Deputati nelle elezioni del maggio 1921, dirige il settimanale della Federazione comunista milanese La voce comunista e, fino all'aprile 1922, è anche direttore responsabile della rivista teorica del partito Rassegna Comunista.
Molto attivo nel lavoro di partito, è membro dell'ufficio centrale (legale) dell'organizzazione insediato a Roma. Partecipa come inviato all'attività dell'Internazionale Comunista, sostenendo le posizioni della Sinistra Comunista contro la svolta moderata al Terzo Congresso (Mosca, 22 giugno – 12 luglio 1921). Rieletto deputato nel 1924, partecipa intensamente all'attività del Gruppo parlamentare.
Dopo l'assassinio di Giacomo Matteotti, in un momento assai critico e rischioso, pronuncia un forte discorso (diventato celebre) di attacco al governo borghese. Verso la metà del 1925, con Onorato Damen, Bruno Fortichiari e altri dirigenti della Sinistra Comunista, dà vita al Comitato d'Intesa. L'8 novembre 1926, è arrestato con gli altri deputati comunisti e confinato prima a Favignana, poi a Lipari, Siracusa e Ponza, dove rimane fino al 1932. Nel 1928, mentre si trova al confino, è espulso dal partito per non aver sottoscritto la condanna a Trotsky, emessa dal IX Esecutivo Allargato dell’IC (15 febbraio 1928).
Rilasciato, si stabilìisce a Milano dove, eludendo il controllo poliziesco e quello, altrettanto poliziesco, del PCI, riesce a stabilire contatti con Bruno Fortichiari, Mario Lanfranchi e Giusto Della Lucia, con i quali scrive e diffonde documenti firmati inizialmente "Gruppo Comunista" e poi "Sinistra Comunista". All'inizio della Seconda Guerra Mondiale, è internato a Istonio (oggi Vasto, in provincia di Chieti), dove conosce Onorato Damen e Bruno Maffi.
Dopo l'8 settembre 1943 è nuovamente a Milano. Nel marzo del 1945 insieme a Bruno Fortichiari chiede di essere riammesso nel PCI, ma la sua domanda non è accolta. Si iscrive allora al PSI, che, dopo il 25 aprile, rappresenta nella Commissione lavoro e previdenza sociale, in seno alla Consulta Nazionale. Negli anni del dopoguerra, oltre a svolgere attività nella Camera del Lavoro di Milano, pubblica alcuni saggi sul movimento sindacale italiano. Malgrado questi impegni, è politicamente emarginato e trascorre i suoi ultimi anni in condizioni di indigenza, accudito da una nipote. Colpito da paralisi muore dopo mesi di ospedale a Palazzolo, in un ospizio per poveri.