Genova G8, Luglio 2001

Pubblichiamo una selezione di lettere e materiali altrui sui fatti di Genova, ricevuti o segnalati dai nostri lettori. La nostra valutazione è in un'altra pagina.

1) Predicare in un modo e razzolare in un altro

[...] Respingiamo una rappresentazione astratta e mitologica della "globalizzazione". La globalizzazione che noi combattiamo non è né la dimensione mondiale dell'economia né un'entità "metafisica". E' il capitalismo internazionale entro il processo storico della ricomposizione capitalistica dell'unità del mondo dispiegatasi dopo l'89. Imperialismo non è termine ideologico o invecchiato. E' il dominio del capitale sulla società internazionale che oggi ripropone in forme nuove i suoi tratti storici (parassitismo finanziario, concentrazioni monopolistiche, saccheggio dei Paesi poveri, militarismo) ma anche le sue contraddizioni insolubili: prima fra queste la lotta tra le grandi potenze per la spartizione del pianeta, ripresa su larga scala dopo il crollo dell'URSS e dello stalinismo. Il movimento deve riconoscere con chiarezza nell'imperialismo il proprio avversario e ciò significa assumere come avversario ogni potenza imperialistica: non solo l'imperialismo americano ma anche l'imperialismo europeo, le sue multinazionali, le sue banche, i suoi governi, siano essi di centrodestra, di centrosinistra, o socialdemocratici. Ed anzi, in Europa, la lotta contro l'imperialismo di "casa nostra" è un dovere centrale del movimento e la condizione stessa della sua piena autonomia politica. In questo senso dissentiamo dalla pretesa utopica di un' "Europa sociale e democratica" entro l'attuale quadro imperialistico. Questa rivendicazione rischia di avallare nei fatti l'imperialismo europeo con la speranza illusoria di una sua "riforma". All'opposto la denuncia dell'imperialismo europeo ed italiano, delle sue politiche di saccheggio coloniale nella penisola balcanica, delle sue politiche reazionarie contro l'immigrazione, del suo crescente militarismo, deve coniugarsi alla rivendicazione di un'alternativa di società e di potere su scala continentale fuori da qualsiasi logica di pressione sulla socialdemocrazia e sulle istituzioni di questa Europa.

Larga parte della direzione attuale, politica e intellettuale, del movimento promuove una piattaforma antiliberista, ma non anticapitalistica. Consideriamo profondamente errata questa impostazione. Il liberismo non è una "cattiva politica" del capitale rimpiazzabile con una politica "buona" del capitalismo medesimo. Il liberismo è una manifestazione naturale del capitalismo nelle stagione storica della sua crisi e del crollo di ogni contrappeso internazionale. Una lotta al liberismo senza una lotta al capitalismo è una frase vuota e un inganno.

La rivendicazione di un capitalismo "equo" (di un commercio "equo", di una finanza "equa") è solo il recupero di una vecchia utopia, sempre fallita e tanto più inverosimile nell'epoca attuale dell'imperialismo. Il sogno di un capitale imbrigliato da una rete di regole democratiche, come vorrebbe Lilliput, è appunto la fiaba di Gulliver. Nella sua traduzione concreta questa impostazione si riduce per lo più a rivendicare o semplici misure di razionalizzazione antispeculativa (come una "Tobin Tax" tanto innocua da essere stata inventata da un consulente liberale di Kennedy e da essere votata dal parlamento anti-operaio del Canada); o una riforma del WTO, della Banca Mondiale, dell'ONU (che è un po' come richiedere a un covo di briganti e rapinatori del pianeta di modificare lo statuto del proprio club); o una cosiddetta economia "extramercantile" (v. terzo settore) che in realtà si integra nelle stesse politiche liberiste come espressione della privatizzazione dello stato sociale e, spesso, come luogo di precariato e supersfruttamento.

Questa intera impostazione va capovolta. Non si tratta di chiedere al capitale di essere sociale democratico ambientalista e pacifico. Si tratta di impugnare ogni rivendicazione di classe democratica, ambientalista, di "pace" conto il capitale per il suo rovesciamento. Solo il rovesciamento del capitalismo può liberare un futuro di progresso per l'umanità con l'uso razionale, al servizio degli uomini, delle grandi scoperte della scienza e della tecnica. E viceversa senza il rovesciamento del capitalismo l'intera umanità è destinata ad una autentica regressione di civiltà, già oggi delineata dall'accrescersi della miseria sociale e dello sfruttamento, dalla precipitazione del degrado ambientale, dal cupo riproporsi delle piaghe antiche del razzismo, della xenofobia, del militarismo. Per questo proponiamo nel movimento antiliberista una chiara prospettiva socialista. [...]

(Seguono 16 firme individuali di politici e sindacalisti con i relativi incarichi in organismi tradizionali)

2) "SLAI - COBAS"

[...] C'è una precisa continuità tra gli incontri dei potenti e quello che in Italia è stato fatto, in particolare negli ultimi decenni, dal potere finanziario ed industriale ben rappresentati dai governi che si sono succeduti. Ed adesso che c'è un governo di destra, apertamente antidemocratico ed antioperaio, ci si "dimentica" che questo governo è stato preceduto da altri che hanno propagandato e sostenuto l'adesione all'Europa, scelta disastrosa che si traduce oggi in un crescente aumento dei prezzi, in un parallelo decremento dei salari ed in un drastico peggioramento delle condizioni dei piccoli produttori di interi settori agricoli. Sono i governi del centro sinistra che negli ultimi anni hanno spianato la strada al governo delle destre devastando il tessuto operaio e popolare con le politiche di flessibilità e precarizzazione del lavoro, con la promozione e la gestione delle privatizzazioni e con lo smantellamento della sanità, dei servizi sociali e della scuola pubblica Sotto questi governi le poche libertà democratiche e i pochi diritti politici dei lavoratori sono stati drasticamente ridotti; grazie all'operato di questi governi oggi scioperare, manifestare, difendersi, organizzarsi sindacalmente e politicamente è diventato per gli operai e per i lavoratori sempre più rischioso e complicato.

Oggi, ancora, ci si dimentica troppo facilmente che molte delle organizzazioni cosiddette non-governative che si dichiarano contro il G8 hanno sostenuto direttamente ed indirettamente un governo come quello D'Alema che ha portato l'Italia in guerra contro una piccola nazione -la Yugoslavia- che non voleva allinearsi agli interessi delle principali potenze.

Ci si dimentica ipocritamente che certi sindacati confederali che oggi si presentano critici nei confronti del G8 hanno lavorato in questi anni per ottenere più potere e più privilegi per sé e per una propria ristretta base sociale cedendo -in cambio- ai padroni (comprese le aziende cooperative) sempre più flessibilità, sempre più sfruttamento, sempre più licenziamenti, collocandosi così all'interno delle stesse direttrici politiche che i potenti del mondo fanno pesare anche sui lavoratori dei "propri" stessi paesi.

Di fronte a scadenze come quelle del G8 di Genova i lavoratori, gli operai, le masse popolari, i piccoli produttori e i piccoli negozianti colpiti dalle politiche europee, dalla concorrenza e dalle tasse, non possono non vedere come, al di là delle differenze storiche, nazionali e cultuali, i popoli oppressi del mondo sono i loro unici veri alleati.

Tra i popoli oppressi diversi sono quelli che stanno lottando in modo rivoluzionario contro l'oppressione economica, politica, militare e culturale dei potenti della terra, per costruire nuovi stati e nuove società (dalla Palestina alla Turchia, dal Nepal all'India e alle Filippine, dalla Colombia al Perù e al Messico). Questi popoli, contrastando concretamente i piani e gli interessi delle potenze imperialiste, aiutano realmente e più di chiunque altro i lavoratori dei paesi economicamente più sviluppati sfruttati e oppressi dagli stessi interessi e poteri nazionali e multinazionali, politici ed economici. A questi popoli va dunque il saluto, il ringraziamento e la solidarietà di classe dei lavoratori coscienti dei propri interessi internazionalisti.

3) "PRECARI NATI"

Bruciare ogni illusioni stasera...

Se siamo qui, non è come attivisti professionali della contro-globalizzazione, che cercano di trovare una posizione mediatrice tra i burattini dell'economia e le sue "vittime", che agiscono per conto di altri (cioè gli "invisibili", i proletari in rivolta contro il Fondo Monetario Internazionale o la Banca Mondiale, i rifugiati, i lavoratori precari).

Non vogliamo rappresentare nessuno, e sputiamo in faccia a chi volesse rappresentarci. Non concepiamo l'esclusione sociale come esclusione dai centri di decisione economica ma come perdita della nostra vita nell'attività di ogni giorno come proletari, per colpa dell'economia.

Se siamo qui, non è perché preferiamo il commercio equo e solidale al libero scambio, né perché crediamo che la globalizazione indebolisca l'autorità degli Stati-nazione. Non è perché pensiamo che lo Stato sia controllato da istituzioni non democratiche, né perché manchi più controllo sul mercato. Siamo qui perché ogni commercio è commercio della miseria umana, perché tutti gli Stati sono prigioni, perché la democrazia nasconde la dittatura del Capitale.

Se siamo qui non è perché vediamo i proletari come vittime, né perché vogliamo elevare noi stessi a loro protettori. Noi non veniamo qui per entusiasmarci alla vista di manifestazioni spettacolari, ma per imparare la tattica della quotidiana lotta di classe dagli scioperanti dell'Ansaldo e dai proletari disubbidienti dell'industria metallurgica. Noi veniamo qui a scambiare le nostre esperienze come ogni diseredato del mondo.

Se siamo qui, non è perché veniamo come membri dei numerosi Organismi Non Governativi, verie lobby, Attac, o tutti gli altri che vogliono solo essere accettati alle discussioni sulla modernizzazione del capitalismo e che sperano nell'efficacia delle loro proposte (p. es. la "Tobin tax") per salvare le relazioni sociali capitalistiche, proprio le stesse che perpetuano la nostra alienazione e sfruttamento.

Se siamo qui, è in quanto proletari che riconoscono il capitalismo non nelle riunioni dei vari gangsters ma nel furto quotidiano delle nostre vite nelle fabbriche, nei call-centers, come disoccupati, per le necessità dell'economia. Noi non parliamo per conto di qualcuno, cominciamo dalle nostre propie condizioni. Il capitalismo non esiste a causa del G8, è il G8 che esiste a causa del capitalismo. Il capitalismo è nient'altro che l'espropriazione della nostra attività, la quale ci si rivolta contro come una forza aliena.

La nostra celebrazione contro il capitale non ha un inizio o una fine, non è uno spettacolo predeterminato, non ha una data fissa. Il nostro futuro va ben al di là di tutte le mediazioni, al di là degli Stati-nazione, al di là di ogni tentativo di riformare il capitalismo. Il nostro futuro consiste nella distruzione dell'economia.

Per l'abolizione totale dello Stato e del Capitale.

Per la comunità umana mondiale.

***

Superstizione riformista e illegalismo bastardo in democrazia blindata (*)

Credevamo che la delazione e la teoria degli opposti estremismi fosse una tragica e infame pagina del passato, ci sbagliavamo, abbiamo visto la gara fatta dal GSF nel fare opera di delazione e di infamia contro i compagni.

Anche in manifestazione dove molti compagni si vedevano tenuti fuori dai cordoni, e schiacciati dai lacrimogeni lanciati ad altezza uomo da una parte e dal cordone dei "compagni" dall'altra. Si accusa il "Black Bloc" di essere l'artefice della non riuscita del teatrino della contestazione organizzato del GSF. Ma cosa è il BB? Esiste davvero? Noi abbiamo visto proletari che rifiutavano la proprietà e non si lasciavano massacrare dagli sbirri.

Si sono bruciate banche, macchine, agenzie di lavoro interinale, si organizzavano barricate... intanto la polizia pestava, sparava, uccideva.

Il GSF ha spinto fino alla fine per una manifestazione pacifica, per la disobbedienza civile, intanto la polizia fermava, picchiava i compagni in vista di Genova. Il GSF ha così permesso alla polizia di fare quello che voleva. Sono entrati nei campi, hanno arrestato i compagni, hanno organizzato le squadrette a Genova e nei comuni limitrofi nella notte.

Il GSF parla di non violenza, quando il capitale esercita ogni giorno la violenza contro i proletari sul lavoro, sul territorio, a tutto questo, noi dovremmo alzare le mani e subire, il martirio lo lasciamo ai cattolici; pregavate quando gli sbirri entravano nei campi ?

Ci si stupisce della repressione, che la polizia uccide in piazza, ma ricordiamoci che esiste la LEGGE REALE. Un anno fa hanno massacrato centinaia di proletari carcerati, ma voi dove eravate, parlavate forse di carceri democratiche?

Mentre uccidevano un compagno, un ragazzo, si discuteva se era giusto o no bruciare delle macchine! Questo è quello che ci fa schifo, compagni.

Si sono rotte le uova a Genova, si è imbrattata la pacifica protesta della società civile e la riunione del civile G8. Si è rotto il compromesso della politica, della democrazia, che è al tempo stesso carezze e bastonate.

Il GSF ha assaporato ieri notte quello che migliaia di proletari si subiscono ogni giorno. Il problema è reagire, è rifiutare di comportarsi come elefanti in cristalleria. La guerra che il capitale ha dichiarato all'umanità va combattuta con ogni mezzo necessario.

E' vero che lo sbirro non è il problema principale per il movimento proletario, ma non è dal punto di vista della "società civile"-che è solo una dimensione gelatinosa borghese- che esprimiamo questa critica alla manifestazione di Genova. Il problema del movimento proletario è portare un attacco effettivo al capitalismo, che non può essere ridotto alla manifestazione di Genova, ma è disvelare la passione comunista nel manifestarsi della crisi del capitalismo.

CONTRO LA MINACCIA DEL PACIFISMO - PER LA RIVOLUZIONE COMUNISTA

PRECARI NATI

(*) E' il titolo di una raccolta di testi della Sinistra Comunista "italiana" (n.d.r.)

4) E' razzismo chic

[...] Quanto alle riunioni del G8, e alle periodiche mischie tra gendarmerie globaliste e Bambini di Dio dell'antiglobalismo, forse bisognerebbe ragionare un po' su quella che, insieme al marxismo sovietico e alla psicoanalisi, è una delle più schifose teologie del secolo, vale a dire l'antropologia culturale.

Questa faccenda delle "identità", anzi delle "culture" e delle "diversità" eternamente da difendere, una teodicea con le forme della pseudoscienza, non è semplicemente miserabile, ma è miserabile proprio sotto il profilo morale, il solo a cui io faccia appello. È razzismo chic. Tu nasci indio o bantù, dice l'antiglobalista, quindi devi restare tale per omnia saecula badando a conservare la tua identità e la tua cultura contro le tentazioni della modernità, alla cui croce il demonio globalista, cioè il corso luciferino del mondo, vorrebbe inchiodarti. A noi (gli sfortunati) il frigorifero, le scarpe, i telequiz, le riviste porno, il sistema pensionistico, i voli charter, Mozart e i Beatles, la medicina moderna, gli anticoncezionali e i film western. A te (buon selvaggio, fortunello che sei) una cerbottana, un osso attraverso il naso, la mortalità infantile, le suore, i missionari, l'astuccio da pene e un eterno concerto di tam-tam. Questo o la tua cultura rischia d'essere "distrutta".

E che cosa direbbero allora i signori della Sorbona, le teste d'uovo dell'università, dove ormai da cinquant'anni tutti s'indignano al pensiero che tu, indio o bantù, possa essere manipolato fino a desiderare di campare il più a lungo possibile, magari anche comodamente, frequentando qualche scuola, mangiando cibi conservati, praticando l'arte diabolica del controllo delle nascite, sbarazzandoti dei satrapi tribali che governano la tua vita (magari con l'aiuto dei "volontari cubani" e del buon selvaggio assoluto, il gran capellone dei manifesti e delle t-shirt, prima Che Guevara in persona, poi il suo ectoplasma). Be', è un'idea d'umanità che non si applica neanche più agli animali da quando sono stati aboliti i giardini zoologici.

Eppure è così che ragionano gli antiglobalisti, dagli eterni ragazzini dei centri sociali (una tribù oltretutto tra le più globalizzate, tutti a recitare gli stessi slogan papisti da un capo all'altro del pianeta, tutti con lo stesso passamontagna, tutti con gli stessi pantaloni scampanati, tutti collegati allo stesso sito web) su su fino ai castristi in cashemire, gli stessi che hanno sprecato una vita ad affrontare i problemi "nella loro globalità". È il mondo di Gobineau e di Hitler giusto un po' incivilito: la "difesa della razza" sub specie culturale.

A Vienna, negli anni dieci del secolo scorso, si diceva che l'antisemitismo era il socialismo degl'imbecilli. Grazie all'antiglobalismo, oggi abbiamo anche l'estremismo dei quaquaraquà, e la storia universale dell'infamia continua.

5) "BATTAGLIA COMUNISTA"

ANTIGLOBALIZZAZIONE? ANTICAPITALISMO PER IL COMUNISMO

Globalizzazione è un termine caro alla borghesia e ai suoi mass-media, ma che noi dobbiamo e vogliamo sostituire con mondializzazione imperialista. Con questo termine intendiamo l'attuale modo d'essere del capitalismo che vede il dominio incontrastato del capitale finanziario, da una parte, e la possibilità di distribuire sull'intero pianeta le diverse fasi di un medesimo processo produttivo (dei pomodori in scatola o delle automobili o dei giocattoli), dall'altra. Ricordiamo, a scanso di equivoci, che imperialismo non è altro che una fase del modo di produzione capitalista. Non è una.. politica.

[...] Dei due precedenti blocchi contrapposti - Nato e Patto di Varsavia - quest'ultimo è scomparso. L'implosione del blocco imperialista sovietico, contrabbandata come fallimento del… socialismo, ha sconvolto gli schieramenti di prima aprendo così un rimescolamento delle carte che porta fatalmente alla aggregazione di nuovi blocchi sulla base della rottura del precedente fronte NATO.

Se qualcuno pensa che nei vertici del G8 si mettano d'accordo per il governo del mondo in un ipotetico super-imperialismo mondiale, sbaglia di grosso. Nei loro vertici gli 8 grandi finiscono sempre col litigare. Questa volta, a Genova, gli Europei si presentano un poco più forti, grazie agli accordi presi a Goteborg, su temi apparentemente chiave, come quello dell'ambiente e dei protocolli di Kyoto, e su quelli meno propagandati, ma parimenti importanti, quali il commercio mondiale dell'acciaio…

Una nuova grande trappola si profila, mediante la quale le borghesie americana ed europea -indipendentemente dalle eventuali rotture anche in Europa – chiameranno i rispettivi proletari a raccolta attorno a sé contro il nemico dei "sacri interessi nazionali" o delle altrettanto sacre ideologie contrapposte.

La capacità di tenuta degli attuali movimenti "anti-globalizzazione" è legata alla loro capacità di non frammentarsi negli schieramenti che l'imperialismo prepara. Bush sta già facendo la sirena con i l'AFL-CIO e i siderurgici americani: le loro istanze "antiglobalizzazione" - dice - coincidono con la necessità di proteggere l'acciaio americano e la bilancia del commercio estero.

La condizione perché un grande movimento civile come questo resista alle divisioni imperialiste sarebbe dunque la adozione del punto di vista di classe, sarebbe la sua trasformazione in movimento anticapitalista, per la rivoluzione comunista, sarebbe in sostanza il superamento del suo interclassismo.

Solo una forte ripresa dell'iniziativa di classe operaia, anche solo per l'intransigente difesa dai pesanti attacchi del capitale, può polarizzare i movimenti civili (della cosiddetta società civile) sul terreno solidamente anticapitalista.

E' per questo che il compito prioritario oggi dei rivoluzionari è contribuire - per quanto è possibile alle forze soggettive - alla ripresa della lotta proletaria, autonoma dalle politiche di compatibilità dei sindacati e dalle logiche sindacali.

Ma la stessa ripresa di classe non avrà prospettive di vittoria senza l'organizzazione politica adeguata alla guida della titanica battaglia: il partito internazionale del proletariato.

Troppe volte si sono visti movimenti anche più oggettivamente di classe (dalla Polonia dell'agosto '80 al movimento dei minatori britannici ….) cedere subito alle sirene del riformismo e alle lusinghe del mercato politico radical borghese, per la drammatica, vistosa assenza di una adeguata forza politica organizzata sul programma rivoluzionario. E' ormai pesante e drammatica la necessità del partito rivoluzionario internazionale del proletariato.

Ed è per questo che chiamiamo le avanguardie a raggiungere e rafforzare le sezioni e le organizzazioni simpatizzanti del BIPR.

6) "CAMPO ANTI-IMPERIALISTA"

CHI SONO I CRIMINALI?

Appello alla mobilitazione immediata per l'assassinio del compagno Carlo Giuliani

Il 20 luglio, a Genova - mentre tutti manifestavamo il nostro legittimo dissenso contro il vertice G8, contro i governi che hanno sulle spalle la suprema responsabilità delle guerre, del massacro sociale contro i popoli oppressi, delle abissali diseguaglianze, dell'inarrestabile distruzione dell'ecosistema - il compagno Carlo Giuliani e' stato assassinato a sangue freddo da un colpo di pistola.

Il suo esecutore materiale è un esponente delle "forze del disordine", ma i mandanti sono i vertici dello Stato, i quali - come tutti noi a Genova abbiamo potuto verificare - hanno schierato le forze di polizia in maniera provocatoriamente offensiva, con il mandato chiaro di colpire i dimostranti, pacifisti o meno che fossero, con la massima durezza e ferocia.

Il governo Berlusconi - ed al suo interno in particolare il Ministro degli Interni Scajola - ha ora le mani sporche del sangue di un giovane italiano.

Lo spauracchio del "blocco nero" o di presunte frange di violenti pronti a tutto infiltrate nei cortei sono solo cinici pretesti per camuffare la meccanica degli eventi, un capro espiatorio per occultare le pesantissime responsabilità del governo di centro-destra che ha cercato, come noi temevamo, di mostrare i muscoli contro tutta l'opposizione sociale.

Non possiamo permettere che la morte di un compagno sia coperta di sporche menzogne, il cui unico scopo è l'insabbiamento delle indagini e l'occultamento delle responsabilità.

Onore al compagno Carlo Giuliani.

Massima e incondizionata solidarietà a tutti i manifestanti feriti, arrestati e denunciati.

Dimissioni immediate del Ministro degli Interni Scajola.

Non ci faremo intimorire dal terrorismo di Stato, e chiamiamo tutti i compagni ad organizzare nelle loro realtà territoriali immediate manifestazioni di protesta, sit-in e campagne di sensibilizzazione, affinchè la morte di Carlo Giuliani non sia avvenuta in vano.

Campo Antimperialista

7) "OPERAI CONTRO"

I RAGAZZI DI GENOVA

Mentre una grottesca maschera da clown accoglieva, come una signorina borghese di mezza età, i notabili mondiali del G8 nel salotto buono di Genova, fuori dal palazzo i mercenari erano in azione.

Da una parte plotoni armati e organizzati, in tute da extraterrestri, dall'altra una massa di manifestanti, in maggioranza adolescenti disarmati, senza nessuna esperienza di scontri di piazza, che aveva il suo battesimo del fuoco.

Erano andati a Genova con allegria, quasi per gioco. Hanno pensato che i loro ideali erano troppo giusti per non essere condivisi da tutti. Avevano promesso ingenuamente di entrare nella rocca dei potenti per sfidarli. I più, con l'unica protezione di una imbottitura di gommapiuma, disarmati. Si sono trovati di fronte un muro di bastonate, lacrimogeni e proiettili.

Sono stati attaccati, inseguiti e massacrati a decine, a centinaia.

Hanno imparato in fretta. Hanno imparato a reagire.

Carlo è morto in queste circostanze. A detta di chi lo conosceva era un bravo ragazzo, un idealista, uno scontento. Si è trovato in quella fornace come migliaia di suoi coetanei e all'ennesima carica ha cercato di reagire.

Inesperti, si sono esposti al fuoco dei mercenari e Carlo è caduto. Il suo sangue costerà molto caro però alla borghesia.

Hanno militarizzato una città, bloccato frontiere e vie d'accesso e l'unico risultato è stato quello di moltiplicare i partecipanti alle manifestazioni.

Hanno caricato e massacrato incessantemente e come risultato hanno creato i presupposti affinché una nuova generazione di giovani si avvii alla rivolta.

Con il loro atteggiamento hanno spazzato via in un colpo solo tutte le illusioni sulla possibilità di manifestare contro i "potenti" in modo pacifico.

La mistificazione sulle giornate di Genova è grande, ma tra gli operai, i disoccupati e tutti i diseredati che il capitalismo crea, la simpatia va ai ragazzi di Genova.

Onore a Carlo!

Onore ai rivoltosi di Genova!

8) Una lettera indirizzata a "Rete Lilliput"

LA TRAPPOLA DELLA VIOLENZA

Non si scherza e non si gioca con la violenza, neppure in forma verbale o "virtuale", come sarebbe stata, secondo Luigi Manconi, quella delle tute bianche. "Le parole sono pietre", sosteneva giustamente Carlo Levi. La posta in gioco e' troppo alta, per entrambi gli attori sociali (istituzioni e movimenti), per illudersi che sia possibile affrontare la molteplicita' di conflitti scatenati dai processi di globalizzazione in corso con vecchie formule politiche e di lotta. Occorre cambiare rotta, modificare il nostro stile di vita sia individuale sia collettivo (il modello di sviluppo) per renderli autenticamente equi e sostenibili. Non e' certo un'impresa da poco! L'american way of life e il modello di sviluppo e di economia ad esso sotteso sono largamente condivisi da ampi settori dell'opinione pubblica nei paesi ricchi, dalle elite in quelli poveri e, contraddittoriamente, dallo stile di vita reale di molti degli stessi oppositori.

Rabbia e paura sono due degli ingredienti negativi e pericolosi che sono stati presenti nell'animo e nelle azioni di molti di coloro che hanno dato vita alle manifestazioni del movimento di protesta, da Seattle in poi. Ma la rabbia, contrariamente a quanto sostengono alcuni agitatori politici, e' segno di debolezza, impotenza, ribellismo sterile e conduce facilmente all'insuccesso.

Gli scontri avvenuti a Genova erano abbastanza prevedibili, alimentati tra l'altro da un processo mediatico che ha irresponsabilmente enfatizzato proclami violenti, portando alla ribalta personaggi che ben poco avevano da dire su "quale mondo migliore e' possibile". Con queste premesse, la scelta di indire una grande manifestazione, condotta secondo schemi classici e tradizionali, e' stata alquanto infelice. A maggior ragione se si considera la quasi totale impreparazione nell'assicurare un servizio d'ordine e di interposizione nonviolento che isolasse le frange nichiliste (un cocktail letteralmente esplosivo di tute nere, neonazi e provocatori della polizia). Dopo la tragedia, le accuse reciproche di violenza rischiano di essere sterili, addirittura ingenue e superficiali.

Non c'e' bisogno di scomodare Pasolini per condannare senza alcuna indulgenza azioni di guerriglia urbana che hanno come obiettivi polizia e carabinieri e che portano con grande probabilita' a risultati tragici. La morte di Carlo Giuliani e' la doppia tragedia di due giovani quasi coetanei provocata da un'assurda e insensata quanto stupida concezione di lotta violenta. Ma e' bene ricordare anche l'episodio, segnalato solo da alcuni giornali, del poliziotto che ha ringraziato pubblicamente quel gruppo di una quindicina di giovani che lo hanno difeso da un assalto delle tute nere, inginocchiandosi e coprendolo con i loro corpi. E' un esempio di nonviolenza attiva, del forte, del coraggioso, che avrebbe dovuto essere praticata da migliaia di persone per impedire le scorribande dei provocatori. La violenza innesca una spirale perversa. L'abbiamo visto troppe volte, in ogni latitudine e nelle situazioni piu' disparate. Certo, coloro che hanno impartito gli ordini alla polizia, e i poliziotti che li hanno eseguiti, si sono comportati in modo vigliacco utilizzando metodi tipici delle squadracce fasciste. Ma che cosa c'e' di nuovo in tutto cio'? E' il mestiere antico delle armi, degli eserciti e delle polizie di tutto il mondo, sul fronte interno e su quello esterno. Non ci sono solo i "morti di Reggio Emilia" giustamente ricordati da Marco d'Eramo ("Il Manifesto", 24.7.2001), ma anche le recenti incursioni nei centri sociali (Askatasuna a Torino, Leoncavallo a Milano) condotte con lo stesso stile di quelle di Genova. Non dimentichiamoci mai che lo stato moderno si fonda sul monopolio della violenza e che le peggiori atrocita' sono state commesse proprio dalle autorita' statuali nei confronti dei propri concittadini.
La via maestra per spezzare questo circolo vizioso e' quella della nonviolenza attiva. In questi giorni abbiamo sentito molte volte, troppe volte, usare a sproposito questa parola che, come tante altre, rischia di subire un degrado entropico. Non bastano i proclami generici e gli slogan, e tanto meno gli pseudo satyagraha elettorali dei radicali.

[...] La nonviolenza e' la sfida del XXI secolo per liberare oppressi e oppressori, vittime e persecutori dalle catene della violenza che li disumanizzano entrambi.

9) "REDS"

[...] Il GSF ha fatto molto bene, nel periodo precedente il vertice, a cercare e in qualche maniera esigere una trattativa con il governo. Non solo è stato doveroso sforzarsi di ottenere, in un'ottica di contrattazione sindacale, spazi e agibilità per garantire l'arrivo e la permanenza dei manifestanti, ma anche a livello di comunicazione mediatica ciò ha permesso di far comprendere a larghi settori di "opinione pubblica" che il movimento chiede cose ragionevoli ed esige diritti elementari, che la destra vuole negare. Ciò non ha costituito fattore di secondaria importanza nella crisi che si è aperta in CGIL e tra i DS riguardo ai rapporti con questo movimento. Quel che si poteva evitare, crediamo, sono stati certi accenti trionfalistici che portavano a immaginare che avessimo ottenuto chissà che "vittorie", quando in realtà ci si stava preparando un trappolone. In vari ambiti abbiamo inoltre ascoltato analisi che oggi appaiono abbastanza ridicole sulla presunta esistenza di un'ala dura e un'ala morbida del governo. Tutte le componenti del movimento (noi inclusi, come ripetiamo), non hanno in alcun modo compreso qual era il disegno della destra.

In qualche modo dei segnali premonitori avrebbero potuto metterci sull'avviso, ad esempio certe segnalazioni anche interne alle istituzioni repressive. Questa incapacità di previsione ha fatto sì che si arrivasse non solo tecnicamente impreparati a difendersi, ma soprattutto psicologicamente impreparati. L'incapacità a comprendere il disegno della destra ha portato tutte le componenti a ritenere che la questione politicamente centrale fosse violare o attaccare o circondare la zona rossa, quando invece le cosiddette "forze dell'ordine" pensavano a ben altro.

Ora comunque è chiaro cosa vuole la destra: l'eliminazione della piazza come fattore di pressione politica sulle istituzioni. Dunque certamente ci proverà di nuovo e in maniera sistematica. Se non lo farà avrà perso, perché vuol dire che la piazza è ancora in grado di condizionare, che il clamore che avremo saputo creare riguardo al massacro di Genova l'avrà fatta retrocedere. In ogni caso, da ora in poi dovremo essere preparati psicologicamente e tecnicamente al peggio, senza fidarsi di alcun accordo politico o di piazza.

[...]

L'insieme [dei comportamenti della polizia] sta a testimoniare della volontà politica della destra, evidentemente decisa già da tempo, di attaccare l'insieme dei manifestanti. L'arbitrarietà dei fermi, dei pestaggi, ecc. obbedisce a questa chiara razionalità: dal punto di vista della repressione non si tratta affatto di arbitrarietà, dato che i manifestanti erano colpevoli, tutti, per il solo fatto di essere lì. Alla destra e alle cosiddette forze dell'ordine i distinguo tra le varie componenti del movimento non interessano un bel nulla. Sono nemici le tute bianche, ma alla stessa maniera anche la Rete Lilliput: quando i pacifisti non violenti venivano colpiti pur alzando le mani, vari testimoni hanno riferito che, dagli insulti dei poliziotti e dei carabinieri, era evidente che costoro erano assolutamente consapevoli di chi stavano picchiando. L'arbitrio e la casualità sono servite per dare una lezione all'insieme del movimento. A Genova c'era l'avanguardia larga del movimento: i centri sociali, le associazioni, i pezzi di sindacato più combattivi. Il governo Berlusconi non ha perso questa succosa occasione di picchiare tutti quanti, sperando così di iniziare una nuova stagione di intimidazione. [...]

10) Dialogato con una eco-pacifista

Le migliaia di persone presenti a Genova non possono essere confuse con pochi provocatori facilmente individuabili e lasciati scorrazzare liberamente.

Attacchi indiscriminati dei carabinieri subiti con ingiustificata violenza dai cittadini pacifici presenti.

Per chi non ha mai partecipato ad una manifestazione, trovarsi proiettato ed immerso nel fiume di persone presenti a Genova il 21 luglio è stata inizialmente un'esperienza affascinante, travolgente .. da lasciare senza fiato. Sono una mamma senza particolari interessi politici, interessata ai problemi ambientali, che ha cercato di capire cosa univa tutte quelle persone .. troppe per essere ignorate o tacciate di semplice complicità con poche migliaia di facinorosi di cui sabato sera ho memorizzato il nome: black bloc. Quasi trecentomila persone provenienti da diverse nazioni hanno cercato di manifestare pacificamente. Atto unico di protesta era la loro presenza in difesa della democrazia, della libertà, del rispetto della dignità umana. Arrivati nella città in cui si stavano riunendo i paesi più potenti del mondo per chiedere che venisse considerato anche il diritto di esistere in modo decoroso di ogni essere umano, nel rispetto della vita e dell'uguaglianza. Una richiesta semplice, degna di rispetto.

Tante ore sotto il sole, quasi senza mangiare in una marcia forzata per rimanere nel proprio gruppo di riferimento. Presente tra i tanti anche un "quasi ottantenne" Mario Rovinetti di Marzabotto che ha vissuto tanti anni di storia del nostro paese, anche anni bui in cui era difficile esprimere liberamente la propria opinione e si pagava spesso con la vita la voglia di pretendere il rispetto dei diritti. Al primo lancio di lacrimogeni ad altezza umana e conseguente fuga di persone disarmate, con le mani alzate, gente tranquilla, ha ricordato i tragici fatti di Reggio Emilia nel 1960 dove non si sparavano solo lacrimogeni, ma fucilate tra la gente all'altezza necessaria per colpire chi aveva l'unica colpa di chiedere democrazia e pane.

Nella psicosi che si era creata nel trovarsi senza difesa, anzi attaccati dai carabinieri e dalla polizia per le provocazioni di pochi, si viveva la paura potessero verificarsi incidenti come quelli del giorno precedente. Si stava creando un clima di preoccupazione crescente tra la gente prima tranquilla per i troppi "personaggi stranamente bardati" ed immediatamente riconoscibili che passavano a fianco di corsa, sempre più numerosi, pronti a creare danni ed ad attaccare da qualche parte facendosi scudo della gente comune. Approfittavano delle brecce lasciate aperte non per complicità, ma per inesperienza, per un servizio d'ordine interno non sempre presente ed efficace in ogni gruppo autogestito, per infilarsi e togliersi gli abiti di dosso e diventare come gli altri. Questo è successo anche vicino a noi in pochi minuti, senza possibilità di intervento da parte di persone volutamente senza mezzi di difesa e di offesa. Non si può accusare di connivenza migliaia di persone intenzionate a manifestare pacificamente che, proprio per questo, non hanno sempre potuto espellere gli indesiderati armati di spranghe. Se ognuno fosse stato organizzato per farsi giustizia da solo ci saremmo trovati in un campo di battaglia aperto ... in questo caso e solo in questo caso saremmo stati veramente uguali ai black bloc e avremmo meritato la tremenda accusa di Berlusconi. Non si può confondere, se non volutamente, chi era presente per degli ideali con chi solo per provocare la polizia che non ha cercato di arginare i controattacchi mirando chi li scatenava, ma ha colpito indistintamente tutti con estrema e ingiustificata ferocia, anche persone disarmate con le mani alzate solo perché si trovavano, senza nessuna colpa, nel luogo in cui veniva scatenata la violenza dai "soliti ignoti". Doveroso l'inserimento del numero di identificazione sul casco o berretto dei carabinieri e della polizia, per individuare responsabilità di comportamento che non possono essere lasciate impunite.

Vorrei porre una domanda molto semplice: perché i black bloc, facilmente individuabili per la loro presentazione visiva erano liberi e hanno potuto fare terrorismo e guerriglia tra la gente anche il secondo giorno?! Bardati per fronteggiare gli attacchi .. ho capito da sola che erano diversi dagli altri senza nemmeno sapere che esistevano . poi è risultato dai mezzi televisivi che erano noti alle polizie internazionali e presenti in tutte le grandi manifestazioni ... a chi fanno comodo . non certo ad un movimento che è stato accusato interamente proprio per il loro limitato operato!! Non certo a chi è stato l'unico reale bersaglio e, accusato di connivenza, ha subito l'invasione della sede operativa, semplice centro di raccolta e distribuzione dell'informazione alternativa dove esistevano e sono stati distrutti solo computer, cassette video e registrazioni. "Centro stampa del movimento" non confondibile con l'edificio vicino che svolgeva funzioni di accoglienza e pertanto aperto a tutti. Un attacco che ha lasciato per terra troppo sangue, come ha rilevato Rutelli ... un attacco troppo violento e ingiustificato che ha fatto nascere troppi dubbi . un attacco contro i giornalisti, contro la libertà dell'informazione che non ha permesso di potere negare per l'ennesima volta anche l'evidenza, un attacco alla democrazia a cui nessuno può restare indifferente se vogliamo continuare a parlare di civiltà.

Fino a pochi giorni fa ho considerato con paura il "popolo di Seattle", città in cui sono nate alcune avanguardie dell'età contemporanea (Grunge), generalizzando per superficialità di analisi. Adesso ho capito che questo popolo siamo tutti noi, presenti o meno alla manifestazione, chiunque creda nella pace, nella difesa dei diritti umani . nell'uomo semplice, nell'uomo che si sveste del suo ruolo esclusivo di consumatore e di difensore dei particolarismi acquisiti per acquistare una visuale più ampia, per vivere la globalizzazione come punto di incontro dei popoli non solo come sfrenata corsa all'arricchimento di pochi per l'enorme potere concesso alla finanza mondiale che trascina il mondo economico, dimenticandosi dell'uomo.

Per cui credo che mai come adesso sia importante alzare un appello alla non violenza, rivolto a tutte le persone che credono nella libertà dell'informazione, nel rispetto del diritto di manifestare (dissenso pacifico). quindi nell'impegno di difendere la democrazia. Un appello a cui non si può restare indifferenti e che deve vedere unite tutte le forze del paese.

***

Quando si è incominciato a preparare la manifestazione di Genova tutto il mondo sapeva che cosa si stava effettivamente mettendo in piazza, da parte della borghesia e da parte del miscuglio sociale del Social Forum. Se qualche ingenuo pensava che si potevano evitare le teste rotte e anche il morto era solo per sua immaturità politica, ma non è certo il caso di capi e capetti del "movimento". Non ha senso piagnucolare sulle prevaricazioni della polizia, che ha tenuto militarmente la piazza e ha tutto sommato raggiunto i SUOI obiettivi, per conto di chi le dà lavoro. Il guaio è che dall'altra parte gli obiettivi non c'erano, né potevano esserci, dato, appunto, l'indistinzione di classe.

Il G8 può essere un obiettivo di classe? Per favore, siamo seri. Perciò non c'era neppure il tanto decantato ordine spaccatutto del Black Bloc, c'erano degli incazzati generici che agivano anarchicamente, NEL MASSIMO DISORDINE, secondola classica ideologia individualistica di questi tempi a-classisti (e mi sorge persino il dubbio che quell'etichetta sia stata appiccicata – mediaticamente e poliziescamente – a tutti i gruppi comprensibilmente esasperati da una vita senza costrutto e senza obiettivi).

Non ha neppure senso invocare la "civiltà" contro la "barbarie", dato che questa in cui viviamo è, appunto, la vera CIVILTA', quella ben organizzata col suo Stato, le sue polizie e la sua tendenza a omologare il mondo sul pensiero borghese.

Stesso discorso per la DEMOCRAZIA, che persino i borghesi ritengono superata: QUESTA che viviamo è la vera democrazia, occidentale e liberista, globalizzante e reprimente, omologante sul consumo di pochi e sulla fame di molti, pronta a difendere le vetrinette dei bottegai e ad annegare nella fame miliardi di umani. Altra democrazia non c'è e non ci sarà mai.

La foga di molti di voi è degna di miglior causa, ed è da sperare che la si smetta di invocare funzioni idilliache per la polizia, di immaginare una funzione umana per il Capitale, di sperare che in questo mondo in sfacelo non ci siano gli incazzati, di pensare che lo stesso Capitale non tenti di globalizzare anche i cervelli umani, portandoli all'ammasso del consenso e della denuncia della "violenza". Ma qualcuno si chiede per caso che cosa significhi la violenza continua dello sfruttamento compresi tre o quattromila morti all'anno sui posti di lavoro? E si è mai vista negli ultimi tempi tanta gente organizzare per mesi con intensità rimarchevole qualche sciopero operaio?

C'è qualcosa che non va, vero?

Io a Genova non ci sono andato, soprattutto per mia assoluta incompatibilità sia con la palude pacifista che con le turbolenze anarcoidi del magma interclassista. Ho ricevuto molti messaggi come il tuo od opposto al tuo (cioè non pacifista): ne prendo atto, non si riesce ancora ad uscire dal terreno imposto dall'avversario. Anzi, c'è ancora moltissima difficoltà ad individuare nella grande e piccola borghesia l'avversario stesso.

***

Ti ringrazio delle annotazioni al mio testo sempre molto gradite. Mi piace lo scambio di opinioni ed il fatto che possano essere forse diverse non significa avere un'apertura mentale verso tutti gli orizzonti per potere inquadrare sempre meglio le problematiche, senza lasciarsi prendere da inutili sentimentalismi .... anche se io credo molto nel significato "sentimentale" di ogni azione umana.
Se ho capito bene a Roma in autunno ci sarà forse un'altra manifestazione pacifista a cui non andrò, pur rimanendo mentalmente pacifista ... chiaramente a modo mio, semplicemente perchè a mente fredda sto individuando tutte le strumentalizzazioni che hanno girato attorno ai giorni di Genova.
Condivido, versione anche di mio marito, che questo "mondo borghese" per il benessere del quale stiamo lavorando (nostro benessere), prima di essere smantellato avrebbe bisogno di qualcosaltro in contrapposizione .... qualcosa di più valido possibilmente per tutti ... ma costruttivo.
Rimarrò attenta osservatrice degli svolgimeti degli avvenimenti ......

11) Arrabbiato napoletano

Penso che le distanze vanno prese dal nemico. Tutti i giorni la polizia fa queste cose nel nostro paese, con la scusa della mafia reprime sfacciatamente tutti quelli che sono diversi e soprattutto i poveri che sono i piu' indifesi, quindi tutti voi pacifisti che andate alla manifestazione ora, quando le cose stanno malissimo, come potete criticare chi forse ha le palle piene della violenza quotidiana che il nostro stato democratico distribuisce tutti i giorni ai meno fortunati, e reagisce con la violenza contro una massa di animali scelti, che a Napoli in soli 5mila hanno fatto 300 feriti? Che vi aspettavate che se tentavate di passare la zona rossa pacificamente, la polizia ITALIANA vi avrebbe accolto solo come dei pacifici manifestanti che democraticamente protestavano contro il G8? No caro vi avrebbero rotto il culo con altre mille scuse ben preparate e premeditate come tutte le armi democratiche che avevano.

Goteborgh, 1sparato. Quebec, 3morti. Genova1 anche se vi aspettavate che vi avrebbero accolto con le rose. SON' O' RISCVEGL', CHI DORM', CHI VEGL' E CHI FFA' 'NFAMITA'!!!!!

12) "CHE FARE?"

DOPO LE GIORNATE DI GENOVA: LE SCELTE CHE SI IMPONGONO

Volevano che fallisse. E invece sabato 21 luglio il govemo Berlusconi e gli altri govemi occidentali si sono ritrovati una citta invasa da un flume di manifestanti. Per il movimento "anti-globalizzazione" una vittoria netta. Che da sola, pero, non e bastata e non bastera per ottenere un mutamento nella politica dei potenti della Terra. Lo hanno confermato, a caldo, il blitz di sabato notte e le decisioni farsesche prese dagli assassini nel corso del summit.

[...] L'assassinio di Carlo, le continue provocazioni della polizia durante i cortei, il blitz di sabato notte non sono episodi indegni di un paese democratico, come ciancia qualcuno. E' ciò che deve fare (dal suo punto di vista: legittimamente!) la democrazia per difendere gli interessi che rappresentano la sua Stella polare, quelli del profitto, da un movimento che oggettivamente vi marcia contro. Una deviazione dalle regole della democrazia? No, perché la democrazia e questo. E' il pugno di ferro contro i ribelli alle esigenze del mercato, siano essi in Jugoslavia e in Iraq o dentro le metropoli. L'assassino govemo Berlusconi ha rivolto all'intemo la macchina che l'assassino D'Alema aveva oliato contro i popoli jugoslavi...

Ecco cos'e, quindi, la democrazia. Impariamolo. E facciamone derivare l'attitudine giusta per fronteggiare la macchina repressiva del potere borghese. Un'attitudine opposta a quella che cerca di imporci il govemo Berlusconi, anche attraverso i suoi attacchi alla direzione del Gsf. "Potete esprimere il vostro dissenso, ci dice il vero pericolo black che pende sulla nostra testa, ma solo nel rispetto dei valori del mercato (magari "equo " e solidale") e della democrazia (ossia della dittatura borghese)." Cioè in modo che la vostra protesta resti impotente davanti alia violenza dello stato, prenda le distanze o addirittura si attivizzi contro i settori giovanili "cattivi", decretando la frantumazione e la dissoluzione del movimento "anti-globalizzazione".

Gli Agnoletto, i Casarin hanno già fatto passi in avanti su questa strada sinistra, arrivando in alcuni casi addirittura ad invocare l'intervento delle forze dell'ordine contro il Black Block. Ma, se non vuole andare all'indietro e decretare il suo suicidio, il movimento deve fare i conti con le proprie illusioni in un possibile dialogo con le istituzioni del denaro e, quindi, respingere la linea piagnucolosa e servile che gli viene proposta dall'alto. Deve rispondere per davvero al bisogno di organizzazione sentito dai manifestanti nelle giomate di Genova, trovatisi inermi davanti alle cariche della polizia, inermi innanzitutto sul piano politico a causa di un atteggiamento di fiducia verso le istituzioni democratiche, verso i loro carnefici.

[...] Con la fuga dei vertici dei Grandi (terroristi) verso le montagne, i nostri nemici non scompaiono. Essi sono ovunque e continuativamente. Continuativamente e ovunque-il movimento "anti-globalizzazione" e chiamato a lottare. A estendere il proprio fronte ai lavoratori e alia "gente comune" che inizia a guardarlo con simpatia. Ad organizzarsi in modo da difendersi dalla violenza sistematica e scientificamente organizzata dello stato borghese. A radicalizzare la sua linea politica in corrispondenza del compito che ha saputo evocare: la lotta a fondo contro il capitalismo imperialista, la lotta per un mondo diverse rispetto a questo mondo di merda, un mondo che non puo essere altro che quello del comunismo.

Lo diciamo senza ultimatismi, ma questo e: o il sentimento della non-violenza diffuse tra i partecipanti al movimento "no-global" si orienta in questa direzione o e destinato a diventare violenza al servizio dello stato contro i settori, in future sempre piu estesi, dei "trasgressori", dentro e fuori i confini nazionali. A diventare al fondo attivizzazione contro sé stessi, contro le proprie stesse ragioni.

Via il govemo Berlusconi! Lotta a fondo al capitalismo globale!

Per 1'unificazione delle lotte del Sud (Palestina, Argentina...) e del Nord del mondo contro la globalizzazione!

Per il comunismo!

***

[...] Le molte iniziative antiglobalizzazione] chiedono di allargarsi, di collegarsi in un solo fronte intemazionale di lotta contro un nemico che e comune. Da esse e dalla loro unione può scaturire la forza che ci permetterà di mettere un alt alla cupidigia e all'arroganza del capitalismo mondializzato. Un'occasione importante per preparare la difesa dei proletari d'ltalia contro il nuovo govemo e per costruire questo fronte intemazionale di lotta e in programma nelle prossime settimane: le iniziative contro il vertice del G-8 di Genova. Sarebbe gravissimo se i lavoratori, le donne, i giovani d'ltalia non sfruttassero a dovere questo appuntamento. [...]

13) Dall'area eco-equo-pacifista

La giornata inizia presto, la sveglia è alle 7:30; ormai sono due giorni che dormiamo soltanto qualche ora a notte. C'è da trasportare tutto il materiale dal Bagdad Cafè a Piazza Manin, il luogo scelto dall'area eco-equo-pacifista (Rete Lilliput, Legambiente, Rete Contro G8) per la giornata di manifestazione-informazione in concomitamza con l'apertura del vertice dei G8. Alle 9 sono già parecchie centinaia le persone presenti, verso le 10:30 qualche migliaio.

L'atmosfera è tranquilla, si respira un'aria serena e gioiosa, negli occhi dei manifestanti si può scorgere la visibile soddisfazione per la vittoria del giorno prima: oltre 50.000 persone che hanno manifestato pacificamente sfilando per la città, con musica, canti e slogan, in modo creativo e coinvolgente. I manifestanti sono stati applauditi da molti genovesi ai bordi delle strade e alle finestre, forse stupiti di vedere che il famoso "popolo di Seattle" non era violento e pericoloso come stampa e televisione lo avevano descritto.

In Piazza Manin siamo divisi in tre gruppi: il primo farà un'azione diretta non violenta con l'obiettivo di bloccare un varco della zona rossa, l'area della città a cui è vietato accedere; il secondo raggiungerà la griglie di protezione della zona rossa ed appenderà striscioni e manifesti; il terzo resterà a presidiare Piazza Manin. Chi scrive fa parte del primo gruppo (circa 300 persone).

Raggiungiamo la zona del varco e, dopo un breve confronto tra polizia e portavoce (siamo divisi in gruppi ed ogni gruppo ha un proprio portavoce), decidiamo di avanzare con le mani alzate fino alle soglie del varco per poi sederci uno accanto all'altro ostruendo di fatto l'accesso alla zona rossa. Squillano i cellulari, le notizie riguardanti ciò che sta accadendo nel resto della città sono in costante evoluzione. Si parla dei primi scontri tra "black block" (le frange violente dei contestatori presenti a Genova) e le forze dell'ordine, pare che le immagini che stanno passando in televisione siano agghiaccianti. La situazione da noi resta tranquilla, aumenta invece la preoccupazione per i compagni rimasti in Piazza Manin, pare che i "black block" stiano sopraggiungendo. Chi era nella piazza ha poi raccontato di una situazione che rapidamente è passata da un clima di festa (musica, balli, banchetti con i prodotti del commercio equo e solidale) ad un clima di tensione e paura.

C'è stato un confronto verbale tra manifestanti violenti e non-violenti e proprio quando i primi stavano lasciando la piazza, è arrivata la polizia che ha sparato lacrimogeni e caricato indistintamente, provocando feriti anche tra i pacifisti. Al varco della zona rossa c'è stato soltanto un attimo di alta tensione quando i "black block" si sono avvicinati, costringendo la polizia a sparare alcuni lacrimogeni. Il sit-in è terminato appendendo alle griglie striscioni e bandiere. Ho lasciato il luogo del sit-in un'ora prima che terminasse per raggiungere Piazza Manin; sono passato in mezzo ad un gruppo dei "black block" che stavano tornando alla carica... con stupore ho osservato che si trattava di ragazzi che difficilmente avevano piu' 20 anni.

Chiedendomi quale enorme disagio sociale potesse spingere dei giovani ad agire in tale modo, mi sono avvicinato a Piazza Manin osservando tragiche scene di guerriglia urbana: cassonetti incendiati e rovesciati, macchine bruciate, con vetri distrutti, ribaltate per ostruire strade e marciapiedi. Da piu' punti della città si levavano dense nubi di fumo nero. Ho raggiunto gli amici che stavano ancora fronteggiando la polizia, disarmati e con le braccia alzate, evidentemente scossi dalla violenza subita. La situazione si è poco dopo tranquillizzata e dopo aver recuperato tutto il materiale, sono tornato a casa insieme a xx che inizia a raccontarmi delle cariche subite e delle tremende sensazioni provocate dai lacrimogeni.

E' giunta intanto la tragica notizia della morte di un giovane manifestante... Cerchiamo strade alternative per raggiungere casa, siamo stravolti, ma piu' della stanchezza ci affligge una profonda amarezza e una rabbia repressa per una giornata che è andata come nessuno, tra i manifestanti pacifici, avrebbe voluto.

La sensazione forte è che invece qualcun altro che avrebbe potuto e dovuto impedire tutto ciò, nulla ha fatto per modificare il corso delle cose; 20.000 tra poliziotti, carabinieri e reparti speciali non sono riusciti a fermare 500 idioti che, "accompagnati" dalle stesse forze dell'ordine, hanno devastato un'intera città. Quale precisa strategia era dietro ad un atteggiamento così passivo di fronte a veri e propri delinquenti? Quale era lo scopo che si voleva ottenere non fermando la violenza? Quale era il motivo delle cariche contro manifestanti inermi e ed armati soltanto del proprio corpo e delle proprie idee? Domande a cui non spetta a me trovare le risposte...

Si sta diffondendo l'idea che la polizia ha utilizzato troppa violenza: penso piuttosto che ne abbia usata troppa nei confronti dei manifestanti pacifici e troppo poca nei confronti dei "black block" (ciò alimenta il sospetto di alcuni infiltrati)... dopo tre ore di scontri le persone fermate erano solo 37! Oggi, ironia della sorte, i G8 discuteranno di sicurezza... chissà se gli scudi spaziali potranno garantire la sicurezza dei manifestanti pacifici e dei semplici cittadini alla prossima occasione. Per le strade, invece, ci sarà la grande manifestazione dei 200.000, giunti a Genova per contestare le politiche dei G8 e proporre alternative a livello globale in campo economico, sociale ed ambientale. La tensione è grande, la speranza che possa essere una giornata di pace anche...

14) Cattivi, violenti e infiltrati

Ero presente anch'io in piazza Manin al momento delle cariche. Circa la giornata del 20 non aggiungerò molto a quanto già riportato da xy. Hanno accusato i manifestanti aderenti al Social Forum di aver coperto e supportato le frange nere; nn posso che indignarmi di fronte a simili accuse che suonano false e strumentali: nella stessa piazza Manin siamo stati noi e non la polizia a fermare il black block (che si era già macchiato del pestaggio di alcuni miltianti della rete Lilliput e della distruzione di alcuni loro banchetti). Nè la polizia è intervenuta a dividere le due fazioni (che erano assolutamente identificabili): si è limitata a caricare tutti indistintamente, massacrando anche quanti tenevano le mani alzate e praticavano la nonviolenza. Ultima nota circa p.zza Manin: i blacks sono stati spinti dalla stessa polizia nella nostra zona tramite continue cariche di alleggerimento e dispersione; altrettanto è stato fatto in tutte le altre piazze.

Una gestione dell'ordine assolutamente irresponsabile (nn vi sto neanche a spiegare le finalità di simili azioni perchè mi sembrano troppo evidenti). Confermo i sospetti di xy circa la presenza di infiltrati all'interno del block: ho due foto nelle quali sono raffigurati poliziotti intenti ad indossare i panni dei guerriglieri. Lo stesso Maltese (Repubblica) ha confermato la presenza di poliziotti travestiti all'interno della zona rossa. Circa la giornata del 21 posso sottolineare qualche particolare decisamente infame: ero tra i black (alla ricerca di amici dispersi negli scontri) nel momento in cui questi hanno distrutto il banco di Carignano e incendiato la Rover (i due immensi fuochi che avete visto alla tv): la polizia era schierata nell'ordine di centinaia di unità ad una distanza di circa 100 metri dai vandali (che non superavano la cinqantina). Non sono intervenuti, nè hanno accennato alcuna carica. E posso portare mille altri esempi simili a questo. Tra blacks e polizia c'era una felice connivenza: troppi elementi, troppe testimonianze, troppe prove (foto di blacks che prendono ordini da un maresciallo in via Giuliani) fanno pensare ad una precisa strategia (confermata da alcuni membri dello stesso block).

La stessa organizzazione dei blocks (distruzioni effettuate con una precisione chirurgica spaventosa, organizzazione simil militare) mi lascia pensare che il nero sotto il quale agivano non fosse certo quello anarchico... Faccio poi mie le domande dello stesso xy: possibile che una forza di 20000 uomini non abbia saputo fermare 500 teppisti di bassa lega, molti dei quali già schedati dalle polizie di mezza Europa? Non aggiungo nulla circa le "perquisizioni" del 21 notte... di questo massacro scriverò qualcosa un'altra volta.

15) Qualcuno che esce dal coro

State attenti a quello che dite e prendetevi le responsabilita' di cio' che dite perche' cosi' facendo fate il gioco dello stato di criminalizzare il movimento e spaccarlo.

Adesso sembra che Carlo sia stato ucciso dai Black block. Carlo e' stato ucciso da un carabiniere mentre lottava per la liberta' del genere umano ricordate cio' prima di aprire la bocca.

I Black block non uccidono ma danneggiano solo la proprieta' privata. Infatti ieri non si sono avuti scontri a contatto fra polizia e black block ma solo danneggiamenti a proprieta' private del grande capitale.

Tutto il resto e' stato fatto da infiltrati delle forze dell'ordine e servizi segreti stranieri e polizia in divisa.

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Accendete il cervello. Ma vi rendete conto che fate il gioco dei media!!!

State criminalizzando una parte del movimento anzichè dire semplicemente "io non sono d'accordo con quel tipo di protesta". Gli infiltrati ci sono e ci sono sempre stati, e verso di loro dobbiamo tenere gli occhi aperti. Questo non giustifica la delazione di gente che si fa il culo per combattere il sistema. Vogliamo paragonare quattro vetrine spaccate (che saranno rimborsate dopodomani) con la vita di un ragazzo? Ma stiamo davvero scherzando??????.

Prima di sparare cazzate da tg4 contate fino a un milione.

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I ragazzi del black bloc non sono stupidi, non credo che si sarebbero fatti infinocchiare da quattro cretini ignoranti della polizia. ma vogliamo scherzare? chi tra i poliziotti italiani sa parlare il tedesco o l'inglese in maniera decente? e cosa credete, che parlando l'inglese o il tedesco con accento italiano i ragazzi del black bloc non si sono insospettiti di volta in volta quando sentivano cosa stavano dicendo?

Diciamo la verità: il depauperamento della proprietà privata non è violenza fine a sé stessa, ma costituisce un veicolo di lotta politica e secondo me il risultato è stato notevole, visto che i mezzi di comunicazione hanno parlato più degli incidenti che non delle mancate decisioni del G8 in sé.

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Non serve a niente discutere adesso. Siete andati in piazza con i preti, suore e pacifisti, avete discusso per settimane sulle zone gialle e rosse, avete trattato con lo stato, gli avete fatto delle promesse e ancora oggi raccogliete "testimonianze sulle violenze" della polizia, ma anche dei ragazzi che voi dite che sono poliziotti infiltrati nel movimento. Carlo Giuliani non stava provocando ma non stava neppure pregando, stava combattendo come sapeva e poteva. Speriamo che molti abbiano capito, se non per intelligenza, almeno per le randellate dello stato.

L'anarchia non è merce che si presta ai vostri giochi. Rispetto per i black bloc.

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L'avevano cercato a Napoli, c'erano quasi riusciti a Goeteborg, lo hanno ottenuto a Genova: Carlo è stato ammazzato dopo che la logica repressiva e la violenza del potere ha fatto di tutto per alzare il livello dello scontro con i divieti, le blindature, le arroganti esibizioni di forza. E' lì che vanno ricercate le cause delle violenze di genova.

Possiamo discutere fino alla nausea sulla natura del black bloc o sulle porcate che sono uscite dalla bocca di Agnoletto&C. Basterebbe capire una volta e per tutte che la cultura politica dei soggetti che si riconoscono nel GSF è sostanzialmente riformista: compreso questo, tutto il resto è inutile. Tacciare i blacks di connivenza con gli sbirri mi pare, d'altra parte, rischioso. Di infiltrati ce ne sono sempre stati nelle manifestazioni, ma di qui a dire che fossero tutti in combutta con gli sbirri mi sembra troppo.

Non posso fare a meno di pensare però, che l'azione diretta dei blacks si sia rivelata del tutto fallimentare. Spaccare tutto non è un grankè: è un atto poco politico e molto infantile. Certo, non ha niente a che vedere con le pistole dei carabinieri: la violenza è una, ed è di stato. Ma l'anarchia e l'autogestione passano attraverso pratiche quotidiane di lotta che possano coinvolgere quante più persone possibili con l'impegno e una comunicazione orizzontale, dal basso, lontana dai teatrini mediatici. L'autoreferenzialità non paga se davvero si vuole pensare a un attiva partecipazione degli sfruttati, dei senzapotere, della gente comune alle lotte che si vogliono portare avanti.

Inseguire i vertici dei potenti non serve più a niente. Questa mitologia della "rivoluzione per appuntamento" del tipo:- ci vediamo a Genova il 21 luglio per fare la rivoluzione sociale- è una mitologia da cartone animato. Molti non capiscono (o fanno finta di non capire) che a Seattle andò bene perchè ci fu l'effetto sorpresa: ora non si sorprende più nessuno, anzi, le contromisure adottate dalle istituzioni sono sempre più dure e micidiali. La lotta si fa giorno per giorno, lontano dai vertici e dai riflettori che non aspettano altro che illuminare il rivolo di sangue di un ragazzo ammazzato.

16) "RIVOLUZIONE"

[...] Da Seattle a Nizza, da Davos a Goteborg, da Napoli a Genova la mobilitazione si e svolta per impedire, ostacolare, sabotare le riunioni degli imperialisti non per dialogare con esse. Questa è la maggioranza fisica e politica che si è espressa.

Tutto l'arco revisionista (dai DS, al PRC, dal GSF alle tute bianche) ha fallito in pieno l'obiettivo di promuovere la mobilitazione per recuperare consenso dopo l'impopolare governo di centrosinistra. I loro giochi sono stati smascherati dalla realta dei fatti. Non sono riusciti nella loro opera, condotta a fianco delle forze repressive, di isolare gli spezzoni "violenti" cosicché l'unica gestione che riescono a dare è quella della presenza dei provocatori e degli infiltrati, della presenza del clima cileno di vent'anni fa.

La realtà ha pero la testa dura: non siamo in Cile ma in Italia, non siamo a vent'anni fa ma oggi in un paese imperialista che affama, sottomette e aggredisce i popoli, che imprigiona chi si oppone e chi mostra la rivoluzione come l'unica strada possibile per uscire dalle condizioni di miseria cui ci costringe l'imperialismo. Ricordiamoci che sono i revisionisti al governo che hanno emesso centinaia di avvisi di garanzia per 270/270 bis, che sono rimasti in silenzio, avvallando di fatto, lo sterminio dei prigionieri politici in Turchia, che si sono prestati all'aggressione imperialista nella ex-Jugoslavia. Altro che clima cileno.

A Genova hanno fallito: hanno fallito i grandi 8 che non riescono nemmeno a fare la passerella in una metropoli imperialista e sono costretti a convocarsi prossimamente negli angoli più dispersi del globo (montagne del Canada) per evitare la contestazione. Che si sono dimostrati sempre più nemici e disprezzati dalle masse popolari, che non si sono accordati su nulla perché ognuno, in preda alla crisi che li attraversa, mira a garantirsi una via di uscita per conto proprio, hanno fallito i revisionisti che non riescono piu a controllare i movimenti di protesta che lo stesso sistema produce.

Hanno vinto invece tutti quei proletari che non si sono fatti legare le mani e hanno messo in discussione il monopolio della violenza borghese riappropriandosi di un terreno di lotta che non media con il sistema. Ha vinto l'idea che con l'imperialismo e le sue istituzioni non e più possibile mediare e che fare ciò significa mettersi sulla strada della sconfitta.

Si fa largo sempre piu l'idea che l'unica strada possibile e quella rivoluzionaria dell'abbattimento del sistema capitalista e della collettivizzazione dei mezzi di produzione come migliore garanzia di un futuro benessere per tutti.

Queste idee devono necessariamente essere supportate e organizzate in modo adeguato per non essere disperse ma incanalate verso il fiume della rivoluzione socialista.

Con forza dobbiamo procedere a ricostruire il partito comunista della classe operaia come unico possibile strumento che la storia ci offre per abbattere gli imperialisti, gli aguzzini, i guerrafondai, gli affamatori. Solo dove c'e o c'e stato un partito comunista rivoluzionario gli imperialisti hanno preso paura e la classe operaia e le masse popolari hanno ottenuto grosse conquiste, solo la presenza del partito comunista puo condurci verso la rivoluzione e l'emancipazione da quella classe di guerrafondai che chiamiamo borghesia imperialista.

17) "CENTRO POPOLARE OCCUPATO GRAMIGNA"

IMPERIALISMO ASSASS1NO GOVERNO BERLUSCONI GOVERNO DEI PADRONI

[...] Tutti coloro che sono andati a Genova a manifestare la loro rabbia ed il loro dissenso contro questo sistema di sfruttamcnto e dominio sui popoli sono stati caricati e repressi nel sangue.

L'assassinio del compagno Carlo, i pestaggi brutali di polizia e carabinieri, la diffamante campagna di criminalizzazione posta in essere dal governo è tuttavia un segno della vulnerabilità di questo sistema. La recessione incalza, le contraddizioni in campo economico si acuiscono, il capitale fa i conti con la crescente mobilitazione scatenata dalla crisi da esso stesso prodotta.

La repressione attuata a Genova costringe il movimento ad ulteriori riflessioni e mobilitazioni, in primo luogo la liberazione immediata di tutti i compagni arrestati.

Per raggiungere questo obiettivo e necessario tenere alto il livello di mobilitazione di piazza con cortei, presidi e tutte le iniziative utili.

Consideriamo inoltre che la repressione non si fermerà con Genova ma già emergono le dichiarazioni di esponenti della destra al governo che indicano come obiettivi da colpire Centri Sociali e Associazioni che da sempre esprimono un chiaro dissenso alla logica di profitto e sfruttamento imposto dal sistema capitalista.

Considerando che sotto il governo Berlusconi si appesantirà l'attacco alle condizioni di vita e di lavoro della classe operaia e dei cittadini è necessario costruire un fronte ampio che sappia opporre resistenza agli attacchi padronali attivando e sostenendo tutte le forme di lotta.

18) Fuori di testa

Sono contentissima di quello che ha fatto Berlusconi, dovevano farlo prima, e pestare quei delinquenti che hanno fatto miliardi di danni a Genova, e incendiato auto di anonimi cittadini. Il ragazzo ucciso era un delinquente. Berlusconi è l'unico che forse può salvare l'Italia ridicolizzata dai governi di sinistra. Viva Berlusconi, Viva la polizia di stato. I comunisti hanno fatto oltre 80.000 milioni di morti, il fascismo che non esiste più da oltre 50 anni? Studiate la storia, e smettetela di insultare perchè non avete argomenti. E forse comincerete a vergognarvi...

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Ma che stai dicendo? Non ti rendi conto delle cacchiate che stai sparando??

Non dubito del fatto che con certi cretini che fanno casino (e quelli che hanno iniziato a fare guerriglia ieri a genova lo sono) bisogna usare la mano durissima (concordo quindi con le manganellate) ma quelli del gsf erano gente che non voleva questo, che ha tentato di rispondere in maniera civile a sta cazzata del g8...

Se credi sul serio che un imprenditore corrotto, lobbista, mafioso, doppiogiochista e falso come berlusconi sia la salvezza dell'italia, beh stai presa proprio male!

Non dico che la sinistra sia meglio, ma fidarsi dle berlusca è da scemi.

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Ma l'hai visto il palazzinaro e/o mafioso berlusconi fare il maggiordomo per i "grandi" della terra (?) : vestito come un provinciale per la S. Messa,col sorriso e l'atteggiamento di chi non crede a dove si trova (proprio io ? ce l'ho fatta!) ,non sa parlare l'italiano,è di fatto un truzzo incredibile ed ignorante!!!!

Per non parlare del ministro scaiola noto pregiudicato il cui unico vero successo politico amministrativo è stato quello di sistemare in posti che contano la sua squallidona famiglia...... per quanto riguarda la polizia penso che sia naturale e fisiologico che distruggano una scuola : frustrazione,ignoranza,povertà di vita, di ideali ,di cultura : usi ad obbedir tacendo e tacendo l morir (che spessore intellettuale! che rigore morale!).

ti auguro buon weekend che il mare non sia troppo merdoso,che non ci sia una coda kilometrica per il rientro,che tu possa sempre trovare i soldi per l'affitto e/o per pagare il mutuo del bilocale dove vivi e che tu possa risparmiare i soldini per toglierti qualche bella soddisfazione.......bleah!!!!

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Una domanda alla berlusconiana: Che uniforme indossi per vivere?

19) Gaetano Bresci e le molotov

Il Black Bloc e' una cosa seria. Non puo' essere banalmente identificato con atti vandalici e devastazioni irrazionali.

E' una rete di gruppi di affinita' - prevalentemente (ma non esclusivamente) anarchici e libertari - diffusi nell'Europa continentale e in Nord America.

Esiste da anni, elabora strategie e tattiche ed e' disponibile a cambiarle in relazioni ai contesti, alle alleanze e agli obiettivi da perseguire.

Va precisato che in Italia il Black Bloc non esiste ne' mai e' esistito.

Come dimostra la storia recente del movimento, il Black Bloc non e' una realta' statica e si misura con pratiche differenti, lasciandosi contaminare, come si e' visto a Quebec City: durante la contestazione al vertice ALCA/FTAA, ha agito nel massimo rispetto della citta' e dei suoi abitanti, concentrando le energie nell'abbattimento del "Muro della Vergogna".

Inoltre ha scelto di mutuare simboli e pratiche delle tute bianche, e ha agito di concerto con gli altri gruppi di affinita' presenti nella piazza

A Göteborg, al contrario di quanto s'immagina, il BB si e' relazionato alle tute bianche e ha deciso di muoversi all'interno di una cornice comune condivisa anche dai pacifisti.

I problemi sono iniziati quando la stragrande maggioranza degli attivisti con ruoli di portavoce e responsabilita' di coordinamento sono stati arrestati "a scopo preventivo" durante il raid poliziesco di giovedi' sera.

La mattina dopo, la polizia ha tagliato il corteo in due parti, isolando e caricando uno spezzone di manifestanti etichettato come "Black Bloc". A questi ultimi non e' rimasto altro che difendersi con quello che trovavano, e singoli dimostranti hanno infranto alcune vetrine (sono le immagini che le tivu' di tutto il mondo hanno trasmesso a nastro continuo).

Dire che a rompere le vetrine e' stato il Black Bloc e' come dire che a gettare la molotov sull'Eurostar e' stato Gaetano Bresci.

Con cio' non intendiamo dire che il Black Bloc non abbia mai sfondato una vetrina. A Nizza, come confermato dalle cronache del "Corriere della Sera", furono colpite le sedi di tre banche e di alcune grandi multinazionali.

Nessun piccolo negozio o tanto meno casa privata fu oggetto di violenza. Tornando a Göteborg, e' bene puntualizzare che il momento di massima violenza poliziesca e' coinciso col momento di massima distensione degli animi: venerdì' sera la polizia ha accerchiato un parco in cui centinaia di giovani avevano organizzato un rave. La festa e' stata sciolta con la violenza, i presenti si sono difesi in maniera scomposta, ed e' stato quello il momento in cui la polizia ha aperto il fuoco.

Il Black Bloc non era presente alla festa, il ragazzo colpito non ne faceva parte.

Il Black Bloc e' composto da attivisti politici, dai quali a volte puo' separarci - oltre alla teoria - la scelta delle tattiche e/o il modo di praticare l'obiettivo, ma non si tratta di cerebrolesi o di cani di Pavlov che sbavano alla vista dei manganelli.

Si tratta di attivisti molto piu' fantasiosi e meno tetri di quanto dica la vulgata: nei giorni precedenti la contestazione di Quebec, il Black Bloc di Buffalo (USA) si stacco' da un corteo anarchico, entro' in un quartiere degradato e si mise a raccogliere la spazzatura e pulire i marciapiedi.

Ai giornalisti fu detto: "Avete scritto che avremmo devastato [to trash] la citta', e invece la spazzatura [trash] la stiamo raccogliendo".

E' in corso un gravissimo tentativo di criminalizzazione di quest'area del movimento, avallata anche da alcune correnti moderate. Noi ci rifiutiamo di salvarci l'anima sulla pelle del Black Bloc, riconosciamo la loro piena legittimita' nel movimento e rifiutiamo la logica dei "buoni" e dei "cattivi".

20) Non era prassi conosciuta

Io a Genova c'ero, sono tornato sfinito, infuriato, deluso, febbricitante, coi legamenti delle ginocchia logorati, senza un filo di voce e dico: non scateniamo la caccia all'anarchico. Non criminalizziamo il Black Bloc internazionale. Distinguiamo tra il percorso "storico" del Black Bloc e quello che è successo a Genova. Non accusiamo chiunque abbia praticato l'azione diretta a Genova di essere un infiltrato. Il pogrom e la psicosi del complotto non sono nella nostra cultura.

A Genova venerdì c'erano anarchici tedeschi dello Schwarze Block, che hanno praticato l'azione diretta contro precisi obiettivi (banche e sedi di multinazionali) e non avevano intenzione di attaccare le iniziative degli altri dimostranti. Sabato un giornalista olandese della rivista di sinistra Vrij Neederland mi ha detto di aver incontrato mentre facevano i bagagli, forse per tornare in Germania, e gli hanno detto di essere irritati per le azioni degli altri nero-vestiti. Non sono in grado di confermare, ma in effetti quello che è successo venerdì c'entra molto poco col modo d'agire del Black Bloc, che pratica l'azione diretta con un criterio magari non condivisibile da molti ma che un criterio rimane, e soprattutto fa la sua strada senza interferire con altre forme d'azione. Invece a Genova per tutta la giornata di venerdì i carabinieri hanno ACCOMPAGNATO i devastatori, senza mai caricarli, e questo non perché questi fossero troppo mobili e informali, come qualcuno ha scritto: costoro hanno avuto il tempo di entrare in alcune banche e metterle a ferro e fuoco, rimanendo all'interno per più di un quarto d'ora mentre i carabinieri li aspettavano all'esterno per RIPARTIRE insieme e raggiungere i luoghi dove il GSF manifestava con altre modalità. Lungo il tragitto sono stati attaccati negozietti, incendiate auto che sicuramente non appartenevano a miliardari, distrutte piccole pompe di benzina. I neri sono stati letteralmente SCAGLIATI contro il sit-in della rete Lilliput, i carabinieri hanno massacrato donne e bambini, scouts, dimostranti pacifici, poi sono ripartiti INSIEME ai neri. In Piazzale Kennedy i neri hanno fatto da "lepre" per l'accerchiamento e l'attacco del convergence center, poi Benemerita e presunto Black Bloc sono partiti verso Brignole per incrociare il corteo del blocco della disobbedienza civile, in un punto ancora lontano dalla "zona rossa". I carabinieri hanno caricato il corteo (autodifeso e fino a quel momento più che pacifico), e mentre lo facevano alcuni finti black blocsters sono penetrati nelle fila delle tute bianche aggredendo alcuni compagni. Uno di costoro era sicuramente un praticante di arti marziali molto esperto e addestrato, perché ha atterrato un grosso compagno del Rivolta di Marghera con un un paio di diretti al volto e una ginocchiata alle reni. Dopodiché la Benemerita ha continuato a caricare il corteo per sei ore consecutive, mentre questo cercava di defluire. L'ultima carica è avvenuta a meno di cinquecento metri dallo stadio Carlini. Nel frattempo i neri chissà dov'erano finiti. Questo non ha nulla a che vedere con la prassi del Black Bloc.

21) "BLACK BLOC"

Il 30 novembre, diversi gruppi di individui uniti nel black bloc hanno attaccato molteplici obiettivi sedi di multinazionali nel centro di Seattle. Tra queste c'erano (tanto per citarne alcune):
- Fidelity Investment (azionista di maggioranza della Occidental Petroleum, che vuole eliminare la tribu' degli U'wa in Colombia [per estrarre dai loro territori])

- Bank of America, US Bancorp, Key Bank e Washington Mutual Bank (istituzioni finanziarie chiave nella espansione della repressione globale operata dalle multinazionali)

- Old Navy, Banana Republic e GAP (come societa' di proprieta' della famiglia Fisher, sono responsabili e simbolo della distruzione delle foreste del Northwest e sfruttatori dei lavoratori del terzo mondo con paghe miserabili)

- Nike Town e Levi's (i cui prodotti hanno prezzi altissimi e sono prodotti in condizioni di semi-schiavitu' nel sud del mondo)

- McDonald's (paghe bassissime, spacciatore di cibo spazzatura, responsabile della distruzione delle foreste tropicali, per la distruzione del suolo e per l'uccisione di milioni e milioni di animali)

- Starbucks (venditore di una sostanza, il caffè, che provoca assuefazione, viene prodotto in fattorie dove i contadini, con paghe al di sotto del livello di poverta', nella produzione sono forzati a distruggere le loro foreste locali)

- Warner Bros. (monopolista dei media)

- Planet Hollywood (per essere Planet Hollywood)

Questa azione e' durata per oltre 5 ore ed e' consistita nello sfondamento delle porte, delle vetrine, di tutte le vetrate e nella devastazione delle lussuose facciate dei megastore delle multi e delle sedi delle aziende o delle banche. Fionde, distributori automatici dei giornali, bidoni della spazzatura, mazze ferrate, martelli, piedi di porco sono stati usati strategicamente per distruggere le proprieta' delle corporation e per poter entrare... (uno dei tre Niketown ed uno degli Starbucks attaccati sono anche stati saccheggiati). In piu' sono anche state usate palle di vernice, uova con dentro soluzioni corrosive per il vetro e bombolette di vernice spray.

Il blocco nero e' stato un raggruppamento, organizzato per intelligenza individuale, di gruppi di affinita' ed individualita' che hanno girato per il centro di Seattle spinti per un verso da una "significativa" e vulnerabile vetrina di negozio e per un altro dalla vista di un raggruppamento di polizia. Diversamente dalla gran parte degli attivisti che sono stati gassati con spray irritante e con i lacrimogeni e contro i quali sono stati sparati in piu' occasioni proiettili di plastica, la maggior parte di noi del blocco ha evitato feriti pesanti rimanendo costantemente in movimento, cercando di evitare lo scontro frontale con la polizia. Stavamo stretti [cordonati] ed ognuno guardava le spalle dell'altro. Quelli attaccati dai federali sono sfuggiti all'arresto grazie alla velocita' di reazione ed alla organizzazione del membri del black bloc. Il senso di solidarieta' e' stato imponente.

LA POLIZIA PACIFISTA

Sfortunatamente, la presenza e la persistenza della "peace police" e' stata abbastanza di disturbo. In almeno 6 diverse occasioni, i cosiddetti attivisti "non violenti" hanno aggredito fisicamente chi stava attaccando le proprieta' delle multi. Alcuni sono anche andati cosi' oltre da mettersi davanti al Niketown super store e ostacolare e far andare via il black bloc. Infatti, questi sedicenti "peace-keepers" [portatori di pace] hanno posto a gran rischio gli individui del black bloc, piu' dei noti, violenti ed in uniforme "peace-keepers" spediti dallo stato (anche agenti in borghese hanno sfruttato la copertura dei pacifisti per cercare di prendere quelli che erano impegnati nella distruzione delle proprieta' delle multi).

REAZIONE AL BLACK BLOC

La reazione alle attivita' del black bloc hanno evidenziato alcune delle contraddizioni e dell'oppressione interna che si vivono gli "attivisti non-violenti". A parte l'ovvia ipocrisia di quelli che fanno violenza contro chi e' a volto coperto e vestito di nero (molti dei quali sono stati aggrediti malgrado il fatto che non siano mai stati coinvolti nelle attivita' di distruzione di proprieta'), questo e' il razzismo degli attivisti privilegiati che possono permettersi di ignorare la violenza perpetrata contro la maggior parte della societa' e della natura in nome del diritto di proprieta' privata. Lo sfondamento delle vetrine ha coinvolto e ispirato gran parte della comunita' sfruttata e oppressa di Seattle piu' di quanto ogni altro pupazzo gigante o costume da tartaruga marina avessero mai potuto fare (non per disprezzare l'efficacia dei metodi utilizzati dagli altri gruppi).

DIECI LEGGENDE SUL BLACK BLOC

Qui c'e' qualcosa per sfatare le voci che sono circolati riguardo al black bloc del 30 novembre:

1. "Sono tutti un gruppo di anarchici di Eugene." Mentre alcuni possono in effetti essere anarchici di Eugene, Oregon, noi arriviamo da tutti gli Stati Uniti, anche da Seattle. In ogni caso molti di noi sono consapevoli dei problemi locali di Seattle (per esempio la recente occupazione del centro fatta dai rivenditori delle piu' infami compagnie multinazionali).

2. "Sono tutti seguaci di John Zerzan." Un sacco di chiacchiere sono circolate sul fatto che noi siamo tutti seguaci di John Zerzan, un autore anarco-primitivista di Eugene che ha sostenuto l'azione di distruzione di proprieta' delle multi. Mentre alcuni di noi possono apprezzare i suoi scritti e le sue analisi, lui non e' in nessun caso il nostro leader, direttamente, indirettamente, filosoficamente o altro.

3. "Lo squat occupato per il NO2WTO a Seattle e' il quartier generale degli anarchici che hanno distrutto le proprieta' il 30 novembre." In realta', la maggior parte delle persone all' "Autonomous Zone" squat sono persone di Seattle che hanno passato gran parte del loro tempo sin dalla sua apertura il 28.11 nello squat. Mentre ci si puo' conoscere gli uni con gli altri, i due gruppi non corrispondono e comunque in nessun caso lo squat puo' essere considerata la base delle persone che hanno fatto l'azione di distruzione delle proprieta'.

4. "Il blac block ha innalzato la tensione il 30.11 facendo si che si arrivasse a sparare lacrimogeni e gas irritanti anche contro i manifestanti non violenti." Per rispondere a questo, possiamo solo notare che lo sparare i lacrimogeni, il gassare la gente col pepper spray, lo sparare i proiettili di gomma e' tutto iniziato molto prima che il black bloc iniziasse la distruzione di proprieta'. In piu' dobbiamo opporci alla tendenza a stabilire reazioni di causa effetto tra la repressione della polizia e diverse forme di protesta, che queste prevedano o meno la distruzione di proprieta'. La polizia ha il compito di difendere la minoranza dei ricchi e l'accusa di violenza non puo' essere sempre addossata contro chi prova a reclamare i propri diritti.

5. Dall'altro verso: "Hanno agito in risposta alla repressione della polizia." Mentre cio' puo' in qualche modo sembrare una piu' positiva rappresentazione del black bloc, e' comunque, senza meno, falsa. Noi rifiutiamo il fatto di essere male interpretati ossia di aver agito solo per reazione. Anche se per alcuni la logica del black bloc potrebbe non avere senso, e' comunque in ogni caso una logica PER e non contro. [pro-active logic]

6. "Sono solo una massa di ragazzi, adolescenti, incazzati." A parte il fatto che e' falso nascondere tutto dietro logiche sessiste e di spregio per i giovani. La distruzione di proprieta' non e' stata un rilascio di furia, o una botta di testosterone, o un branco di teppisti macho. Nemmeno per attaccare e far infuriare i reazionari. E' stato specificatamente e strategicamente colpire con l'azione diretta gli interessi delle multinazionali.

7. "Volevano solo combattere." Questo e' semplicemente assurdo, e convenientemente trascura l'aggressivita' della "peace police" nello scontrarsi contro di noi. Di tutti i gruppi coinvolti nell'azione diretta, il black bloc e' stato forse il meno interessato a scontrarsi con l'autorita' e noi non avevamo sicuramente nessun interesse nello scontrarci contro altri attivisti anti-WTO (malgrado alcuni non siano d'accordo con questa tattica).

8. "Sono una massa teppistica caotica, disorganizzata ed opportunista." Molti di noi potrebbero sicuramente passare dei giorni argomentando sul significato di "caotico", ma certamente non siamo disorganizzati. L'organizzazione e' stata fluida e dinamica, ma era totale e dura. Per quanto riguarda l'accusa di opportunismo, e' difficile immaginare chi delle migliaia di partecipanti non ha preso l'opportunita' creata a Seattle per portare avanti i propri obiettivi, la propria agenda. La domanda diventa allora abbiamo partecipato alla creazione di questa opportunita', e molti di noi certamente lo hanno fatto (che ci porta al prossimo mito):

9. "Non conoscono la questione" oppure "non sono attivisti che hanno lavorato su questo." Sebbene noi possiamo non essere attivisti professionisti [sindacalisti, lobbisti] noi tutti abbiamo lavorato per mesi per essere qui a Seattle. Molti di noi hanno lavorato per questo nelle proprie citta' ed altri sono venuti a Seattle mesi prima per organizzare questo. Per certo siamo responsabili di molte centinaia di persone che sono scese in piazza il 30 novembre a Seattle, dei quali solo una piccola minoranza ha avuto a che fare con il black bloc. La maggior parte di noi sta studiando gli effetti dell'economia globale, dell'ingegneria genetica, estrazione di risorse, trasporti, condizioni di lavoro, eliminazione dell'autonomia dei popoli indigeni, diritti degli animali e degli umani ed abbiamo fatto iniziative su queste questioni per anni. Non siamo ne poco informati ne inesperti.

10. "Gli anarchici a volto coperto sono antidemocratici e "pericolosi" perche' nascondono la loro identita'." Fronteggiamola! (a volto coperto o meno) comunque quella in cui viviamo non e' una democrazia. Se questa settimana [di gas, botte, coprifuoco e no protest zone] non lo avesse esemplificato abbastanza, lasciateci ricordarvi che viviamo in uno stato di polizia. La gente ci dice che se davvero siamo convinti di essere nel giusto, di aver ragione ebbene non dovremmo nasconderci dietro passamontagna e fazzoletti. "La verita' prevarra' " e' l'affermazione che ci viene fatta. Sebbene questo sia un giusto e nobile obiettivo, non funziona con la realta' di oggi. Quelli che pongono problemi o minacce significative all'assetto del Capitale e dello Stato sono perseguitati. Alcuni pacifisti ci potrebbero dire di accettare questa persecuzione con buono spirito. Altri potrebbero dirci che e' un sacrificio che merita grande rispetto. Non siamo ne cosi' burberi ne sentiamo di avere il privilegio di subire la repressione come un sacrificio: la repressione e' per noi giornaliera ed inevitabile e facciamo tesoro della nostra poca liberta'. Accettare l'incarcerazione come una forma di "sacrificio o martirio o privilegio" tradisce il godere di una buona quantita' di privilegi del "primo mondo" in chi lo afferma. Noi sentiamo che un attacco alla proprieta' privata sia necessario se vogliamo ricostruire un mondo che sia vivibile, salutare e felice per chiunque. E questo a dispetto del fatto gli abnormi diritti della proprieta' privata in questo paese trasformano qualsiasi danneggiamento della proprieta' privata in un crimine che prevede subito 250 dollari di multa.

MOTIVAZIONI DEL BLACK BLOC

L'intento principale di questo comunicato era quello di disperdere l'alone di mistero che ha circondato il Black Bloc, e renderne le motivazioni piu' trasparenti, fino a che le nostre maschere sul viso non lo permetteranno.

RIGUARDO ALLA VIOLENZA CONTRO LA PROPRIETA'

Noi riaffermiamo che la distruzione di proprieta' non e' un'azione violenta, a meno che non ci perda la vita qualcuno o qualcuno ne abbia danno. Secondo questa definizione la proprieta' privata - specialmente la proprieta' privata delle multinazionali - e' in se stessa infinitamente piu' violenta di ogni azione rivolta contro di essa. La proprieta' privata va distinta dalla proprieta' personale.
La seconda riguarda l'utilizzo mentre la prima riguarda il commercio. Il principio basilare riguardo alla proprieta' personale e' che ognuno ha cio' di cui ha bisogno. Il principio che invece sottende il concetto di proprieta' privata e' che alcuni di noi hanno qualcosa che qualcun'altro vuole o di cui ha bisogno.

In una societa' che si fonda sui diritti della proprieta' privata, quelli che sono capaci di accumulare molti beni di cui gli altri hanno bisogno o desiderio hanno un grande potere. Per estensione, hanno un ancor piu' grande potere quanto piu' riescono a far percepire agli altri di dover desiderare o di aver bisogno di determinati beni, solitamente nell'interesse di aumentare i loro profitti. Portare avanti il "libero mercato" vuol dire far arrivare questo processo alle sue logiche conclusioni: una rete di poche industrie monopoliste con un controllo completo sulle vite di tutti noi. Portare avanti un "mercato giusto/equo" vuol dire aspirare a vedere questo processo mitigato dalle leggi dei governi, ossia imporre degli standard umanitari di base. Da anarchici rifiutiamo entrambe le posizioni. La proprieta' privata - e quindi il capitalismo - sono intrinsecamente violenti ed oppressivi e non possono essere riformati o mitigati.

Se il potere di ognuno di noi e' concentrato nelle mani di poche corporazioni o impegnato nel creare un apparato di regole che possano mitigare gli effetti del disastro da esse provocato, nessuno puo' essere poi cosi' libero o cosi' potente come potrebbe invece esserlo in una societa' non gerarchica. Quando rompiamo una vetrina, noi aspiriamo a distruggere la sottile maschera di leggittimita' che circonda i diritti della proprieta' privata.

Nello stesso modo, noi aborriamo quel tipo di relazioni sociali violente e distruttive di cui sono oramai impregnate tutte le cose che ci circondano. Con il "distruggere" la proprieta' privata, noi ne convertiamo il suo limitato valore e ne espandiamo il valore d'uso. Una vetrata di un megastore diventa una fessura attraverso la quale passa una ventata di aria fresca nell'atmosfera oppressiva di un ipermercato (almeno fino a quando la polizia non decide di sparare i lacrimogeni vicino la barricata che blocca la strada). Un distributore automatico di giornali diventa un attrezzo per creare questa fessura, o per fare una piccola barricata per richiedere spazio pubblico libero o un oggetto per migliorare il punto di vista di qualcuno se gli monta sopra. Un cassonetto diventa un ostacolo all'avanzata di un plotone di sbirri antisommossa ed una fonte di luce e di calore. La facciata di un palazzo diventa una bacheca per messaggi per registrare illuminanti idee per un mondo migliore.

Dopo il 30 novembre (N30) molte persone non guarderanno piu' una vetrina o un martello allo stesso modo. Gli usi potenziali dell'intero arredo urbano sono enormemente aumentati. Il numero delle vetrine infrante impallidisce di fronte al numero dei tabu' infranti, tabu' che ci vengono imposti dall'egemonia delle corporazioni per farci stare buoni e non farci pensare a tutte le violenze perpetrate in nome della proprieta' privata ed a tutte le potenzialita' di una societa' senza di loro.

Le vetrine rotte possono essere chiuse con tavole (con ancora altro spreco delle nostre foreste) ed eventualmente sostituite, ma la rottura dell'accettazione passiva speriamo che persista per molto tempo a venire.

Contro il capitale - contro lo stato

Disclaimer: queste osservazioni e analisi rappresentano soltanto quelle del Collettivo ACME e non vanno considerate come rappresentative per il resto del black bloc di N30 o chiunque altro sia stato impegnato nella sommossa o nelle distruzioni di quel giorno.

22) Viviamo in un paese senza politica estera

Nei giorni scorsi anch'io, chiacchierando con amici vari, ho riflettuto su polizia, Genova e servizi. Questi ultimi, in Italia, non sono più ingovernabili che altrove, ma qui da noi inseguono dall'affaire Matteotti in poi, e forse da prima ancora, l'idea bizzarra che i potenti di turno vadano sempre favoriti in qualche modo, ieri pilotando per esempio qualche bomba mezz'anarchica/mezza fascista sulle banche dell'autunno caldo, oggi inviando buste esplosive a questo e a quello. Non importa che il potente chieda o abbia bisogno del favore (in genere non si tratta affatto d'un favore). Non c'è bisogno di chiedere: questi qua leggono il pensiero, e importa poco chi abbia nominato chi.

Per di più la storia dei nostri servizi è storia di racket in guerra tra loro, anche qui fin dal tempo dei tempi: già sotto il Dux c'era una potente fazione filoaraba dei servizi, per dire. E stiamo parlando soltanto di servizi italiani, senza tener conto di tutti gli altri. Quanto ai nostri poliziotti, basta essere fermati per una contravvenzione per capire di che roba si tratta, professionalmente parlando, e a che cosa si può andare incontro quando ne mobiliti qualche migliaio in una volta sola. È ridicolo che gli si presenti il conto di qualche manganellata, ma è anche ridicolo che un apparato di polizia, impegnato in faccende di ordine pubblico, in occasione poi d'un incontro internazionale organizzato apposta per le televisioni, mandi in piazza gente che non tiene le telecamere nel dovuto conto. Si tratta di capire, naturalmente, se una simile polizia ci tocchi per ragioni politiche o genetiche.

D'altra parte, come dite anche voi, non dimentichiamo mai che l'Italia è un paese senza politica estera. C'è stato un tentativo sgangherato, a suo tempo, di metterne in piedi una da parte di Craxi e Andreotti, appunto la politica estera filoaraba apertamente dichiarata degli anni ottanta, finita con Sigonella e Tangentopoli. Da allora questo è l'unico paese al mondo (credo) che viene apertamente governato dai boss delle banche centrali: Ciampi, Dini e in futuro anche Fazio. Per non parlare di personaggi come Prodi, che hanno rappresentato l'Italia, per anni e annorum, nei consigli d'amministrazione delle principali banche internazionali.

Per il globalismo, che all'Italia appare come un problema di politica estera, l'Italia è un problema di politica interna.

23) L'Italia come prossima iugoslavia?

Alla luce di ciò che è avvenuto si possono facilmente strumentalizzare le posizioni di chi "si tiene fuori" ma credo che ciò non può che restare fine a se stesso, in fondo è l'accusa che ancor'oggi muovono alla Sinistra Comunista, nonostante gli evidenti disastri capitalistici e anti-comunisti della resistenza e del '68. A ciò mi limiterei a ricordare il grande contributo della Sinistra Comunista nel cercare di salvare dalla brutale logica delle lotte all'interno del sistema svariate migliaia di compagni la cui vita non vale la pena essere sprecata per ferire (a che fine?) uno stupido rappresentante dell'ordine costituito. Il povero ragazzo ucciso il 20 già è diventato il nuovo martire da immolare alla causa del potere democratico, del carrierismo partitico e della speculazione associazionistica delle varie ong, ecc.

Tanto i cattivi di turno li hanno trovati, gli anarchici che spuntano fuori all'occorrenza, peccato che gli unici radicalmente violenti verso altre persone, specialmente indifese, erano in divisa e rappresentavano legittimamente le istanze e soprattutto le esigenza di uno stato democratico.

Proprio a questo proposito volevo sollevare un interrogativo che può sfociare in fantapolitica e proprio per questo credo sia realistico. L'Italia può divenire la nuova Yugoslavia, con le dovute differenziazioni del luogo e del tempo? Non riesco altrimenti a comprendere diverse delegittimazioni di questo paese (in cui purtroppo vivo) che avvengono da un pò di tempo a questa parte. Dalle dichiarazioni pre-elettorali dell'Economist, alle inchieste di Amnesty Int. (ora anche per i fatti di Genova), dalle dichiarazioni di diversi esponenti di primo piano della politica internazionale (specialmente gli europeisti) sulla gestione del G8, all'importanza crescente dei meccanismi di decentralizzazione dello Stato, con richieste autonomiste sempre più radicali e importanti (dalla Padania alla Sicilia).

Per quel pò che ne so l'Italia è un anello debole del sistema capitalistico mondiale, ha uno  stato sociale ancora troppo forte, istanze antagoniste ancora da cancellare (come avvenuto altrove) e soprattutto ha un sud quasi da terzo mondo su cui si può agire in diversi modi.

E' possibile fare un collegamento tra ciò e la scelta politica di fare ben due vertici del g8 proprio in Italia, con conseguenti "necessarie" pratiche repressive della polizia da strumentalizzare in seguito o comunque da usare come arma di ricatto "umanitaria" (come avvenuto con Russia, Cina,ecc.) dalle istituzioni di governance mondiale? Come deve comportarsi un comunista? Questo mi domando alla luce della manifestazione dei radicali di Pannella a favore della globalizzazione e del governo mondiale. Manifestazione che ritengo radicale nel vero senso della parola in quanto mi sembra che rappresenti al massimo grado le istanze della mia controparte, del capitale mondiale e delle sue istituzioni internazionali esistenti (FMI, BM, WTO, ONU) e nascenti (tutte quelle che dovrebbero garantire il diritto internazionale e i cosiddetti diritti umani e civili). Mi tornano alla mente le parole di Pannella contro il capo dello stato Ciampi (da vero estremista liberale) che facevano presagire la necessità che ha il mercato di eliminare ogni ostacolo "burocratico" (lo Stato italiano) sulla sua strada e poi ricordo la sua foto in cui aveva in testa il cappello da ustascià croato. Senza contare i discorsi "umanitari" di denuncia della "iena" Bonino, la stessa delle pulizie etniche dei serbi.

So che comunque è sbagliato da queste premesse concludere con una posizione che può sfociare in nazionalismo, quindi sbagliata nel caso di una metropoli imperialista quale è l'Italia, però credo bisogni tener seriamente conto di questi fattori per trarne importanti indicazioni politiche.

24) "LABORATORIO MARXISTA"

[...] La prima precisazione che occorre fare è quella che riguarda la vera responsabilità politica della feroce repressione genovese.

Certo, chi ha ammazzato a sangue freddo, chi ha sequestrato, torturato, picchiato, insultato, aggredito, arrestato centinaia e migliaia di dimostranti, sono stati carabinieri, polizia, guardia di finanza, polizia penitenziaria.

Chi ha orchestrato ed attuato lo stato di guerra a Genova, blindandola a suoi stessi cittadini, sono stati i servizi segreti italiani e stranieri, Cia in testa. Chi ha diretto e organizzato le azioni squadristiche delle forze repressive sono stati i vertici delle cosiddette forze dell'ordine alcuni dei quali sono stati rimossi dai loro incarichi. Chi ha protetto e garantito con l'impunità persino gli assassini è il governo Berlusconi, con Scajola e Fini in prima fila.

Certo, tutte queste cose sono assolutamente sacrosante. Tutta questa gente, dai picchiatori e torturatori delle forze di polizia fino al Governo sono responsabili, politicamente e materialmente della morte di Carlo Giuliani e delle violenze. Ma c'è una responsabilità più impercettibile, che appare quasi impersonale e che sembra dunque non imputabile: è la responsabilità del sistema capitalistico nel suo complesso, di cui poliziotti e governo sono espressione.

Se non riusciamo a comprendere questo elemento, non riusciremo a comprendere perché i vertici delle forze di polizia che sono state impegnate a Genova (dal capo della polizia De Gennaro al capo dell'anti-terrorismo La Barbera, dal questore di Genova Colucci al capo delle Digos Andreassi) siano stati tutti nominati dai passati governi di centro-"sinistra".

E non comprenderemo perché a Napoli, alcuni mesi fa, manifestazioni analoghe siano state represse in modo altrettanto violento da parte di un governo di centro-"sinistra" per impedire a lavoratori, studenti e disoccupati di manifestare contro i potenti del mondo e contro le misure varate dal governo in materia di lavoro.

Una domanda che ci dobbiamo porre ed a cui è indispensabile rispondere è questa: se al governo vi fosse stato il centro-"sinistra" le cose sarebbero andate nello stesso modo oppure sarebbero andate diversamente ?

E' sufficiente dichiarare fascista il governo Berlusconi per liquidare la necessità di una vera analisi di cui abbiamo bisogno non solo per comprendere Genova, quanto piuttosto per comprendere i possibili scenari che si aprono dopo Genova ?

Le cose sono meno semplici di quanto può superficialmente apparire. Noi riteniamo che a Genova, per due giorni, lo stato, le forze repressive e gli stessi mass-media abbiano operato in sostanza come in un vero e proprio regime fascista. Per due giorni Genova è stata quasi come Buenos Aires, come Ankara, come Lima. Per due giorni invece che per dieci anni. Questa è la vera differenza che però non è una differenza secondaria.

Anche se la repressione scatenata contro il movimento antagonista (nella sua più ampia accezione, dai centri sociali ai gruppi rivoluzionari, alle manifestazioni di piazza) nel corso di questi ultimi 2-3 anni - e particolarmente nell'ultima fase - fa venire la voglia di parlare di regime fascista, dobbiamo essere cauti.

Se fossimo davvero convinti che quello che abbiamo di fronte è il fascismo, se quello che abbiamo di fronte fosse effettivamente il fascismo, non potremmo non trarne delle necessarie conseguenze politiche ed organizzative. Contro il fascismo sarebbe necessario combattere come combatterono i partigiani nella Resistenza Antifascista, non certo con la propaganda e i volantinaggi.

Oggi, le sedi del movimento rivoluzionario non sono proibite, così come non sono proibite associazioni politiche comuniste o anarchiche; i compagni e le compagne possono sviluppare "liberamente" (per quanta "libertà" la borghesia sia disposta a concedere) la propria attività politica. Le organizzazioni politiche possono convocare riunioni e organizzarsi. Questo, dunque, non è ancora un vero regime fascista. E', semplicemente, la "democrazia" borghese, la "democrazia" delle classi dominanti, la "democrazia" dei ricchi.

L'azione dello stato a Genova è stata un'azione non solo repressiva, ma anche preventiva. Proprio perché il movimento non esprime un potenziale rivoluzionario che possa mettere seriamente in discussione il potere delle classi dominanti era necessario lanciare un segnale inequivocabile, un segnale di carattere terroristico, un segnale - appunto - orientato a terrorizzare quanti più dimostranti possibile e a seminare il panico e la divisione.

Il risultato, è inutile nasconderlo, è stato in buona parte raggiunto. A Genova lo stato ha inteso fare sfoggio della sua forza militare e repressiva, ma in questo modo ha anche indicato al movimento, e particolarmente ad alcuni suoi settori più avanzati, la strada da percorrere per poter organizzare efficacemente la lotta contro il potere che uccide centinaia di milioni di persone per fame, malattie, guerre, carestie…

E questa strada è, evidentemente, la strada della ricostruzione a livello internazionale dell'organizzazione politica rivoluzionaria del proletariato, cioè il partito comunista. Senza il partito comunista e senza la sua autorevolezza ogni movimento è destinato alla sconfitta.

Qualcuno ha detto che il movimento cosiddetto "anti-globalizzazione" sta all'oggi come il movimento studentesco sta al ‘68. Può darsi. In questo movimento, come in quello del ‘68, si incrociano spinte e tensioni spesso profondamente diverse e contraddittorie. E oggi, come allora, alcune parti del movimento troveranno uno sbocco politico superiore capace di organizzare la voglia di cambiamento che in moltissimi giovani si rivela in modo così radicale.

Proprio la radicalità delle forme di lotta - e non certo la radicalità delle rivendicazioni politiche - ha imposto il movimento "anti-globalizzazione" all'attenzione di tutto il mondo. Da Seattle in poi, ogni manifestazione è stata segnata da scontri con la forze repressive, ed anzi la forza propulsiva del movimento è stata quella di avere messo a nudo il vero volto repressivo dello stato (come ad esempio impedire l'accesso a Nizza o a Genova da parte di manifestati stranieri).

Le immagini di manifestanti "armati" di bastoni, caschi, sassi, maschere anti-gas… hanno fatto il giro del mondo e quasi tutti coloro che oggi si scandalizzano degli atti "vandalici" dei "black block" li hanno usati nelle riviste, nei volantini, nei giornali, nei manifesti, nelle magliette… per catturare l'immaginario ribellistico di tanti giovani.

Del resto quelli che oggi vengono chiamati "black block" e che in altre occasioni sono stati chiamati "squatters" o "casseurs" sono stati protagonisti di movimenti di massa importanti come quello nato in Francia dalle periferie sottoproletarie di Parigi che costrinse il governo Balladur a respingere lo Smic, la proposta di salario "d'ingresso" - cioè ridotto - per i giovani disoccupati (e che in Italia è stata messa a punto da Prodi con l'appoggio di Cgil-Cisl-Uil e PRC).

Anche solo per queste semplici ragioni è davvero di una infinita ipocrisia la "levata di scudi" dei vari Agnoletto & co. contro i "vandalismi" delle tute nere ed è da rispedire al mittente il tentativo di lasciar intendere che a Genova sia stata la violenza "estremista" e "distruttiva" del cosiddetto "blocco nero" ad innescare la spirale repressiva.

Lo stato ha colpito in modo premeditato. Punto.

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PER FARSI UN'IDEA DELLA NEBULOSA NO GLOBAL

[Qui c'era un lungo elenco di indirizzi Web, per la maggior parte ormai obsoleti]