Scontro fra due concezioni inconciliabili

Siccome dedicheremo ampio spazio all'evoluzione della vita interna del PCd'I e dell'Internazionale, nonché alla campagna condotta a livello nazionale e internazionale contro il "bordighismo", sarà utile inquadrare gli avvenimenti con alcuni accenni alla politica dell'Internazionale e del PCd'I in quegli anni.

I risultati del V Congresso dell'Internazionale (in cui si produsse la farsa della pretesa "svolta a sinistra" provocata dalla bruciante sconfitta subìta in Germania nell'ottobre 1923) e il palesarsi del conflitto in seno al partito russo, confermarono, per quanto riguarda il PCd'I, la direzione centrista insediata con diktat del Comintern sin dal giugno 1923.

La Sinistra, che come abbiamo visto era fermamente legata ad una concezione organica del partito fin da quando era frazione all'interno del PSI, tendeva a non importare nel partito rivoluzionario i vecchi errori. Soprattutto cercava di evitare i vecchi arnesi del centralismo democratico e le strutture formalizzate dei vecchi apparati politici, retaggio della Seconda Internazionale. Il partito italiano non aveva mai avuto, con la Sinistra alla sua guida, una composizione gerarchica degli organismi direttivi; sotto l'influenza dell'Internazionale incominciarono però a riprendere forma le vecchie e tradizionali tendenze organizzative. Nella formazione di quello che sarà chiamato il gruppo dirigente del partito, vi fu quindi un incontro "naturale" fra l'ordinovismo che risorgeva al vertice dell'apparato e l'esigenza del Comintern di allineare la sezione italiana alla sua politica sottraendola all'influenza della Sinistra. L'arresto della spinta rivoluzionaria fece ricomparire gli uomini che la rivoluzione aveva accantonato ed essi incominciarono ad essere strumenti inconsapevoli della controrivoluzione che in seguito avrebbe stravinto.

Il lavoro per l'assestamento della nuova Centrale fu tessuto con pazienza svizzera, a cavallo tra il 1923 e il 1924, dal rappresentante dell'IC in Italia Humbert-Droz, e dalla rinascente frazione di ex-ordinovisti raggruppata intorno a Gramsci. Nonostante le manovre interne e le pressioni del Comintern, la Centrale nel partito era ancora, alla vigilia del V Congresso, numericamente debole, tanto che risultava nettamente in minoranza rispetto alla Sinistra nella quasi totalità delle federazioni. Alla Conferenza di Como, nel maggio 1924, essa raccolse persino meno voti della destra di Tasca. Dunque manovre e pressioni rappresentavano ancora fatti di poca importanza in confronto alla contemporanea bolscevizzazione del KPD in Germania e della degenerazione del regime interno al PCd'I più tardi, nel 1925.

In quel tempo, proprio mentre si delineava nell'Internazionale la parziale e strumentale virata "a sinistra", la Centrale del PCd'I adottò, specie in occasione della crisi seguita al delitto Matteotti nel giugno 1924, una politica di segno opposto. L'uscita dal Parlamento poteva anche essere accettata dalla Sinistra. Lo stesso Bordiga scrive che in quei giorni poteva sembrare possibile lavorare intorno alla preparazione di uno sciopero generale. Non altrettanto poteva dirsi della decisione di unirsi al comitato delle opposizioni che avrebbe dato vita all'episodio dell'Aventino. In questa occasione, seppure per poco tempo, si cadde nel peggiore frontismo politico, proprio quello sempre avversato dalla Sinistra. Di fatto e di fronte al proletariato, il PCd'I fu aggregato ad un variopinto ventaglio di partiti, i quali non soltanto erano contrari alla mobilitazione proletaria, ma con la loro azione favorirono il riassestarsi del governo Mussolini proprio mentre questo accusava degli sbandamenti a causa della crisi Matteotti. In tal modo la direzione centrista vanificò totalmente ogni possibilità di azione indipendente del proletariato, spostandosi su quel terreno democratico che sostanzialmente non avrebbe più abbandonato e che giunse a considerare come area di manovra preliminare alla conquista del potere.

D'altronde, il modo stesso con cui fu abbandonato il comitato delle opposizioni giungeva a conferma della nuova strategia: il Partito ne uscì, come fece ancora notare Bordiga, "con cavilli procedurali e non per ragioni di principio, mentre si doveva deridere la salita sull'Aventino come un gesto di difesa e di paura professionale dei deputati".

Secondo la Sinistra una volta chiarito che la situazione non avrebbe consentito "un appello all'azione diretta delle masse", si imponeva al partito un rientro immediato nel Parlamento per denunciare con un atto politico sia il fascismo che le opposizioni. Dopo vari tentennamenti e in seguito alla pressione della Sinistra, ancora maggioritaria nel partito, la direzione gramsciana si risolse, nel novembre del 1924, per il rientro nell'assemblea parlamentare. Tuttavia, come avrebbero dimostrato le tattiche adottate dopo l'estate 1924, dall'Antiparlamento alla proposta dell'Assemblea repubblicana, la politica della Centrale del PCd'I restava sostanzialmente ancorata alla visione tattica gramsciana. Nello stesso tempo, in campo sociale, si andava verso un ulteriore giro di vite. Senza praticamente opposizione al suo operato, il governo Mussolini rafforzava e consolidava il proprio potere fino a sancirlo definitivamente con il famoso discorso del 3 gennaio 1925. Da quel momento il regime avrebbe accelerato il processo di normalizzazione, ovviamente accompagnato da una recrudescenza della repressione verso i democratici, vittime della loro stessa vigliaccheria, ma soprattutto verso il proletariato e le sue organizzazioni, vittime del tradimento dei capi che si erano accodati ai democratici.

La situazione nell'Internazionale Comunista si aggravò dopo l'apparente tregua del V Congresso. Nell'autunno del 1924 all'interno del partito russo scoppiò nuovamente la polemica sulla tattica, sulla conduzione dell'Internazionale e sul suo futuro; ancora una volta Trotzky fu trascinato al centro delle dispute e costretto a difendersi. Anche se la polemica trovava il suo bersaglio a sinistra, già si intravedevano le prime crepe nell'alleanza tra Stalin e i leningradesi (Zinoviev e Kamenev). Tale alleanza sarebbe definitivamente tramontata nel dicembre del 1925. Alla quinta riunione dell'Esecutivo allargato, tenutasi nel marzo-aprile di quell'anno, la "svolta" a sinistra caldeggiata da Zinoviev al V Congresso fu parzialmente corretta: ora, nell'ambito della ricerca della tattica più "efficace", si poneva l'accento sulla "bolscevizzazione" dei partiti dell'Internazionale per dare sostanza organizzativa e operativa alla lotta aperta contro le "deviazioni di destra e di sinistra".

Dopo il V Congresso la situazione interna del partito italiano andò progressivamente deteriorandosi. Nonostante tutto, durante la discussione preparatoria alla Conferenza di Como, Bordiga aveva ancora manifestato il proprio apprezzamento positivo per la condotta della Centrale italiana. Non si trattava certo di un'affermazione diplomatica: effettivamente la condotta dei centristi poteva ancora considerarsi nell'ambito delle regole di una discussione soprattutto politica; finché la Sinistra aveva con sé la schiacciante maggioranza del partito, i centristi erano molto cauti e non osavano ancora esprimere apertamente i loro intenti. Attraverso la documentazione sopravvissuta sappiamo che il lavorìo per scalzare la Sinistra era già incominciato da tempo, ma l'insieme del partito lo registrò solo più tardi e poté solo prenderne atto a cose fatte. Comunque non occorse molto tempo, solo poche settimane, affinché il gruppo di "centro" mettesse da parte ogni correttezza politica nei rapporti con il resto del partito: dopo la conferenza di Como, che aveva dimostrato come l'Internazionale si appoggiasse su una forza inconsistente sia dal punto di vista numerico che politico, i centristi passarono a sistemi più sbrigativi. Siccome la Sinistra rispondeva documentando dal punto di vista teorico le proprie posizioni, e su quel terreno era impossibile affrontarla frontalmente, fu necessario un lavoro sistematico extrateorico, e quindi particolarmente accanito, di demolizione a livello della struttura organizzativa di partito. Con l'aiuto dell'Internazionale la liquidazione della Sinistra fu messa in atto con un complesso intreccio di situazioni studiate a tavolino e di spinte oggettive che, a partire dai vertici del partito e attraversando i quadri intermedi, alla fine coinvolsero la base, frastornata, delusa e anche disgustata dalla lotta politica interna che si incancreniva proprio mentre la borghesia rafforzava la sua dittatura. Siccome la reazione ai metodi interni dell'Internazionale non era un fenomeno solo italiano, si conduceva una battaglia politica generalizzata contro il malcontento. Quindi la lotta in seno all'Internazionale contro le cosiddette deviazioni di destra e di ultrasinistra fu destinata ad inasprirsi soprattutto dopo la riapertura, nell'autunno del '24, dello scontro al vertice del partito russo. Si intrecciarono così i due piani fondamentali del contrasto all'interno del partito italiano: quello interno, che riguardava il prevalere delle forze ordinoviste e socialiste, apparentemente separate ma congiunte nel determinare la rapida demolizione del precedente lavoro organico; quello esterno, che riguardava il prevalere degli interessi dello Stato russo sul partito bolscevico e il prevalere della politica di quest'ultimo su quella dell'Internazionale.

È evidente che l'adesione del partito russo alle esigenze dello Stato, e quindi lo scaturire al suo interno di un programma d'azione nazionale, andava controcorrente rispetto alle stesse indicazioni tattiche scaturite dal V Congresso dell'IC. Paradossalmente, però, tale atteggiamento generale era legato alla richiesta perentoria, da parte dei membri russi della direzione dell'IC, di riportare il partito sul terreno della stessa Internazionale, cioè di sventare la formazione all'interno del partito di una forte tendenza di sinistra che facesse capo a Trotzky. Occorre ricordare che all'epoca egli era ancora capo dell'Armata Rossa ed era noto come fosse in grado di elettrizzare la truppa con la sua profonda conoscenza dei problemi e della sensibilità delle masse. E se Trotzky avesse fatto appello ai soldati? Il pericolo che si formasse una "frazione internazionale di sinistra" era non solo reale agli occhi dei vari centristi, ma per essi già stava manifestandosi, con potenzialità distruttive nei confronti della "fedeltà" al Comintern da parte dei vari partiti nazionali. Stava sgretolandosi la leggenda del grande partito bolscevico che "aveva fatto la rivoluzione". Non era per nulla ovvio, per i militanti di allora, che tutti questi problemi stavano sorgendo proprio perché i vari PC erano partiti specificamente nazionali e non semplici sezioni di quel partito unico mondiale auspicato dalla Sinistra "italiana" e mai realizzato. Così il metro di giudizio fondamentale era diventato, per Mosca, la fedeltà all'apparato statal-partitico bolscevico ed essa era disposta a passare come un rullo compressore sopra qualsiasi istanza contraria.

Se era reale un movimento di rigetto nei confronti della tattica e delle disposizioni organizzativistiche, la costituzione effettiva di una frazione di sinistra internazionale unita era ben lungi dall'essere realizzata e anche realizzabile, come dimostrerà Bordiga nella sua lettera a Korsch del 1926. È indubbio che nella situazione di ritirata della rivoluzione la difesa dei suoi risultati annaspava. Di qui le oscillazioni tattiche paurose, che non potevano essere spiegate passionalmente, facendosi coinvolgere nelle infinite diatribe che nascevano nel fuoco di una lotta ormai divenuta di fazione, ma solo a nervi freddi, adducendo il peso dei potentissimi fatti materiali attraverso un utilizzo non sentimentale della teoria marxista. Nessuno riesce a fare bilanci mentre è coinvolto nella battaglia. Di fronte al disorientamento indotto nei militanti da una tattica che cambiava ogni pochi mesi, l'Internazionale e le direzioni dei partiti rispondevano con una irreggimentazione formalistica a tutti i livelli organizzativi, con il controllo sempre più rigido delle attività da parte del partito russo i cui fiduciari e inviati erano distaccati ovunque. Ciò provocava un tremendo circolo vizioso: ogni opposizione o dissenso riferiti alla tattica dell'Internazionale producevano stati di apprensione insopportabili nella direzione russa degli organismi internazionali: essa vedeva rotture disciplinari ovunque, prendeva provvedimenti, e ogni provvedimento non faceva che acutizzare le opposizioni e i dissensi.

In Italia la Sinistra volle spezzare il circolo vizioso dichiarandosi per la disciplina. Aderendo perfettamente al materialismo, essa non poteva pensare ad un rovesciamento della situazione a mezzo della pura e semplice applicazione della volontà. Per ritornare al lavoro organico ci voleva ben altro, e a livello di cambiamento storico. La Sinistra quindi lasciò ogni suo incarico organizzativo nelle mani dei rappresentanti dell'Internazionale dichiarandosi disposta a lavorare secondo gli ordini ricevuti. Non avrebbe accettato su di sé la responsabilità della tattica sbagliata dell'IC. Ciò non servì assolutamente a tranquillizzare né i russi né i centristi italiani. Il circolo vizioso aveva salde basi materiali, e qualsiasi cosa avesse fatto la Sinistra, essa sarebbe stata comunque posta sotto processo politico dagli effettivi della controrivoluzione.

Le assicurazioni della Sinistra intorno alla continuazione disciplinata del proprio lavoro indipendentemente dalle cariche a livello direttivo, non parvero sincere ai dirigenti del Comintern. Essi avevano assorbito, dall'intervento di Bordiga all'ultimo Congresso, quel che a loro interessava, cioè che il principale bersaglio era l'operato della direzione internazionale, la sua concezione tattica; di conseguenza, non concepivano come si potesse agire disciplinatamente e nello stesso tempo condurre un'accanita lotta politica. Evidentemente non riuscivano assolutamente a capire che alla Sinistra non importava nulla della lotta politica in quanto tale, e che tutta la sua azione aveva il fine di salvaguardare le forze sane per battaglie future, indipendentemente dalle forme che questa azione avrebbe potuto assumere. Si trattava di una battaglia fra tendenze ormai incompatibili: l'Internazionale insisteva su questioni di forma e conduceva una lotta politica tradizionale, con tutti i mezzi e mezzucci che questa comporta, mentre la Sinistra rispondeva su quel terreno solo per aver modo di esprimersi, senza cadere nell'assurdità di rivendicare diritti morali, più per dimostrare la meschineria dell'avversario che per un utilizzo democratico dell'informazione in seno all'organizzazione. Questo comportamento non solo non era capito dai contemporanei, ma sfugge anche agli odierni indagatori di quel periodo storico. In genere essi rimangono allibiti di fronte a quella che viene ritenuta a torto un'assoluta mancanza di "capacità di manovra" della Sinistra solo perché essa non condusse controffensive con gli stessi mezzi degliavversari, per di più senza utilizzare l'apparente forza democratica offerta dalla "maggioranza" dei voti congressuali mantenuta fino al Congresso di Lione.

Se è per questo, la conta delle teste avrebbe sancito, a favore della Sinistra, una maggioranza dei militanti attivi nel partito anche dopo Lione. Ma la comprensione dell'atteggiamento della Sinistra non passa attraverso la conta democratica delle opinioni su cui si sarebbe potuto far leva per scalzare i centristi. Quanto sia falsa l'interpretazione basata sulla presunta "incapacità di manovra" della Sinistra è dimostrato per esempio dal comportamento da essa mantenuto in occasioni dove la "manovra" e la mobilitazione avevano un senso pratico, cioè potevano portare a risultati utili: per esempio in occasione del processo ai comunisti del 1923 quando, di fronte all'azione borghese, mobilita tutte le risorse organizzative e formali immaginabili per mantenere i collegamenti con gli arrestati ed evitare la condanna del tribunale. Oppure quando, di fronte alla necessità di passare le frontiere per partecipare ai congressi e agli incontri internazionali, mobilita tutte le sue risorse per i documenti falsi, le vie di fuga, l'appoggio sui contrabbandieri, la disinformazione nei confronti della polizia ecc. Per anni Bordiga, tallonato da una schiera di spioni e pedinatori professionisti del ministero degli interni, si muove come vuole, da Napoli a Berlino, da Milano a Mosca, da Bologna a Marsiglia. E così Fortichiari e i suoi "fenicotteri" dell'Ufficio Primo per l'attività illegale. Fino a quando tiene in mano il partito, la Sinistra svolge un lavoro pratico immane; non è per nulla a corto di capacità organizzative, non è affatto nelle nuvole dell'astratta teoria a scapito dell'attività pratica, o della famigerata capacità di manovra, o baggianate del genere; tanto che gli avversari centristi impiegano un mucchio di tempo per superare la paura di non riuscire a tenere il partito e svolgere tutto il lavoro. E hanno bisogno di tutto il peso dell'Internazionale per riuscirvi, mentre per i militanti di base della Sinistra si fa sempre più difficile muoversi clandestinamente nella situazione venutasi a creare col fascismo. Ciò è dovuto al fatto che il sistema di comunicazioni interne è completamente controllato dalla nuova direzione dell'ufficio per il lavoro clandestino, passato per ordine dell'IC ai centristi.

Una volta giunti alla lotta politica di bassa lega e verificata l'impossibilità di collegarsi con la sinistra internazionale (specialmente con Trotzky, estremamente cauto in quel periodo), alla Sinistra non importò più nulla della meschinità di quel mondo e incominciò a lavorare per ben altri risultati. Non tutti lo capirono all'interno della stessa corrente: era veramente dura la sconfitta immediata ed era difficile accingersi ad un lavoro di conservazione della linea rivoluzionaria per il futuro.

Ciò che gli osservatori superficiali non comprendono è che la Sinistra nel suo insieme era perfettamente consapevole della portata non contingente della battaglia. Non si trattava di conquistare posti di direzione, ma sapere che cosa si stava dirigendo e in quale frangente storico, con quale tattica e con quali prospettive a lungo termine. A questo compito la Sinistra si dedicò cercando di non scatenare più confusione di quella che già non ci fosse. Non stupisce quindi che, dopo la chiusura del V Congresso dell'IC, Bordiga mostrasse apertamente di non ritenere definitivamente sclerotizzata la situazione all'interno del partito e incitasse i compagni a rimanere saldi sulle proprie posizioni. Ciò fu naturalmente utilizzato come prova di caparbia persistenza nel lavoro frazionistico, ma la Centrale non poté in effetti danneggiare la Sinistra più di quanto l'avrebbe danneggiata senza la questione del Comitato d'Intesa. Durante il dibattito che precedette il Congresso di Lione, la lotta accanita del gruppo centrista nei confronti della Sinistra non portò a conseguenze più gravi di quelle che già si intravedevano; i precongressi e lo stesso congresso sarebbero stati addomesticati comunque.

Oggi alcuni che si ritengono ancora eredi della Sinistra accusano Bordiga di essere stato rinunciatario e attendista, di non aver scatenato o di aver impedito ad altri di scatenare una guerra aperta. Ma quando si enuncia occorre poi dimostrare traendo conseguenze pratiche dall'enunciato: guerra aperta significava frazione, frazione significava scissione, scissione significava formazione di un altro partito. Il nuovo partito sarebbe stato necessariamente fuori dall'Internazionale e soprattutto non avrebbe garantito la continuità con Livorno, perché se i fatti materiali avevano provocato fenomeni come la bolscevizzazione e l'oscillazione tattica dell'IC, era impensabile che gli stessi fatti materiali non provocassero fenomeni simili all'interno del nuovo partito. Già le defezioni dimostravano la difficoltà di mantenere una saldezza teorica di fronte alla controrivoluzione: la strada non poteva essere quella e Bordiga lo scriverà a tutte lettere in una nota spedita al giornale di partito. Quel che infatti importava di più al piccolo nucleo di compagni che rappresentava in quel momento il futuro della corrente non era tanto la conquista dei voti congressuali quanto la verifica se esistesse o meno la possibilità di sopravvivenza di un programma teorico, indipendentemente da disciplina, frazioni, espulsioni, terrore ideologico e tutta la panoplia di amenità che anticipavano con tutta evidenza ciò che sarebbe poi passato alla storia come stalinismo.

Per la maggioranza dei militanti, invece, la possibilità di una battaglia politica tradizionale era reale e auspicabile nei termini posti dai meccanismi democratici interni, dai dibattiti nelle sezioni fino al congresso, il quale avrebbe dovuto rappresentare la massima espressione per le istanze avanzate all'interno del partito. Vari elementi concorrevano a produrre una simile aspettativa: la parziale svolta a sinistra del precedente Congresso internazionale, il compromesso a Mosca su quella che già era stata chiamata la "questione italiana" ed infine l'assicurazione che la Sinistra avrebbe lavorato nel partito seguendo le indicazioni del programma d'azione, per il quale essa aveva, in fin dei conti, votato. Ma le aspettative tradite non possono che provocare rabbia e scatenare passioni di lotta. Più tardi, quando rabbia e sconforto avranno già portato alla nascita del Comitato d'Intesa e ad aperte ribellioni da parte di alcune sezioni, Bordiga ricorderà che fin dal Congresso di Mosca egli aveva avvisato la Centrale delle conseguenze di una campagna contro la Sinistra. Era possibile, aveva detto, che fosse digerita da parte dei compagni anche una propaganda sui temi della bolscevizzazione e connessi, ma non sarebbe stata certo digerita la trasformazione di questa propaganda in una campagna settaria e personalistica. L'infrazione delle elementari regole del lavoro organico di partito già applicate con successo, avrebbe provocato una reazione scontata, tanto più che era facile prevedere l'immancabile attribuzione dello sconquasso al capo della corrente, perché tali metodi hanno bisogno sempre di ricercare un riferimento plateale nelle responsabilità delle persone.

Bordiga e qualche altro compagno avevano quindi le idee molto chiare sugli sviluppi futuri dei problemi politici, e non erano ignari della trappola democratica insita nel meccanismo congressuale, sopravvivenza formale in contrasto col centralismo organico. Quasi tutti i militanti di base avevano capito bene la differenza fra il lavoro cui erano abituati e ciò che sarebbe stato applicando la bolscevizzazione fino in fondo. Perciò avevano fiducia nelle poche regole democratiche esistenti, dato che da esse si attendevano ingenuamente soluzioni sicure, dovute a una salda maggioranza nelle votazioni. Nessuno immaginava di essere fregato, in un partito come il PCd'I, proprio da quelle regole che gli davano sicurezza. Il fatto è che bastava cambiare le regole, a cominciare dalla possibilità di accesso alla stampa, cosa inaudita prima di allora.

Con la pubblicazione di vari articoli e interventi critici nei confronti della Sinistra, la stampa controllata dalla Centrale presentò il V Congresso come una crociata contro il presunto lavoro frazionistico. Le richieste di pubblicare, oltre a due discorsi di Grieco e di Bordiga, altri interventi o documenti della delegazione di Sinistra al Congresso furono inutili. La pubblicazione dell'intervento di Bordiga fu per di più accompagnata da un commento redazionale che inaugurava una prassi destinata a diventare routine in tutto il periodo che antecedette il Congresso di Lione. Ovviamente, di fronte all'impossibilità di far giungere alla base i documenti senza il filtro di commenti a volte briganteschi, la Sinistra cercò altre vie di comunicazione. Organizzò, per esempio, la redazione e la pubblicazione della rivista Prometeo, che ebbe vita breve perché fu soppressa dalla Centrale, dopo soli sei numeri, con il pretesto che "poteva divenire un centro di attività e di agitazione da parte della sinistra e di Bordiga". Le stesse motivazioni erano alla base del rifiuto di far uscire un settimanale della Sinistra a Napoli.

Il vero volto del meccanismo democratico operante al massimo grado di mistificazione (quindi al meglio di sé), si vide nella preparazione dei congressi federali. Le modalità per la fusione con la frazione terzina stabilite dal V Congresso fissavano la convocazione dei congressi entro un mese dalla fusione (che ebbe luogo il 15 agosto) con il compito di eleggere i nuovi "comitati direttivi nelle forme normali, cercando di includere in essi dei terzinternazionalisti". Ma l'azione della Centrale del partito andò ben al di là di queste indicazioni: tutte le volte che potevano, cioè quando non incontravano una opposizione fisica, gli inviati centristi ponevano sul tappeto la votazione di mozioni inneggianti alla Centrale stessa, oppure a favore delle deliberazioni del V Congresso, spesso di riprovazione nei confronti di Bordiga e della Sinistra per aver rifiutato di assumere cariche formali alla direzione del partito, rifiuto al quale veniva dato ampio risalto sulle colonne de L'Unità o de Lo Stato Operaio. Su questa situazione lo stesso Bordiga scriverà: "Quando, come è avvenuto nei principali Congressi, prevalevano o avevano agio di mostrare la loro prevalenza le opinioni di sinistra, i Congressi non hanno potuto votare nessuna questione sotto il pretesto che avevano carattere puramente informativo. La maniera sibillina con cui sono stati fatti i resoconti sta a provare la miseria dell'evidente giochetto cui ho accennato".

Per quanto i resoconti, pubblicati ne Lo Stato Operaio, dimostrassero l'evidente intenzione della Centrale di usare fino in fondo l'arma del meccanismo democratico proprio per demolire il vantaggio democratico (numerico) della Sinistra, all'insieme del partito non era ancora chiara la vera posta in gioco. Gli episodi citati, per quanto sintomatici, non rappresentavano ancora, agli occhi dei militanti, quella netta involuzione del regime interno del PCd'I che si sarebbe registrata nella primavera del 1925. Paragonata alle lotte intestine di altre sezioni del Comintern (KPD, PCF, ecc.), nei mesi successivi al V Congresso la battaglia contro la Sinistra del PCd'I non aveva ancora raggiunto forme così estreme. Questo ritardo nella bolscevizzazione del partito italiano era indubbiamente dovuto anche all'atteggiamento di disciplina sostanziale, oltre che formale, assunto dagli esponenti dell'opposizione. Mantenendo gli impegni presi a Mosca i membri della Sinistra collaborarono fattivamente all'attività del partito non soltanto alla base, ma anche ai livelli superiori. Grieco, ad esempio, dirigeva la sezione agraria del PCd'I; Repossi, Perrone e altri collaboravano al lavoro del Comitato Sindacale; Fortichiari continuava a dare il proprio contributo all'attività dell'Ufficio illegale di cui era stato responsabile prima che fosse affidato all'ordinovista Terracini. La Sinistra quindi aveva fatto di tutto per non staccarsi dal lavoro pratico di direzione perché, se da una parte voleva evidenziare la differenza di metodo con il centrismo facendo in modo che questo si prendesse tutte le sue responsabilità, dall'altra non voleva certo perdere i contatti con il partito. Bordiga, nel formulare le Tesi di Lione, fa risalire a tutto il 1923, data del cambio della guardia, gli errori della Centrale nella conduzione del partito. Questo non perché quella data segnasse un semplice ordine di cambio di uomini, ma perché essa segnava un cambio di indirizzo. Non erano gli uomini a sbagliare indirizzo, era il nuovo indirizzo che aveva trovato gli uomini giusti. Le deviazioni della Centrale italiana, pur essendo il riflesso di posizioni di un'Internazionale che stava deviando dal marxismo all'opportunismo, erano più gravi e più palesi, in quanto derivate dal rigurgito dell'ordinovismo, il quale non era mai stato neppure marxismo. La cooptazione nel partito l'aveva neutralizzato finché la situazione generale l'aveva permesso, ma purtroppo non l'aveva debellato. Esso era rimasto latente e infine era esploso in tutta la sua virulenza sotto la copertura interessata di Mosca.

I Congressi federali indetti per ratificare la fusione con la frazione terzinternazionalista costituirono l'inizio della lotta contro la Sinistra in seno alle organizzazioni locali. L'insistenza e le pressioni esercitate dai rappresentanti della Centrale sui congressi federali non impedirono tuttavia che dalle votazioni della base scaturisse una sostanziale conferma dell'esito della Conferenza di Como. Come allora, la Sinistra ottenne la maggioranza dei voti soprattutto nelle federazioni più numerose e importanti, fra le quali Torino, Alessandria, Novara, Biella, Milano, Pavia, Como, Trento, Modena, Roma, Napoli, Ancona, Teramo, L'Aquila, Foggia, Taranto, Cosenza, Cremona. In queste città si elessero degli esecutivi federali composti quasi esclusivamente da elementi della Sinistra.

Un'altra conseguenza della fusione fu l'affluenza di nuovi iscritti al partito. L'arrivo degli iscritti terzini si combinava sia con i risultati del "mese di reclutamento" proclamato verso la fine dell'estate, sia con l'effettivo ampliarsi dell'influenza del partito a causa della sua precedente politica. In realtà le "masse" non sapevano nulla di bolscevizzazione e di lotta tra frazioni. Verso la fine dell'anno gli effettivi del partito superarono i ventimila. L'ingresso di nuovi militanti non legati al primo periodo, cioè quello della direzione di sinistra, e in massima parte ignari dello scontro politico in atto o comunque abbastanza distanti (come i terzini) dalle posizioni della Sinistra (salvo qualche eccezione locale), contribuì indubbiamente a spostare l'ago della bilancia a favore di una Centrale nella quale erano stati cooptati anche i terzini.

La sostituzione dei segretari interregionali appartenenti alla Sinistra con elementi fedeli alla direzione del partito e, nel gennaio 1925, la clamorosa rimozione di Bordiga da segretario della federazione napoletana con il pretesto che la sorveglianza della polizia gli impediva di svolgere regolarmente la sua attività, contribuirono certamente ad esasperare lo scontro. Anche se erano solamente i primi passi della battaglia contro la Sinistra, anche se l'attacco non era ancora aperto come in seguito, la gravità delle azioni non sfuggiva ai compagni: si lavorava sui fianchi per indebolire l'ascendente che i capi naturali del partito si erano conquistato, e i metodi erano il più delle volte subdoli. Infatti una delle più grandi preoccupazioni dei centristi era quella di non creare delle fratture interne che avrebbero potuto sortire l'effetto opposto a quello desiderato. Essi preferivano procedere per gradi e con cautela, come del resto più tardi la stessa Internazionale, scossa dalle reazioni della base, avrebbe vivamente suggerito di fare attraverso la voce di Humbert-Droz. Il 7 ottobre Togliatti riferì al Comintern che la maggioranza dei funzionari era ancora attestata sulle posizioni della Sinistra. Sostituirli in massa era rischioso sia perché erano pochi gli elementi in grado di prenderne il posto, sia perché una simile misura avrebbe comportato delle reazioni imprevedibili nella base: "E allora, dopo aver proceduto a qualche sostituzione, abbiamo dovuto seguire un'altra via, che è la via dell'azione sistematica di propaganda all'interno del partito per la conquista degli elementi migliori alla tattica del leninismo".

I tempi necessariamente lunghi di un'azione di questo tipo dissuadevano dal convocare il congresso del partito italiano entro il termine previsto dal programma d'azione del V Congresso dell'IC. Era molto meglio rinviare lo scontro finale al momento in cui la conquista della maggioranza fosse assicurata dallo stillicidio di provvedimenti e da una valutazione accurata delle potenzialità che i nuovi iscritti rappresentavano per il Centro. Quest'ultimo rimase addirittura incredulo di fronte alla disciplina che, nonostante tutto, regnava nel partito, tanto da ipotizzare qualche lavoro sotterraneo che sarebbe esploso più tardi. In effetti non vi fu nulla di ciò che si paventava. Le reazioni della Sinistra di fronte ai maneggi spudorati furono di pacata osservazione dei fatti. Bordiga e Grieco si attennero ad una rigorosa disciplina limitandosi tutt'al più a qualche protesta formale. La sinistra milanese era invece più turbolenta e dopo l'elezione di Fortichiari a segretario della federazione intraprese azioni di protesta esplicite, senza però interrompere od ostacolare il lavoro di partito.

L'atteggiamento disciplinato non significò per la Sinistra rinunciare alla critica del metodo con il quale la Centrale aveva imposto la lotta politica all'interno del partito, ma l'eventuale scontro aperto che alcuni richiedevano contro la Centrale e la mobilitazione delle sezioni "fedeli" alla Sinistra (episodi che comunque si verificarono) avrebbero rappresentato espedienti inutili nei confronti della marcia reale verso l'opportunismo dell'insieme del movimento rappresentato, fino a prova contraria, dal prestigio dell'Internazionale. D'altra parte metodi che facessero appello ai rapporti giuridico-statutari interni avrebbero condotto la Sinistra a lottare sullo stesso terreno dei centristi. La Sinistra non aveva nessuna intenzione di scendere a quel livello. L'accusa di settarismo e attendismo lanciatale già allora non aveva nessun fondamento: è vero che la corrente ha affermato che si deve considerare benvenuta la frazione quando questa serve a risolvere più problemi di quanti non ne crei, ma le frazioni non si creano dal nulla con semplice atto di volontà. Le Tesi di Roma avevano già inquadrato il problema una volta per tutte. Il rifiuto di scendere sul terreno imposto dai centristi era motivato dal rifiuto di avallare la frazione di centro con la confezione di una frazione di sinistra, un metodo che di sicuro avrebbe danneggiato l'intero partito più di quanto non potesse giovargli, dato che una frazione di sinistra non avrebbe avuto futuro. L'atteggiamento della Sinistra era chiaro: se i dirigenti del partito, messi in quella posizione dall'Internazionale, intendevano portare l'insieme dei militanti sul terreno dell'Internazionale stessa, questo più che un diritto era "un loro preciso dovere". Ebbene, che ciò avvenisse attraverso una battaglia aperta, tale da permettere ai militanti di capire che cosa stesse succedendo e perché, quali fossero le differenti posizioni e le motivazioni teoriche a loro sostegno; attraverso una discussione liberata dai fronzoli di una disciplina ridicola e a senso unico, durante la quale il Centro confutasse punto per punto il programma della Sinistra.

Ovviamente la Centrale non era affatto in grado di conquistare il partito attraverso una simile battaglia, non solo perché non vi si era preparata e dedicata, derivando la sua autorità da un diktat esterno al partito, ma perché proprio non aveva gli strumenti adatti, gli uomini e i programmi. Per questo motivo essa ricorreva a "mezzi ed espedienti che risultano inutili e dannosi al movimento", consistenti nello "spostare il terreno della discussione dal suo contenuto politico e tattico a quello personale e disciplinare". Simili metodi, che conducevano alla falsificazione delle posizioni del contraddittore, alle insinuazioni e ai pettegolezzi personali, non erano, a giudizio della Sinistra, ammissibili in una discussione precongressuale e contro di esse bisognava affilare la critica, ma guai ai militanti che si lasciassero trascinare su quel terreno. Quanto all'atteggiamento che la Sinistra poteva assumere nel corso del Congresso, vi erano due possibilità: "O siamo liberi di scrivere, e il partito libero di votare anche contro le tesi del V Congresso ( non ne avanziamo pretesa ) e solo allora si potrà con un voto ‘contare' la Sinistra. O non si potrà discutere e votare in tal senso, allora voteremo magari al Congresso tutti unanimi per la disciplina, ma non si potrà dire di aver liquidato la Sinistra. In tale secondo caso possiamo anche rinunciare a scrivere checchessia, ad es. se perfino ci si nega di rettificare le opinioni attribuiteci a torto. Sarebbe comoda una Sinistra ‘fantoccio' da battere trionfalmente, senza che le si sciolgano le mani.

Note

1) Ancora nel secondo dopoguerra vi erano militanti della vecchia guardia che si rammaricavano di aver rimorchiato gli ordinovisti a Livorno. Bordiga così risponde a uno di questi il 30 agosto 1956: "E' formula fessa quella di dire: siamo contro qualunque compromesso: in varie occasioni ho chiarito: siamo contro i compromessi quando è fisicamente assodato e certo che ne usciamo fregati" (Cfr. "Bordiga a Ceglia" in questa pubblicazione).

2) I voti della rappresentanza federale furono 35 per la sinistra, 5 per la destra e 4 per il centro; i voti di quella interregionale furono 4 per la sinistra, 1 per la destra e nessuno per il centro; la sinistra venne votata anche dal rappresentante della Federazione Giovanile e da un membro del Comitato Centrale. Degli altri membri del CC presenti 4 votarono per il centro e 4 per la destra. Le 35 federazioni che votarono per la sinistra non erano solo numerose ma anche le più importanti dal punto di vista della rappresentanza proletaria: Torino, Cuneo, Alessandria, Novara e Biella per il Piemonte; Genova per la Liguria; Milano, Pavia, Bergamo e Cremona per la Lombardia; Ferrara, Ravenna, Forlì, Parma e Reggio per l'Emilia; Belluno, Vicenza, Treviso e Trento per il Veneto; Pesaro per le Marche; Teramo per gli Abruzzi; Campobasso per il Molise; Napoli, Salerno, Caserta e Avellino per la Campania; Bari, Taranto, Foggia e Lecce per la Puglia; Cosenza e Catanzaro per la Calabria; Messina e Caltanissetta per la Sicilia. Cfr. relazione di Togliatti sulla Conferenza di Como, APC 241, citata da: Martinelli, Il Partito comunista d'Italia. 1921-1926, Roma, Editori Riuniti, 1977 pag. 247.

3) Cfr. "Lettera di Bordiga a un compagno della Sinistra", 2 novembre 1924, APC 246/74-77 ("Bordiga ai compagni della Sinistra sulla situazione interna del Partito" in questa pubblicazione).

4) Ibid. Molto tempo più tardi, Bordiga ricorderà: "Al tempo della crisi Matteotti dicemmo che si trattava di un movimento sindacale di categoria dei deputati di professione, che vedevano in pericolo privilegi e proventi e ricorrevano allo sciopero" (in: "Il cadavere ancora cammina", Opuscolo, maggio 1953, ora in O preparazione rivoluzionaria o preparazione elettorale, ed. Quaderni di n+1).

5) Tesi di Lione (Ora in In difesa della continuità del programma comunista, disponibile presso i Quaderni di n+1).

6) Dopo la conferenza di Como e in vista del V Congresso dell'Internazionale, fu chiesto da quest'ultima al partito italiano di preparare un programma d'azione. La bozza fu redatta da Bordiga in modo da rispondere nettamente alle posizioni pretese dalla "bolscevizzazione", ma rimase lettera morta e al Congresso, che iniziò il 17 giugno, fu presentata in commissione senza risultati (Cfr. "Schema della Sinistra sul programma d'azione del Partito" in questa pubblicazione).

7) Pubblicata in La crisi del 1926 nel partito e nell'Internazionale, disponibile presso i Quaderni di n+1.

8) "La sinistra si impegna a collaborare nel partito per l'applicazione del programma dell'Internazionale" aveva affermato Grieco nella dichiarazione fatta in nome della delegazione di sinistra alla riunione della Commissione italiana. Cfr. E. Ragionieri, T. Detti,Il nuovo gruppo dirigente e la fusione con i Terzini, in Critica marxista, marzo-aprile 1971, n. 2, pagg. 64-120.

9) Bordiga scriverà telegraficamente nel 1951: "Nuova consultazione nel 1924. Maggioranza nelle file contro la Centrale e contro la tattica del Comintern che volge ancora più a destra. Delegazione mista a Mosca al IV Congresso; ulteriore lavoro degringolante, ma stavolta non vi è Trotzky: ha capito il rovinoso andazzo, ha tentato di resistere nel partito russo e tace in disparte. Le delegazioni e le commissioni sono catechizzate dagli ancora ortodossi Zinoviev, Kamenev, Bucharin, Radek. Altre conquiste tra l'elemento dirigente italiano: ogni capitolazione ha una data sua, i sinistri diventano sempre meno numerosi: i nomi degli sgranati allora? Che importano..." (da La dégringolade, Battaglia Comunista n. 6 del 1951, Cfr. "La dégringolade" in questa pubblicazione).

10) Quando il Presidium dell'Internazionale fu sicuro del controllo esercitato dai centristi sull'apparato, emise una serie di minuziose indicazioni, persino sulla lunghezza degli articoli, per la preparazione della base al congresso (cfr. per es. "Il Presidium invita il CC a passare dalla difensiva all'offensiva" in questa pubblicazione).

11) "Come non esitammo a rinunziare alla dirigenza del partito così non ci sentiamo spinti dalle ripetute provocazioni della Centrale alla miserabile risposta di fabbricare un partitino dissidente ad uso e consumo di un gruppo di dirigenti a spasso". Da L'Unità del 18 luglio 1925, pubblicato col titolo: "Un documento indegno di comunisti" ("Dichiarazione del Comitato d'Intesa sull'intimazione di scioglimento" in questa pubblicazione).

12) Lettera a L'Unità, 2 luglio 1925 ("Bordiga: l'accusa di frazionismo si ritorce contro chi la formula" titolo in questa pubblicazione).

13) Bordiga personalmente richiese a più riprese la pubblicazione di altri documenti; cfr. lettera al CE del 12 ottobre 1924, APC 246/70.

14) Lettera ai compagni della Sinistra , 2 novembre 1924, APC 246(Cfr. "Lettera di Bordiga ai compagni della Sinistra sulla situazione interna di Partito" in questa pubblicazione).

15) Cfr. Lettera ai compagni cit. La decisione di interrompere la pubblicazione di Prometeo fu presa dalla direzione del partito e comunicata alla redazione senza alcuna spiegazione, come risulta da una lettera dei redattori della rivista (Bordiga, Girone e Bianco) alla Centrale del PCI (APC 241/57-58). Che la decisione di sopprimere la rivista fosse originata da motivi di carattere interno è confermato da una lettera inviata da Togliatti al Comintern (APC 241/56). Con la fine della pubblicazione di Prometeo e dell'Ordine Nuovo la stampa comunista subisce un netto regresso dal punto di vista teorico. Specialmente dopo l'allontanamento dei redattori della Sinistra, L'Unità, Lo Stato Operaio e gli altri periodici non potevano di punto in bianco inventarsi una capacità di elaborazione marxista che le loro redazioni non avevano.

16) Erano chiamati "terzini" i socialisti che, all'interno del PSI, sostenevano la necessità di aderire alla Terza Internazionale scacciando i riformisti dal partito. Per iniziativa soprattutto di Fabrizio Maffi essi fondarono, nel maggio 1922, il settimanale Più Avanti!.

17) Cfr. Humbert-Droz, Il contrasto tra l'Internazionale e il PCI 1922-1928, Feltrinelli 1969 pag. 177.

18) Cfr. Lettera ai compagni cit. ("Bordiga ai compagni della Sinistra sulla situazione interna di Partito" titolo in questa pubblicazione). Le "istruzioni per i congressi federali" del 12 settembre 1924 davano indicazioni precise su come tenere una relazione sulla condanna della Sinistra da parte del V Congresso dell'IC e su come bisognasse votare un OdG di condanna interna al partito italiano: "Per quanto riguarda la situazione interna del Partito sarà messa in particolare rilievo la difficoltà che al Partito viene dal fatto che gli elementi di estrema sinistra, hanno rifiutato anche la loro collaborazione nel CC, organo di carattere prevalentemente deliberativo" (APC 240/45). Togliatti conferma in una sua relazione del 7 ottobre 1924 al Comintern: "Sono stati convocati i congressi di tutte le federazioni provinciali, approfittando della disposizione del V Congresso che ci imponeva a procedere, entro un mese dalla fusione, all'elezione di nuovi comitati direttivi delle organizzazioni locali. Ogni congresso offre l'occasione per una discussione che verte sulle decisioni del V Congresso mondiale e sulla situazione italiana". Cfr. Humbert-Droz, Il contrasto... cit., p. 198.

19) Cfr. "Dalle tesi presentate dalla Sinistra al III Congresso del PCd'I" in questa stessa pubblicazione.

20) Questo risultato è più rappresentativo degli effettivi rapporti numerici rispetto a quello ottenuto nei precongressi per Lione. Cfr. anche la testimonianza di Bordiga ne "La dégringolade" in questa pubblicazione.

21) Bordiga annotò più tardi che le disposizioni della Centrale riguardo alla Federazione napoletana avevano "finalità frazionistiche" fin dall'inizio, quando fu impedita l'elezione del dirigente di sinistra Fiore a segretario della Federazione. Successivamente, con il pretesto che l'assiduo controllo di polizia avrebbe impedito un normale svolgimento dell'incarico, lo tolse anche a Bordiga che era stato regolarmente eletto (Cfr. Per finirla con le rettifiche in L'Unità, 22 luglio 1925, "La campagna 'antifrazionista' continua" titolo in questa pubblicazione). A proposito della sorveglianza poliziesca invitiamo a confrontare, nella documentazione allegata, il fracasso sollevato dai centristi sulla frase di Bordiga riferita ai famigerati "motivi di famiglia" che gli avrebbero impedito di partire per Mosca nella primavera del 1925 e partecipare al V Esecutivo Allargato (Cfr. "Lettera all'Unità sulle famigerate 'ragioni di famiglia'" in questa pubblicazione). Egli non aveva nessuna intenzione di fare da bersaglio per un ennesimo attacco alla Sinistra da parte di Mosca, per di più in un convegno predisposto come un processo al bordi-trotzkismo, quindi la battuta ha un senso ironico, è come una scimmiottatura di linguaggio burocratico. Quando la frase fu utilizzata in tutte le salse per dimostrare la presunta irresponsabilità del grande capo della Sinistra, Bordiga sbottò: "Posso dire in faccia a molti che a Mosca ci corrono per ragioni di famiglia, che la Commissione di controllo può venire nella mia casa, trasparente per compagni e lavoratori da quindici anni a questa parte" (Cfr. "Dichiarazione di Bordiga sulla campagna di falsificazione della Centrale", cfr. anche "Bordiga: l'accusa di frazionismo si ritorce contro chi la formula" e "Bordiga chiede alla Centrale di pubblicare una nota" presenti in questa pubblicazione). Questo fu ritenuto un insulto gravissimo (Cfr. "Lettera del CE a Bordiga sulla sua dichiarazione del 19 luglio" titolo in questa pubblicazione) e, con tono molto serioso, la grottesca questione fu persino ripresa dal CE in un suo comunicato ufficiale (Cfr. "Comunicato del CE del PCd'I sulla dichiarazione di Bordiga" in questa stessa pubblicazione). Si trattava di una gigantesca coda di paglia: Bordiga non era certo un bacchettone moralista, ma era piuttosto seccato per l'ambiente in cui si muoveva la delegazione italiana in Russia. Mentre era naturale per molti militanti trovare la propria compagna nell'ambiente rivoluzionario (così fecero per esempio Gramsci e Terracini, altri si stabilirono definitivamente in Russia), era invece intollerabile che all'Hotel Lux, residenza della delegazione italiana, si indulgesse in attività extrapolitiche trascurando di combattere contro le pesanti pressioni da parte russa sul PCd'I (Cfr. "La dégringolade" in questa pubblicazione). Scriveva Bordiga alla delegazione italiana al tempo delle pressioni per la fusione col PSI: "Non un rigo è da voi pervenuto. Vorreste dire in quali occupazioni passate il tempo che vi devono pur lasciare libero le ben note distrazioni di codesto ambiente? Sappiate che nel nostro partito non si intende tollerare forma alcuna di leggerezza o di strafottenza" (G. Somai, Gramsci a Vienna, Argalìa ed., pag. 42). Oppure: "Non ci pare plausibile la ragione che non vi avessero più date le note stanzette, per non aver lavorato dal giugno al principio di agosto! Vi è un proverbio napoletano che merita di essere la divisa dei comunisti: 'chi vo' filà fila pure co' spruoccolo'. Fatelo tradurre dalla competente sezione del Comintern, avvalendovi di due stenodattilografe, quattro stenografe e cinque traduttrici" (ibid. pag. 48). Infine sul pesante: "Comunicate se intendete occuparvi del vostro mandato e sostenere le direttive del vostro partito, oppure vi considerate in viaggio di piacere e siete indifferenti al crearsi di situazioni spiacevoli di contrasto tra noi e Mosca. [...] Occorre brandire una penna volgare e pestare su una macchina da scrivere e dar segno di vita al partito che costà vi ha delegati. Saluti comunisti, e scusate lo stile dovuto al fatto che in questi giorni abbiamo per le mani certi c... probabilmente ben diversi da quelli di cui costà fassi larghissimo impiego" (ibid. pag. 45).

22) Cfr. Humbert-Droz, Il contrasto... cit., p. 198.

23) Una preziosa documentazione è rappresentata dal libro di Fortichiari, Comunismo e revisionismo in Italia, Torino, Tenerello, 1978, pagg. 108 e 111. Qualche preoccupazione in questo senso appare anche in una lettera di Grieco a Ambrogi del 7 settembre 1924: "Io lavoro nella sezione agraria del partito. Il partito ha accolto con pecorina rassegnazione, come del resto era prevedibile, ogni decisione del V Congresso. Amadeo è nel Napoletano e tace. Ma penso che, siccome noi si dimostra di essere disciplinati nella forma più assoluta, e direi quasi mostruosa, cominceranno a romperci i coglioni". (La lettera è in Mettewie Morelli, Archivio Ambrogi, Annali Feltrinelli 1977. Sulla situazione della sezione di Milano si veda anche la lettera di Humbert-Droz al Presidium del 14 ottobre 1924, in Humbert-Droz, Il contrasto... cit., pagg. 205-206.

24) Così Bordiga al CE in una lettera del 12 ottobre 1924: "Comprendo anche il desiderio di darci ogni tanto una punzecchiatina (...). Ma tutto questo non raggiunge nemmeno lo scopo, che credo non abbiate, di far arrabbiare me: quanto al partito lo sfotte inutilmente e crea uno stato d'animo antipatico, in cui le critiche contro di voi, se si volesse agire di malevolenza, potrebbero allignare come funghi. Se non farete alcun conto delle mie parole, prendendole non per consigli sinceri, ma per manovre diaboliche, io... non farò nulla, come al solito, se pure dall'uno all'altro polo si potrà ascoltare per radiotelefono la critica ufficiale del mio passivismo..." (APC 246/70).

25) Lettera a un compagno della Sinistra cit. ("Bordiga ai compagni della Sinistra sulla situazione interna di partito" titolo in questa pubblicazione).

26) Ibidem. La Centrale invitò più volte la Sinistra ad una collaborazione per la direzione del Partito, convinta che con il lavoro pratico le divergenze si sarebbero appianate. Bordiga era convinto che a questo punto le cose non potessero più essere così impostate e, nella lettera in questione afferma: "Tale argomento, in quanto può avere di vero, si riduce al riconoscimento dei deplorevoli effetti di quel tanto di funzionarismo e forse di carrierismo che comincia purtroppo a sostituire la sana iniziativa rivoluzionaria, secondo la brillante diagnosi e denuncia di questo fenomeno fatta dal compagno Trotzky" (Cfr. "Bordiga ai compagni della Sinistra sulla situazione interna di Partito" in questa pubblicazione).

27) Direttive date da Bordiga alla Sinistra senza firma e senza data (novembre 1924? APC 246/32). In un'altra lettera al CE Bordiga afferma: "Non vi dovete arrabbiare se per colpa vostra si leva un venticello di critica: il miglior modo di alimentarlo è il mostrare, come voi fate, una sensibilità un poco puerile − e alquanto socialdemocratica o ‘vecchio e glorioso partito' − per i voti di fiducia e il plauso della massa del partito per i suoi capi. Io non ostacolo in nulla queste innocenti aspirazioni: solo è utile che comprendiate come per passare attraverso la condanna in ultima istanza della sinistra bisogna aprire il dibattito su tutto e permetterci di presentarci come siamo e non come ci presentano i cliché ufficiali. Il meglio che vi posso consigliare è di lasciare le cose, nei nostri riguardi, come stanno: non è la vostra strategia acidetta che può avvicinare il momento di una collaborazione fattiva." (APC 246/73).

Prima di copertina
La Sinistra Comunista e il Comitato d'Intesa

Quaderni di n+1.

Un volume utile per meditare sui ricorrenti collassi politici di fronte alle situazioni sfavorevoli nella storia.

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