2. Teoria e prassi (2)
Contro il bloccardismo e il meridionalismo
Nel 1910 Bordiga rifiuta le pressioni che gli vengono rivolte da parte della borghesia laica e liberale massonica e si iscrive al Partito Socialista. Senonché al suo interno vi ritrova la massoneria.
Benché a Napoli fosse sorta una delle prime sezioni dell'Internazionale, nel 1870, e il proletariato napoletano fosse uno dei protagonisti d'avanguardia della lotta di classe in Italia, il socialismo in quella città era tra i più compromessi con la politica riformista e borghese. La corrente di destra appoggiava apertamente il liberalismo giolittiano fino a diventarne quasi complice nella politica coloniale. La corrente di sinistra si limitava a un sindacalismo parolaio ed estremista, ma era anch'essa ben radicata nello statu quo borghese. Riformisti e sindacalisti erano iscritti alla massoneria che rappresentava una specie di unione fra le correnti le quali, infine, erano del tutto d'accordo su di un elettoralismo sfacciato.
Come abbiamo visto, una vera corrente marxista si delinea negli anni 1911-12. La convivenza con un partito così disastrato dal punto di vista di classe è problematica e per quasi dieci anni procede un dialogo fra sordi. Ma una così lenta maturazione permette alla Sinistra di perfezionare le sue armi critiche e di integrarsi con il movimento che, attraverso l'Ottobre 1917, la fondazione della III Internazionale e il culmine raggiunto dal suo Secondo Congresso, tentò di diventare partito unico mondiale della rivoluzione.
La polemica contro il politicantismo e le concezioni meridionalistiche forniranno a Bordiga l'esperienza teorica per le successive battaglie su temi che rispetto a queste degenerazioni del movimento operaio rappresentavano degli "invarianti" già affrontati da Lenin. Il suo bersaglio principale è la concezione che giustifica il lassismo politico del partito specie nel Mezzogiorno ricorrendo a spiegazioni apparentemente materialistiche. I sillogismi combattuti sono i seguenti: siccome il Sud è arretrato, allora bisogna fare nel Sud una politica adeguata; siccome l'arretratezza del Sud si riflette in una borghesia corrotta e clientelare, oltre che bigotta, allora dobbiamo fare una politica moralizzatrice e anticlericale; siccome capiamo benissimo che questa politica è un po' diversa da quella che il partito esplica al Nord, allora dobbiamo avere una maggiore autonomia nelle nostre azioni, specialmente per quanto riguarda le alleanze elettorali; siccome la classe operaia meridionale è oggettivamente più arretrata di quella settentrionale, allora i sindacalisti socialisti meridionali terranno conto di questo, considerando la lotta sindacale per miglioramenti immediati come un fine e non come un mezzo per l'azione rivoluzionaria.
Non si tratta semplicemente di questioni di politica interna di un partito che ha qualche difficoltà nelle province meridionali. Bordiga dimostra che la smaccata tendenza al compromesso del socialismo meridionale non è che il riflesso amplificato di un naturale atteggiamento della socialdemocrazia. Depurata dai riferimenti locali e personali, la battaglia è la stessa che occorse condurre prima contro tutto il partito socialista, poi contro il nuovo partito comunista bolscevizzato incapace di superare gli scogli della controrivoluzione in Occidente, infine contro la degenerazione dell'Internazionale che applica il metro moscovita alle questioni mondiali distruggendo ogni possibilità reale di costituire un vero movimento comunista mondiale unico.
Le vie dell'opportunismo, come quelle del Signore, sono infinite. L'arretratezza meridionale dell'Italia d'inizio secolo è un dato da vagliare marxisticamente. Quali sono i veri rapporti di produzione e di scambio? Quale la natura della miseria meridionale? Questi sono i punti da chiarire, non basta fotografare la miseria, l'arretratezza e la corruzione della borghesia per dedurne automaticamente una comoda politica slegata da obblighi marxisti.
Bordiga dimostra che l'arretratezza meridionale non ha nulla di feudale e che i rapporti fra città e campagna non sono affatto di tipo arretrato dal punto di vista della maturità del capitalismo. Nel Sud italiano, contrariamente a quanto affermato dagli opportunisti, vi è meno feudalesimo che al Nord, e in Italia meno che negli altri paesi d'Europa. L'agricoltura meridionale è affrancata da caratteristiche feudali almeno dai tempi di Federico II di Svevia, l'arretratezza è dovuta allo spostamento delle correnti mercantili nel tardo Medioevo e, successivamente, proprio all'impatto con il capitalismo industriale del Nord. La rendita del cosiddetto latifondo è plusvalore che si cristallizza in quella forma, ma per rifluire come credito o come sovvenzione statale all'industria settentrionale. Quindi il fenomeno della persistente arretratezza meridionale è un fenomeno da capitalismo moderno, che si deve combattere con una più accanita difesa delle caratteristiche di classe del partito. Altro che autonomia per pretese situazioni speciali.
Di qui: no alla tattica delle alleanze spurie, ai blocchi con massoni e anticlericali borghesi, alle campagne moralizzatrici.
Non è da marxisti, spiega Bordiga, combattere la corruzione borghese pretendendo al suo posto la moralità amministrativa borghese, che non esiste. D'altra parte non possiamo sostituirla con una morale amministrazione socialista, perché compito socialista è la rivoluzione, non l'amministrazione degli affari capitalistici.
Note
[1] Bibliografia minima: Il socialismo meridionale e le questioni morali, in "Avanti!", 1 nov. 1912; Il circolo Carlo Marx per il socialismo meridionale e contro le degenerazioni dell'Unione Socialista Napoletana, opuscolo, apr. 1914; Il socialismo napoletano e le sue morbose degenerazioni, i "Il Soviet", 22 mag. 1921; La questione meridionale (raccolta di scritti 1912-1954), ed. Quad. Int. cit., dicembre 1992.
La passione e l'algebra
Amadeo Bordiga e la scienza della rivoluzione
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Scritto per i giovani lettori che non conoscono la storia della Sinistra, cancellata dalla memoria per opera congiunta dello stalinismo e della storiografia borghese.