5. Probabilita', entropia, informazione

" 'Comincerò dalle chiare cifre che ci serviranno di base,' disse il chimico illustre; 'la palla da ventiquattro non viene scacciata dalla bocca da fuoco che da sedici libbre di polvere.' 'Siete certo della cifra?' Domandò il presidente Barbicane. 'Assolutamente certo; il cannone Armstrong non esige che settantacinque libbre per un proiettile di ottocento libbre e il cannone Rodman richiede soltanto centosessanta libbre di polvere per mandare la sua palla di mezza tonnellata; i fatti da me esposti non possono essere messi in dubbio, perché li ho rilevati io stesso.' 'Benissimo,' disse il generale. 'Ebbene' rispose il maggiore, 'ecco la conseguenza che possiamo dedurre da tali cifre, cioè: se spingete la vostra teoria all'estremo, giungerete a tal punto che quando la palla avrà un certo peso, non occorrerà un solo granello di polvere.' 'Ora, amici miei, quale quantità di polvere vi risulta?' 'Duecentomila libbre,' disse Morgan. 'Cinquecentomila libbre,' replicò il maggiore. 'Ottocentomila libbre,' esclamò Maston. 'Miei coraggiosi colleghi,' disse Barbicane, 'io parto dal principio che la resistenza del nostro cannone, costruito con le volute condizioni, è infinita; io sorprenderò l'onorevole Maston dicendogli che si dimostrò pauroso nei calcoli e proporrò di raddoppiare le sue ottocentomila libbre di polvere.' 'Un milione e seicentomila libbre!', esclamò Maston alzandosi di botto. 'Né più né meno.' " (61)

Nel romanzo di Verne la spedizione sulla Luna viene impostata esattamente come abbiamo detto: l'intelligenza rimane a terra e la palla, contenente nient'altro che messaggeri pubblicitari umani, viene spedita nello spazio. L'industria americana è la vera protagonista, non il cannone e tantomeno il proiettile. La conquista messa in atto in tutte le pagine del romanzo e rivelata dalla struttura letteraria è il processo che dal progetto va al gran botto finale attraverso la produzione. A Verne interessa la società, il volo verso la Luna è trascurato.

Nel brano citato vi è un'importante osservazione, anche se in forma non certo scientifica: l'indeterminatezza del sistema che si vuole muovere secondo quei parametri di potenza. Vengono poste sul tappeto delle cifre presentate come assolutamente certe e che invece si dimostrano alla fin fine soggette a variabili produttrici di risultati enormemente divergenti. La proiezione basata sull'incremento decrescente del peso della polvere col crescere del peso del proiettile è sbagliata, ma anche se fosse corretta il risultato letterario della ricerca di un paradosso sarebbe lo stesso: ad un certo punto una determinata quantità di polvere muoverebbe un proiettile di qualsiasi peso alla velocità voluta. Ebbene, Barbicane vuole andare sulla Luna, e quindi pone la resistenza del cannone come infinita in modo da far quadrare la quantità di polvere necessaria per raggiungere la velocità di fuga necessaria. Un fisico troverebbe già interessante questa introduzione di un infinito, dato che nella sua disciplina guarda alla comparsa degli infiniti con estremo sospetto: essi sono segno d'indeterminazione. Verne, al contrario, introduce apposta l'infinito per poter avere la soluzione che gli serve indipendentemente dagli altri dati. E comunque di variabili ne introduce parecchie: per esempio, la quantità di polvere necessaria riempirebbe il cannone e non rimarrebbe spazio per la corsa del proiettile, quindi bisognerebbe o riprogettare il cannone o adottare il fulmicotone, che però potrebbe autoesplodere sotto il peso del proiettile. Altra complicazione è introdotta con la rigatura della canna, che darebbe stabilità al proiettile, ma la rigatura è incompatibile con la necessaria velocità, e così via (62). Stiamo parlando di un semplice cannone e già ci troviamo di fronte ad un sistema in partenza altamente dissipativo, cioè in grado di far evolvere la traiettoria della palla verso soluzioni indeterminabili.

Ritorniamo per un momento all'assunto di partenza da noi utilizzato per stabilire in quale ambito stiamo trattando il problema spaziale e i presunti errori commessi dalla nostra corrente. En passant notiamo che è possibile, in questo ambito, operare un collegamento con l'invarianza da noi rivendicata, in base alle scoperte di Marx, fra sistemi fisici e sistemi sociali. Bordiga sapeva che non esiste nessuna teoria in grado di garantire un criterio oggettivo per valutare quanto lo stato reale di un sistema si discosti dal suo platonico disegno ideale. Per dirla in altre parole, il massimo grado di astrazione di un modello non corrisponderà ad una situazione reale, tuttavia sarà in grado di descrivere la realtà meglio di quanto non la descriva un'indagine su tutte le minuzie che tale realtà ci presenta. Proprio per questo Marx aveva fondato la sua ricerca su nuovi osservabili, scoprendo che l'intera storia economica dell'umanità si poteva trattare, ad ogni scansione di tempo, o di fase, attraverso schemi di produzione e riproduzione completamente astratti.

Come avevano già notato i fisiocratici, in particolar modo Quesnay, non è tanto importante conoscere i dati minuti di un sistema, quanto la relazione che c'è fra ciò che si presenta in ingresso e ciò che si ottiene in uscita. In molti casi complessi possiamo fissare le caratteristiche del sistema in modo completamente astratto invece di trattare elementi quantitativi di cui sia difficile determinare il valore. A questo punto si presentano due modi per trattare il modello: 1) quello cosiddetto della "scatola nera", che consiste nel mettere in relazione l'input e l'output individuando delle regole di trasformazione soggiacenti e formalizzandole senza occuparsi della varietà e nemmeno della natura dei fenomeni interni; 2) quello cosiddetto "stocastico", in cui vengono presi in esame i processi probabilistici basati su regole interne trattabili con la reiterazione progressiva degli eventi (63).

Questa conoscenza di base relativamente moderna, che ormai è parte integrante di ogni grande progetto cui l'umanità si dedichi e che integra ovviamente le conoscenze tradizionali in fatto di produzione e organizzazione, ci permette di toccare con mano la difficoltà del problema "uomo sulla Luna", a partire dai primi esperimenti missilistici per passare attraverso i primi satelliti, i primi riusciti tentativi di posizionamento e guida, i primi agganciamenti in orbita ecc. Al lettore di notizie e allo spettatore televisivo ogni informazione appare attraverso un filtro passivo che non è dovuto alla "perfidia" dei media o della classe che li maneggia, ma ad uno stato di cose obiettivo, per cui egli crede di trovarsi di fronte ad oggetti ed eventi che può solo confrontare con la sua esperienza quotidiana, non potendo ovviamente studiare ogni volta i fondamenti dell'informazione parziale ricevuta. Così ognuno credeva di sapere tutto su missili e astronauti semplicemente leggendo e ascoltando notizie, mentre sappiamo bene che è già difficile avere coscienza di cosa ci sia sotto la vernice di una banale automobile. Anche l'individuo più avveduto non potrà fare a meno di assimilare una navicella spaziale a una automobile o al massimo a un aereo, l'astronauta a un pilota e la base spaziale a una specie di aeroporto con la sua brava torre di controllo. E così quando parlerà con altri individui della "competizione" fra America e Russia per lo spazio, ne parlerà nei termini utilizzati per la partita della domenica.

Tutto ciò non ha nulla a che fare, come andiamo ripetendo da sempre, con le difficoltà della materia. La vera difficoltà è portare alla luce il rapporto sociale che sta dietro alla produzione di un fenomeno e, tra tutti gli altri fenomeni caratteristici di questa società, di quello della corsa allo spazio. A volte si scambia la caratteristica di un prodotto con il modo per produrlo: ebbene, la credenza che per esempio l'automobile sia un prodotto a tecnologia "tradizionale" mentre il computer sia uno a tecnologia "avanzata" è nient'altro che, appunto, una credenza. Nella società attuale è molto più importante il modo di produrre un oggetto che non l'oggetto stesso, e il modo di produrre l'automobile (che di per sé è una carrozza con motore) è più "avanzato" del modo di produrre un modernissimo computer. Non ci sono donne e bambini schiavizzati nella produzione di automobili, mentre in quella dei computer sì (se poi vogliamo dire che questo è un fenomeno modernissimo del capitalismo... siamo d'accordo, ma il discorso si sposta su di un altro piano).

Incominciando ad uscire dalla ristretta visuale dell'individuo che si forma, sappiamo come, una sua santissima opinione, vediamo che missili e navicelle su cui si era soffermata l'attenzione dei più non sono che la punta dell'iceberg di un enorme sistema informativo e produttivo. Se diciamo che la realizzazione del viaggio sulla Luna fu infine possibile proprio perché era all'inizio matematicamente impossibile, non è quindi né un ozioso paradosso né una questione di polemica stravolta; è invece una questione molto pratica legata sia all'organizzazione sociale (e non alla palla, come ben aveva romanzato Verne), sia a scoperte che risalgono a uno o anche due secoli fa e che oggi sono state portate alle massime conseguenze.

Oggi, epoca in cui domina una classe in decomposizione, prevalgono in filosofia le teorie esistenziali del dubbio, dell'indeterminismo. Ben diversa era la sicurezza rivoluzionaria della classe borghese quando, nel suo periodo di ascesa, permetteva a un Laplace di affermare:

"Un'Intelligenza che, per un dato istante, conoscesse le forze da cui è animata la natura e la situazione rispettiva degli esseri che la compongono, se per di più fosse abbastanza profonda per sottomettere questi dati all'analisi, abbraccerebbe nella stessa formula i movimenti dei più grandi corpi dell'Universo e dell'atomo più leggero: nulla sarebbe incerto per essa e l'avvenire, come il passato, sarebbe presente ai suoi occhi. Lo spirito umano offre, nella perfezione che ha saputo dare all'astronomia, un pallido esempio di quest'Intelligenza. Le sue scoperte in meccanica e geometria, unite a quella della gravitazione universale, l'hanno messo in grado di abbracciare nelle stesse espressioni analitiche gli stati passati e futuri del sistema del mondo. Tutti i suoi sforzi nella ricerca della verità tendono ad avvicinarlo continuamente all'Intelligenza che abbiamo immaginato, ma da cui resterà sempre infinitamente lontano. Questo tendere, che è proprio della specie umana, è ciò che ci rende superiori agli animali". (64)

Per ora soffermiamoci su questa frase, anche se Laplace, come vedremo fra poco, sarà più preciso rispetto alla possibilità di quanto ha appena sostenuto. Occorre notare che l'affermazione famosa rientra nel campo della teoria della conoscenza e, anche se non fosse vera secondo parametri posteriori, costituisce la base su cui si fonda il moto dei corpi macroscopici nello spazio, naturali o artificiali che siano. Il valore epistemologico di questa posizione, sulla quale ormai ci si scaglia quasi per dovere, non è inficiato da nuove scoperte (65). Anche se i corpi artificiali appartengono al mondo complesso dell'uomo e l'ingegneria astronautica si scontra con la difficoltà insuperabile di tener conto di milioni di complicazioni non trattabili né con l'esperienza né col calcolo analitico, un'intelligenza infinita saprebbe come fare. Ecco lo scoglio che non si può superare: la differenza tra l'intelligenza ipotizzata da Laplace e quella dell'uomo, il quale non riesce a trattare il fenomeno complesso con la semplicità con la quale viene trattato, nell'ipotesi, il moto dei corpi astrali. L'astronomo riesce a tracciare la rotta in un universo di orbite che non sono affatto come quelle ideali che immaginava Keplero, ma sono almeno periodiche nell'arco di centinaia di milioni di anni, mentre l'ingegnere dei sistemi non riesce assolutamente a farvi combaciare la traiettoria del missile. Non è ancora stato trovato il modo ed è certo che non lo si troverà mai, anche perché non serve. Come abbiamo anticipato, giocando sulle leggi probabilistiche si ottiene lo stesso il risultato.

Purtroppo non si può correre e chiederemo un po' pazienza al lettore. Di fronte al problema della complessità, Henri Poincaré, che secondo molti avrebbe aperto la strada per le teorie della relatività e della meccanica delle particelle, aggiungeva qualcosa, nel 1903, a quanto affermato da Laplace:

"Una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzione determina un effetto considerevole che non possiamo mancar di vedere, e allora diciamo che l'effetto è dovuto al caso. Se conoscessimo esattamente le leggi della natura e la situazione dell'universo all'istante iniziale, potremmo prevedere esattamente la situazione dello stesso universo in un istante successivo. Ma se pure accadesse che le leggi naturali non avessero più alcun segreto per noi, anche in tal caso potremmo conoscere la situazione iniziale solo approssimativamente. Se questo ci permettesse di prevedere la situazione successiva con la stessa approssimazione, non ci occorrerebbe di più e dovremmo dire che il fenomeno è stato previsto, che è governato da leggi. Ma non sempre è così: può accadere che piccole differenze nelle condizioni iniziali ne producano di grandissime nei fenomeni finali. Un piccolo errore nelle prime produce un errore enorme nei secondi. La previsione diviene impossibile e si ha un fenomeno fortuito". (66)

Sappiamo che Lenin criticò Poincaré per questo suo insistere su di una particolare accezione della funzione osservatrice ("una causa piccolissima che sfugga alla nostra attenzione" ecc.). Lo considerava un grande fisico ma un cattivo filosofo (Marx avrebbe detto che un fisico veramente grande avrebbe smesso di essere filosofo) (67). L'ultima frase della citazione ("si ha un fenomeno fortuito"), come ormai sostengono persino importanti correnti borghesi, è sbagliata. Esistono previsioni impossibili per noi, ma non esistono fenomeni fortuiti nel senso di a-causali: questo concetto di indeterminazione spinto a conseguenze "filosofiche" è figlio mistico del "libero arbitrio" teologico ed è dai marxisti fieramente avversato (68). Ciò che ci interessa è il fatto che l'umanità, man mano che ha dovuto occuparsi di misure sempre più precise e risolvere problemi sempre più complessi, ha dovuto anche occuparsi di quelle condizioni la cui "previsione diviene impossibile". Poincaré è stato uno dei massimi studiosi dei fenomeni legati alla conoscenza ed egli stesso mise in guardia contro l'uso generico delle espressioni. Anche quando si occupò di sistemi probabilistici, dopo aver affrontato dal punto di vista analitico rompicapi astronomici come il già citato "problema dei tre corpi", non lo fece contro il determinismo (69). Nonostante ciò, non riuscì a mantenersi all'altezza di Laplace, il quale sarà "superato" come affermano tutti gli scienziati di oggigiorno, ma non avrebbe mai detto che vi sono fenomeni fortuiti all'interno di un sistema deterministico:

"Ma l'ignoranza delle diverse cause che concorrono alla formazione degli eventi come pure la loro complessità, insieme con l'imperfezione dell'analisi, ci impediscono di conseguire la stessa certezza rispetto alla grande maggioranza dei fenomeni. Vi sono quindi cose che per noi sono incerte, cose più o meno probabili, e noi cerchiamo di rimediare all'impossibilità di conoscerle determinando i loro diversi gradi di verosimiglianza. Accade così che alla debolezza della mente umana si debba una delle più fini e ingegnose fra le teorie matematiche: la scienza del caso o della probabilità". (70)

Le tanto criticate certezze di Bordiga erano basate proprio sulle incertezze dovute all'ignoranza umana circa le cause che concorrevano alla formazione degli eventi riguardanti le traiettorie degli oggetti spaziali. Certamente, entro i limiti dei 2-300 km, questi ultimi potevano essere trattati alla stregua di punti kepleriani, dato che la massa di un satellite artificiale non influisce significativamente sull'orbita della Terra e la gravità di questa sovrasta di gran lunga quella dei corpi più lontani. La sfida di Bordiga, incentrata sulle orbite lontane da terra e meno ellittiche possibile, era una richiesta di passare dalla palla in moto balistico ad un vero corpo spaziale con tutte le sue complicazioni; dal moto kepleriano, trattabile con equazioni, ad una somma di forze la cui padronanza era più difficile della soluzione del "problema dei tre corpi".

Bordiga sapeva naturalmente che i moti dei satelliti artificiali venivano controllati tramite computer. Anche se la potenza di queste macchine fosse stata maggiore di quanto supponesse l'opinione pubblica (le più potenti dell'epoca erano disponibili solo per i militari), rimaneva il problema fondamentale dei piccoli scostamenti che rientravano come input in ogni reiterazione di calcolo e ne uscivano potenziati come output e così via; ciò doveva portare inevitabilmente all'incertezza dei risultati entro non troppi cicli. Per ottenere un controllo dei sistemi e delle loro traiettorie furono applicati metodi tratti dalla matematica statistica ricordata da Laplace, cui sono legate sia la teoria dell'informazione che altre discipline probabilistiche (71). Dato che non si poteva risolvere il problema degli errori, e quindi non si sarebbe mai potuto inviare un corpo nello spazio senza essere certi che si sarebbe diretto in troppe direzioni a caso (caso per i lanciatori, non per il determinismo), si smise di cercare la perfezione e si cercò di concentrare gli sforzi sulle probabilità di riuscita.

Non è possibile comprendere la critica di Bordiga se non si comprende l'enormità dei problemi che rendono disperata l'impresa spaziale intesa come conquista permanente di spazio fisico, abitabile. Ciò specialmente ai suoi inizi. D'altra parte, esclusi gli esempi volanti che facciamo lungo l'esposizione, non potremmo qui descrivere tali problemi neppure se li conoscessimo tutti e li trattassimo a grandi gruppi. Diciamo brevemente che un qualunque lancio spaziale, sia nel suo svolgersi verso un obiettivo specifico che nella sua evoluzione verso obiettivi più ambiziosi, è soggetto a dissipazione, cioè a perdita di energia e d'informazione, perciò di efficienza. Ogni missione spaziale perde in probabilità di successo nella misura in cui sale il numero dei compiti, delle parti in gioco o la durata nel tempo. Come già accennato nel capitolo precedente, la conquista dello spazio si svolge sotto la spada di Damocle dell'entropia.

Scuole indeterministe si sono lanciate sulla strada dei fenomeni dissipativi giungendo a risultati per noi inaccettabili; vi sono state anche ricerche tese ad applicare il secondo principio della termodinamica (da cui si trae il concetto di entropia) nei campi più diversi, da una parte dimostrando che quel terreno di ricerca è promettente, dall'altra facendo sorgere una specie di moda (72). Ma il campo è aperto e davvero fertile, perché rappresenta una delle strade che l'umanità dovrà percorrere per avvicinarsi all'unificazione delle scienze, alla distruzione della compartimentazione. Nello stesso tempo su quel terreno ci si avvicinerà alla fine sociale del vicolo cieco in cui si è cacciata la scienza: come abbiamo visto a proposito di Einstein, a detta degli stessi addetti ai lavori ormai ci vuole una rivoluzione affinché sia portato alle massime conseguenze il potenziale di conoscenza accumulato in questo secolo (73).

Ora, la tendenza al disordine di un sistema termodinamico (in cui siano cioè in gioco molecole e pezzi in movimento, energia) può essere correlato ai concetti di struttura (configurazione nello spazio, morfologia) e informazione (morfogenesi, cioè divenire delle forme, predicibilità). Per quanto riguarda l'entropia e l'informazione vi furono degli studi condotti da fisici e da matematici a partire dalla Seconda Guerra Mondiale (74).

In un qualsiasi moderno stabilimento industriale che abbia un processo produttivo in grado di fornire una gran quantità di prodotti, vengono rilevati dei dati lungo le varie fasi di lavorazione. Altri dati vengono rilevati nel mondo circostante la fabbrica. Questi dati vanno a formare una complessa statistica del ciclo totale. L'intero sistema "fabbrica" in relazione all'ambiente "mercato" viene trattato come un sistema termodinamico. Che i dirigenti ne siano consapevoli o che il risultato sorga spontaneo non ha importanza: alla fine si tratta di evitare la dissipazione, l'entropia. Il mezzo è uno solo: iniettare informazione al sistema in modo che eviti il caos (75). E' ciò che successe al sistema che comprendeva le fabbriche aerospaziali, i centri di progettazione e controllo, le rampe di lancio e lo spazio extraterrestre con tutti gli uomini che vi formicolavano intorno quando si trattò di arrivare fino alla Luna.

Per quanto a conoscenza delle discipline scientifiche, Bordiga, come tutti, non poteva sapere ciò che sarebbe successo nel decennio successivo al lancio del primo satellite. Sapeva però che qualsiasi nuova tecnologia spaziale avrebbe dovuto pagare il pedaggio al capitalismo: o sarebbe stata utile ai fini del profitto o avrebbe fatto una brutta fine. Se si fosse trattato davvero di una nuova scienza sarebbe stata totale, avrebbe invaso tutti i campi dello scibile umano squassando tutte le conoscenze consolidate dal capitalismo. Sarebbe stata una rivoluzione non solo scientifica ma anche sociale. Il fermento sociale che permette simili rivoluzioni cambia la società, di cui le strutture universitarie, i laboratori, le correnti specialistiche, la formazione collettiva dei risultati, i modi e i tempi della loro pubblicazione, sono espressione; abbatte accademie e fa esplodere cervelli che sembravano inerti, libera energie neppure immaginate. Ciò non era possibile perché i tempi non erano quelli delle rivoluzioni, ma ancora quelli del sordo maturare delle loro condizioni.

E' ovvio che, nell'ambito del capitalismo ultramaturo, se non possono più avvenire rivoluzioni scientifiche, si sviluppano però processi di approfondimento delle conoscenze acquisite. Per esempio, la via d'uscita probabilistica intravista da Laplace per ovviare all'ignoranza nei confronti del mondo complesso, è stata portata alle massime conseguenze possibili per questa epoca. Con la meccanica quantistica il concetto di probabilità ha assunto un significato molto più radicale, segnando un punto di non-ritorno nei confronti del meccanicismo volgare. Tuttavia, in mancanza di un fermento scientifico proiettato verso il futuro, la nuova conoscenza si è involuta e ha fatto sì che l'interpretazione standard della fisica attuale sconfinasse in una visione antimaterialistica e antideterministica. Lo sviluppo delle forze produttive non poteva non produrre anche l'incontro fra diverse discipline, il quale ha prodotto a sua volta nuove discipline, tra cui quelle che vengono comunemente raggruppate sotto il nome di "informatica". Anche in questo caso il limite sociale blocca sviluppi che potrebbero andare ben oltre la telematica e il semplice perfezionamento dei computer. L'unione tra teoria dell'informazione, cibernetica e comandi a distanza, l'informatica, appunto, non è ancora rivoluzione, se pensiamo che elementi di questa recente disciplina si rinvengono nelle concezioni cosmologiche della Cina di tremila anni fa, nella logica greca, nei telai automatici e nelle locomotive dell'accumulazione rampante ottocentesca. La scienza di quest'epoca borghese avverte che c'è un mondo rivoluzionario e organico in cui il tutto è maggiore e qualitativamente diverso rispetto alla somma delle sue parti, ma non riesce ad affrontarlo sistematicamente, perché a quel mondo è estranea, come la classe che l'ha generata.

Ora, alcune caratteristiche delle discipline "informatiche" ci possono aiutare a capire meglio l'evoluzione della ricerca spaziale fino ai risultati spettacolari come il progetto Apollo. Prima dell'informatica come la conosciamo oggi, prese forma una disciplina particolare, che fu chiamata dapprima teoria della comunicazione e poi teoria dell'informazione. Essa, non troppo stranamente, si sviluppò in modo autonomo negli stessi anni sia negli Stati Uniti che in Russia. L'avvio era molto semplice: l'ignoranza di cui parlava Laplace era dovuta a mancanza di informazione. Sulla base di una matematica sviluppata nel secolo scorso e che sta alla base del funzionamento dei computer, è possibile formalizzare la quantità di informazione. Di conseguenza è possibile formalizzare la quantità d'ignoranza. Quindi, ove non ci sia nulla da fare rispetto alla conoscenza di un fatto, o problema, o processo, come nel caso delle nostre orbite spaziali, è possibile formalizzare la quantità di informazione in più necessaria a capire il problema o a risolverlo o anche solo a porselo.

Un esempio elementare è il seguente: immaginiamo di ricevere una telefonata in cui qualcuno ci dice che "il missile per la Luna parte alle nove del mattino". Per qualche motivo lungo la linea ci sono disturbi che cancellano parti importanti della frase, di conseguenza non riusciamo a capire assolutamente nulla. Supponendo che il messaggio trasmesso sia registrato, quindi sempre uguale alla fonte, proviamo a riascoltarlo. Di nuovo disturbi, e dunque di nuovo parti cancellate, a caso, cioè non sempre allo stesso modo. Anche se l'ascoltassimo mille volte, la casualità dei disturbi non ci permetterebbe mai di capire ciò che ci viene trasmesso. Ora supponiamo di registrare tre volte l'incomprensibile messaggio in arrivo e di sovrapporre le tre registrazioni con un mixer. Alcune parti dei diversi rumori possono andare insieme e diventare intelligibili come per esempio: "...miss...una...ttino". Così potremmo arguire che si tratta di una "missione su una duna con un pattino". Sbaglieremmo clamorosamente, ma, riprovando con il nostro mixer a sovrapporre ancora più registrazioni, giungeremo al punto in cui, anche senza avere la frase completa, riusciremo a capire tutto perfettamente (76).

Come mai? Abbiamo creato una ridondanza per cui, sfruttando lo spostamento casuale delle cancellazioni dovute ai disturbi, abbiamo sovrapposto disturbi e parole in modo da ricreare le parole e rendere innocui i disturbi. Ciò può succedere soltanto perché nella nostra memoria ci sono le parole e le sappiamo distinguere dal rumore che le disturba. Non avremmo potuto in nessun modo rendere intelligibile 1) informazione che non c'era e 2) informazione che non eravamo in grado di capire una volta ricomposta parzialmente. Infatti possiamo comprendere la frase anche senza avere esattamente tutte le lettere delle parole: in questo caso la ridondanza è nella struttura del linguaggio, il quale è abbastanza ricco da permettere la comprensione anche se il messaggio è ancora incompleto, come per esempio in: "i... mis...ile per ...a Lun... part... a...le nov... del matti...o".

Altri esempi. Tutti hanno sentito musica in un Compact Disc. Ebbene, la tecnologia per la sua realizzazione era nota da anni (il laser fu inventato nel 1960 sulla base di ricerche risalenti al 1954), ma solo da poco si è riusciti ad ascoltare musica o registrare immagini tramite questa tecnologia, perché dal punto di vista ingegneristico era impossibile sfruttare meccanicamente le sue potenzialità per un supporto musicale. Tecnicamente la lettura di un Cd non differisce da quella di un normale codice a barre su di una scatola di biscotti. Solo che su quest'ultima c'è solo il prezzo, al massimo un codice, poche cifre, mentre in un Cd vi sono miliardi di informazioni del tipo sì-no, cioè bit. Per leggere il codice a barre sulla scatola di biscotti, presentata in qualsiasi posizione, un raggio laser lo illumina più volte e in diverse direzioni, poi, in base alla ridondanza ottenuta con la sua molteplice lettura (velocissima), esso è memorizzato correttamente e, con l'elaborazione dei dati, si elimina ciò che non interessa e si ricompongono gli eventuali pezzi esenti da errore. Con il Cd il procedimento è più o meno lo stesso. Sarebbe impossibile ottenere una lettura meccanica precisa dei microscopici segni sul supporto: o si ingrandiscono i segni, e allora cesserebbe lo scopo, dato che non si potrebbero immagazzinare che pochi minuti di musica; oppure si costruisce un lettore mostruosamente preciso e allora non sarebbe costruibile in serie, e tantomeno vendibile a causa dell'elevato costo di produzione. Il problema si risolve facilmente: si incide il segnale in modo ridondante affinché sia in scrittura che in lettura l'informazione ripetuta possa essere ricostruita da un microprocessore che memorizza un algoritmo adatto allo scopo. Insomma, si raggiunge l'obiettivo non aumentando la precisione ma, al contrario, aumentando semplicemente la possibilità di afferrare un messaggio grossolano tramite l'elaborazione delle informazioni ridondanti in esso contenute.

La decodificazione dei cifrati, le trasmissioni di dati via modem, la gestione dei sistemi complessi, i collegamenti radio con satelliti spediti ai confini del sistema solare, e... l'invio di uomini sulla Luna, sono ottenuti con metodi in cui si estrae il massimo d'informazione dalla ridondanza esistente o prodotta, oppure si introduce informazione in un sistema di per sé dissipativo, entropico, trasformandolo in un sistema che tende ad essere "organico", cioè antientropico e antidissipativo.

Non neghiamo affatto che questa sia scienza: ribadiamo soltanto, con Bordiga, il quale non aveva ancora visto le applicazioni odierne, che è scienza del tempo di Laplace, rivista attraverso le intuizioni certamente geniali dei Poincaré, dei Gauss, dei Turing, dei Kolmogorov, dei Wiener o dei von Neumann. Neghiamo semplicemente che ciò rappresenti rivoluzione, perché si tratta pur sempre di portare alle estreme conseguenze percorsi già imboccati. La rivoluzione imbocca percorsi nuovi e, se il fermento scientifico attuale cozza contro un mondo diviso in discipline specialistiche, significa che lo sviluppo delle forze produttive rende sempre più visibili le catene dei rapporti di produzione. Tali rapporti frenano lo sviluppo ulteriore e semmai producono dinosauri efficientissimi. Chi ha detto che il Tirannosauro non fosse una macchina potente e perfettamente organizzata per il suo scopo, quindi razionale ed efficiente?

Razionale ed efficiente, meraviglia di questo mondo, fu la macchina spaziale che mandò gli uomini sulla Luna. Ma era, appunto, una meraviglia di questo mondo, non di quello futuro, come si voleva far credere.

Note

(61) Dalla Terra alla Luna cit. pag. 75, sottolineature nostre.

(62) La velocità di fuga era già conosciuta da Verne ed è ben superiore a quella dei proiettili di allora e di oggi (11.200 contro i 1.660 m/sec max), quindi per lui ogni intoppo al proiettile era dannoso. I cannoni più moderni montati sui carri armati non sono più rigati: i proiettili ad altissima velocità sarebbero frenati dalla rigatura e la canna sarebbe troppo usurata. Per evitare la troppa resistenza dell'aria a quelle velocità il proiettile, di tungsteno o di uranio impoverito, è sottocalibrato e l'effetto giroscopico è dato in questo caso da un bussolotto ad alette che abbandona il proiettile all'uscita dalla bocca (APFSDS, Armor Piercing Fin-Stabilized Discarding Sabot). La velocità di fuga non si può raggiungere nella bassa atmosfera perché ogni proiettile si arroventerebbe per l'attrito. Inoltre, senza l'effetto giroscopico, il proiettile di Verne non avrebbe mai potuto tenere la direzione: questo effetto è uno dei più importanti nella questione spaziale ed è ovviamente ottenuto con giroscopi molto sofisticati in grado di influire sui getti dei vettori o sull'assetto dei satelliti. Il sistema giroscopico fu l'unico sistema di guida dei missili per molti anni, perciò il problema della posizione è una delle maggiori fonti di scetticismo di Bordiga.

(63) E' interessante notare che Marx, trovandosi a studiare il capitalismo in quanto sistema a retroazione positiva (accumulazione) e nello stesso tempo altamente dissipativo (crisi, distruzione di capitale), abbia dovuto ricorrere ad uno schema input-output che può essere ricondotto grosso modo alla teoria della "scatola nera" accennata nel punto 1, in quanto prescinde dall'analisi minuziosa dei processi interni alle sfere di produzione. D'altra parte, nel Secondo Libro del Capitale, Marx affronta l'enorme difficoltà del complesso produzione-circolazione che, in quanto inscindibile, è dominato dall'anarchia della circolazione e quindi dai processi casuali, trattabili col metodo accennato al punto 2. Non essendo all'epoca di Marx disponibili queste tecniche, è quasi incredibile come egli se la cavi benissimo col solo utilizzo della dialettica (come sistema logico di relazioni).

(64) Pierre Simon de Laplace, Saggio filosofico sulle probabilità (1814), in Teoria analitica delle probabilità, ed. Paravia, pag. 243. Per quanto riguarda il discorso che stiamo facendo, è interessante notare che nel testo citato Laplace introduce il teorema sulla legge esponenziale degli errori, che può essere considerato uno dei punti di partenza per le successive precisazioni sui problemi sollevati dallo studio dei sistemi complessi.

(65) Parliamo del mondo macroscopico; e comunque, in generale, l'accanito tentativo di demolire il determinismo (definito da alcuni un residuo "meccanicistico") è più che altro di natura ideologica. Anche la meccanica quantistica non è in grado, col principio d'indeterminazione e con il "quanto d'azione" (che nessun marxista contesta) di riuscirvi, essendovi ancora molto solipsismo nelle interpretazioni standard della teoria. Se proprio si volesse giocare con i termini, una ragionevole contestazione dell'Intelligenza di Laplace potrebbe essere dedotta dalla teoria della relatività: infatti l'informazione di qualsiasi genere non si trasmette a velocità superiori a quelle della luce e quindi esiste un limite temporale entro il quale tale informazione può essere captata dall'Intelligenza di Laplace. In questo caso essa avrebbe qualche problema sia a proposito della predizione di stati futuri, sia a proposito della conoscenza di stati trascorsi. Ma Laplace, che non era fesso, usa un linguaggio appropriato al concetto e introduce quell'ipotesi per assurdo, "un'Intelligenza che... conoscesse", che rende "vero" il suo assunto nel senso di assolutamente non "falsificabile". Ad ogni modo esistono scienziati di questo secolo che ritengono valido il determinismo anche a livello quantistico e alcuni ammettono addirittura le conclusioni causali di Laplace anche in tale contesto (p. es. due grossi calibri come i fisici Jean Perrin, idealista, e Paul Langevin, materialista. Scomparsi rispettivamente nel 1942 e nel 1946, sono oggi considerati tra gli "sconfitti").

(66) Henri Poincaré, citato nel libro Il Caos, le leggi del disordine, Le Scienze Editore, pag. 24. Nel suo libro Il valore della scienza (ed. Dedalo), Poincaré estende il concetto di probabilità a tutte le leggi della scienza e affronta il problema della relatività, anticipando i risultati di Einstein.

(67) "La fisica contemporanea ha le doglie del parto. Essa partorisce il materialismo dialettico. Parto doloroso. L'essere vivo e vitale è inevitabilemnte accompagnato da qualche prodotto morto: scorie destinate all'immondezzaio. Tutto l'idealismo fisico, tutta la filosofia empiriocriticista, insieme all'empiriosimbolismo, all'empiriomonismo, ecc. ecc., fanno parte di queste scorie" (Lenin, Materialismo ed empiriocriticismo, Editori Riuniti, Opere Complete vol. 14 pag. 307). Le doglie continuano: nonostante l'empiriocriticismo abbia lasciato il posto ad una metafisica peggiore, il frutto del parto (la fisica) è promettente. La levatrice (rivoluzione) osserva la scena e sembra non aver fretta. Per ora.

(68) A difesa di Poincaré dobbiamo aggiungere, con una sua stessa osservazione, che l'uso del linguaggio e delle simbologie è "convenzionale", quindi prima di avanzare una critica su questo specifico punto, chi scrive dovrebbe mettersi d'accordo col lettore sul significato di "fortuito".

(69) Newton dimostrò che in realtà le leggi kepleriane valevano soltanto nel caso astratto di un punto orbitante intorno ad un centro di gravità, dato che due corpi astrali si influenzano reciprocamente e, in questo caso, il fuoco dell'orbita ellittica planetaria non corrisponde esattamente al centro del suo sole, ma al comune centro di gravità del sistema. E osservò che il calcolo del moto di più corpi diventa impossibile: "Ci sono tante orbite di un pianeta quante sono le sue rivoluzioni e l'orbita di ciascun pianeta dipende dal moto combinato di tutti i pianeti, per non menzionare le azioni che essi esercitano reciprocamente uno sull'altro [...] Una considerazione simulatanea di tutte queste cause di moto e una definizione di questi moti per mezzo di leggi esatte che ammettano calcoli convenienti superano la forza dell'intelletto umano" (citato in Newton e la scoperta della gravità, di Bernard Cohen, Le Scienze s.i.d.).

(70) Pierre Simon de Laplace, Saggio filosofico sulle probabilità citato. Marx derise la "scienza del caso" degli economisti borghesi, incapaci di scoprire gli invarianti che permettono di stabilire regolarità, quindi misure quantitative di valore, unico modo per giungere ad una sua trattazione scientifica. Laplace dimostra che, nell'ambito di un sistema di riferimento deterministico, i metodi probabilistici possono sopperire alla mancanza di conoscenza analitica senza contraddire l'intero sistema. Gli studiosi di meccanica quantistica che non sono d'accordo con l'indeterminismo idealistico della "scuola di Copenaghen" (oggi dominante grazie alla potenza empirica della meccanica quantistica), adducono motivazioni "realiste" per spiegare le contraddizioni non risolte del sistema quantistico (variabili nascoste), ma in genere anch'essi ritengono superato Laplace. Einstein era tra i critici dell'indeterminismo ideologico. Una delle più belle definizioni di probabilità quantistica è forse quella del premio Nobel Steven Weinberg, il quale utilizza un parallelo tra le particelle e il testa-croce con la moneta e precisa: "Detto tra parentesi, ciò avviene sempre in maniera assolutamente deterministica: l'evoluzione del vettore di stato è deterministica e l'indeterminismo interviene soltanto quando si cerca di misurare quale stato occupi la moneta" (S. Weinberg, Alla ricerca delle leggi ultime della Fisica, ed. Il Melangolo, pag. 17). D'altra parte, le moderne scuole che si occupano dei fenomeni cosiddetti caotici sono giunte a questa conclusione: "Il Caos è un comportamento stocastico che si verifica in un sistema deterministico" (stocastico vuol dire aleatorio, casuale. Conferenza internazionale sul Caos, Royal Society, Londra 1986. Cit. in Ian Stewart, Dio gioca a dadi? Bollati Boringhieri).

(71) La ricerca per un utilizzo "spaziale" di queste discipline era agli inizi mentre Bordiga scriveva. Sia in America che in URSS si fecero simulazioni al computer a partire dalla semplificazione dei problemi permessa da modelli probabilistici. Finì che i troppi parametri di cui tener conto in un lancio spaziale davano vita già sulla carta a fenomeni di ipersensibilità alle condizioni iniziali praticamente ad ogni successione di eventi; la transizione caotica (allora però non si chiamava così) rendeva impossibile ogni coscienza preventiva degli esiti. Il lancio del primo Lunik viene ricordato come passaggio dalla balistica incontrollata ai tentativi di controllo dei risultati. Ulteriori ricerche sul comportamento di traiettorie dovute a un sistema "dissipativo" sottoposto a una forza periodica furono compiute nell'ambito delle teorie sul Caos, ma non si ebbero risultati che verso la metà degli anni '70. Per esempio, l'astronomo Michel Hénon dell'osservatorio di Nizza, sulla base degli studi di Poincaré, trovò che la sezione delle orbite perturbate (i punti di passaggio su di un ipotetico piano che le interseca) rivelavano una caratteristica struttura ordinata. Hénon tracciò i suoi primi grafici con carta e matita; comunque ancora oggi, pur avendo a disposizione computer infinitamente più potenti di quelli di allora, non si sa bene come valutare, trattare e utilizzare queste strutture ordinate che emergono dal caos.

(72) Vedere l'approfondimento nella seconda parte del volume.

(73) Tra gli addetti ai lavori ve ne sono alcuni (pochi) che pongono il problema in modo corretto: siccome ormai è impossibile per un singolo uomo appropriarsi di aree sempre più vaste di conoscenza, è indispensabile la specializzazione, purché essa sia immersa in un ambiente scientifico che privilegi la rete di relazioni; che funzioni, insomma, come un cervello sociale. Questa aspirazione dei pochi è totalmente frustrata dal sistema dei molti che sguazzano nel mondo scientifico accademico-industriale in cerca di punti-carriera.

(74) Per quanto riguarda il collegamento col divenire delle strutture tramite auto-organizzazione, gli studi sono in corso a partire dal campo biologico fino a coinvolgere altre discipline come la fisica e la matematica.

(75) Da un manuale sull'organizzazione del processo produttivo: "Ogni sistema uomo-macchina dev'essere considerato come un insieme di elementi in interazione dinamica, organizzati in funzione d'uno scopo, ciascuno dei quali scambia col proprio ambiente materia, energia, informazione. Per questo sono aperti. E' il caso del nostro appartamento, della nostra auto, della città nella quale viviamo, di una piattaforma off-shore, d'ogni complesso industriale" (a cura di V. Laboucheix, Trattato della qualità totale, ed. Franco Angeli). L'entropia non è nominata nel libro, ma passi come questo dimostrano l'approccio termodinamico degli autori.

(76) Questo giochino lo si può fare anche con parole scritte su carta trasparente: una frase contenente lettere sbagliate a caso e quindi incomprensibile, ripetuta diverse volte, sovrapposta e letta in trasparenza, diventa perfettamente intelligibile.

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