Newsletter numero 154, 3 gennaio 2010
Fuori dalla crisi?
La parola d'ordine è: ottimismo. Di fronte al collasso dell'economia mondiale vi è stato il più massiccio intervento delle maggiori nazioni, il più coordinato, il più veloce, il più costoso. E sembra aver avuto risultati, se non positivi, almeno in termini di blocco della catastrofe. Il problema è proprio questo: il blocco. La produzione industriale non ha recuperato ciò che ha perduto; la disoccupazione è al 9% nei paesi OCSE e al 10,5% negli Usa; il costo del denaro è praticamente a zero e facilita semplicemente l'effetto leva della speculazione. Tutti i parametri della produzione e della finanza sono al momento mediamente peggiori di quelli del 1929 (vedi link) e sarà veramente interessante vedere gli effetti dei tanto sbandierati futuri "investimenti produttivi" nel corso di una crisi che è già di sovrapproduzione.
2009: Una storia di due depressioni
Faux frais
La New Economics Foundation ha calcolato l'apporto dei diversi mestieri al benessere sociale. Veniamo così a sapere, ad esempio, che lo spazzino produce mediamente una ricchezza pari a 10 volte il suo salario, mentre il banchiere fa perdere alla società l'equivalente del 70% del suo stipendio. Una notizia che capita a proposito, proprio nel momento in cui vengono licenziati lavoratori ultraproduttivi e si lasciano proliferare parassiti pagati a peso d'oro. Qualcuno ne trae conclusioni moralistiche; in realtà il mondo del Capitale è il mondo della contraddizione che nessuno moralista potrà riformare.
2000: Capitalismo
e nuove tendenze
2001: Rottura
dei limiti d'azienda
Tuoni in lontananza
Ibrahim M’Bodi, un operaio senegalese cerca di riscuotere due mesi di salario arretrato dal padrone il quale per tutta risposta lo uccide con nove coltellate. Vegim Spahiu, un operaio albanese di 24 anni, fa irruzione in un residence di lusso sequestrando e terrorizzando la famiglia dell'imprenditore presso cui lavorava. Per adesso è stupefacente che certe isole felici per ricchi, dove persiste l'odore dell'erba appena rasata e luccicano le cromature dei SUV, vengano trasformate in territorio di guerra. Non c'erano protezioni in quel residence, "non era mai successo niente", regnava un senso di impunità sociale. Frasi che incominciano ad essere usate con i verbi al passato.
Stato d'assedio
Non è una novità che lo stato d'assedio venga utilizzato come istituzione organica al funzionamento dello Stato. Già a metà Ottocento, in Francia, lo stato d'assedio liberò la società borghese dalla necessità di darsi strumenti articolati di governo. L'esecutivo era tutto ciò di cui aveva bisogno lo Stato per salvaguardare i rapporti sociali capitalistici. Fascismo e stalinismo completarono l'opera, e solo dopo la Seconda Guerra Mondiale s'inventò l'attuale fascismo democratico mantenendo il teatrino dei parlamenti. Ogni tanto la mistificazione cade: negli USA si rispolvera il Patriot Act, in Iran si spara sulla folla, in Grecia il passo pesante dei reparti di polizia e dell'esercito sovrasta le chiacchiere parlamentari. L'eccezione si sta facendo norma.
Colori liturgici
I preti adoperano paramenti di colore diverso per ogni rito. Il bianco a Pasqua e Natale (Cristo risorto, fede, purezza, verginità di Maria); il rosso per la Passione (il sangue di Cristo e dei martiri); il viola per Avvento, Quaresima e commemorazione dei morti (attesa e penitenza). Il viola dunque come colore ideale per i cinquecentomila zombi che hanno officiato a Roma il rito di Santa Legalità e di Santo Stato, gridando amenità aduterine come "Meno male che Gianfranco Fini c'è" o servili come "Il popolo viola chiede la parola". Eppure dovrebbero saperlo che il viola porta sfiga...
Infortuni
I marinai (e gli immigrati clandestini) muoiono in mare, gli elettricisti folgorati, gli operai edili cascando dalle impalcature, i soldati (e molto più i "civili") in guerra, i rapinatori accoppati da sbirri, gioiellieri e tabaccai (o viceversa). Al piccolo satrapo nostrano han fatto solo un graffio, peraltro assai fotogenico. Dovrebbe essere lusingato: come diceva il futuro Duce, l'attentato è "un infortunio del mestiere del re".
1912: Mussolini. Un incidente sul lavoro
COP 15, ecologia e partita doppia
Per noi è evidente che solo l'estinzione del capitalismo lascerà il posto alla vera ecologia, cioè a un metabolismo naturale che armonizzi la produzione-riproduzione della nostra specie con l'esistenza delle altre specie e l'integrità della biosfera. Altri pensano che sia possibile "fare qualcosa" all'interno di questa società. Ma i sistemi legislativi ed esecutivi attuali non possono far altro che agire su produzione, consumo e profitto, cioè sempre dal punto di vista del capitalismo cui viene aggiunto l'improbabile aggettivo "sostenibile". Oggi il bisogno di ecologia non si trasforma che in bisogno di produrre e consumare ideologia e merce ecologistica.
2001: Controllo
dei consumi, sviluppo dei bisogni umani
2008: I
"Partigiani della decrescita"
La "Grande Turchia" in moto
In coerenza col suo ruolo di fulcro dinamico dei rapporti euro-asiatici, la Turchia sta accumulando potenziale rivolto a Oriente, dove vivono più turcofoni che entro i confini nazionali. Per il 2010 si prevede una ripresa della crescita tumultuosa degli anni precedenti la crisi. I progetti sono ambiziosi. La rete ferroviaria ad alta velocità, ad esempio, sarà estesa verso i confini orientali, cioè verso le grandi riserve di gas e petrolio, in parte già convogliate in un'imponente rete di oleo-gasdotti. Il territorio turco, pur quasi privo di fonti energetiche, costituirà sempre più un hub vitale per il transito delle stesse verso l'Europa. Anche idelogicamente lo Stato borghese fondato da Ataturk ha le carte in regola per affermare la propria vocazione imperiale secondo il paradigma geopolitico dell'Heartland.
2008: L'Europa virtuale e i nuovi attrattori d'Eurasia: la Turchia come fulcro dinamico
Schizofrenia emergenziale
Nella settimana natalizia, i mezzi di (dis)informazione hanno ricondotto al cattivo tempo il caos in cui è precipitata la rete dei trasporti italiani, specie quella ferroviaria. In realtà è stata l'ennesima manifestazione dell'incontrollabilità di una forma sociale che ha fatto il suo tempo. Costruire ex novo con appalti dai preventivi fasulli rende alti profiitti, mentre l'ordinaria manutenzione costa molto e rende poco. Ecco allora che lo Stato garantisce grandi opere con il solito metodo spesa pubblica-profitto privato. A livello di sistema ferroviario si dà la colpa alla famigerata "morsa del gelo", ma in realtà la privatizzazione dei sottosistemi (rete, materiale rotabile, stazioni, controllo, ecc.) ha spezzato un insieme coerente e centralizzato rendendolo anarchico e quindi non pianificabile. Le ferrovie sono lo specchio della contraddizione storica tra razionalità di fabbrica e caos del mercato.
1952: Politica e costruzione
Liberalismo, malattia senile dell'economia politica
Secondo The Economist l'aumento delle aziende "ibride", cioè operanti a cavallo fra il privato ed il pubblico sarebbe deleterio per la salute del capitalismo (una situazione tipica è quella del settore energetico, dove le 13 maggiori compagnie mondiali sono a controllo statale). Queste tarde lamentazioni liberali fanno sorridere. Nelle sue estreme manifestazioni la società capitalistica, ormai regressiva e conservatrice, non può più fare a meno dell'assistenza dello Stato. Il capitalismo romantico del rischio d'impresa appartiene agli strati fossili del Capitale. Quello affarista attuale vive e prospera solo in simbiosi con lo Stato in quanto garante degli interessi complessivi della borghesia. Quest'intima alleanza ha dimostrato il superamento ''definitivo'' del capitalismo privato. Indietro non si può tornare, né si possono rendere efficienti i mostri statali super-inflazionati. Il capitalismo va abbattuto, lo Stato si estinguerà.
1948-50: Proprietà
e Capitale
1949: Inflazione
dello Stato