Lotte di classe in Cina
L'accumulazione assai primitiva iniziata all'epoca di Mao aveva permesso fino a pochi anni fa l'occupazione di 140 milioni di persone nel solo settore statale, ma era avvenuta spesso con l'impianto di piccole fabbriche dal basso rendimento disperse sul territorio. L'impatto con il mercato mondiale ha ora obbligato il governo cinese a smantellare questo apparato e a varare una riforma pesantissima: migliaia di acciaierie "da cortile", manifatture, cementifici, tessiture, miniere, ecc., condotte con sistemi antiquati, chiuderanno entro dicembre di quest'anno, e alla fine del piano risulteranno ufficialmente licenziati quasi 40 milioni di operai (49, secondo la Banca Mondiale). Il ministro del lavoro, Zhang Zuoji ha dichiarato che il numero delle imprese in perdita è stato ridotto alla metà ed entro il 2000 il bilancio finale licenziati/riassunti porterà l'industria statale ad avere 17 milioni di occupati in meno.
Questo piano è stato applicato senza mezze misure e non ha mancato di provocare dure rivolte in tutto il paese. A fine febbraio (la notizia è trapelata a luglio) 20.000 operai della zona mineraria di Yangjiazhanzi (estrazione e lavorazione del molibdeno) hanno assaltato Huludao, una città costiera del Nord, fracassando tutto ciò che trovavano sulla loro strada e impegnando la polizia in un combattimento durato molti giorni, finché è dovuto intervenire l'esercito per aver ragione dei rivoltosi. Come nel resto della Cina, la riforma delle industrie pubbliche prevedeva migliaia di licenziamenti, ma qui le industrie locali, cui spesso è affidata la gestione del sistema assistenziale, avevano preso provvedimenti drastici lasciando a casa gli operai con una liquidazione pari a un salario (circa 68 dollari) per ogni anno di anzianità. La cifra una tantum avrebbe sostituito il sussidio, ma non essendovi altre attività industriali nella zona, un operaio con famiglia avrebbero potuto resistere ben poco.
Questo casi sono ormai frequentissimi. Nella città di Liaoyang, sempre al Nord, 5.000 operai si sono sollevati a causa del mancato pagamento dei salari per mesi e mesi (addirittura 18 in molte fabbriche), scontrandosi con la polizia. Anche in questo caso la lotta si era allargata contro i piani di licenziamento previsti dalla riforma e dalle privatizzazioni provocando 50 feriti, molti arresti e il pesante danneggiamento degli edifici pubblici.
Mentre nell'industria occidentale si licenzia per far fronte alla concorrenza delle merci orientali prodotte a basso costo da molti operai mal pagati, in quella orientale si licenzia per il motivo opposto, cioè per far fronte alla concorrenza delle merci occidentali prodotte a basso costo in fabbriche automatiche senza operai. In entrambi i casi per coloro che rimangono nel ciclo produttivo si abbassano i salari e il posto di lavoro diventa sempre più precario.