Paradossi e rivoluzioni - Scienza e filosofia
Paradossi e rivoluzioni, di Ludovico Geymonat, Il Saggiatore, 1979, pagg. 149 lire 8.000.
Scienza e filosofia - Saggi in onore di Ludovico Geymonat, Autori vari, Garzanti, 1985, pagg. 860 lire 65.000.
Al frequentatore di bancarelle a volte succede, approfittando del poco prezzo, di acquistare un libro soltanto per un capitolo, una bibliografia, una prefazione. Così, mentre Paradossi possiede un alto valore d'uso rispetto alle 4.000 lirette richieste (ma sul mercato dell'usato di Internet è quotato ben 60.000 lire), Scienza e filosofia rientra nella categoria dei libri acquistabili solo per i motivi suddetti: come al solito è meglio leggere gli autori originali che qualcosa di scritto in loro onore.
Ad ogni modo sia l'opuscolo che il volumone aiutano a seguire il filo logico di una corrente che, scaturita dal positivismo ottocentesco, trovò un terreno fertile in Italia nella borghesia rivoluzionaria che espresse i Pisacane, i Cattaneo e i De Sanctis. Questi combattenti in prima persona furono maestri in quel rifiuto del "rivoluzionarismo della frase" che il loro contemporaneo Marx stava criticando dal punto di vista del comunismo nell'Ideologia tedesca. Da queste premesse scaturì sia l'abbandono del positivismo da parte di un Antonio Labriola, sia l'enorme apporto della scuola scientifica anti-formalista, specie nella matematica e nella fisica, avversata da Croce, e che in altra occasione collegammo alla Sinistra Comunista "italiana" di cui rappresentò certamente il retroterra scientifico.
Geymonat fu probabilmente l'ultimo rappresentante di quella scuola, che sarebbe assurdo collocare entro confini rigidi. In Paradossi due suoi allievi lo intervistano e pongono domande mirate – tanto da sembrare suggerite dallo stesso Geymonat – in modo da poter disporre in collage il sunto della sua vita di lavoro. Si tratta di un percorso abbastanza chiaro: dal "neorazionalismo" giovanile (una specie di illuminismo antimeccanicista e anticartesiano) egli giunge alla formulazione di una esigenza unitaria rispetto a tutte le "scienze", le quali, perdurando il morbo utilitaristico della specializzazione, aspirano inutilmente a un'apertura e a una visione globale: intrinsecamente l'avrebbero, ma così come sono appaiono legate.
Per questa apertura globale occorre una concezione "problematica" della realtà oggettiva, la quale è conoscibile per approssimazioni e soltanto per via dialettica. Una dialettica che comprende anche Mao e il PCI-Chiesa, di cui Geymonat-Galileo critica dall'interno le fondamenta. Non troppo stranamente le escursioni politiche sembrano appiccicate qua e là a caso. Il matematico, nonostante parli solo di filosofia, sembra risucchiato dalla scienza e – meno male – se ne lascia guidare. In questo modo entra in significativa contraddizione con sé stesso, cioè con la sua stessa descrizione del mondo sociale, sempre affrontata secondo canoni usuali, persino banali. Da una parte, per esempio, descrive lucidamente l'enorme danno causato dall'influenza di Croce e Gentile sull'epistemologia italiana in generale e su Gramsci in particolare, considerato più vicino ai primi che non al filone, ritenuto a ragione molto più fecondo, dei Cattaneo, dei Peano, dei Vailati e degli Enriques, insomma di coloro che sull'onda di una conoscenza al confine dell'usuale cercarono di superare le vecchie sclerosi di cui è malata la scienza borghese. Dall'altra, la stessa descrizione gli serve per ribadire la necessità di una politica democratica antifascista per la quale Croce non fosse l'unico riferimento.
Nonostante che la democrazia, l'antifascismo, Lenin, Mao, le contraddizioni sul concetto di filosofia, siano tutti temi trattati banalmente, in forte contrasto con l'enorme apparato conoscitivo messo in moto, il lettore è comunque messo in grado di raccogliere il messaggio centrale senza farsi fuorviare dalle escursioni nel luogo comune: la conoscenza scientifica coinciderà completamente con la conoscenza tout court e questa operazione di congiunzione è da considerare come eguaglianza fra filosofia della scienza e filosofia, ergo, la scienza ucciderà la filosofia. Se è questo il percorso, peraltro rintracciabile attraverso moltissimi riferimenti in tutto il libro, siamo di fronte ad una enorme costruzione conoscitiva che ha seguìto, volente o nolente, il tracciato previsto da Marx: utilizzo, neutralizzazione, estinzione della filosofia e suo superamento nel confronto con le scienze a favore di un'unica scienza. Quindi condanna a morte per il positivismo e per il realismo meccanicista.
Si avverte, scorrendo il testo, il peso delle forze materiali che spingono la conoscenza attuale al superamento dell'esistente, mentre l'individuo filosofo non ce la fa proprio ad uscirne e si intestardisce ad interpretarlo. D'altronde questo è un secolo che ha stritolato nelle ideologie milioni di uomini, e anche Geymonat, coinvolto nella partigianeria antifascista e militante del vecchio PCI, aveva ben poche possibilità di salvarsi dal luogo comune democratico. La lettura ci lascia così un senso di insoddisfazione, in quanto la concezione sociale che spunta qua e là è incoerente con la struttura dell'insieme, una "mancata invarianza" che lo stesso Geymonat avrebbe in altri campi criticato aspramente. L'edificio teorico logico e razionale, basato sul "realismo scientifico", risulta indipendente dalle questioni sociali e ciò non può non avere ripercussioni sulle basi stesse della costruzione.
Per quanto a noi insopportabile, questa mancanza di armonia è assai significativa rispetto al potere dell'ideologia dominante: pensiamo per un momento a un Einstein, per certi versi esponente della stessa corrente, il quale non è per nulla esente dal dire tremende sciocchezze in campo sociale. Si capisce che a noi interessa poco criticare il Geymonat politico: il libretto è interessante e consigliabile per tutto il resto (lo si può trovare facilmente: quando le case editrici vuotano i magazzini la merce compare sulle bancarelle con notevole regolarità). La struttura di dialogo con gli allievi è una modalità di comunicazione che alleggerisce i temi trattati lasciando trasparire le contraddizioni meglio di un saggio unitario.
Il volumone degli allievi e colleghi, che scrivono quasi tutti con assai meno chiarezza di Geymonat (nel senso che sono più "filosofi" di lui), è meno interessante dell'opuscolo dal punto di vista del contenuto, ma ne è utile complemento in quanto raccoglie, come può raccogliere un'antologia, uno sviluppo di molti dei temi appena sfiorati nell'intervista. Questo sviluppo in molte direzioni rende bene l'idea della ricerca a tutto campo che abbiamo sottolineato. La prima parte, Sulla filosofia di Ludovico Geymonat, è dedicata specificamente al maestro ed è a nostro avviso la meno interessante; la seconda, Filosofia e filosofia della scienza, tratta del tema, non sempre ben individuato, della transizione tra filosofia e scienza (l'articolo Autoorganizzazione biologica e trasformazione sociale, è un esempio di come si possa fare filosofia su un tema scientifico che di per sé la escluderebbe); la terza, Logica, è dedicata alla teoria della conoscenza sulle formalizzazioni; la quarta, Storia del pensiero filosofico e scientifico, è interessante dal punto di vista dell'evoluzione dell'epistemologia nella storia recente. Un enorme apparato di note e una bibliografia completa alla data di pubblicazione chiudono il volume.