Uranio impoverito
L'hanno chiamato "metallo del disonore". Anche solo per questo appellativo moralistico la questione merita di entrare nel mirino della nostra arma che spara alla bestia del luogo comune e ne prende le distanze (la spaccia). Se gli aerei anticarro A-10 avessero sparato proiettili – poniamo – di cromo esavalente, ben difficilmente questo termine avrebbe evocato fantasmi, prodotto inchieste e inondato i media. Eppure è un materiale molto più tossico e cancerogeno dell'uranio impoverito, scaturisce da certe produzioni in quantità… industriali, migliaia di lavoratori ne sono a contatto, ha provocato l'avvelenamento irreversibile di molte falde d'acqua potabile e anche innumerevoli decessi senza tanto rumore. Ma "uranio" è una parola simbolo, evoca bombe atomiche e altri demoni.
C'è relazione tra l'uranio impoverito e l’insorgenza di leucemie e linfomi riscontrati ad alcuni militari inviati nei Balcani e in Irak? Il dato tra i soldati italiani è il più alto: 30 tumori, tra cui 8 del tipo denunciato come conseguenza dell'uranio, su 53.000 soldati avvicendatisi in missione. Fra i soldati europei coinvolti nei Balcani ci sono stati 36 casi e 19 decessi. Gli oncologi affermano che siamo nella media per quella fascia d'età (12 su 100.000 abitanti). E allora, l'uranio?
Un momento. Intanto queste preoccupazioni umanitarie sono rivolte principalmente verso chi bombarda e non verso chi viene bombardato. Normale, si dirà, è guerra. Ma proprio perché siamo in argomento militare la nuovissima trovata della guerra umanitaria produce più contraddizioni della Convenzione di Ginevra (è proibito uccidere "perfidamente" i soldati, non bisognerebbe bombardare i civili, bisognerebbe rispettare gli ospedali, le opere d'arte, i luoghi di culto). Per questo, come succede nelle migliori occasioni di dibattito, la guerra modernissima provoca un rimescolamento a casaccio dei fronti senza tanto riguardo per bombardieri, bombardati, mercenari assassini e volontari furbastri, destre, sinistre e… raziocinio.
Polemiche arroventate sul pesante elemento hanno dunque occupato televisione, giornali e Internet; sono stati chiamati in causa esperti di ogni tipo. La solita America è sotto accusa, i vertici militari dei vari paesi anche, per il loro "colpevole silenzio". E intanto si sorvola sul fatto che, convenzioni o no, in guerra si ammazza e ci si fa ammazzare, come sempre senza troppe cerimonie.
L'uranio impoverito è un metallo molto pesante utilizzato in tutti i casi in cui occorra una grande massa in poco volume. Data la sua alta densità, è molto adatto per la schermatura di materiale radioattivo. Ci si costruiscono anche proiettili per due ragioni: perché con la sua massa accumula molta energia rilasciandola sul bersaglio e perché, polverizzandosi nell'impatto, si incendia spontaneamente a contatto con l'ossigeno (è "piroforico"). In Kosovo sono stati sparati 31.000 proiettili per una massa complessiva di 9.000 Kg. Tra l'altro, le immagini dei "proiettili" raccolti nei Balcani apparse sui giornali in realtà rappresentano i bussolotti che rivestono il proiettile vero e proprio e che servono a guidarlo nella canna del cannone.
L'uranio impoverito non è una scoria di fissione, come a volte si legge, ma un sottoprodotto della lavorazione dell'uranio per usi energetici o militari. Emette raggi alfa dovuti a disintegrazione spontanea, ma la sua radioattività è piuttosto bassa. Sempre alta rispetto ad altri metalli, ma in realtà i prodotti pericolosi della fissione sono auto-bloccati dalla stessa densità del materiale ad appena 3 millesimi di millimetro dalla superficie. Per questo motivo l'attività di qualche Kg di uranio impoverito solido è trascurabile. Immaginando di inalarne un milligrammo ridotto in polvere finissima, con granelli al di sotto dei 3 millesimi di millimetro, avremmo nei polmoni un'attività di 10 disintegrazioni al secondo negli atomi di tutti i granelli. Ora, la radioattività naturale prevede da 150 a 300 disintegrazioni al secondo nel corpo umano, quindi il contributo dell'uranio impoverito sarebbe semplicemente una fluttuazione di quella naturale.
Quando i proiettili di uranio colpiscono l’obiettivo scaricano una grande energia cinetica, quindi raggiungono temperature molto elevate; penetrando e polverizzandosi, si auto-incendiano quindi producono biossido di uranio che si spande sul bersaglio (soprattutto all'interno, visto che si tratta di proiettili perforanti anticarro) e in parte nell’ambiente depositandosi sul terreno. Dai rilevamenti effettuati sui suoli contaminati è emerso che le percentuali riscontrate rimangono molto al di sotto degli scarti esistenti in suoli non contaminati (in ogni tonnellata di terra si trovano mediamente circa 2 grammi di uranio). Se il proiettile non colpisce il bersaglio, può penetrare fino a 10 metri nel terreno. Sulla pelle la polvere di uranio è meno pericolosa che nei polmoni, gli strati morti bastano per protezione; ingerita, è assolutamente insolubile, quindi non può essere assorbita dall’intestino e viene espulsa con le feci. Possiamo quindi avanzare una prima conclusione: se ragioniamo basandoci sui risultati acquisiti dalla conoscenza scientifica dovremmo concludere che non esiste una relazione di causa-effetto tra l’uranio impoverito e le patologie emerse. Se c'è va cercata altrove, in porcherie che non dicono.
Come al solito, è più probabile che i vari fondamentalismi moralisteggianti abbiano focalizzato un particolare il cui maneggio sfacciato impedisce di vedere l'insieme. L'uranio non è l'elemento più nocivo esistente in un teatro di guerra. Se la relazione fra le patologie riscontrate e l'ambiente cui vengono addebitate fosse certa, la cause potrebbero essere molteplici. I bombardamenti effettuati sulle raffinerie, gli impianti petrolchimici, i depositi militari ecc., hanno provocato la liberazione di materiali tossici in gran quantità nell’ambiente. Gli abitanti dei territori sottoposti ai bombardamenti e delle aree limitrofe hanno subito un’esposizione molto più lunga alle sostanze nocive rispetto ai militari, ma la Serbia, che avrebbe avuto tutto l'interesse propagandistico per divulgarli, non ne ha mai fatto menzione.
E' stato invece monitorato con precisione il personale militare che è stato in zona di operazioni negli ultimi 10 anni e i risultati sono quelli che abbiamo detto. Comunque i militari sono stati esposti a una quantità rilevante di gas, fumi e polveri. Elementi tossici come il piombo, l’arsenico, l’antimonio, il berillio, il cadmio, il nichel sono usati normalmente negli armamenti convenzionali. Gli esplosivi sono quasi tutti costituiti da sostanze rischiose: i lavoratori che nelle fabbriche di armamenti maneggiano composti come il tritolo, la pentrite e i fulminati sono sottoposti a limiti rigorosi. Molte di queste sostanze sono cancerogene di per sé, e sicuramente i prodotti liberati dalla loro esplosione formano dei cocktail sono più pericolosi ancora. Anche nella logistica vengono usate molte sostanze tossiche e cancerogene: solventi, vernici, insetticidi, decontaminanti per il lavaggio di mezzi e strutture. Nel mondo militare è ancora frequente l’uso di materiali a base di benzene, sostanza nota per essere una delle cause che provocano la leucemia.
Essendo la zona di operazioni di una guerra moderna tossica e incontrollata quanto molte fabbriche, ecco che si spiega perché, probabilmente, muoiono di leucemia e linfoma tanto i soldati in missione quanto gli operai sul posto di lavoro.